Le note di Ettore Bonalberti
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14 DICEMBRE 2015

QUARTA TAPPA VERSO IL FORUM NAZIONALE

 

Si era avviato il 18 Luglio, nella casa del Beato Antonio Rosmini a Rovereto, con il documento appello all’unità, il percorso che porterà le diverse anime dei popolari italiani, dei liberali e riformisti all’obiettivo finale del Forum nazionale da cui si intende far nascere il nuovo soggetto politico del centro italiano.

 Il 29 Novembre è stato siglato il Patto di Orvieto tra i Popolari liberali di Carlo Giovanardi, i Popolari per l’Italia di Mario Mauro, il movimento IDEA di Gaetano Quagliariello e l’Associazione Liberi e Forti di Ettore Bonalberti, con il quale si sono riconfermate le conclusioni di Rovereto e ancor meglio precisate le tappe successive da compiere per la nascita del nuovo soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans-nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE da far tornare ai principi dei padri fondatori, alternativo al socialismo trasformista renziano, ai populismi estremi e alla sinistra post comunista.

Si attendevano i deliberati del NCDU di Mario Tassone, che ha riunito la propria conferenza nazionale il 12 dicembre a Roma, conclusasi con l’approvazione della relazione del segretario nazionale e l’impegno “a svolgere ogni azione al fine di un coordinamento con i vari soggetti politici e movimenti con cui è in atto un confronto per realizzare un nuovo soggetto politico federato di centro, con l'obiettivo di presentarsi alle prossime scadenze elettorali amministrative e politiche”.

Quarta tappa ieri  13 Dicembre a Roma con il Congresso nazionale dei Popolari per l’Italia di Mario Mauro.  Il Congresso, oltre alla riconferma del sen Mauro alla guida del partito e alla nomina della nuova direzione, ha confermato l’adesione di tutto il partito al Patto di Orvieto, compiendo in tal modo, come ha ricordato  l’On Potito Salatto, Vice segretario nazionale dei Popolari per l’Italia, “un significativo passo in avanti verso la costituzione di un soggetto politico unico dei popolari italiani che si pone al centro dello scenario politico italiano, distinto dal renzismo e distante dal grillismo”.

Numerosi gli interventi nel dibattito, tra i quali quello di Carlo Giovanardi che ha ribadito le ragioni di dissenso dalla linea portata avanti dal NCD in contrasto con le motivazioni fondative di quel partito; dell’On Ciocchetti per i Conservatori di  Raffaele Fitto,  esprimendo apprezzamento e  interesse al progetto di ricomposizione dell’area dei moderati italiani la cui leadership dovrà essere definita partendo dalle realtà territoriali; di Ivo Tarolli e Mario Tassone del NCDU, che hanno offerto al convegno, con le conclusioni della loro conferenza nazionale, la volontà di continuare nel progetto a partire dalla costruzione di liste unitarie sin dalle prossime elezioni amministrative di primavera.

Impegno confermato anche da Pino Bicchielli a nome degli amici di Italia Unica di Corrado Passera, unitamente alla volontà di concorrere alla costruzione del nuovo soggetto ampio, inclusivo e in grado di porsi quale credibile alternativa al renzismo dominante.

A metà congresso è giunta una lunga telefonata del leader di Forza Italia, Silvio Berlusconi, il quale, riconoscendo la comune appartenenza al Partito Popolare Europeo, ha svolto un’ampia disamina delle condizioni gravissime in cui versa  il sistema democratico italiano insieme a quelle che lo stesso Mario Mauro aveva indicato come il vero “convitato di pietra” con cui  Renzi  si trova a dover fare i conti: la pesante realtà del Paese, distante anni luce da quel falso ottimismo che il giovane- vecchio politico fiorentino cerca di spandere quotidianamente senza costrutto. Il valore dello slogan di Rovereto: UNITI SI VINCE, è stato riproposto da Berlusconi riconfermando la volontà di battersi per ricostruire l’unità dei moderati per le prossime elezioni locali e per quelle politiche che verranno.

Particolarmente apprezzati anche i documenti inviati al congresso da Gaetano Quagliariello  a nome degli amici di IDEA e da Flavio Tosi per il movimento del FARE. Se Quagliariello, riconfermando il Patto di Orvieto, ha offerto l’adesione di tutto il suo movimento-partito al progetto, Flavio Tosi ha ricordato le ragioni del suo interesse per il processo avviato sottolineando che servono : ” coerenza, coraggio, e concretezza. Il vero rilancio dell’Italia non può che passare da qui. Il populismo, la demagogia, gli slogan, e le frasi ad effetto, si infrangono e continueranno ad infrangersi contro ciò che realmente chiede la gente, ossia proposte credibili per abbassare la pressione fiscale, una lotta a tutto campo contro una burocrazia elefantiaca, maggiore sostegno alle piccole e medie imprese per tornare a creare ricchezza e occupazione, una giustizia più giusta - rapida ed efficace - maggior sicurezza nelle città e difesa della famiglia naturale”.

Il documento di Tosi era supportato dalla realtà di un coordinamento già avviato nel Veneto tra i popolari e i liberali e riformisti, concretizzatosi nell’adesione della Lista civica e popolare dei veneti alla candidatura di Tosi alla guida della Regione (10,9 %di voti nella recente campagna elettorale), un modello quello del Veneto che nel mio intervento ho sollecitato ad attivare sia a livello nazionale, con un comitato di coordinamento unitario, paritetico, aperto e inclusivo a quanti sono interessati al progetto, che in tutte le sedi territoriali  dove sia concretamente possibile.

Dall’attuale suicida frantumazione dobbiamo assolutamente uscire per non restare inutili  comparse nel deserto culturale della  politica italiana. Ci conforta la certezza che siamo Nani, ma che possiamo essere Giganti se sulle nostre spalle ci porteremo con coerenza il Vangelo, la Dottrina sociale della Chiesa, il Popolarismo, il Cattolicesimo democratico, l'Umanesimo cristiano. Come ho ribadito ieri nel mio intervento al congresso: riappropriamoci consapevolmente di questo enorme patrimonio di Valori  e di Etica politica e scrolliamoci dell'afasia e con coraggio riprendiamo il cammino INSIEME ai tanti fratelli, uomini e donne di buona volontà.

Ieri a Roma si è fatto un altro passo importante verso l’obiettivo finale che ci dovrà vedere tutti riuniti  a primavera nel Forum nazionale dei Popolari, liberali e riformisti italiani, per dar vita al nostro nuovo rassemblement national sul modello dell’UMP francese, in grado di offrire, soprattutto a coloro che da tempo disertano le urne, ai ceti medi e popolari del terzo stato produttivo vittime della crisi complessiva del Paese, una nuova speranza.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 14 Dicembre 2015

 

 

 

6 DICEMBRE 2015

FIRMATO IL PATTO DI ORVIETO ORA SEGUANO I FATTI

 

Con il Patto di Orvieto sottoscritto il 29 Novembre scorso abbiamo concordato quanto segue:

  1. di dar vita al Coordinamento dei movimenti Popolari, liberali, conservatori e riformisti di tutti i  partiti,  associazioni, gruppi e persone che sono interessati a sviluppare nel Paese la nascita di un soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista,  trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE, da far tornare ai principi dei padri fondatori, alternativo al socialismo trasformista renziano, ai populismi estremi e alla sinistra post comunista; un coordinamento paritetico, inclusivo e aperto a tutte le forze che condividendo gli stessi valori intendono parteciparvi; coordinamento da organizzare ed estendere in tutte le realtà territoriali del Paese e nelle sedi istituzionali locali e parlamentari;

 

  1. di condividere e sostenere  gli stessi orientamenti e obiettivi in politica estera, immigrazione, integrazione sociale e sicurezza, fisco ed economia,  giustizia e Stato e sulle questioni etiche che attengono al primato della persona e della famiglia,
  1. di sostenere e cooperare ad ogni iniziativa che vada verso il recupero e la valorizzazione della nostra cultura politica e dei nostri valori di riferimento;

 

  1. di favorire la nascita sull'intero territorio nazionale di Gruppi Civici Territoriali del  Coordinamento che, aperti alla partecipazione e al coinvolgimento e ricorrendo anche ai moderni sistemi di comunicazione, facciano rifiorire le specificita' dei loro territori in un contesto di armonia e di sintesi con le grandi scelte del Paese;
  1. di promuovere ad ogni livello (comunale e regionale), in occasione delle prossime elezioni amministrative,  LISTE CIVICHE TERRITORIALI, aperte e caratterizzate da programmi concreti ed innovativi;

 

  1. di sollecitare, un Forum Nazionale di partiti, associazioni, movimenti e semplici cittadini da tenersi entro la primavera del 2016, che dia vita ad  un Nuovo Grande Soggetto Politico che si ponga come obiettivo di offrire un proprio contributo al riscatto della comunità italiana e internazionale: di favorire l’emergere di una nuova classe dirigente che, a partire dalle prossime elezioni amministrative, sappia raccogliere il testimone delle migliori tradizioni politico culturali della storia repubblicana italiana

Ora si tratta di dare pratica attuazione agli adempimenti sottoscritti.
Tra alcuni giorni si celebreranno due importanti scadenze a Roma:
il 12 Dicembre la Conferenza nazionale del Nuovo CDU di Mario Tassone e il giorno successivo il Congresso dei Popolari per l’Italia di Mario Mauro; confidiamo che in entrambe le assise siano assunte le decisioni conseguenti a quanto entrambi i due movimenti hanno confermato a Orvieto.

Ci auguriamo anche che dopo i sin qui timidi segnali pervenuti da altri partiti e movimenti che condividono quanto da noi formalmente sottoscritto a Orvieto, essi sappiano  superare le loro titubanze e, soprattutto, le velleitarie presunzioni di autosufficienza e concorrano con tutti noi a dar vita all’indispensabile coordinamento del Patto, tanto a livello nazionale che nelle diversi sedi territoriali locali, specie in quelle in cui si svolgeranno le prossime elezioni amministrative.

Ettore Bonalberti
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Domenica, 6 Dicembre 2015

 


 

 

4DICEMBRE 2015

AI SACERDOTI VENEZIANI

 

 

Scrivo le mie noterelle politiche con intensa frequenza cercando, come si usa dire, di “ stare  sul pezzo”, soprattutto perché, privi di ogni altro strumento comunicativo, l’utilizzo dei messaggi on line su mailing list selezionate resta una delle poche opportunità di cui disponiamo per far conoscere la proposta politica del nostro movimento politico culturale.

Certo per molti  tutto ciò può risultare un po’ fastidioso, anche se basta un clic e il messaggio ricevuto come d’incanto scompare.

Sollecitato da qualche amico più esperto di questioni ecclesiastiche,  da qualche tempo ho iniziato a inviare alcune delle mie note alle parrocchie  della nostra città di Venezia,  agli indirizzi di posta elettronica che risultano pubblicamente  agli atti  on line della diocesi di Venezia.

Cerco di selezionare le note che in qualche maniera si collegano al difficile tentativo che, come cattolici impegnati in politica, intendiamo compiere per tentare di tradurre nella “città dell’uomo” gli orientamenti propri  della dottrina sociale della Chiesa.

Già alle mie prime comunicazioni qualche sacerdote mi ha chiesto di essere cancellato dalla mailing list; qualcuno anche con risposte seccate che mal celavano una certa insofferenza, vuoi per sentirsi disturbati dal ricevere una nota di natura politica, vuoi per un’ inconfessabile sensibilità di diverso orientamento politico culturale.

Appartengo a una generazione di ex giovani di azione cattolica per i quali la trafila tra l’impegno nell’associazionismo  cattolico prima e nel sociale e politico poi era la sequela fisiologica della nostra esperienza; un’esperienza che era prima ecclesiale e poi politico amministrativa, secondo un percorso che spesso, come nel mio caso, era stimolato e favorito dagli stessi nostri sacerdoti educatori.

Certo i tempi sono profondamente cambiati e molti degli attuali pastori d’anime sono il frutto di una preparazione seminariale inevitabilmente espressione dei tempi nuovi post conciliari, non scevri da una profonda distonia con quella che è stata la grande tradizione dei cattolici democratici e cristiano sociali in Italia.

Ciò che, però, mi ha fatto più male è stata l’odierna richiesta ricevuta  da un sacerdote, che fortunatamente non conosco, il quale mi ha chiesto di essere cancellato dalla mailing list al ricevimento dei miei auguri per il Santo Natale. Passi per quelli che lo decidono per una diversa idea della politica, ma che venga fatta tale richiesta addirittura ad una mail di auguri per il Natale mi sembra un autentico “scherzo da prete” e da prete, oltre tutto,  un po’ maleducato, visto che non si é  nemmeno degnato di una firma. Questa, infatti,  la sua  lapidaria  anonima missiva: “ Per favore cancellami ... Troppe mail grazie “

Ho pensato alle difficoltà enormi di Papa Francesco nelle sua quotidiane sollecitazioni pastorali che dovrebbe vedere i sacerdoti totalmente vicini al popolo e non solo per il normale disbrigo degli affari liturgici ed ecclesiali correnti, ma anche per spronare i fedeli, come spesso lui stesso fa,  a impegnarsi in “quella forma più alta della carità che è la politica”.

E, invece, ahimè, scopriamo come alcuni di questi sacerdoti siano lontanissimi dalle idee e dai propositi del Santo Padre. Meglio stare chiusi nelle proprie frequentazioni abitudinarie, lontani dal  quell’ ”odore delle pecore” e da quel mettersi in gioco anche fuori dalle canoniche che è nell’insegnamento di Papa Francesco.

In tal modo risulta  ancor più difficile per noi laici continuare a batterci, per tentare di tradurre nella città dell’uomo gli orientamenti della dottrina sociale della Chiesa, se i sacerdoti responsabili in primis della diffusione di questa dottrina si dimostrano non solo insensibili, ma persino  indisponibili anche solo a sentire le ragioni di questa parte del popolo di Dio.

Ora, però, ho deciso che dell’identità dei sacerdoti  renitenti al dialogo intendo darne pubblica comunicazione sul nostro blog,  considerato il ruolo pubblico dei nostri parroci e sacerdoti, affinché si sappia su chi possiamo contare, non già come supporter di cui, nella nostra visione laica e autonoma della politica, non intendiamo certo disporre, ma per conoscere questi nostri fratelli tiepidi e insensibili al dialogo e al confronto.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 4 Dicembre 2015

 

 

 


 

 

 

2DICEMBRE 2015

UNA RIVOLUZIONE FISCALE PASSIVA?

 

 

E’ comprensibile l’imbarazzo mostrato ieri da Renzi nel commentare i timidi e contraddittori dati ISTAT sull’occupazione e quelli del Ministero dell’economia e finanze sulla crescita; dati che sono contrastanti con quanto sta realmente avvenendo nelle nostre città, dove la chiusura dei negozi continua incessante e la disaffezione della gente é generalizzata e  diffusa.

Un caro amico commercialista e diversi altri professionisti mi confidano le loro stesse difficoltà, non solo a incassare quanto a loro dovuto dai clienti, ma la sofferenza patita nel dover assistere società e piccole medie aziende sull’orlo del fallimento e prive di cassa.

 Se agli inizi degli anni’80, nelle fascia pedemontana del Nord, la Lega di Bossi poté affermarsi sulla base di una rivoluzione fiscale attiva ( “ basta con Roma ladrona”) per l’intervenuta rottura del patto con la DC e i partiti del centro-sinistra ( “ non vi opprimo con la tassazione in cambio del voto”), oggi corriamo il rischio di una rivoluzione fiscale passiva per impotenza o incapacità reale dei terzo stato produttivo di corrispondere a vessatori impegni fiscali che lo opprimono oltre il 50% delle proprie entrate.

Se il terzo stato produttivo non ce la fa più a produrre ricchezza per mantenere gli altri  tre stati (casta, diversamente tutelati e quarto Non stato, nelle loro diversificate sottoclassi) nella migliore delle ipotesi avremo una rivoluzione fiscale passiva per incapacità di far fronte agli obblighi fiscali insostenibili, nella peggiore  una rivolta sociale cruenta.

In entrambi i casi assisteremo al crollo della repubblica già pesantemente sgarruppata da scelte istituzionali e politiche folli che hanno ridotto la sovranità popolare a pura giaculatoria liturgica (vedi conclusioni del tavolo di lavoro stati generali della difesa della sovranità popolare- Paolo Maddalena docet)

Viviamo una reale condizione di rottura del sistema e alla vigilia di una possibile rivolta sociale. Ora la protesta si polarizza sul M5S, con un 50 % che si limita a non giocare, ma poi?

Serve una nuova politica economica e un ripensamento organico della costruzione europea giunta a un punto morto inferiore e che, distrutta la sovranità popolare nazionale, non ha saputo garantirla a un livello più elevato e partecipato, quello europeo. Di fatto abbiamo costruito un ircocervo iper-burocratico che ci ha spogliato del potere fondamentale sulla moneta senza offrirci contropartite che non siano i gravi costi sociali conseguenti alle politiche del rigore basate sulle illegittime prescrizioni dei fiscal compact (denunciate dal prof Guarino) e del pareggio di bilancio vigilate a BXL con una Banca centrale priva del potere di emissione della moneta proprio di ogni istituto con quelle competenze e funzioni.

In Italia, poi, servirà una tosatura a zero della spesa pubblica : dalle 20 Regioni e società derivate a 5-6 macroregioni con competenze esclusivamente legislative di programmazione e controllo con totale dismissione di tutte le partecipate et similia; un’analoga tosatura nelle spese dello Stato a livello ministeriale e negli enti derivati.

Se le caste politiche e burocratiche tenteranno ancora una volta di opporsi, insieme ai nodi scorsoi impostoci dalle assurde e illegittime norme europee ( Guarino docet) e dai poteri finanziari internazionali che hanno sovvertito il NOMA ( Non Overlapping Magisteria)  stabilendo il primato della finanza sull’ economia e la politica ridotte a ruoli ancillari, stavolta non sarà la ghigliottina, ma una  nuova “ assemblea della pallacorda”   destinata a compiere una rivoluzione politico istituzionale levatrice della Terza Repubblica o una drammatica uscita di tipo autoritario.

Spero di sbagliarmi, ma nasometricamente non vedo orizzonti diversi.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 2 Dicembre

 

 

1 DICEMBRE 2015

PASSERA SI,MA CON JUICIO

 

Passera Si, ma con juicio

Ho seguito in diretta streaming la presentazione di Corrado Passera della sua candidatura a Sindaco di Milano, con l’idea di rappresentare “ la lista civica di Milano” al di fuori degli schieramenti politici tradizionali. Ambizione comprensibile, vista l’impresentabilità delle forze politiche che hanno sin qui retto il governo della città meneghina, che, tuttavia, richiede alcuni chiarimenti. Guai, infatti,  se alla crisi delle culture politiche si ipotizzasse di ridurre il governo della città-Stato, come vorrebbe Passera connotare Milano sulla base dell’art 132 della Costituzione, a una semplice questione di natura amministrativa e di efficienza contabile.

Nella città più importante e simbolica del cambiamento è essenziale concorrere alla ricomposizione delle grandi culture che hanno fatto grande con Milano l’Italia. E sono ancora una volta le culture di ispirazione popolare e del riformismo liberale e socialista, quelle che in questa città hanno avuto alcune delle espressioni politiche più rilevanti della nostra storia.

Apprezziamo la scelta di un programma concreto con cui Passera ha presentato la sua candidatura, nel momento in cui le principali forze di destra e di sinistra sono ferme nel surplace delle candidature ancora irrisolte. Efficace anche la volontà di una campagna elettorale quartiere per quartiere e “porta a porta” tentando di coinvolgere le espressioni più significative delle realtà di base.

Passera comprenderà, tuttavia, che non è sufficiente il pur straordinario sforzo organizzativo e la concretezza delle proposte in materia di sicurezza e posti di lavoro ( le “ sicurezze ai milanesi”,  slogan della sua campagna elettorale) senza offrire chiarezza sulla collocazione politica della rete civica che si intende attivare.

Diamo atto, peraltro, che l’avvio della campagna elettorale di Passera basata su un’attenta riflessione sui bisogni concreti dei cittadini milanesi, impone a tutte le altre espressioni politiche e culturali della città di prendere posizione.

Riferendoci a quanto ci ha dichiarato a Orvieto, Pino Vicchielli portando il saluto di Italia Unica, e alla successiva notizia dell’avvenuta collaborazione tra il movimento di Passera e IDEA, il gruppo costituitosi nei giorni scorsi a Roma con Gaetano Quagliariello, riteniamo che proprio a Milano, come nelle altre grandi e piccole città impegnate nella prossima campagna elettorale di primavera, si dovrà concorrere tutti insieme a dare concretezza al progetto di ricomposizione dell’area popolare, liberale, conservatrice e riformista, indicato dal “ Patto di Orvieto”.

Se questo, come ci auguriamo, avverrà, sarà un ulteriore fattore di aggregazione con altri movimenti e gruppi che sono sorti e si stanno consolidando, come quello di Noi x Milano del giovane Nicolò Mardegan, e una spinta anche per le altre componenti che fanno riferimento all’area alternativa al socialismo trasformista renziano a superare lo stallo incomprensibile in cui sono paralizzate e a convergere verso una candidatura che potrà rappresentare una  risorsa di estremo valore per Milano e per tutta l’Italia.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 1 Dicembre 2015

 

 

 

 

29 Novembre 2015

Il PATTO DI ORVIETO

 

Cari amici,
dal convegno “Uniti si Vince”, organizzato il 28 e 29 Novembre dalle associazioni Popolari LIberali di Carlo Giovanardi, IDEA di Gaetano Quagliariello, Popolari per l’Italia di Mario Mauro, ALEF di Ettore Bonalberti, è scaturito il “ PATTO DI ORVIETO” 

Obiettivo del patto è quello di dar vita al Coordinamento dei movimenti Popolari, liberali, conservatori e riformisti di tutti i  partiti,  associazioni, gruppi e persone che sono interessati a sviluppare nel Paese la nascita di un soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista,  trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE, da far tornare ai principi dei padri fondatori, alternativo al socialismo trasformista renziano, ai populismi estremi e alla sinistra post comunista.
Entro la primavera prossima si darà vita a un Nuovo Grande Soggetto Politico che si ponga come obiettivo di offrire un proprio contributo al riscatto della comunità italiana e internazionale: di favorire l’emergere di una nuova classe dirigente che, a partire dalle prossime elezioni amministrative, sappia raccogliere il testimone delle migliori tradizioni politico culturali della storia della Repubblica Italiana. Ora tutti alla stanga per sottoscrivere il Patto di Orvieto e impegnarsi a costituire in tutte le realtà locali il coordinamento di tutte le componenti che ne condividono gli obiettivi politici e ideali.
Un caro saluto.

Ettore Bonalberti

PATTO DI ORVIETO

I partecipanti al Convegno “ UNITI SI VINCE” tenutosi a Orvieto Sabato 28 e Domenica 29 Novembre, consapevoli della grave situazione esistente a livello internazionale e italiano, tanto sul fronte della pace e della sicurezza mondiale che su quello politico, economico e  sociale europeo e dell’Italia;

considerata

 la condizione di democrazia sospesa del Paese in cui è messa in disparte la sovranità popolare posta a fondamento della Costituzione repubblicana; del trasformismo politico introdotto a livello politico e parlamentare da una maggioranza di “nominati” eletti in base a una legge elettorale dichiarata incostituzionale e che intende disinvoltamente procedere allo stravolgimento della Carta costituzionale senza il mandato degli elettori;

preso atto

della crisi dei partiti ridotti a espressioni di leadership personali senza alcun riferimento ideale, etico e culturale e della disaffezione degli elettori stanchi e sfiduciati di una classe politica  incapace di corrispondere al bene comune degli Italiani
considerata

la necessità di superare la grave frantumazione intervenuta a livello politico con la scomparsa delle culture  di ispirazione popolare, liberale e riformista che hanno fatto grande la storia della repubblica italiana e di procedere  urgentemente alla ricomposizione di queste aree politico culturali;

formulando

l’apprezzamento per le scelte intervenute con la formazione dei movimenti e dei fermenti positivi che tanto sul versante dell’area cattolica che su quello laico liberale e rifomista stanno emergendo in Italia

esprimendo

la necessità e l’impegno di dare risposte positive e una nuova speranza non solo agli elettori che continuano a partecipare al voto, ma, soprattutto, a coloro che da tempo hanno deciso di disertare le urne sfiduciati dai comportamenti  di una classe dirigente non più credibile e  da una politica che non corrisponde più agli interessi e ai valori dei ceti medi produttivi e delle classi che più stanno subendo le conseguenze di un finanz capitalismo il quale, rovesciando il principio della non sovrapponibilità tra etica, politica ed economia, ha attribuito alla finanza il compito di assegnare i fini e all’economia e alla politico il ruolo subordinato e ancillare, sino a ridurre la democrazia a mero simulacro formale

 

 

DECIDONO

  1. di dar vita al Coordinamento dei movimenti Popolari, liberali, conservatori e riformisti di tutti i  partiti,  associazioni, gruppi e persone che sono interessati a sviluppare nel Paese la nascita di un soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista,  trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE, da far tornare ai principi dei padri fondatori, alternativo al socialismo trasformista renziano, ai populismi estremi e alla sinistra post comunista; un coordinamento paritetico, inclusivo e aperto a tutte le forze che condividendo gli stessi valori intendono parteciparvi; coordinamento da organizzare ed estendere in tutte le realtà territoriali del Paese e nelle sedi istituzionali locali e parlamentari;

 

  1. di condividere e sostenere  gli stessi orientamenti e obiettivi in politica estera, immigrazione, integrazione sociale e sicurezza, fisco ed economia,  giustizia e Stato e sulle questioni etiche che attengono al primato della persona e della famiglia,
  1. di sostenere e cooperare ad ogni iniziativa che vada verso il recupero e la valorizzazione della nostra cultura politica e dei nostri valori di riferimento;

 

  1. di favorire la nascita sull'intero territorio nazionale di Gruppi Civici Territoriali del  Coordinamento che, aperti alla partecipazione e al coinvolgimento e ricorrendo anche ai moderni sistemi di comunicazione, facciano rifiorire le specificita' dei loro territori in un contesto di armonia e di sintesi con le grandi scelte del Paese;
  1. di promuovere ad ogni livello (comunale e regionale), in occasione delle prossime elezioni amministrative,  LISTE CIVICHE TERRITORIALI, aperte e caratterizzate da programmi concreti ed innovativi;

 

  1. di sollecitare, un Forum Nazionale di partiti, associazioni, movimenti e semplici cittadini da tenersi entro la primavera del 2016, che dia vita ad  un Nuovo Grande Soggetto Politico che si ponga come obiettivo di offrire un proprio contributo al riscatto della comunità italiana e internazionale: di favorire l’emergere di una nuova classe dirigente che, a partire dalle prossime elezioni amministrative, sappia raccogliere il testimone delle migliori tradizioni politico culturali della storia repubblicana italiana

ORVIETO, Palazzo del Popolo, 29 Novembre 2015

Letto, approvato, sottoscritto:

Ettore Bonalberti –Associazione ALEF (Associazione  Liberi e Forti)
Carlo Giovanardi-Associazione Popolari Liberali
Mario Mauro-Associazione Popolari per l’Italia
Gaetano Quagliariello-Associazione IDEA

 

 

 

22 Novembre 2015

La ricomposizione dei Popolari

 

Era partita nel luogo simbolico della casa del beato Antonio Rosmini a Rovereto, il 18 Luglio scorso, la stagione della ricomposizione, con il primo incontro dei popolari e laici liberali interessati a costruire la seconda gamba democratica del sistema politico italiano all’insegna dei valori del popolarismo sturziano e degasperiano.

Si è riconfermata sabato 21 novembre a Torino, sotto il segno dello scudo crociato del CDU piemontese, con l’appello ai Popolari di quella regione e nello spirito di Rovereto, lanciato da Mauro Carmagnola che, in un editoriale, denunciava il fatto che “ i cattolici non partecipano più al campionato perché non hanno più una squadra”.

Con la partecipazione di un centinaio di persone nella città in cui si svolse nel 1923 il drammatico Congresso nazionale del PPI, quello in cui don Luigi Sturzo sostenne l’impossibilità per il Partito Popolare di “ avallare una cambiale in bianco “ al fascismo schierandosi, senza se e senza ma, contro la Legge Acerbo, dall’accettazione della quale da parte della componente sinistra del partito, astenutasi sull’ordine del giorno Sturzo e contraria su quello di De Gasperi,  si consumò di lì a breve la frantumazione del Partito Popolare Italiano.

Nessuna aria di nostalgia ieri a Torino, ma la consapevolezza della drammatica situazione istituzionale del Paese, retto da organi illegittimi che sono la rappresentazione emblematica dell’intervenuta sospensione della democrazia, insieme alla volontà di concorrere, a partire dagli ultimi esponenti dello scudo crociato, alla ricomposizione dell’area popolare e laico liberale e riformista italiana.

Su questi temi sono intervenuti il sen Maurizio Eufemi, che ha annunciato la partecipazione al comitato del NO alla sciagurata riforma del combinato disposto riforma del Senato e legge elettorale dell’Italicum; del sen Ivo Tarolli, promotore dell’incontro di Rovereto di cui  ne ha sintetizzato lo spirito e la road mappa della costruzione del Nuovo Soggetto Politico e  di molti giovani entusiasti di concorrere al progetto, sulla scia del documento appello partito a Luglio dalla città rosminiana.

Il Presidente del Movimento Federativo Europeo del Piemonte, Emilio Cornagliotti, ha ricordato il ruolo strategico svolto dai padri fondatori democratico cristiani dell’Europa e la possibilità di ampie convergenze sul progetto di  rilancio della prospettiva degli Stati Uniti d’Europa.

A Torino, la città che, dopo una gestione della sinistra al potere senza soluzione di continuità, si ritrova spogliata di quasi tutte le eccellenze che ne avevano fatto una delle città più importanti del Paese e con un debito accumulato sino alla soglia enorme di quasi 5 miliardi di €, ferve il dibattito per il rinnovo del Sindaco e del consiglio comunale.

Un appuntamento nel quale la formazione di una lista civico popolare sarebbe quanto mai attesa e di cui l’On Roberto Rosso, intervenuto con grande passione all’incontro, potrebbe esserne l’autorevole portabandiera con il concorso di quanti sono interessati a offrire alla città della Mole una diversa guida politica e amministrativa.

Le conclusioni cui si è pervenuti ieri a Torino sono così riassumibili:
1.riconferma dell’ attualità e  modernita' del pensiero liberaldemocratico e della cultura dell'economia sociale mercato, alle cui fonti continuano ad alimentarsi i grandi partiti che guidano importanti Paesi come la Germania e la Spagna;
2. unanime  impegno  verso la riaggregazione dell'area del popolarismo e verso il superamento della frammentazione partitica e della conseguente irrilevanza politica;

Condividendo lo spirito e i contenuti dell'Appello adottato il 18 luglio c/o la casa natale del b. A. Rosmini, pertanto si è deciso:

1.di sostenere e cooperare a ogni iniziativa che vada verso il recupero e la valorizzazione della nostra cultura politica e dei nostri valori di riferimento.
2.di favorire la nascita sull'intero territorio regionale di Gruppi Civici Territoriali che, aperti alla partecipazione e al coinvolgimento e ricorrendo anche ai moderni sistemi di comunicazione, facciano rifiorire le specificità dei loro territori in un contesto di armonia e di sintesi con le grandi scelte del Paese;
3.di promuovere a ogni livello (com.prov.reg.), in occasione delle prossime elezioni amministrative,  LISTE CIVICHE TERRITORIALI, aperte e caratterizzate da programmi concreti ed innovativi;
4.di sollecitare, sulla scorta dell'Appello di Rovereto, un Forum Nazionale di partiti, associazioni, movimenti e semplici cittadini che dia vita ad  un Nuovo Grande Soggetto Politico che si ponga come obiettivo quello di offrire un proprio contributo al riscatto della comunità italiana e internazionale.

Sono gli stessi obiettivi che proporremo Sabato 28 e Domenica 29 al convegno di Orvieto organizzato da ALEF, Popolari liberali e Popolari per l’Italia con molti esponenti di diverse formazioni politiche; a Roma, il 12 Dicembre, con la Conferenza nazionale del CDU, nella quale, come ha ricordato ieri a Torino, Mario Tassone, si conclude la lunga fase iniziata dal nuovo CDU nel 2013 per concorrere alla costruzione del nuovo soggetto politico; il 13 Dicembre a Roma con il Congresso nazionale dei Popolari per l’Italia; il 15 Gennaio a Perugia con l’incontro di tutte le associazioni di area cattolica e a Ferrara, il 16 Gennaio, con tutti gli amici del Centro-Nord.

Ettore Bonalberti
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domenica, 22  Novembre 2015

 

 

 

 


17 Novembre 2015

Fermenti nell’area cattolica popolare

 

Sono avviati i grandi lavori nell’area cattolico-liberale e di ispirazione popolare.
Sabato 21 Novembre sono convocati a Roma, gli Stati Generali di sovranità popolare, ai quali hanno aderito numerosi gruppi e associazioni con l’obiettivo di  avviare iniziative concrete in difesa della Costituzione. Parteciperà il prof Paolo Maddalena, Vice Presidente emerito della Corte Costituzionale.

E’ da segnalare l’importante iniziativa assunta dal prof Alessandro Pace, Presidente del Comitato per il NO il quale, nella giornata di ieri, ha diffuso un appello ai presidenti della Camera e del Senato e ai deputati e ai senatori della Repubblica per la sospensione della discussione sulla riforma costituzionale Renzi-Boschi.

Si legge, infatti, che:“In un tornante della storia, quale si va profilando in conseguenza della mattanza occorsa il 13 novembre a Parigi per opera di seguaci del Daesh, il Direttivo del Comitato per il No al referendum costituzionale sulla riforma Renzi-Boschi, chiede al Presidente della Camera dei deputati e ai Presidenti dei gruppi parlamentari di rinviare a data da destinarsi la discussione, già fissata per il prossimo 20 novembre, davanti alla Camera dei deputati, per l’approvazione, in prima deliberazione, del d.d.l. cost. n. 2613-B.
Il Comitato ritiene infatti inopportuno che in un momento così grave che richiede l’unità di tutte le forze politiche e sociali – come ai tempi del terrorismo, se non peggio -, le Camere possano procedere tranquillamente nel loro lavoro di revisione della gran parte degli articoli della Costituzione come se nulla fosse accaduto. Mentre è proprio nei momenti di crisi, che la Costituzione, nei suoi principi e valori, dovrebbe costituire il simbolo, per eccellenza, dell’unità del popolo italiano.”

Particolarmente grave, appare poi, la prospettiva che si aprirebbe qualora passasse la riforma del governo. Il documento del prof Pace evidenzia, infatti che: “La gravità dell’attuale situazione che potrebbe addirittura sfociare, come da più parti si sostiene, in uno stato di guerra o in una situazione analoga, induce il Comitato per il No a sottolineare che se la riforma Renzi-Boschi venisse approvata nel testo di cui al d.d.l. cost. n. 2613-B, non sarebbero più le Camere a deliberare lo stato di guerra, come previsto dal vigente articolo 79 della Costituzione, ma la sola Camera dei deputati. E ciò, come se il Senato, ancorché rappresentativo delle autonomie locali, quale previsto dalla riforma Renzi-Boschi, non fosse anch’esso un organo dello Stato-comunità e quindi della Repubblica italiana.”

Nella stessa giornata di Sabato 21 Novembre a Torino il CDU, su iniziativa del dr Mauro Carmagnola, ha indetto un convegno con gli elettori e simpatizzanti di quella Regione, con il quale si intende contribuire all’avvio della Federazione di tutti i Popolari e Liberali interessati a dar vita a un nuovo soggetto politico. Trattasi di un vero e proprio “ Appello ai Popolari torinesi” secondo lo spirito e le conclusioni raggiunte all’incontro di Rovereto dei popolari italiani del 18 Luglio scorso.

L’assemblea di Torino precede quella nazionale del CDU aperta a tutte le altre componenti di ispirazione popolare e liberale che si terrà a Roma il 12 dicembre.

Sabato 28 e Domenica 29 Novembre, con un cambio di sede da Roma a Orvieto, si terrà il convegno dei Popolari e Liberali promosso da ALEF (Associazione dei Liberi e Forti), Popolari liberali di Giovanardi e Popolari per l’Italia di Mario Mauro, con altri esponenti dell’area alternativa al renzismo, interessati alla costruzione della seconda gamba del sistema democratico italiano, sul tema: “UNITI SI VINCE”.

Il 13 Dicembre è previsto il Congresso dei Popolari per l’Italia sempre orientato a concorrere alla costruzione del nuovo soggetto politico.

Altra iniziativa annunciate dall’On Santolini ad Assisi, sempre a Dicembre sul tema: “ La Misericordia giubilare e l’impegno politico” e incontri programmati per le aree meridionali e del Nord Est, completeranno il percorso che, attraverso la formazione in sede locale di comunità civico popolari, sfocerà nel Forum nazionale dei Popolari e Liberali italiani con il quale sin intende costruire, agli inizi del 2016, la seconda gamba del sistema politico.

Un nuovo soggetto politico di ispirazione popolare, alternativo al socialismo trasformista renziano e ai populismi estremi, ai partiti personalistici  e leaderistici per ritrovare il valore della collegialità e dell’autentica partecipazione democratica, con un ricambio sostanziale della classe dirigente in grado di intercettare le attese di coloro che da tempo hanno scelto la strada del disimpegno e dell’astensionismo.

 

Ettore Bonalberti
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Venezia, 17 Novembre 2015

 

 

13 Novembre 2015

Alla crisi di sistema serve una risposta di cultura popolare e liberale

 

Stato di diritto ridotto al lumicino, assetto istituzionale caratterizzato dalle profonde anomalie conseguenti al “golpe blanco” del Novembre 2011 e al sostanziale misconoscimento della sentenza della Corte costituzionale sul “porcellum”, sono le condizioni sovrastrutturali di una società italiana in crisi profonda morale, culturale, economica, sociale, con tassi di disoccupazione generale e, soprattutto, giovanile e femminile, ai limiti della tenuta del sistema.

E’ grande la confusione nel partito del presidente del consiglio e segretario del PD, non solo per la scissione intervenuta sulla sua sinistra destinata a diventare una ferita difficilmente ricomponibile, nonostante la caparbia difesa della “ditta” da parte della minoranza bersaniana, ma per lo sconquasso politico amministrativo, culturale e morale presente nelle principali realtà locali governate da quel partito.

Sul fronte alternativo della destra, dopo la manifestazione di Bologna, è avviata una ricomposizione a guida leghista che, così com’è sin qui combinata, appare di difficile attrattiva per quel 50% di elettorato che ha deciso l’astensione. Senza una modifica alla legge super truffa dell’Italicum, “ il giovin signore fiorentino” corre il rischio di doversi confrontare in un ballottaggio assai pericoloso con il M5S di Grillo.

Ciò che più rattrista in tale situazione e nel deserto delle culture politiche  di quasi tutti i partiti, è l’assenza di una proposta politica forte di ispirazione popolare e liberale che, con quella riformista, ha rappresentato storicamente una delle  condizioni essenziali dello sviluppo democratico dell’Italia.

Hanno dato una ben cattiva rappresentazione di sé i residuati bellici ex democristiani, frantumati tra le piccole guerre fratricide di inesistenti e squalificati capetti sempre alla ricerca di accomodanti posizioni di potere e dediti a politiche di corto respiro, in uno spazio politico in cui ai valori si sono sostituiti non già gli interessi generali, ma quelli “particulari” familistici e dei cerchi magici laudatori dei signorotti feudali di turno. Un manipolo di sbandati erranti a destra e a sinistra alla ricerca della sopravvivenza.

Più vasto e interessante è ciò che accade nella multiforme realtà associativa, culturale e politica presente copiosa  nelle diverse realtà territoriali regionali e locali, dalle quali esce una voce forte all’unisono: “ vino nuovo in otri nuovi”.

La ricerca, per molti  aspetti affannosa e non priva di elementi contraddittori, è quella di individuare un nuovo contenitore, un soggetto politico capace di raccogliere e di saper rispondere alle istanze della realtà, interpretandole alla luce del pensiero cristiano sociale e guidato da una dirigenza politica totalmente rinnovata rispetto a quella residuale rimasta sul campo “sanza nfamia e sanza lode” e, in taluni casi, con rimarchevoli colpe e pesanti responsabilità.

La difficoltà sta nel tentare di raccordare senza traumi ciò che rimane espressione residua della cultura popolare, democratico cristiana e liberale a livello istituzionale, con i fermenti nuovi e ancora allo statu nascenti presenti all’esterno delle attuali residue e frammentate rappresentanze.

Servirà una grande dose di umiltà e di generosità, sia da parte di coloro che sono stati assai tristi protagonisti nella lunga stagione della diaspora democristiana, sia da parte delle nuove leve, nella convinzione reciproca che serve una forte solidarietà intergenerazionale per la ricomposizione dell’area popolare, liberale e riformista italiana.

E’ questo l’obiettivo che ci proponiamo con il convegno del 28 e 29 novembre prossimi  a Roma, con il quale intendiamo ricomporre le rappresentanze politico culturali presenti dentro e fuori delle istituzioni, dando vita a una Federazione di Centro nella quale, diversamente dalle logiche prevalenti negli attuali partiti di tipo leaderistico, assumere come metodo di conduzione quello della collegialità.

Dall’esempio che verrà da Roma  si potrà cercare di raccordare in tutte le realtà locali le diverse esperienze istituzionali e non in comunità di partecipazione democratica, rette da organismi collegiali rappresentativi in termini di pari dignità.

Solo dopo si porrà il tema delle alleanze, tenendo conto, tuttavia, sin d’ora, che il compito che spetta ai popolari e ai laici cristianamente ispirati, rimane quello di dar vita alla seconda gamba del sistema, per far uscire l’Italia dalla crisi di democrazia e di rappresentanza che ha reso insopportabile alla maggioranza dei cittadini l’attuale assetto politico istituzionale del Paese.

Primo impegno dopo il convegno di fine novembre: il forum nazionale dei popolari e laici liberali e riformisti da tenersi entro i primi mesi del 2016, con il  quale dar vita al nuovo soggetto politico da dotare di un condiviso programma e, contemporaneamente, la presentazione di liste unitarie dei popolari e dei laici liberali e riformisti alle prossime elezioni amministrative con una rinnovata classe dirigente.

 

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Venezia, 13 Novembre 2015

 

9 Novembre 2015

A sinistra si leva uno squillo e la destra  risponde con l’urlo.

 

Sabato è nata Sinistra Italiana dalla confluenza dei fuoriusciti del PD in SEL per organizzare l’alternativa di sinistra “arancione” al PD di Renzi. Domenica in Piazza Maggiore a Bologna, transennata per contenere la spinta irrazionale dei gruppi antagonisti, Lega, Forza Italia e Fratelli d’Italia, hanno riunito la base per rilanciare un centro-destra “diverso” da quello del 1994.

 Se a sinistra si tenta di ricomporre un’area culturalmente omogenea ai valori storici di ispirazione socialista e alternativa al trasformismo inquietante introdotto dal “ giovin signore fiorentino”, più complessa risulta la situazione sulla destra, dove, a parte gli accenti fuori misura usati sia dal Cavaliere che da Salvini, appare quanto mai arduo mettere insieme storie e  culture di riferimento molto diverse, mentre dalla piazza si impone una leadership , quella di Salvini che appare ancora acerba per una reale capacità di egemonia politica.

Confesso che per noi Popolari ciò che sta accadendo in Italia non ci piace per niente.
Il deficit dello stato di diritto e la crisi di democrazia derivato dal “golpe blanco” del Novembre 2011 e tuttora persistente, con una minoranza del 15 % dell’elettorato che accentra in sé tutto il potere e si presta a far passare attraverso un Parlamento di “illegittimi” la riforma della Costituzione, sono la sovrastruttura di un sistema che soffoca la condizione di anomia persistente a livello sociale, economico e produttivo reale del Paese.

Non sappiamo se la nascita a sinistra della nuova formazione “arancione”, il colore scelto da Sinistra Unita per la nuova avventura, favorirà quel “Partito della Nazione”  del premier da più parti evocato e da noi fortemente contrastato per il suo carattere di trasformistica commistione di posizioni orientate all’esclusiva gestione del potere.

Anche ciò che è accaduto ieri a Bologna ci appare più espressione di una deriva lepenista che la rappresentazione di un’alternativa reale e democratica al sistema di potere equivoco gestito da “ Il Bomba” fiorentino.

Continuiamo a perseguire l’idea che in Italia sia opportuno ripartire dalla ricostruzione delle culture politiche che ne hanno caratterizzata la storia e che fanno riferimento alle grandi famiglie politiche europee. Ci sentiamo di far parte della grande famiglia del PPE, con tutti i suoi limiti e contraddizioni, e intendiamo batterci per riportare il PPE ai valori ispiratori dei padri fondatori: Adenauer, De Gasperi e Schuman.

Crediamo sia opportuno costruire la seconda gamba del sistema politico in grado di intercettare i bisogni dei diversamente tutelati e del terzo stato produttivo e di organizzare un nuovo soggetto politico che da tempo connotiamo come: laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE, alternativo al trasformismo socialista renziano e ai populismi estremi. E’ lo stesso obiettivo che abbiamo condiviso con gli amici dell’appello di Rovereto, da Ivo Tarolli, Mario Tassone, Gianni Fontana, Lelio Alfonso e tanti altri.

Certo faremo i conti con la legge elettorale super truffa che un parlamento farlocco ha inteso adottare e che, con ogni probabilità, visti i sondaggi perigliosi  si appresta a modificare per non dar spazio alle aspirazioni del M5S;  innanzi tutto, però, intendiamo concorrere alla ricomposizione su basi culturali omogenee dell’area popolare e laica cristianamente ispirata.

Sono questi gli obiettivi che insieme agli  amici Carlo Giovanardi (Popolari liberali) , Mario Mauro (Popolari per l’Italia), Gaetano Quagliariello e molti altri ci siamo proposti e che intendiamo sviluppare con tutte le realtà territoriali interessate all’incontro che si terrà a Roma il 28 e 29 Novembre prossimo alla sala convegni del Green Park Hotel Pamphili, sul tema: UNITI SI VINCE.

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Venezia, Lunedì 9 Novembre 2015

 

6 Novembre 2015

Corsi e ricorsi del trasformismo italico

 

Chiude la grande catena di distribuzione tedesca  METRO a Marghera (70 posti a rischio), chiude l’agenzia AIR France a Venezia ( altri 11 licenziati), chiude uno dei più importanti negozi di articoli sportivi a Mestre; in Piazza Ferretto e in molte altre strade mestrine e veneziane è un susseguirsi di negozi con la saracinesca abbassata.

E’ questa la reale situazione che colpisce il terzo stato produttivo, il produttore reale della ricchezza nazionale, ma per il nostro  Renzi, catapultato alla presidenza del consiglio “ tutto va bene” e siamo in piena ripresa.

In realtà ciò che accade a Venezia è la metafora di ciò che, in misura analoga, sta avvenendo in quasi tutta l’Italia.

Lo scontro tra la casta e quelli che sono meglio inseriti nella classe dei diversamente tutelati si sta facendo cruento, con il quarto non stato che regge il bordone ai potenti di turno, purché possano continuare a fare i loro affari, facendo la cresta sulla ricchezza prodotta del terzo stato produttivo.

Se la rivolta della Lega agli inizi degli anni’80 nelle regioni del Nord fu il risultato di una rivoluzione fiscale attiva, una volta che si ruppe il rapporto che legava la DC e i partiti del centro-sinistra al terzo stato produttivo sulla base del compromesso: non vi tasso con furore e in cambio ci date il voto, ora siamo ancora fermi all’astensionismo elettorale e al voto di protesta al M5S.

Si sta, tuttavia, profilando una seconda e ancor più pesante rivolta fiscale passiva, determinata non già dalla volontà e da una raggiunta coscienza di classe dei ceti produttivi, quanto piuttosto da un’oggettiva impossibilità a soddisfare gli adempimenti fiscali.

Alcuni si suicidono, altri scappano con le loro attività all’estero, altri ancora sono costretti a  chiudere bottega. Non è ancora pronta una rappresentanza unitaria politica di tale condizione sociale.

Il governo sostenuto dalla maggioranza di un parlamento di “illegittimi, è retto da un leader mai eletto, espressione di poco più del 15 % dell’elettorato italiano, il quale intende accentrare sulla sua persona tutto il potere e fa votare riforme istituzionali iugulatorie per la democrazia e nettamente contrastanti con la Costituzione.

Sino a quando tale indecente situazione politica, istituzionale, economica e sociale potrà durare?

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Venezia, 6 Novembre 2015

 

5 Novembre 2015

Cose veneziane metafora di ciò che accade in Italia

 

Chiude la grande catena di distribuzione tedesca  METRO a Marghera (70 posti a rischio), chiude l’agenzia AIR France a Venezia ( altri 11 licenziati), chiude uno dei più importanti negozi di articoli sportivi a Mestre; in Piazza Ferretto e in molte altre strade mestrine e veneziane è un susseguirsi di negozi con la saracinesca abbassata.

E’ questa la reale situazione che colpisce il terzo stato produttivo, il produttore reale della ricchezza nazionale, ma per il nostro  Renzi, catapultato alla presidenza del consiglio “ tutto va bene” e siamo in piena ripresa.

In realtà ciò che accade a Venezia è la metafora di ciò che, in misura analoga, sta avvenendo in quasi tutta l’Italia.

Lo scontro tra la casta e quelli che sono meglio inseriti nella classe dei diversamente tutelati si sta facendo cruento, con il quarto non stato che regge il bordone ai potenti di turno, purché possano continuare a fare i loro affari, facendo la cresta sulla ricchezza prodotta del terzo stato produttivo.

Se la rivolta della Lega agli inizi degli anni’80 nelle regioni del Nord fu il risultato di una rivoluzione fiscale attiva, una volta che si ruppe il rapporto che legava la DC e i partiti del centro-sinistra al terzo stato produttivo sulla base del compromesso: non vi tasso con furore e in cambio ci date il voto, ora siamo ancora fermi all’astensionismo elettorale e al voto di protesta al M5S.

Si sta, tuttavia, profilando una seconda e ancor più pesante rivolta fiscale passiva, determinata non già dalla volontà e da una raggiunta coscienza di classe dei ceti produttivi, quanto piuttosto da un’oggettiva impossibilità a soddisfare gli adempimenti fiscali.

Alcuni si suicidono, altri scappano con le loro attività all’estero, altri ancora sono costretti a  chiudere bottega. Non è ancora pronta una rappresentanza unitaria politica di tale condizione sociale.

Il governo sostenuto dalla maggioranza di un parlamento di “illegittimi, è retto da un leader mai eletto, espressione di poco più del 15 % dell’elettorato italiano, il quale intende accentrare sulla sua persona tutto il potere e fa votare riforme istituzionali iugulatorie per la democrazia e nettamente contrastanti con la Costituzione.

Sino a quando tale indecente situazione politica, istituzionale, economica e sociale potrà durare?

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Venezia, 5 Novembre 2015

 

4 Novembre 2015

EXPO 2015: ambigue verità

 

Tutti a sbracciarsi nel lodare i risultati straordinari di EXPO 2015, a partire dal Sindaco di Milano Pisapia, quel signore che, così riporta “l’Intraprendente”-giornale d’opinione del Nord, era firmatario di un documento del 2009 che suona esplicitamente come un appello No Expo e definisce appunto la manifestazione come un «assurdo luna park».

Tra le altre cose, scrive quel giornale, “in questa petizione promossa dai due architetti Emilio Battisti e Paolo Deganello e firmata, oltreché da Pisapia, da altri nomi della Milano Bene come Gae Aulenti, Salvatore Bragantini e Santo Versace, Expo2015 viene definita un «assurdo luna park di padiglioni che a manifestazione ultimata dovranno essere demoliti o andranno inevitabilmente in rovina in una landa desolata e senza vita, facendo scempio di quasi due milioni di metri quadri di prezioso terreno agricolo». E non solo. Il documento rincara la dose mostrando l’incompatibilità di Expo con un periodo di grande crisi economica: «Si abbia il coraggio di prendere atto una volta per tutte che questa manifestazione è totalmente anacronistica, soprattutto se viene realizzata nel tempo della crisi economica che investe l’intero pianeta».

Si sa che il pensiero ideologico è quello socialmente condizionato dalle posizioni, status e ruoli, che, a diverso titolo e in diversi momenti, si ricoprono, e anche un illustre avvocato come Pisapia non è immune da questa regola. Più emblematica la figura dell’AD di EXPO 2015, il Dr Giuseppe Sala, che è passato dalle stalle dei tristi episodi di corruzione accaduti durante la sua appassionata gestione dell’evento, alle stelle evocate da numerosi osservatori a partire dal presidente del Consiglio che, non gli è parso vero, di assumere il caso Milano come espressione della “migliore Italia”, sino a nominare il prefetto Tronca, commissario del comune di Roma, con la speranza che anche l’imminente Giubileo straordinario, possa ripetere il successo della manifestazione internazionale milanese.

Per Sala che, alla domanda non peregrina se egli si consideri di destra, di centro oi di sinistra, risponde con un categorico: “ me ne frego”, sembrerebbe aprirsi la strada di una candidatura PD al comune di Milano. Prima, però, credo sarebbe opportuno approfondire meglio i risultati di EXPO 2015: 21,5 milioni di visitatori  dichiarati e confermati, ma quanti sono stati i paganti? Attendiamo il bilancio definitivo dell’evento, ma intanto si parla già di un deficit di 1,2 miliardi di € .

Non è che si sia organizzata una grancassa mediatica con la rappresentazione delle interminabili code ai tornelli di Rho, per nascondere col deficit di bilancio anche le gravi discrepanze tra il tema di EXPO 2015 e le concrete rappresentazioni nei padiglioni dei diversi Paesi, che, tranne alcuni casi (il più interessante dei quali il Padiglione ZERO dell’ONU) hanno soprattutto colto l’occasione per una mera propaganda turistica non molto dissimile da quella sperimentabile in ogni altra fiera del turismo?

In un Paese nel quale, come in politica, sembra che “valga ciò che appare” piuttosto della concreta realtà effettuale, tutto è  possibile, anche quello di far credere agli italiani che “tutto va bene” anche se i conti non tornano e la propaganda la fa da padrona.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 4 Novembre 2015

 

1 Novembre 2015

Siamo sulla strada buona

 

L’odierna allegata nota di Mario Tassone, presidente del CDU,  ci ha dato lo spunto per una riflessione carica di speranza-

 

Siamo sulla strada buona

 

Ho ricevuto, come di consueto, la nota politica allegata  dell’amico Mario Tassone.
Debbo dire che in essa sono esposte in modo assai chiaro le linee su cui gli amici del CDU intendono  muoversi; linee che corrispondono esattamente con quelle che anche noi che abbiamo sottoscritto il documento-appello di Rovereto condividiamo.

Si apre una stagione di serio confronto e comune riflessione con tutti i partiti e le associazioni, movimenti e gruppi che si sono incontrati a Roma il 28 ottobre scorso.

Anche con gli amici della Federazione di solidarietà popolare, ALEF e i circoli di Insieme intendono mantenere aperto il dialogo e il confronto, accomunati dalla medesima volontà di concorrere alla costruzione di un nuovo soggetto politico ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano alternativo al socialismo trasformista renziano e ai populismi estremi.

Lo stesso progetto che coltiviamo insieme agli amici dei Popolari per l’Italia e di Italia Unica con i quali, condiviso il documento di Rovereto, siamo impegnati a sviluppare sul territorio le più opportune iniziative che si concluderanno con il forum  nazionale dei popolari e laici liberali e riformisti.

Per chi ha vissuto la lunga stagione della diaspora democristiana e i tortuosi percorsi della seconda repubblica, con la brutta aria che tira sul piano istituzionale, politico e sociale in Italia e in Europa, questi tentativi di dialogo e di progressivo superamento delle antiche insufficienti appartenenze sono una boccata d’ossigeno che fa ben sperare.

Parteciperemo, se invitati, alle prossime scadenze dei diversi partiti, gruppi e associazioni con la volontà di puntare a realizzare in tempi brevi l’unità dei popolari e dei laici cristianamente ispirati e per favorire l’emergere di una nuova classe dirigente.

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Domenica,1 Novembre 2015

 

M. Tassone: dobbiamo ridefinire un centro politico,  che avrà ragione di esistere solo se ci saranno aree contrapposte
Si stanno tenendo molti incontri al fine di aggregare formazioni di ispirazione popolare cristiana e laiche riformiste per dare vita, attraverso una Federazione, ad un soggetto politico che sia espressione di quanti chiedono quelle certezze che i tempi oggi non offrono. Sono i ceti medi produttivi, espressioni del mondo della cultura e del sociale, dei giovani che avvertano che tutto ruota ad estremismi improduttivi. Un centro politico va ridefinito. Sia le forze di maggioranza e di opposizione sono portatrici di posizioni estreme. Le riforme elettorali e costituzionali disegnano un sistema che comprime diritti e vanifica conquiste democratiche e le opposizioni si attestano su posizioni populiste. Oggi c'è una attenzione diffusa verso il centro da chi lo considera un dato geometrico per la gestione del potere. A questo disegno bisogna contrapporre la politica attraverso una area centrale che vive attraverso la dialettica fra la pluralità delle posizioni e la vivacità del confronto. In questi ultimi anni lo spazio del dibattito si è andato restringendo e chi assicurava con il sistema elettorale introdotto con le politiche del 1994 stabilità bipolarismo e alternanza è stato smentito. Non vi è stata stabilità e il bipolarismo non si è affermato. Si è impoverito il patrimonio di energie e di classe dirigente che si formava attraverso gli strumenti della politica e dei partiti. Oggi dicevamo si tende ad occupare il centro strumentalmente ma il centro ha ragione di esistere se ci sono aree contrapposte. Invece ci troviamo difronte una omologazione e a una occupazione di tutte le posizioni con la regola che chi vince prende tutto. Allora c'è l'interesse del partito del Presidente del Consiglio, e non solo, di occupare e sterilizzare il centro perché dalla ricomposizione di questa area può rinascere la politica dove non c'è posto per le posizioni personali. Il disegno di dar vita al Partito della Nazione è il prefazio del Partito Stato e del Partito Unico, dove sopravvivono formazioni satellitari. Ecco perché il nostro impegno deve essere più stringente per rappresentare quella realtà vasta di cittadini che pur esiste non disposta alla resa e a disfarsi dei propri convincimenti. Il nuovo CDU che aveva proposto l'11 maggio del 2013 e poi nel Congresso Nazionale dell'anno successivo una aggregazione, oggi è impegnato a costruire una Federazione e il nuovo soggetto Politico con gli amici di Italia Unica di Passera, con i popolari di Mario Mauro, con la federazione solidarietà popolare di Gianni Fontana, con Rinascita Popolare di Publio Fiore e con moltissime altre organizzazioni e circoli impegnati nel mondo della cultura, del sociale e del volontariato. A Rovereto questa estate fu sottoscritto un documento che va fatto vivere negli appuntamenti elettorali futuri. Il Nuovo CDU terrà la sua Conferenza Nazionale il 12 dicembre a Roma. Ci saranno anche gli amici delle organizzazioni sopra richiamate. Sarà un appuntamento importante che chiude una fase del nostro impegno portato avanti con coraggio e tenacia. Nell'ultima riunione per la Federazione di giorno 28 si è espressa la volontà di sostenere i ricorsi di costituzionalità della legge elettorale e il referendum per la "cancellazione" della riforma della Costituzione. Un nuovo soggetto sta prendendo corpo per coprire i vuoti della non politica di chi confonde la propria storia con il bagaglio di valori e di conquiste che stanno alla base della nostra Repubblica. Ci troviamo difronte la contrapposizione fra sistemi istituzionali. Noi scegliamo quello che garantisce progresso, sviluppo nella libertà, nel solco di un patrimonio di valori disperso per troppo tempo che va ricomposto per una grande sfida che, interessa, la nostra vita, e quella delle future generazioni.

Mario Tassone

Roma, 1/11/2015

 

30 Ottobre 2015

Un precedente pericoloso

 

Era già accaduto negli USA che Ignazio Marino cadesse nella trappola di falsi rimborsi e messo alla porta senza indugi dall’University of Pittsburgh Medical Center  in cui prestava servizio.

Anche a Roma, nell’esercizio delle sue funzioni di Sindaco il noto chirurgo si ritrova alle prese con scontrini e ricevute oggetto di inchieste giudiziarie. Per un Sindaco eletto con oltre il 60% dei voti degli elettori romani  sembrerebbe una colpa abbastanza inconsistente, seppur da non sottovalutare,  per il tipo di sfratto preparatogli dal  suo partito, in corso d’opera nei minuti in cui sto scrivendo questa nota.

Al di là  dei demeriti del “marziano” nello svolgimento della suo incarico in una città quanto mai complessa e difficile da amministrare, non ci piace il modo in cui si sta consumando l’ultimo atto di questa indecente commedia.

Spiace che un partito come il PD, frastornato dalle  faide interne  romane e squassato dal grave scandalo di “mafia capitale”, abbia impedito che la parola fine fosse scandita da un aperto e pubblico dibattito nella sede istituzionale competente del consiglio comunale capitolino.

Si è preferito assegnare al commissario-federale Orfini il compito di organizzare lo sciogliete le righe con dimissioni di massa depositate presso il notaio. Pericoloso precedente, assai raro nella storia delle amministrazioni comunali locali dopo la riforma che ha sancito l’elezione diretta del primo cittadino.

Tanto più grave poiché è il risultato di una decisione del ducetto di Palazzo Chigi, presidente mai eletto  e votato da un Parlamento di “nominati” eletti con una legge elettorale incostituzionale, il quale, come ai tempi del Duce vero, sperimenta con Roma il sistema dell’utilizzo dei  federali messi a capo del partito in sede locale, per decidere le sorti di organi eletti, ancorché gravati dalla pantomima incresciosa di un Sindaco imprevedibile.

E’ l’ennesimo segnale dei tempi tristi in cui ci tocca vivere, un precedente pericoloso per la già ultra traballante democrazia italiana.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 30 Ottobre 2015

 

26 Ottobre 2015

Popolari e laici in cammino

 

Ospiti degli amici di Italia Unica presenti con Lelio Alfonso, Pino Pizzielli e Carlo Fusi, si sono incontrati ieri a Roma molti esponenti di partiti, associazioni, gruppi e movimenti interessati a concorrere alla ricomposizione dell’area popolare e laico riformista e liberale. E’ giunto anche un saluto in call conference di Corrado Passera impegnato in un seminario internazionale di studio ad Abu Dabi, al tavolo sul futuro delle forme di governo e delle città.

Era la prima volta che i rappresentanti della vasta galassia ex DC, Popolare e laico riformista si trovavano insieme a discutere degli obiettivi e delle azioni da mettere in campo.

Unanime la condivisione del documento di Rovereto che può costituire il riferimento comune cui ispirare le prossime iniziative.

Più articolate le posizioni sui tempi e sulle modalità operative, con alcuni più decisamente orientati nella scelta dell’area di riferimento politico e altri più impegnati a meglio definire la natura e la struttura del nuovo soggetto politico.

Da un lato gli amici di Mario Mauro e dei Popolari d’Italia con i circoli di Insieme e di ALEF e con Italia Unica, sicuramente  orientati a favore della costruzione di un soggetto laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE, alternativo al socialismo trasformista renziano e ai populismi estremi.

Dall’altro, gli amici della Federazione di Solidarietà Popolare più interessati a costruire dal basso, la riunificazione delle molteplici realtà che operano, al di fuori delle strutture tradizionali e a impegnarsi per un ricambio totale della classe politica.

Più sfumata la posizione degli amici del CDU i quali, preoccupati che dal processo di superamento dei partiti si possa giungere, come già sta accadendo, al trionfo delle oligarchie e degli uomini soli al comando, hanno annunciato che il prossimo 12 Dicembre celebreranno la loro conferenza nazionale nella quale dichiareranno chiusa una fase della loro esperienza politica iniziata vent’anni fa, nel 1995, al Parco dei Principi, per concorrere alla costruzione del nuovo soggetto politico.

Tutti hanno condiviso, tuttavia, il documento-appello di Rovereto e il cronoprogramma degli appuntamenti indicati dal sen Ivo Tarolli per i prossimi mesi di Novembre-Dicembre.Una serie di incontri interregionali per condividere sul territorio le proposte programmatiche e per la struttura del nuovo soggetto politico; incontri che si concluderanno con un forum nazionale dei popolari e laici liberali e riformisti, da cui far nascere il nuovo partito.

Unanime, altresì, la volontà di sperimentare, ovunque sia possibile, la costruzione di liste civiche popolari, sull’esempio di ciò che si è fatto a Venezia con l’elezione di Luigi Brugnaro a Sindaco della città lagunare dopo oltre un ventennio di egemonia-dominio della sinistra, a partire dalle grandi città che saranno interessate dalle elezioni amministrative della primavera prossima: Roma, Milano, Torino, Bologna, Napoli.

Sarà questo il banco di prova di una rinnovata presenza dei Popolari apartire dalle realtà locali, là dove è più diretto il rapporto tra cittadini e istituzioni.

Intanto è già programmato un incontro nel Nord-Est alla Gran Guardia di Verona su iniziativa di  Ettore Bonalberti (ALEF, Liberi e Forti), Carlo Giovanardi ( Popolari Liberali), Mario Mauro ( Popolari per l’Italia), Francesco Schittulli ( Movimento Politico Schittulli)  e Flavio Tosi ( Fare) il 28 e 29 Novembre 2015 sul tema: “Nel centro destra, alternativi alla sinistra, con la nostra identità”.  

Ettore Bonalberti
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Venezia, 29 Ottobre 2015

 

22 Ottobre 2015

Il “Fasulein” bolognese

 

 

Non smette di stupire il nostro “Fasulein” bolognese, Pierferdinando Casini, che connotai col nome della furbesca maschera emiliana della Bassa, alternativo a quelle dei conterranei,
il più tonto“ Sandron”  di Fini e il  facondo “ Balanzone” di Prodi.

Da giovane del MG della DC a Bologna veniva scherzosamente appellato così: “ una bottiglia di Napoleon piena di acqua gassata”. Il senso era chiaro, molto fumo e poco arrosto.

In realtà Casini, grazie al Movimento Giovanile DC,  migliorò non poco, tanto che Tony Bisaglia, in una delle rare volte che lo accompagnai sulla sua auto prima di uno dei nostri pranzi politici e della suo incidente, eravamo nel 1982, mi confidò che aveva puntato su quel ragazzo, Presidente del Consiglio nazionale dei giovani della DC, e che lo avrebbe portato in Parlamento, come avvenne, nel 1983.

Trentadue anni di carriera politica nei quali ha ricoperto importanti incarichi, tanto a livello parlamentare che in quello internazionale, in cui tuttora presiede l’Internazionale Democratico Cristiana dal 26 gennaio 2006.

Morto Bisaglia, divenne il delfino di Forlani prima, per accasarsi poi sotto le ali protettive e munifiche di Berlusconi e dei Caltagirone, finendo con il percorrere la lunga e martoriata strada della diaspora democristiana, dopo l’infausta decisione di Martinazzoli della chiusura dell’esperienza politica della DC (1993): dal CCD, all’unità con il CDU di Buttiglione,  sino all’UDC e all’attuale Area Popolare.

Un percorso altalenante, ma sembra ispirato dai sacri principi di un doroteo di razza: mai perdere i contatti con il potere e, soprattutto, sopravvivere senza se e senza ma.

Ultima perla quella di favorire il progetto di Alfano a sostegno di Matteo Renzi, sino a ipotizzare la nascita di una nuova DC in quel partito della Nazione che “ il Bomba” sembra voler realizzare.

Poco importa che Renzi abbia già scelto di stare con il PSE a livello europeo, di appoggiare tutte le iniziative confliggenti con “ i valori non negoziabili” dei cattolici, assai più vicine alle istanze degli Scalfarotto e delle Cirinnà che a quelle degli eredi di Sturzo, De Gasperi, Fanfani e Moro.

Emergono tutti i limiti culturali del giovane vecchio bisagliano, assai più preoccupato della sopravvivenza politica  sua e di alcuni suoi fedelissimi, piuttosto della coerenza con i valori che pure hanno ispirato la sua azione politica.

Dispiace che Casini si aggiunga alla schiera dei trasformisti che caratterizzano l’attuale scenario della politica italiana, allargando la schiera dei “Cavazzoni” popolari del XXI secolo.

Assai più proficua l’azione che da parte di molti movimenti, gruppi, associazioni di ispirazione cattolica e laica, popolare, liberale e riformista, sta emergendo da diverse realtà locali in molte regioni italiane, con l’aiuto di alcuni, per la verità assai pochi, parlamentari di minoranza, con i quali vorremmo organizzare quanto prima il Forum nazionale dei Popolari Italiani per costruire il nuovo soggetto politico alternativo al socialismo trasformista renziano e ai populismi estremi.

Banco di prova: le prossime elezioni amministrative nelle quali siamo impegnati a presentare ovunque liste civiche e popolari, con la nascita diffusa in tutte le realtà locali di comunità di base raccordate in rete.

Ettore Bonalberti
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Venezia, Lunedì 26 Ottobre 2015

 

22 Ottobre 2015

Tornano i popolari!

 

 

 

Basta deleghe in bianco, anche a persone come no, oneste, competenti e responsabili”.
E’ questa la chiave di lettura dell’assemblea tenutasi a Roma Sabato pomeriggio dei simpatizzanti del percorso per la costituzione della lista civica per le elezioni amministrative di Roma.

L'incontro è stato introdotto dall'avv. Daniele Ricciardi e moderato dal dott. Eligio Ceccanei i quali, in queste settimane, hanno intensificato i contatti sul territorio cittadino potendo verificare il grande interesse suscitato da questa iniziativa che parte davvero dal basso.
Infatti, il percorso non è stato promosso nè da un ricco imprenditore (come Berlusconi o Marchini), né un politico di professione (come Renzi o Meloni) né da un famoso comico ed un guru del web (come Grillo e Casaleggio). Il percorso è sostenuto da centinaia di cittadini attivi animati dal desiderio di cambiamento.

Parte da Roma, come già a Milano con il movimento NOIxMilano del giovane consigliere comunale Nicolò Mardegan, la sperimentazione di liste civiche e popolari destinate a caratterizzare “ il nuovo che avanza” alle prossime elezioni amministrative di primavera.

E’ lo stesso percorso che abbiamo seguito noi popolari veneziani a sostegno della candidatura di Luigi Brugnaro a sindaco di Venezia, risultato vincente e capace di strappare alla sinistra il governo di una città la cui amministrazione è stata ridotta alla condizione di default economico finanziario.

A Roma si è discusso delle modalità di formazione della lista e del programma approvando alla fine cinque possibili nomi da assumere per la prossima campagna elettorale, che dovrà rappresentare un’autentica svolta dopo le fallimentari esperienze delle giunte Alemanno e Marino. Si intende garantire un forte coinvolgimento della cittadinanza in tutte le fasi di composizione del programma e della lista dei candidati.

La lista civica si costituirà formalmente tra due settimane, dinanzi al notaio, lasciando decidere ai soci fondatori (coloro che hanno aderito fino ad oggi ai diversi incontri) gli organi del Movimento.

Il nome e simbolo saranno individuato sulla base degli esiti della consultazione dei romani che avverrà a partire dal 6 novembre attraverso i social network. In ogni caso il simbolo non conterrà il nome del candidato a Sindaco di Roma.

Anche gli amici Popolari Italiani che hanno condiviso a livello nazionale il documento di Rovereto sono interessati a quanto sta nascendo in varie realtà locali.

Concorreremo alla formazione di comunità civiche e popolari ovunque sia possibile per offrire la migliore tradizione autonomistica della cultura popolare e i valori dell’umanesimo cristiano con gli orientamenti della dottrina sociale della Chiesa, aperti alla collaborazione con i laici di cultura liberale e riformista cristianamente ispirati.

Contro i fenomeni di corruzione dilagante e che ammorba tutto il Paese, senza distinzioni geografiche, serve un sussulto di moralità, un ricambio totale della classe dirigente, e l’emergere di nuove energie e di politici ispirati dalla volontà di operare per il bene comune secondo i principi della solidarietà e sussidiarietà.

Da Roma, Napoli, Milano, Torino e in tutte le altre città e comuni impegnati nelle elezioni amministrative del 2016 dovrà tornare a farsi sentire la voce dei popolari italiani.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 25 Ottobre 2015

 

22 Ottobre 2015

Quel pinocchietto de “ Il Bomba”

 

 

Sergio Chiamparino si dimette dalla presidenza della conferenza delle Regioni, da un lato, per il grave disavanzo al limite del default della Regione Piemonte; dall’altro,  per le conseguenze delle scelte del governo Renzi in materia sanitaria. Quanto al primo, il Piemonte è in buona compagnia con la maggior parte delle Regioni del Sud che, quanto a disavanzo, vedi Sicilia e Calabria, se fossero imprese private  sarebbero già nelle condizioni di portare i libri in tribunale.

Per i tagli alla sanità siamo alle solite: pinocchietto “ Bomba”, twittando, twittando, ci rassicura che le tasse caleranno e, intanto, ci obbliga al doppio pagamento del canone RAI  in bolletta per chi, oltre alla propria abitazione, dispone anche di un ufficio, salvo che quest’ultimo non sia privo di computer e ridotto alla condizione della scrittura amanuense con penna e calamaio. Con decisione coerente con la logica centralistica che caratterizza il suo anomalo governo,  costringe, poi, le Regioni, competenti in materia sanitaria, a tagli nei servizi e all’aumento inevitabile dei ticket a carico dei contribuenti.

Di qui la sollevazione dei governatori di tutte le diverse aree politiche i quali, d’altronde, ci saremmo attesi che avrebbero protestato assai più rumorosamente con la legge di riforma costituzionale; legge che introduce un centralismo riconducibile a quello esistente prima dell’avvento delle Regioni a statuto ordinario. Manca solo che tra poco si decida che votare negli enti locali è esercizio inutile e costoso e il ritorno ai Podestà di nomina governativa insieme ai prefetti.

Che le Regioni abbiano fornito una ben triste immagine di se stesse è cosa evidente e nella consapevolezza diffusa; che serva un’immediata sforbiciata nel loro numero e composizione sino a ridurle a sei, sette macroregioni con compiti esclusivamente di programmazione e controllo, ritirandosi completamente da quelle di gestione diretta e indiretta con le partecipate, è opinione ormai largamente condivisa, tranne  da coloro che dall’istituzione regionale hanno potuto ricavare sin qui i non più  insostenibili differenziali economici e normativi, come quelli delle regioni a statuto speciale.

Tutto questo, però, non giustifica le scelte centralizzatrici di un  esecutivo  espressione di un Parlamento farlocco, composto da “nominati” eletti con legge incostituzionale.
Cosa  aspetti il Presidente Mattarella, ahimè, anch’egli espressione di tale equivoca situazione istituzionale, a por fine a tale scempio giuridico costituzionale, non riusciamo onestamente a comprenderlo.

La sequela di arresti tra politici, alti burocrati e funzionai minori con relativi imprenditori corruttori dell’ANAS di ieri, insieme a quelli di quasi metà dei dipendenti di un comune ligure dediti al facile e illegale utilizzo del cartellino, pass non per il lavoro, ma per garantirsi impunità nell’abbandono del proprio dovere d’ufficio, è la plastica dura rappresentazione della drammatica realtà di un Paese in cui lo Stato di diritto non esiste più, con la confusione istituzionale massima a tutti i livelli.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 23 Ottobre 2015

 

 

 

22 Ottobre 2015

Non praevalebunt

Sono cattolico, apostolico romano e credo nella “ Santa Chiesa cattolica” e nel suo Capo “servo servorum Dei” e in papa Francesco, come ho creduto in tutti i Papi della mia vita: da Pio XII a Papa Giovanni XIII, da Paolo VI, a Papa Giovanni Paolo I, da Papa Giovanni Paolo II a Papa Benedetto XVI sino all’attuale Pontefice, Papa Francesco.

Sono laico per le mie scelte politiche che, tuttavia, nella “città dell’uomo”, tento di conformare agli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa che, oggi come nel XIX  e XX secolo, sono le uniche voci credibili sui fenomeni apparsi nel mondo dalla prima industrializzazione (Rerum novarum) al società attuale della globalizzazione.

Dalla “ Caritas in veritate “ di Benedetto XVI all’ “ Evangeli Gaudium” e alla “ Laudato Si” di Papa Francesco, derivo gli orientamenti per le mie scelte responsabilmente autonome sul piano politico culturale e  non trovo altre indicazioni più serie ai problemi della nostra condizione storico politica.

So che a livello internazionale prevalgono i poteri forti, espressione di coloro che hanno rovesciato i principi del NOMA ( Non Overlapping Magisteria) e posto il turbo capitalismo finanziario  alla base degli orientamenti strategici, subordinando ad esso l’economia produttiva e la politica ridotta al ruolo di accolita servente.

So anche dell’eterna lotta portata avanti dalle diverse massonerie interne e internazionali contro il cattolicesimo e dei molti, troppi, turiferari al loro servizio dentro e fuori dell’Italia.

Trovo vergognoso il tentativo di delegittimare Papa Francesco , come già accadde per Papa Ratzinger, sulla base di ipotetiche e indimostrabili visite mediche con conseguenze sì gravi, ma non troppo, a suo danno.

Mi conforta la speranza che  alla fine prevarrà quanto dice Gesù nel Vangelo di Matteo:
“ Tu sei Pietro, e su questa pietra edificherò la mia Chiesa, e le porte degli inferi non prevarranno contro di essa. A te darò le chiavi del Regno dei Cieli, e tutto ciò che legherai sulla terra sarà legato nei cieli, e tutto ciò che scioglierai sulla terra sarà sciolto nei cieli. »   (Matteo 16,17-19

Le tenteranno tutte, specie in questi ultimi giorni del Sinodo, ma alla fine: “ le porte degli inferi non praevalebunt”.

Ettore Bonalberti
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Venezia, Giovedì 22 Ottobre 2015

 

21 Ottobre 2015

Una battaglia contro i mulini a vento

Ricevo da  alcuni amici diverse note di commento a quanto vado scrivendo sui temi della politica nazionale.

Una delle ultime mi è stata inviata da un amico di cultura laica repubblicana il quale scrive: “da cittadino e uomo d'azienda che forse capisce poco della politica italiana: non mi rendo conto della logica alla base del proliferare di movimenti, attorno al centro, alcuni più orientati di qua e altri di là, ma dispersi: da quello di Corrado Passera alle fratture del partito di Alfano, ecc.,  dei quali sento e leggo la presenza ma non ricordo nemmeno i nomi.
Posso capire il ragionamento di un segretario, che si vede al comando e quindi esposto ai media se a capo di un piccolo partito che poi rischia di scomparire alle elezioni. Ma così non si crea nulla di incisivo oltre a PD, 5 Stelle, Lega e un po' FI.”

Effettivamente viviamo una condizione dominata dal trasformismo che genera la confusione babelica in atto. Servirebbe una forte protesta civile, come vado scrivendo con la mia teoria euristica dei “quattro stati” ( la casta, i diversamente tutelati, il terzo stato produttivo, il quarto non Stato) ma, si sa, come diceva Winston Churchill: “ Gli italiani perdono le guerre come se fossero partite di calcio e perdono le partite di calcio come se fossero delle guerre”
Da don Chisciotte quale realmente sono, come  “profeta disarmato, da anni combatto per concorrere alla ricomposizione dell’area popolare, ma è come combattere con i mulini a vento.

Ettore Bonalberti
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Venezia, mercoledì 21 ottobre 2015

 

20 Ottobre 2015

E’ il terzo indizio, praticamente una prova

Magari sarò un pò fissato con la pratica realizzazione del Piano Rinascita di Gelli viste le ultime scelte del governo Renzi, ma dopo l’odierna sortita dell’On. Cicchitto, iscritto  a suo tempo anche lui alla P2, siamo al terzo indizio massonico  dopo quelli di  Berlusconi e Verdini e, come diceva Agata Christie: se “una coincidenza è una coincidenza; due coincidenze sono un indizio; tre coincidenze rassomigliano ad una prova”.
Adesso anche per Alfano ogni alibi deve essere dissolto dato che l’invito dell’ex socialista lombardiano risulta  esplicito e senza equivoci: sciogli il NCD e tutti insieme nel PD di Renzi che è stato migliore di Craxi e Berlusconi nell’uccidere i comunisti.
Cari Formigoni e Lupi: avete ancora dubbi? Renzi, come vado scrivendo da tempo, é la versione trasformista del socialismo nostrano e non per caso ha scelto come approdo europeo il PSE.
Credo che chi si sente parte della storia del popolarismo italiano la strada obbligata sia quella di concorrere alla costruzione della seconda gamba del sistema politico italiano alternativa al renzismo.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 20 Ottobre 2015 

 

19 Ottobre 2015

Quel Robin Hood toscano alla rovescia

Sul taglio dell’IMU sulla prima casa per tutti sono d’accordo con l’On Bersani. Così come concepita: “per tutti”, siamo alla violazione del principio costituzionale fissato dall’art 53 della Costituzione che recita: "Tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva.
Il sistema tributario è informato a criteri di progressività."
Certo i neo-costituzionalisti toscani del duo Boschi-Verdini sono molto lontani dalla cultura che ispirò i padri costituenti e “ il Bomba “ fiorentino è ridotto a maschera replicante dei ventriloqui altoparlanti dei poteri forti.
Che fosse odiosa l’IMU selle prime case è realtà che abbiamo combattuto sempre con riferimento alle classi popolari e al ceto medio produttivo, ma introdotta questa patrimoniale in un Paese in cui l’evasione fiscale la fa da padrona  risulta ancor più odioso decidere di toglierla secondo la regola del Robin Hood rovesciato, con il bel risultato che si fa pagare di meno a chi ha di più.
E’ la cifra di riconoscimento del trasformismo politico culturale di un giovin signore che sceglie di stare a sinistra facendo politiche della destra più reazionaria.
E’ tempo che i popolari di tutte le residue culture politiche nazionali sappiano reagire facendo sentire la loro voce all’unisono contro una deriva autoritaria ispirata dalle peggiori pulsioni conservatrici.

Ettore Bonalberti
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Venezia, Lunedì 19 Ottobre 2015

 

14 Ottobre 2015

Renzi ha vinto: ora serve un’alternativa popolare

Inutile girarci intorno: Matteo Renzi ha vinto e adesso sarà il caso di farcene una ragione.
C’è chi, come il sottoscritto, vede in questo passaggio parlamentare, foriero di una trasformazione strutturale della Costituzione, un altro tassello essenziale di quel Piano di Rinascita Democratica del Venerabile Maestro Licio Gelli. Troppe circostanze, personaggi e vicende dirette e collaterali convergono a sostegno di questa mia convinzione.

Persino nelle modalità in cui tale trasformazione dell’assetto costituzionale viene eseguita, ossia nella totale illegittimità politica sostanziale di un capo del governo mai eletto in Parlamento, usufruttuario del “golpe blanco “ del Novembre 2011 che ebbe come esecutore materiale un Presidente della Repubblica dalla storia ambigua e ondivaga, tra fedeltà acritica allo stalinismo trionfante e successiva conversione alle volontà prevalenti dei poteri finanziari internazionali. Un’illegittimità, tanto più gravata da una maggioranza parlamentare farlocca di “nominati”, eletti da una legge incostituzionale e drogata dall’apporto di voltagabbana dell’ultima ora espressione del peggior trasformismo politico della storia parlamentare italiana.

C’è chi, con molta più competenza costituzionale del sottoscritto, come i proff. Gaetano Azzariti, Lorenza Carlassare, Gianni Ferrara, Alessandro Pace, Stefano Rodotà, Massimo Villone, su “Il manifesto” di ieri hanno scritto della “peggiore riforma”, considerato che:” La proposta di legge costituzionale che il Senato voterà oggi dissolve l’identità della Repubblica nata dalla Resistenza. È inaccettabile per il metodo e i contenuti; lo è ancor di più in rapporto alla legge elettorale già approvata.”
Alla fine gli illustri costituzionalisti concludono con un appello :”  Bisogna dunque battersi contro questa modifica della Costituzione. Facendo mancare il voto favorevole della maggioranza assoluta dei componenti in seconda deliberazione. E poi con una battaglia referendaria come quella che fece cadere nel 2006, con il voto del popolo italiano, la riforma — parimenti stravolgente — approvata dal centrodestra.”
Lodevoli propositi ma, almeno credo, privi di una concreta possibilità di riuscita.

Nella situazione politica in cui ci ha condotto “ il Bomba” fiorentino con un partito, il PD, nel quale, tranne pochi piccoli indiani, si sono ritrovati tutti uniti in un compromesso ridicolo e con l’avallo di accoliti senza speranza e l’apporto, ancorché superfluo, del drappello mercenario verdiniano, ciò che più ci addolora è l’assenza pressoché totale della voce dei popolari.

Tranne Mario Mauro dei Popolari per l’Italia, Carlo Giovanardi del NCD e pochi altri, nessuna voce si è levata contro ciò che Renzi con lucida determinazione ha conseguito sino all’approvazione parlamentare, pressoché definitiva, considerata la sicura passeggiata  per il quarto voto della Camera dei Deputati drogata dal “porcellum”.

Ho scritto di noi,  di un movimento sgarruppato, almeno nella sua frantumata residua rappresentanza parlamentare, frantumato anche nella vasta galassia di associazioni, movimenti, gruppi che caratterizzano la complessa realtà sociale, culturale e politica dell’area popolare e di ispirazione democratico cristiana. Un movimento diviso tra chi, come l’ormai finito NCD  (esploso in data odierna, dopo l’ultima battaglia perduta con Renzi sul tema dei diritti civili e l’annunciato voto contrario alla fiducia del sen Giovanardi e dell’On Roccella, che  fa loro onore) continua con Alfano a tenere il bordone al  giovin signore fiorentino; chi, come gli Onn. Tabacci e Dellai, se non sono ancora formalmente parte del PD, hanno già messo un piede sull’uscio e altri, come varie Federazioni popolari costituite o costituende sembra trovino residue difficoltà a condividere un comun sentire e a impegnarsi nella costruzione del nuovo soggetto politico. Eppure serve un’ autentica e credibile seconda gamba del sistema, in grado di rappresentare un’alternativa per quel 50% di elettori italiani che non vanno a votare e che non si ritengono rappresentati nello schema artificiosamente bipolare Renzi- Grillo o Renzi-Salvini. Non si tratta di ricostruire un centro destra contro l’ircocervo trasformista renziano, ma di costruire ex novo una seconda gamba credibile e alternativa di governo del Paese.

Nasce da tale consapevolezza, aggravata dal permanere, salvo prova contraria, della legge elettorale super truffa dell’Italicum (premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione) la nostra idea di concorrere a costruire insieme a quanti sono disponibili il nuovo soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE, alternativo al socialismo trasformista renziano e ai populismi estremi.

Abbiamo già messo in cantiere, come gruppo dei Popolari italiani firmatari del documento di Rovereto, otto-nove assemblee regionali entro fine anno, per concorrere tutti insieme a Gennaio, nel Forum  nazionale dell’alternativa popolare, per far partire il nuovo soggetto politico.

Ettore Bonalberti
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Venezia, Mercoledì, 14 Ottobre 2015

 

8 Ottobre 2015

Stop ai voltagabbana e ai Quisling di Renzi

Che Berlusconi avesse la tendenza a mentire l’aveva scritto tante volte il compianto Indro  Montanelli. E’ nella natura dell’uomo, scriveva il grande giornalista,  che lo fa con naturalezza, magari senza rendersene conto, sempre inseguendo il suo “particulare”…..
Navigare di bolina, ossia dire una cosa a destra  e farne un’altra a sinistra, non è una novità nella politica. Più emblematico e sconcertante appare il caso in cui ogni giorno, come da un pò di tempo fa il Cavaliere, si predica contro il renzismo e nello stesso tempo gli accoliti fidati si comportano esattamente all’incontrario.
E’ accaduto anche ieri al senato, dove una trentina di senatori, il capogruppo Romani consenziente, hanno di fatto salvato il governo nel voto sull’emendamento della sinistra sulla dichiarazione di guerra. 
Questo schizofrenico comportamento dei parlamentari di Forza Italia, iniziato al tempo dello scellerato patto de Il Nazareno, che, per la verità, non portò nulla di buono a Berlusconi, e il voto di approvazione alla legge super truffa dell’Italicum, è stato svelato ieri dal senatore Emilio Floris che a “Repubblica" ha dichiarato: "L'ultima volta che ho parlato con Berlusconi, giorni fa, mi ha chiesto perché stiamo sostenendo Renzi al Senato. Semplice, gli ho risposto, perché ce lo hai detto tu”.
Insomma un partito, quello che rimane di Forza Italia, ormai double face e che naviga di bolina: predica bene e razzola male.
Siamo alla totale babele della politica e al trionfo del peggior trasformismo.
E’ tempo che tutti coloro che si oppongono al renzismo e al fascismo strisciante, dentro il PD e in tutti gli altri partiti, movimenti e gruppi politici, sociali e culturali esprimano con chiarezza le loro posizioni. Contro il partito della Nazione, che assomiglia sin troppo al Listone nazionale messo insieme dal Duce alle elezioni del 1924, con una legge elettorale, legge Acerbo, molto vicina a quell’ircocervo dell’Italicum, è tempo di ricostruire un’alleanza tra culture politiche convergenti sui valori fondanti della Costituzione, a partire da coloro che si riconoscono nella storia e nella cultura politica del popolarismo italiano.
Ai voltagabbana e ai Quisling cattolici e laici ormai servi del renzismo il ruolo dei traditori che fu proprio dei Cavazzoni all’epoca del PPI di don Luigi Sturzo.

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Venezia, Giovedì 8 Ottobre 2015

 

1 Ottobre 2015

Una farsa indegna

Ciò che sta accadendo al Senato in queste ore è la rappresentazione di una farsa indegna di un organismo democratico.

Un emendamento “canguro” a firma del senatore Cociancich del PD, di cui si è chiesto la perizia calligrafica, permette di zittire la minoranza di un Parlamento farlocco espressione di una legge elettorale incostituzionale.

Patetico l’urlo dell’amico Zanda contro “coloro che non vogliono la riforma”,  preoccupato com’é di dover guidare un partito diviso e  sovra rappresentato dal “porcellum” incostituzionale, che sta per varare, con l’aiuto di accoliti e turiferari irresponsabili, un combinato disposto sostanzialmente illegittimo per la natura dell’organo che lo sta approvando, sicuramente sottoponibile immediatamente ad altro giudizio della Corte Costituzionale sul fronte della legge super truffa dell’Italicum e foriero di chissà quali avventure sul piano politico nazionale.

Bene ha fatto il sen Mario Mauro, tra le poche voci fuori dal coro, insieme a quelle degli amici della Lega e del M5S e dei superstiti di Forza Italia, i quali ultimi vivono la contraddizione di ciò che avevano seminato con il “ costituzionalista Verdini” al tempo del famigerato patto del Nazareno, a ricordare che “basta un batter di ciglio del Presidente del consiglio” che tutto si adegua in una Camera dove il Presidente Grasso rischia di fare la fine di un qualsiasi Don Abbondio “vaso di coccio tra vasi di ferro”.

Sono giornate tristi per la democrazia italiana, se una minoranza, pari  a non più di uno scarso 15% del corpo elettorale, intende imporre non una legge qualsiasi, ma il cambiamento stesso della Carta costituzionale, a colpi di “ canguri” e con i voti di un’esigua maggioranza rinforzata dai voltagabbana dell’ultima ora, aspiranti al vitalizio garantito dal prolungamento della legislatura.

Invano dal 2012 chiediamo inascoltati, al Presidente Napolitano prima e allo stesso Mattarella poi, di chiudere la farsa di un Parlamento farlocco e di dare voce al popolo con l’elezione di un’assemblea costituente con l’unica legge elettorale legittima, il “ consultellum” derivato dalla sentenza della Corte sul “porcellum”. Invece si ava avanti come se tutto fosse normale in una condizione di oggettiva sostanziale illegittimità politica e costituzionale.

Si vede che, rispetto alla  conclamata“ sovranità popolare” posta alla base della nostra Costituzione, prevale quella dei poteri finanziari, che guidano economia e politica a livello internazionale e scelgono i loro burattini da utilizzare come “utili idioti”, senza distinzione di appartenenza politica, meglio se dediti a quel vizio del trasformismo italico che ha segnato i momenti più difficili della nostra storia nazionale.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 1 Ottobre 2015

12 settembre 2015

Mai così in basso

Un presidente del consiglio che dà delle “bestie” ai suoi oppositori non si era mai visto nella storia della Repubblica italiana e nemmeno in quella del Regno sabaudo pre fascista. Ieri il giovin signore fiorentino ha toccato il fondo con il solito suo twitt secondo cui: “ la maggioranza c’è, resto è contorno”.

Questa è la concezione della democrazia di questo presidente extra parlamentare, mai eletto e catapultato alla guida dell’Italia da colui che avallò il “golpe blanco” del Novembre 2011 impedendo agli italiani di esprimere con il voto la loro reale volontà e rendendosi responsabile dell’incarico di ben tre capi del governo, due dei quali nemmeno eletti in Parlamento, espresso da una legge elettorale incostituzionale e con l’ultimo dei quali, Matteo Renzi, espressione di una conquista della guida del suo partito con metodi alquanto disinvolti e senza regole e garanzie.

Ora, alla vigilia del voto di riforma del Senato e della stessa collegata legge elettorale, siamo al redde  rationem di un sistema istituzionale imballato, c’è solo da sperare nell’ autorevolezza e capacità di guida responsabile  di un galantuomo come riteniamo sia il Presidente Sergio Mattarella.

Con un ministro dell’Interno, Angelino Alfano, che ha deciso di mutuare il suo partito da Nuovo Centro Destra a Nuovo Centro Deserto, incurante dell’inevitabile frantumazione dell’atomo che le sue scelte determineranno, consegnandosi in toto nelle mani del “ Bomba” fiorentino, il trasformismo dei tempi storici depretisiani e giolittiani è roba da chierichetti rispetto a quest’autentico saltimbanco della politica interessato solo a salvaguardare la propria sopravvivenza e di alcuni suoi fedelissimi.

Spiace che l’allievo siciliano di quel gigante politico che, al suo confronto, fu Lillo Mannino, si sia ridotto al ruolo di turiferario del capo del governo, anche se ciò servirà a fare definitiva chiarezza non solo con lui, ma anche con quanti ex DC e popolari intendono sostenere un percorso politico avventuristico e senza speranza.

Noi continuiamo a ritenere che compito di noi indegni eredi del popolarismo sturziano e della DC degasperiana e morotea, sia quello di operare per la ricostruzione dell’area popolare e dei laici cristianamente ispirati, alternativa al socialismo trasformista renziano che nulla ha a che spartire con le altre tradizioni riformiste e socialdemocratiche europee, e alternativa agli estremismi populistici.

Di ciò discuteremo a Roma alla Bonus Pastor, Martedì’ 15 Settembre p.v., per dar vita al comitato provvisorio nazionale con cui far partire, dalle realtà territoriali di base, le comunità civico popolari di partecipazione politica e demcoratica, attraverso cui far nascere la nuova classe dirigente ispirata ai valori dell’umanesimo cristiano e che intende fare riferimento al PPE. Stavolta sarà l’ultima chiamata e chi ci starà bene e degli altri ce ne faremo  finalmente una ragione.

Ettore Bonalberti
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Venezia, sabato 12 settembre 2015

8 settembre 2015

Quell’arrogante de “ Il Bomba”

Ve lo immaginereste voi, intendo quelli della mia età nati agli albori della Repubblica, Aldo Moro, Amintore Fanfani o altri illustri presidenti del Consiglio della Prima Repubblica dare delle “bestie” ai loro oppositori? 
Oggi siamo nelle mani di questo giovanotto, mai eletto dal popolo e insediatosi a Palazzo Chigi con la complicità di un Presidente della Repubblica mallevadore di un congresso di partito senza regole e controlli, che usa senza ritegno quell’insulto come fosse un avvinazzato giocatore di bocce…..
E ci sono pure quelli  col maglione d’ordinanza che lo considerano “ la migliore speranza di questo Paese nel 21esimo secolo”. 
Attenti al “Bomba”: passasse al Senato il combinato disposto della riforma di quella Camera e dell’Italicum nei testi sin qui approvati, saremmo alla dittatura di regime; oltretutto, nelle mani  di un maleducato arrogante senza ritegno.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 8 settembre 2015

 

30 Agosto 2015

Costruiamo la seconda gamba del sistema

La condizione più volte denunciata della fine dello Stato di diritto in Italia e la situazione emergenziale di lunga durata sofferta dal sistema istituzionale, sono il riflesso della grave crisi politico culturale fra e nei partiti.

Una protesi artificiale prodotta dal porcellum incostituzionale e dalle equivoche regole delle primarie nel PD, ha favorito la leadership di Matteo Renzi e la formazione di un sovra dimensionato  gruppo parlamentare del PD nei due rami del Parlamento.

Di qui la nascita di una, seppur fragile, prima gamba del sistema politico italiano, che è caratterizzato dalla frantumazione dell’ex centro-destra, dopo la crisi irreversibile della leadership berlusconiana, e dai due raggruppamenti  del Movimento cinque stelle e della Lega. Tutto ciò in rappresentanza di poco più del 50% del corpo elettorale, con la restante parte che, da diverse tornate elettorali, diserta il voto.

Di qui la situazione inconsueta e più anomala di tutta la storia repubblicana italiana di un partito, il PD, che con il 25,4 % dei voti alle politiche del 2013 ( 29,5% l’intera coalizione), non solo controlla tutto il potere, ma si appresta con la famigerata legge dell’Italicum e la tragicomica soluzione prefigurata dalla legge di riforma del Senato a controllare in maniera totalitaria il Paese.

All’instabile gamba del sistema, rappresentata dal PD,  se si andasse a votare con l’Italicum, sarebbe indispensabile concorrere alla costruzione della seconda gamba, al fine di garantire la sopravvivenza di una dialettica democratica senza la quale finiremmo in un regime a partito unico dominante.

Il tema che, come Popolari italiani ci proponiamo, non è quello della ricostruzione del centro-destra che, dopo la fallimentare esperienza ventennale a guida del Cavaliere, ha esaurito la sua funzione, ma di concorrere, come scriviamo da  tempo, alla formazione di un nuovo soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori  dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE da ricondurre ai principi dei padri fondatori. Un soggetto politico, seconda gamba del sistema italiano, alternativo al socialismo trasformista renziano e ai populismi delle estreme.

Su tale progetto, che può contare sul contributo offerto dagli orientamenti delle ultime encicliche della dottrina sociale della Chiesa, con la riaffermazione dei principi di sussidiarietà e solidarietà quali antidoti alle degenerazioni prodotte a livello internazionale dal turbo capitalismo finanziario, dobbiamo fare i conti con la realtà politica del Paese.
 
La metà dell’elettorale che vota si polarizza su PD, M5S e Lega, con percentuali  residue su ciò che rimane del vecchio centro-destra, mentre alla restante metà degli elettori che non votano, serve una nuova offerta politica in grado di suscitare una credibile speranza, dopo la sciagurata dimostrazione di inefficienza e immoralità della classe dirigente protagonista della seconda Repubblica agli sgoccioli.

Parlare di Popolari italiani, dopo la lunga diaspora vissuta dalla fine della DC, con gli assai poco commendevoli esempi degli eredi di quel grande partito, ancora divisi nell’assurda difesa di residuali ruoli di tristissime ininfluenti comparse, significa avere coscienza dell’enorme impegno che bisognerà mettere in campo, anche alla luce delle risorse umane e materiali che, molti di noi, al di fuori dei giochi dell’infausto ventennio (1994-2014), hanno dovuto sin qui impiegare per facilitare la ricomposizione di quest’area politico culturale.

L’obiettivo, tuttavia, che oggi ci poniamo non riguarda solo i cattolici e i Popolari, ma, più in generale, i laici cristianamente ispirati, che intendono collegarsi alla migliore  tradizione del PPE di Adenauer, De Gasperi e Schuman, alternativa al quella del PSE nelle sue attuali declinazioni nazionali: laburiste, socialiste francesi o spagnole, trasformiste renziane.

Offrire una nuova speranza alla metà degli elettori che non vanno a votare, vuol dire partire da un’analisi attenta di ciò che accade a livello della nostra società che, euristicamente, ho più volte cercato di  rappresentare, in quella da me definita “teoria dei quattro stati”: la casta, i diversamente tutelati, il terzo stato produttivo, il quarto non Stato.

Nulla abbiamo da sperare dalla casta, sempre più chiusa nei suoi privilegi e nella propria autoreferenzialità e con connessioni sempre meno occulte con quel quarto non stato pronto a utilizzare ogni opportunità offerta da chi gestisce il potere. Un’attenta valutazione e un serio confronto si dovranno, invece, compiere sulla complessa e articolata realtà dei diversamente tutelati.

Il terzo stato produttivo dovrà essere uno dei nostri riferimenti essenziali,  avendo consapevolezza che, oggi ancor più di ieri, si impone la necessità di raccordare gli interessi di questo terzo stato produttivo con quelli dei ceti più deboli e indifesi, parte dei diversamente tutelati, declinando in maniera efficace politiche ispirate ai principi di solidarietà e sussidiarietà enunciati.

Se Renzi persegue politiche come quelle auspicate dal presidente di Confindustria Squinzi, di smantellamento delle centrali di rappresentanza e di mediazione sociale, i Popolari faranno riferimento ai criteri propri dell’economia sociale di mercato e a quelli dell’economia civile; gli unici, che nell’età della globalizzazione, possono costituire lo strumento efficace ed efficiente per garantire, con il mantenimento delle regole democratiche, condizioni di equilibrio sociale senza le quali si avrebbe la disarticolazione della nostra stessa convivenza.

E lo si dovrà fare, non solo partendo dalle realtà  sociali organizzate, molte delle quali non esenti da quei fenomeni di autoreferenzialità e vizi propri della casta, ma, soprattutto, dalle numerose presenze di gruppi, movimenti, associazioni territoriali da collegare in costituenti civiche e popolari di base, dalle quali, a partire dalle prossime elezioni amministrative, far emergere la nuova classe dirigente locale a nazionale.

Certo, ricomposta l’area popolare, dovremo porci seriamente il tema delle alleanze, avendo sempre pronto l’olio nella lampada in caso di elezioni anticipate. Un tema che affronterò in un prossimo articolo.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 30 Agosto 2015

26 Agosto 2015

Cicchitto e i trasformisti del NCD

Al tempo di Craxi, Fabrizio Cicchitto era un esponente autorevole dell’ala lombardiana del PSI.Con molti altri socialisti passò nel 1994 armi e bagagli tra i fedelissimi del Cavaliere, sodale nella stessa organizzazione piduista del venerabile Licio Gelli.
Non stupisce che, dopo la scelta del NCD di sostenere prima il governo Letta e poi quello di Matteo Renzi, ora lo stagionato ex lombardiano si esprima con lodi sperticate su “ il Bomba” di Rignano sull’Arno, l’ alleanza con il quale è ritenuta irreversibile.
Tutto ciò è coerente con quella logica del trasformismo su cui regge il partito e la maggioranza del giovin signore fiorentino.
Spiace il silenzio di un amico come Carlo Giovanardi o quelle della Binetti e di Buttiglione, mentre è ormai scontata la scelta a sinistra di Alfano e molti dei suoi, così come pubblicamente denunciato dall’On Nunzia De Girolamo.
Non mancano alcuni amici, come l’Ing Ricci di Assisi, su cui avevamo riposto molte speranze, e altri minori ex DC “ sempre pronti a salire sul carro del vincitore”.
Si illudono che Renzi possa essere il fondatore del nuovo partito della nazione nel quale i cattolici democratici possano trovare rifugio.
Intanto Renzi al suo PD ha già trovato collocazione sicura nel PSE, la cui cultura politica è lontana mille miglia da quella di riferimento di tutti i democratici cristiani europei e, quanto alle scelte sui valori non negoziabili, mentre al meeting di Rimini, mai come quest’anno tribuna pressoché esclusiva del potere governativo, Renzi tralascia di affrontare i temi caldi sulla famiglia e  la cultura del gender, i suoi gaulaiters, Del Rio e Scalfarotto, confermano che a Settembre la legge sui diritti civili passerà con o senza il voto del NCD.
Nessuna meraviglia per gli ultimi trasformisti ex DC ancora presenti in Area Popolare,più preoccupati di perdere le poltrone che la coerenza con i propri valori,  mentre niente di nuovo c’é  sotto il sole per i vecchi anticlericali socialisti ché, anzi, sentono più vicini il ritorno dell’antico e amato “ sol dell’avvenire”.
Anche tra gli alti e bassi prelati ecclesiastici si impone di valutare con estrema attenzione ciò che sta accadendo sulla strada perigliosa del trasformismo renziano , sperando, che non prevalga anche tra di loro l’interesse per il “particulare”, otto per mille sicuro innanzi tutto.

Ettore Bonalberti
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Mercoledì,26 Agosto 2015

22 Agosto 2015

Il travaglio del mondo cattolico

Con la nomina di Mons Galantino alla segreteria della CEI è avvenuta una svolta nella politica della Chiesa italiana.

L’ex vescovo di Cassano allo Ionio con le sue ultime prese di posizione segna una frattura profonda non solo con gli orientamenti dell’era ruiniana, ma, con estrema disinvoltura, con quegli stessi, più prudenti, sin qui adottati dalla presidenza Bagnasco. Si dice che ciò corrisponda alla specifica volontà di papa Francesco che, il 25 marzo 2014, lo ha personalmente nominato segretario generale  della Conferenza Episcopale Italiana ad quinquennium.

Comprensibile il disorientamento che tale mutamento sta generando non solo all’interno degli ambienti alti della CEI, ma nelle stesse diocesi e parrocchie di cui si compone la vasta e complessa realtà del cattolicesimo italiano.

Un disorientamento che noi stessi, come laici impegnati in politica, stiamo vivendo nelle nostre realtà territoriali locali. Se è già difficile, per noi della generazione a cavallo tra la terza e la quarta  democratico cristiana, oggi settantenni, comprendere ciò che sta avvenendo nella Chiesa italiana e per i suoi riflessi inevitabili nella politica del Paese, immaginiamoci quanto e di più può esserlo per giovani nati negli ’80 e ’90, estranei per la loro stessa età anagrafica a quella straordinaria esperienza che noi abbiamo vissuto nella DC, partito per molto tempo di riferimento prevalente, se non esclusivo, dei cattolici italiani.

Coloro che sono nati in quegli anni e hanno vissuto il ventennio (1994-2015) della lunga e complessa transizione tra la seconda e l’annunciata terza repubblica, oltre alla damnatio memoriae costruita contro la storia più che quarantennale del partito democratico cristiano e  l’assenza di riferimenti positivi su ciò che è stata realmente la DC nella storia dell’Italia, hanno dovuto sperimentare, da un lato, la lunga transizione e la diaspora tuttora irrisolta degli ex DC e, dall’altro, il travaglio della e nella stessa gerarchia cattolica tra il pontificato di Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Papa Francesco.

Pontificati di straordinario valore teologico e pastorale che hanno dovuto fare i conti con i fenomeni nuovi di una società mondiale in profonda trasformazione. Fenomeni seriamente analizzati con le encicliche sociali a cavallo del XX e XXI secolo: Centesimus Annus, Caritas in veritate, Evangelii Gaudium e Laduato si.

Dagli ultimi interventi di Mons Galantino ( intervista al Corriere, lectio magistralis non letta ma divulgata al convegno trentino su De Gasperi, intervento di ieri al meeting di Rimini) la CEI, quanto meno nella versione del suo segretario generale, sembrerebbe assumere una posizione di netta distanza da tutta la politica italiana così come è oggi rappresentata nel Parlamento italiano.

E sin qui, al di là di alcuni toni non propriamente curiali assunti dal vescovo nativo di Cerignola, non possiamo che trovarci in stretta sintonia con le sue valutazioni che, non a caso, corrispondono al sentir medio di quel 50% e passa di italiani che da tempo esprimono il loro dissenso e la loro critica contro una classe politica senza più credibilità, disertando le urne.

Resta da capire cosa in concreto la CEI, nella nuova strategia galantiniana e posto che sia assunta e condivisa dalla maggioranza dei vescovi italiani, intenda, non dico promuovere o favorire, ma, almeno, indicare come possibili opzioni per i laici cattolici e cristianamente ispirati presenti nel nostro Paese. Orientamenti e strategia che dovrebbe essere calata a livello delle diverse realtà territoriali diocesane, superando l’attuale oggettiva frammentazione di posizioni spesso contraddittorie tra loro e foriere di ulteriori disorientamenti tra noi laici.

Da parte nostra, nell’assoluta responsabilità della nostra autonomia di laici, da tempo tentiamo faticosamente di:

1) trarre ispirazione dalla dottrina sociale della Chiesa: sussidiarietà e solidarietà stelle polari dell’iniziativa politica dei cattolici insieme alla difesa strenua dei “valori non negoziabili”: difesa vita umana dalla nascita alla morte; valore della famiglia fondata sull’unione di un uomo e di una donna; difesa della libertà di educazione;
2)  concorrere alla ricostruzione dell’unità culturale e politica dei o di cattolici essendo consapevoli che:
-  il mondo cattolico ha una potenza superiore a qualsiasi altra presenza culturale, sociale e politica di questo periodo in Italia, anche se non certo a livello massmediatico. Al tempo stesso, tuttavia, essa non è incanalata e compattata in logiche unitarie (De Rita)
-  ci sono tre componenti diverse e per ora non convergenti:
a)  c’è la componente del popolo di Dio che si ritrova nei momenti rituali e comunitari e che solo da poco tempo assume atteggiamento sociali e culturali di stampo extra ecclesiastico;
b) c’è la componente delle grandi organizzazioni di rappresentanza e di azione sociale che avvertono la necessità di rinnovare (quelli degli  incontri di Todi: ACLI-MCL-CISL-CL-CdO-Sant’Egidio sin qui poco costruttivi);
c)  c’è la componente della diaspora della DC con  i diversi rami partitici in cui i cattolici fanno azione politica cercando di collegarsi con la realtà ecclesiale o almeno interpretarne le attese. Ci sono “i cattolici adulti alla Rosy Bindi e Prodi” e i cattolici ubbidienti e non sempre coerenti del centro-destra. Anche all’interno della Chiesa ci sono differenti sensibilità e competenze non sempre convergenti. Ci sono quelli dei “DC non pentiti” e popolari che lavorano per la ricomposizione dell’area popolare.
d) Ci sono due estremi opposti da evitare: l’appartenenza obbligata in un solo partito come si trattasse di un dogma di fede, impossibile dopo il Concilio Vaticano II  e la diaspora, ossia l’altrettanto dogmatica tesi della negatività di qualsiasi forma di unità e raccordo politico dei cattolici. Il criterio più convincente potrebbe/dovrebbe essere quello dell’”Unità possibile”. Il che significa che: l’unità è fattibile e che la si attuerà secondo il responsabile giudizio prudenziale relativo ai tempi, alle situazioni e alle scelte in gioco.

Si tratta di adoperare, citando Mons Crepaldi, arcivescovo di Trieste, il motto: “ In essentialibus unitas, in dubiis libertas, in omnibus caritas”. Ossia sulle questioni fondamentali ci vuole unità, in quelle dubbie è lecito adoperare il libero giudizio personale, in tutto ci vuole la carità. Non so se questo corrisponda a ciò che anche Mons Galantino e la CEI intendono quando discutono di cose politiche italiane, sicuramente, però, è quanto ci sentiamo di perseguire impegnando le ultime risorse della nostra vita e tentando di coinvolgere una nuova generazione di cattolici e laici cristianamente ispirati capaci di essere ancora una volta “lievito” efficace per la nostra amata Italia.

Ettore Bonalberti
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Sabato, 22 Agosto 2015

16 Agosto 2015

Tutti a  casa!

Dal 6 all’ 8 Novembre: tutti a casa! E’ questa la parola d’ordine lanciata a Ponte di Legno dal leader della Lega, Matteo Salvini: uno sciopero generale dell’Italia contro il governo Renzi.

E’ il segnale del malessere profondo in cui è caduto il nostro Paese,  guidato da un governo anomalo, espressione di una maggioranza parlamentare farlocca  di “nominati”, eletti con legge incostituzionale e che continua imperterrita a compiere atti figli di tale illegittima situazione istituzionale.

Anche la stessa elezione del Presidente della Repubblica, subentrato al responsabile del “golpe blanco” del Novembre 2011 e degli atti conseguenti  ( incarico di governo a Monti, nominato seduta stante a senatore a vita e, successivamente, in rapida sequenza a Enrico Letta prima, almeno formalmente eletto, e poi al “ Bomba” fiorentino, senz’altro titolo di quello acquisito con procedure discutibili di  segretario del PD) è frutto di un’elezione tra le più anomale di tutta la storia repubblicana italiana.

Con una maggioranza alla Camera frutto del premio del “porcellum” incostituzionale e dei voti dei transfughi trasformisti del Senato, Matteo Renzi va avanti a colpi di decreti legge e voti di fiducia, senza che dal Quirinale siano giunte sin qui palesi azioni di contrasto, mentre continua martellante un’indebita azione di super visione e controllo di Napolitano, al di fuori della prassi propria di tutti i precedenti ex Presidenti della Repubblica.

Ecco perché da tempo chiediamo a gran voce un governo di garanzia per poter svolgere a tempi brevi elezioni politiche anticipate, con l’unica legge elettorale disponibile, quella del consultellum e la contemporanea elezione di un’assemblea costituente, la sola legittimata a por mano alle indispensabili riforme costituzionali di cui l’Italia ha assoluta necessità.

Difficile contare sulla disponibilità al suicidio degli attuali componenti della casta parlamentare che é sempre più lontana e indisponibile  a voler riconsegnare ai cittadini elettori l’esercizio effettivo della loro sovranità.

Ecco  perché la proposta di Matteo Salvini di uno sciopero generalizzato a Novembre non ci appare per nulla peregrina, né tantomeno velleitaria. Con un 50% di elettori che disertano il voto e una casta politica e burocratica dominante e assolutamente insensibile a ciò che accade tanto al  secondo stato dei “diversamente tutelati” che ai componenti del “terzo stato produttivo”, chiamare a un atto di protesta generale il Paese per chiedere finalmente una svolta al di fuori dei trasformistici giochetto del  Palazzo, sembra essere una delle ultime possibilità  di  ridare voce alla sovranità popolare che non è più rappresentata da un Parlamento di illegittimi.

Anche tra molti di noi popolari è sempre più diffusa la consapevolezza che così non si può più andare avanti e che serva un’iniziativa popolare dal basso, a partire dai territori nei quali operano associazioni, movimenti, gruppi sociali più o meno organizzati, per concorrere al ripristino delle elementari condizioni dello stato di diritto.

Da domani, finite le ferie, ne riparleremo anche tra di noi e a Novembre mi auguro che ci saremo anche noi a  scendere in piazza contro il governo,  nella nostra autonomia di popolari, rafforzati da una ritrovata unità che da molto tempo stiamo perseguendo.

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Domenica,16 Agosto 2015

10 Agosto 2015

Ecco i veri nodi della questione meridionale

Non so se Matteo Renzi abbia mai approfondito gli studi di Giustino Fortunato, Guido Dorso, Gaetano Salvemini, Luigi Sturzo e Antonio Gramsci sulla questione meridionale.

E, venendo più vicini a noi, abbia mai analizzato le politiche per il Sud e con il Sud attivate dai grandi meridionalisti del dopo guerra, a cominciare da Pasquale Saraceno a Manlio Rossi Doria e sino ai due grandi ministri cislini piemontesi del Mezzogiorno: Giulio Pastore e Carlo Donat Cattin. Quest’ultimo definito “grande ministro meridionale” da colui che gli fu collaboratore prezioso a quel ministero, il senatore Francesco Compagna, intelligente uomo politico e grande figlio del Sud, esponente di rilievo del PRI lamalfiano e spadoliniano. Crediamo sia più vicino al vero, Piero Ostellino che, domenica scorsa su “Il Giornale”, connota l’illegittimo premier fiorentino come un leader ondeggiante “ tra cinismo e incapacità”.

“Il Bomba”, anche stamane, coglie i dati dell’INPS sull’aumento dei contratti a tempo indeterminato per esaltare col solito tweet gli effetti del suo Jobs act, ma sembra ignorare quelli drammatici della SVIMEZ sulla gravissima situazione economica, sociale e occupazionale del Sud di qualche giorno fa. Meglio di lui hanno scritto gli  amici Ugo Grippo,  Ariuccio Carta e Mario Tassone che di quella parte del nostro Paese sono stati autorevoli esponenti nella Prima Repubblica.

Puntuali e rigorose, altresì, sono le analisi e le proposte politiche per il Sud, offerte su “Il mattinale” di Forza Italia di sabato scorso. Il cosiddetto “decalogo per il Sud”, ossia dieci priorità strategiche per lo sviluppo e il rilancio delle aree del Mezzogiorno, che prevedono: l’attivazione di un insieme coordinato di piani regionali di completamento e supporto, nelle specifiche aree di competenza, da finanziarsi attraverso il miglior utilizzo del risparmio privato prodotto dall’area, attraverso la nuova autonomia impositiva conseguente all’introduzione di un ampio federalismo fiscale che superi l’attuale sistema fortemente centrato sui trasferimenti erariali a destinazione vincolata, ragione non ultima per le regioni del Sud, dell’elevato livello di deresponsabilizzazione e abbandono.

In secondo  luogo, tema a noi assai caro, l’istituzione di macroregioni atte a ridurre gli squilibri territoriali e a superare gli attuali costi insostenibili delle venti Regioni italiane.
In terzo luogo: la realizzazione di progetti infrastrutturali a rete, dai sistemi viari e ferroviari; servizi pubblici locali, banda larga e ultra larga, ecc.

Il miglioramento dell’offerta dei servizi e delle strutture per l’istruzione; il potenziamento dell’efficacia di impiego delle risorse destinate al settore tecnologico e dell’innovazione; il rafforzamento del comparto sicurezza; il miglioramento della qualità del sistema giudiziario; l’ammodernamento della pubblica amministrazione; un piano mirato a facilitare l’accesso al credito; l’attivazione di un sistema di incentivi che favoriscano la crescita dimensionale delle imprese meridionali, attualmente frenate da problemi legati ai costi unitari aggiuntivi e all’incertezza propria del contesto.

Ottime indicazioni, ahimè, formulate dopo che gli ultimi governatori del Sud di Forza Italia, ormai tutti decaduti, non hanno dato grandi dimostrazioni di buon governo.
Né ci aspettiamo molto di meglio dai nuovi cacicchi del PD insediatisi, da più o meno tempo, in Sicilia, Calabria, Puglia e Campania, i quali, o hanno già dato pessimi esempi del loro malgoverno, o hanno formulato le prime indicazioni ben lontane da politiche in grado di offrire una svolta effettiva e solutiva alla questione meridionale.

Anche per il Sud non sarà la casta di una classe politica e burocratica ormai vecchia e stantia, con la prima, al governo e nel Parlamento, sostanzialmente illegittima,  a garantire soluzioni concrete per il nostro meridione, ma solo una forte iniziativa popolare che parta dal basso, sostenuta da movimenti, gruppi, associazioni, e partiti motivati da serie culture politiche potrà  attivare un’autentica rivoluzione morale e culturale, prima ancora che politica.
Noi popolari, portatori della cultura della solidarietà e sussidiarietà, principi fondanti della dottrina sociale cristiana cui ispiriamo la nostra azione politica, dal Nord al Centro al Sud d’Italia dovremo unire tutte le nostre energie da collegare a quanti, laici, liberali, riformisti, sentono come noi forte la necessità di superare la drammatica situazione economica, sociale e occupazionale del Meridione.

Una grande mobilitazione popolare la dovremo attivare sin dal prossimo autunno, per porre al centro del dibattito politico la necessità di dare una prima forte risposta alla questione meridionale che è stata, è e rimane, ancor oggi e più di ieri,  parte fondamentale della questione nazionale dell’Italia.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 10 Agosto 2015


1 Agosto 2015

E’ necessaria una svolta

I dati del rapporto Svimez  sulla condizione del Mezzogiorno, la disoccupazione giovanile oltre il 44%, la denatalità progressiva di un Paese allo sbando, riconfermano l’urgenza di una svolta politica prima che scatti la rivolta sociale.

Una possibile via d’uscita ritengo sia quella di  attivare una forte mobilitazione dal basso per  chiedere la fine di una legislatura di nominati illegittimi che non sono più credibili alla maggioranza degli italiani e costretta al più indecente trasformismo dell’intera storia repubblicana.

Si vada a votare con il consultellum e si elegga congiuntamente un’assemblea costituente, l’unica legittimata a varare le riforme di sistema ponendo fine alla condizione di sospensione della democrazia dopo il “golpe blanco” del 2011.

Come realizzare tutto ciò?  Impossibile chiedere alla casta dei nominati illegittimi di fare harahiri. Serve una grande assemblea di tutti i popolari, laici, liberali e riformisti alternativi al renzismo e ai populismi estremi, dalla quale far partire  la richiesta di assemblea costituente ed elezioni anticipate con il consultellum, organizzando  banchetti di volontari in tutti i comuni d’Italia per la raccolta di firme allo scopo. Un appello andrà fatto al Presidente della Repubblica e ai presidenti delle due Camere affinché le elezioni si svolgano con un governo di garanzia democratica.

Superate le ferie agostane ritroviamoci tutti quanti condividono l’urgenza di una svolta per attivare i passaggi organizzativi più opportuni….prima che sia troppo tardi.

Gli eloquenti e drammatici dati della Svimez sul Meridione, la disoccupazione giovanile al 44%, l’ingiustizia e sperequazione sociale da me più volte analizzate con la teoria dei quattro stati ( la casta, i diversamente tutelati, il terzo stato produttivo, il quarto non Stato)  rivelano una condizione di frustrazione non  più latente, pronta a  esplodere in aggressività individuali e collettive incontrollate e incontrollabili in un Paese che, oltre a non avere più lo Stato di diritto, non ha nemmeno più lo Stato.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 1 Agosto 2015

29 Luglio 2015

Un Paese allo sbando

Continua l’innamoramento de Il Foglio cerasuolo con Matteo Renzi. Oggi la sfida è lanciata sulla capacità della nuova giunta romana del sindaco Marino di svoltare rispetto alla drammatica situazione fallimentare del comune Capitale d’Italia, al centro delle feroci attenzioni critiche della stampa di mezzo mondo.

Stupisce questo attaccamento del quotidiano fondato da Giuliano Ferrara per un giovanotto di belle speranze, asceso alla guida del governo italiano in virtù di un “golpe blanco” in tre atti, perpetrato dall’ex Presidente Napolitano in esecuzione di ordini superiori della troika.

Stupiscono anche gli encomi di quei giornali assai poco indipendenti, che hanno sostenuto sin qui spavaldamente il nuovo corso, seppure adesso con assai minore sicurezza, senza il pudore di evidenziare la condizione di oggettiva illegittimità su cui si regge il sistema istituzionale del nostro Paese.

Incostituzionale la legge elettorale da cui è sorto l’attuale Parlamento, anomalo il terzo presidente del consiglio, mai eletto e giunto al soglio di Palazzo Chigi grazie a primarie taroccate dentro il suo partito, con annessa pugnalata  coordinata alle spalle del povero Letta e anomala una maggioranza di governo, espressione di quel Parlamento taroccato, con l’aggiunta di transfughi dalla minoranza. Una maggioranza che si appresta ad acquisire l’ultimo manipolo di voltagabbana guidato dal mezzano del patto del “ Nazareno”, Verdini.

Questa confusa fase di lunga  transizione da quel che resta della cosiddetta seconda repubblica a una nuova stagione che appare sempre più lontana, diventa il regno del più indecente trasformismo politico, facilitato da classi digerenti più che dirigenti, senza più riferimenti ideali di consolidate culture politiche, interessate solo alla conservazione della loro condizione di casta privilegiata.

La sovranità non appartiene più al popolo e lo Stato di diritto sembra ormai una chimera per i cittadini che, quotidianamente, sperimentano la condizione di totale sfascio delle più elementari funzioni  in cui l’autorità dello Stato dovrebbe esercitarsi.

Dal malfunzionamento della giustizia, al far west di interi quartieri di città, nelle quali le famiglie contro il fenomeno di una delinquenza cresciuta a dismisura devono organizzarsi a proprie spese per garantirsi la sicurezza, al caos della gestione di una spesa pubblica senza controlli e con sperequazioni tra le diverse regioni, non più giustificabili e sempre meno tollerate.

Tutto ciò in una situazione economica, sociale e finanziaria caricata da un debito pubblico senza  più freni, un’imposizione fiscale che solo le promesse vacue de “ il Bomba” annunciano in via di riduzione e  una disoccupazione, drammatica quella giovanile,  che autorità  internazionali dichiarano riconducibile ai dati precedenti alla crisi, non prima di almeno  vent’anni.

E’ un’autentica Waterloo della Repubblica, con partiti frantumati e senz’altri riferimenti etici e valoriali, una casta odiosa ammantata da privilegi indecenti e insopportabili dai comuni cittadini elettori, oltre la metà dei quali abbandona sfiduciata l’unica espressione ormai  loro rimasta  che è quella del voto.

Rischiamo la fine della nostra stessa unità nazionale, quando assistiamo all’indecente sperequazione tra i 500 milioni di euro elargiti per il dissesto finanziario della Sicilia e i 2 milioni di euro per il tornado della riviera del Brenta. E venti fameliche regioni con differenziati poteri e autonomie non ce le possiamo più oggettivamente permettere.

La situazione è drammatica, ma cosa importa: abbiamo “il giovin signore” che, tra una partitina al biliardino, un sollazzo alla play station e qualche twitter mattutino, è lì che ci mal rappresenta all over the world, mentre il Paese  è totalmente allo sbando.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 29 Luglio 2015

 

27 Luglio 2015

SI ALLA  MACRO REGIONE DEL TRIVENETO

Condividiamo le sacrosante proteste del Presidente Luca Zaia contro il governo, che decide di assegnare 500 milioni per tentare di tappare la voragine dei conti della Regione Sicilia ed é avarissimo con i danneggiati dal tornado, che ha colpito la riviera del Brenta, con la mancia di soli due milioni sugli oltre cento di danni subiti.
Così non é più possibile andare avanti e siamo veramente stanchi di subire le discriminazioni indecenti tra le diverse realtà regionali.
La verità é che, come denunciamo da tempo, l’Italia non é più in grado di reggere i costi di venti Regioni con le loro propaggini dirette e indirette e alla mercé di classi dirigenti rivelatasi onnivore e in molti casi del tutto indegne.
Bisogna tornare al disegno che il compianto prof Miglio teorizzò delle macro regioni.
Alla ripresa dei lavori autunnali dovremo attivare le procedure, che come popolari del Veneto abbiamo per primi proposte,  del referendum previsto dall’art.132 della Costituzione per dar vita all’unificazione delle Regioni trivenete.
Non è nostra intenzione quella di ridurre l’autonomia riconosciuta agli amici del Trentino AA.AA e del Friuli V.Giulia, quanto quella di attribuirne al Veneto molto di più di quella sin qui concessale da regione a statuto ordinario.
Renzi può anche tentare operazioni di improvvidi salvataggi verso le Regioni amiche meridionali, ma saranno proprio i De Luca in Campania, i Crocetta in Sicilia con gli Emiliano in Puglia  e gli Oliverio in Calabria a trascinarlo nel baratro.
Quella che da sempre è l’insoluta questione meridionale si scontrerà sempre più con quella di un Nord indisponibile a sostenere politiche di assoluta e non più tollerabile sperequazione.
Avanti, allora, per l’introduzione a tutti i livelli nella spesa pubblica dei costi standard e per la realizzazione di cinque o sei macroregioni.

Ettore Bonalberti
Presidente A.L.E.F. (Associazione Liberi e Forti)
socio fondatore Associazione Democrazia Cristiana e coordinatore per le regioni del Nord della Federazione dei Popolari Italiani  e del think tank:VENETO PENSA
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Venezia, Lunedì 27 Luglio 2015

 

27 Luglio 2015

Quell’ambigua nostalgia della Margherita

Dopo l’incontro di Rovereto di Sabato 18 Luglio, diversi partiti ( Italia Unica di Corrado Passera, Popolari per l’Italia di Mario Mauro, Nuovo CDU di Mario Tassone) e molte altre associazioni, movimenti, gruppi di ispirazione laica, cattolica, popolare, liberale e riformista, sono impegnati a far partire dal basso una vasta partecipazione di cittadini interessati a far nascere un nuovo soggetto politico alternativo al  renzismo e ai populismi delle estreme.

Da un lato, si tratta di ricomporre finalmente la vasta e sin qui disarticolata area di  cultura popolare e democratico cristiana, polverizzatasi nel ventennio della seconda repubblica; dall’altro, di favorire un processo di aggregazione federativa di un soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE da ricondurre ai principi ispiratori dei padri fondatori.

Comunità civico popolari di ampia partecipazione democratica, da far nascere in tutti i comuni e le città dell’Italia, saranno il luogo di selezione di una rinnovata classe dirigente che, condividendo un codice etico come quello della “Carta di Pisa” per la buona politica, sappia ridare dignità e credibilità alla politica e riportare al voto  quel 50% di elettori che, disgustati, stanno disertando le urne alle diverse scadenze elettorali.

Ciò che ci rende perplessi è il permanere di certe ambiguità di qualche amico, che, sull’indicazione di politici come il sen Dellai, trasmigratore di diversi partiti, sembra vivere una sorta di regressiva nostalgia per la Margherita.

Sono coloro che, mal sopportando la lontananza dal potere, ipotizzano uno spazio politico dentro quell’ircocervo del PD renziano, nel quale pensano di organizzarsi come corrente di una rinnovata Margherita.

Unico esito di tale operazione: un’ulteriore spinta al trasformismo su cui “ il Bomba” ha saputo collocare il Partito erede delle antiche culture del PCI e della sinistra politica DC; un trasformismo che, avviato dallo scellerato patto del Nazareno, si acconcia al più modesto e impresentabile compromesso con la modesta truppa parlamentare verdiniana, nel momento in cui il vecchio mezzano di quel patto è chiamato dalla giustizia a percorrere la Via crucis del suo rinvio a giudizio per bancarotta fraudolenta: un assai discutibile viatico per la credibilità della nuova alleanza.

Ci auguriamo che, quanti si sentono ancora legittimi eredi della migliore tradizione popolare e democratico cristiana, sappiano resistere a questi nostalgici richiami, riprendendo senza esitazioni il percorso indicato dal gruppo di Rovereto per una seria alternativa, con sicuri ancoraggi politico culturali, all’attuale  degrado della politica  italiana.

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Venezia, 27 Luglio 2015

 

22 Luglio 2015

Chiese e moschee

Inutile meravigliarsi se molte chiese cristiane sono diventate e diventeranno moschee, quando l’Europa, senza più radici e memoria storica, continua a emettere sentenze come l’ultima della Corte di Giustizia di Strasburgo che ringalluzziscono quei politici gay alla Scalfarotto.

L’egemonia del relativismo culturale e morale e del laicismo anti cristiano sono  i veicoli che condurranno  le nostre terre a inchinarsi alla supremazia dell’Islam con le donne costrette a indossare il burka.

In autunno Renzi, a detta della signorina Boschi, è impegnato a varare la legge sul riconoscimento dei matrimoni gay. Siamo curiosi di vedere come si comporteranno i residui popolari turiferari de “ il Bomba”.

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Venezia, 22 Luglio 2015

 

 

Un passo avanti e due indietro

Avevamo appena compiuto un piccolo passo in avanti con l’incontro dei laici e popolari a Rovereto di Sabato 18 Luglio scorso che, subito, qualche amico si preoccupa di presunte fughe in avanti, pronto a rivendicare primogeniture obsolete e prudenze fuorvianti rispetto a quanto sta accadendo nella politica italiana ed europea.

L’amico sen. Ivo Tarolli aveva ben sintetizzato quanto avevamo discusso nella casa del beato Rosmini, sabato scorso, inviandoci questo appello: “Se vogliamo d’avvero che tale incontro costituisca lo spartiacque con i passati 22 anni di frammentazione e di irrilevanza, ognuno deve impegnarsi, in questa fase, a promuovere una grande operazione culturale! Attraverso la Costituzione di Gruppi Civici Territoriali! La sollecitazione di incontri! Dibattiti! E contributi sia sulla stampa che nelle televisioni, utilizzando anche le straordinarie opportunità del web.”

Parole che sono suonate come dolci note musicali alle orecchie di chi come me, don chisciotte nella lunga stagione della diaspora (1994-2007) e senza maschera, dalla formazione dei circoli Insieme e di ALEF ( Associazione Liberi e Forti), si è sempre battuto per la ricomposizione dell’area popolare con motivazioni certamente non riconducibili e/o riducibili a inconcludenti e regressivi sentimenti nostalgici.

Sono, infatti, da sempre convinto che, nel deserto delle culture politiche che hanno caratterizzato la seconda Repubblica (1994-2011) e in questa trasformistica fase di passaggio dal” golpe blanco” di Napolitano (Novembre 2011) ad oggi, la risposta più avanzata ai temi posti dalla globalizzazione e dal dominio del turbo capitalismo finanziario, possa e debba avvenire ancora una volta dagli orientamenti espressi dalla dottrina sociale della Chiesa e dalla conseguente assunzione di laica e autonoma responsabilità da parte dei cattolici e di tutti gli uomini di buona volontà nella “città dell’uomo”.

Permanere nella difesa delle piccole botteghe, case e casette più  o meno credibili, seppur amorosamente e con fatica costruite e  custodite, non è solo anacronistico, ma, oggettivamente, impediente la possibilità di concorrere seriamente alla costruzione del nuovo soggetto politico di cui abbiamo discusso e convenuto prima, durante e continueremo a discutere dopo Rovereto.

La pretesa, infine, come quella espressa dall’amico ex deputato europeo, On. Gemelli del Nuovo CDU, di considerare documenti apocrifi quelli diligentemente diffusi dal sen Tarolli, solo perché non hanno ricevuto l’approvazione di qualcuno dei presenti a Rovereto,  è del tutto fuori luogo e tale da non favorire il procedere del progetto. Al massimo si dovrà prendere atto di un diverso grado di maturazione da parte di alcuni rispetto ai tempi di realizzazione del progetto stesso.

Se l’amico Gemelli ascrive alla propria bella e apprezzata esperienza politica il merito di non averla ridotta a mera espressione letteraria e verbale,  ma fatta scendere nella realtà concreta della verifica elettorale, vorrei sommessamente ricordargli quanto abbiamo saputo realizzare anche noi Popolari del Veneto nelle recenti elezioni regionali a sostegno della lista Tosi ( 12% in soli settanta giorni di campagna elettorale) e con l’entusiasmante vittoria della lista Brugnaro, da noi appoggiata con la lista civica e popolare di Boraso, nel rinnovo del consiglio comunale di Venezia.

Una ripartenza dal basso, quella operata con l’amico Mimmo Menorello, leader dei Popolari per l’Italia del Veneto, con il quale abbiamo contribuito a redigere il Manifesto per un Veneto Popolare che ritengo possa rappresentare una risorsa qualificante per l’insieme del movimento dei Popolari italiani.

Ecco perché, raccogliendo la pur comprensibile prudenza di Gemelli, convinti come siamo che non alberghi in lui alcun egoistico sentimento di solipsistica chiusura o, peggio, di malcelata presuntuosa volontà di assorbimento amebico di tutti nel suo collaudato contenitore partitico, oso sperare che prevalga nei più l’ottimismo della volontà sul pessimismo della ragione con due indicazioni operative:

Primo, si costituisca da subito un comitato provvisorio paritetico a Roma, espressivo di tutte le anime che hanno concorso alla preparazione e gestione dell’incontro di Rovereto, aperto alla partecipazione di quanti non hanno potuto essere con noi in quella sede; contemporaneamente, come con grande coraggio ha suggerito Tarolli, si proceda a far sorgere ovunque sia possibile, dei Gruppi Civici Territoriali, autentiche comunità di partecipazione popolare, laica e democratica tra cittadini che, condividendo la lettera appello ai Popolari Italiani di Rovereto, nella loro autonoma appartenenza politico partitica, sono interessati a concorrere  a far nascere il nuovo soggetto politico di cui discutiamo da molto, troppo tempo.

Avendo consapevolezza, caro Gemelli, che, al di là delle nostre eventuali presuntuose e frettolose aspirazioni o meditate e prudenti attese, la politica in Italia e in Europa corre con tempi rapidissimi che non ci consentono strategie equivoche  e a perdere, come quelle di un passo avanti e due indietro.

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19 Luglio 2015

 A Rovereto, un passo avanti

All’incontro di Rovereto, tenutosi Sabato 18 Luglio, presso la casa natale del beato Antonio Rosmini, padre del cattolicesimo liberale italiano, si sono presentati numerosi esponenti di partito: Mario Mauro per i Popolari per l’Italia, Mario Tassone, segretario Nuovo CDU, ,  Lelio Alfonso, coordinatore nazionale di Italia Unica, il partito di Corrado Passera e Elmar Pichler Rolle, della SVP. Oltre ad essi numerosi altri rappresentanti di associazioni, movimenti e  gruppi che fanno riferimento alla comune matrice cattolica e popolare.

Con loro, gli estensori e gli aderenti “all'Appello ai Popolari Italiani”, che si richiama a figure dell'impegno dei cattolici in politica come Rosmini, Maritain e De Gasperi, interpreti da laici della Dottrina Sociale della Chiesa.

Con il  coordinamento politico del sen.Ivo Tarolli,   il gruppo di lavoro degli esperti è guidato dal Prof. Gustavo Piga che ha sintetizzato “ Le Proposte per l’Italia”, mentre sui singoli temi sono intervenuti: Andrea Tomasi, Antonino Giannone, Luciano Pilati e Nino Gemelli, assente giustificata, l’On. Luisa Santolini.

Sono intervenuti nel dibattito, tra gli altri: Ettore Bonalberti, Roberto Rosso, Renzo Gubert, Mauro Carmagnola, Luigi D’Agrò, Luigi Bottazzi,  Domenico Menorello, Lucia Scaffardi  e Mirko De Carli.

Pervenute inoltre, tra le altre, le adesioni di Flavio Tosi, Francesco Schitulli, Raffaele Bonanni e Publio Fiori.

Il progetto 2020  che è stato  illustrato dal Prof. Gustavo Piga, è volto a realizzare un programma politico che ponga al centro la persona e la sua dignità.

Tra i temi prioritari d'impegno discussi a Rovereto:

Famiglia: agevolazioni fiscali per le spese per i figli minori e politiche abitative correlate al numero dei figli;
Lavoro e Giovani: Piano straordinario di formazione e occupazione nelle imprese e nel settore pubblico;
Scuola e ricerca: diverso rapporto tra scuola e lavoro, libertà d'istruzione, lancio di nuove università del lavoro e della ricerca;
Imprese, Innovazione e Piccole e Medie Imprese: piano straordinario manutenzione scuole e immobili pubblici riservato a pmi; rilancio competitività attraverso sostegno a innovazione e infrastrutture digitali;
Europa e cooperazione internazionale: Piano Marshall per il Mediterraneo, decisone del fiscal compact,  Banca centrale europea e occupazione;
PA: effettiva lotta agli sprechi e alla corruzione, etica della responsabilità;
Equità Fiscale: spostamento tassazione dal lavoro alla rendita.

L'appello di Rovereto è l'inizio di un cammino da svilupparsi sui territori per costruire un programma operativo con un nuovo soggetto politico.
I diversi vascelli di cui si compone l’ancora frammentata piccola flotta popolare hanno espresso l’unanime volontà di puntare le loro prue sulla stessa rotta, per usare la metafora marinara usata dal sen Mario Mauro nel suo intervento, avendo consapevolezza che ormai rimane poco tempo.

Obiettivo: offrire una nuova speranza al terzo stato produttivo oggi senza più rappresentanza politica e a quanti, cittadini ed elettori, stanchi e sfiduciati, non credono più nella politica e in una classe dirigente che ha perso ogni credibilità.

Tappe intermedie : l’avvio di comunità civico popolari in tutti i comuni, dove possibile, per la partecipazione politica dei cittadini che, condividendo la “Lettera Appello ai Popolari Italiani”, intendono concorrere alla selezione della nuova classe dirigente da presentare sin dalle prossime elezioni amministrative.

Un comitato provvisorio paritetico dei diversi gruppi e movimenti presenti a Rovereto, aperto a ulteriori adesioni,  dovrà facilitare l’attuazione del progetto che, fatte salve le identità di ciascuno, traguarderà entro l’anno in un Forum nazionale  da cui far partire il nuovo soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE da riportare ai principi dei padri fondatori, alternativo al trasformismo renziano e ai populismi estremi.

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Venezia,19 Luglio 2015

Allegata lettera Appello agli Italiani

 

 

Governo di garanzia

E’ desolante ciò che sta accadendo nel Parlamento degli illegittimi, che continuano a legiferare sotto l’azione di un governo farlocco, perché privo della necessaria legittimazione del voto popolare.

Si ha notizia dell’ultima telefonata d’addio dell’On Verdini a Berlusconi, con l’annuncio della formazione di un nuovo gruppo parlamentare a sostegno della politica renziana.

Conclusione prevedibile del mezzano fiorentino, espressione finale di un trasformismo politico che, dall’indecente “golpe blanco” perpetrato dal presidente Napolitano nel Novembre 2011, ammorba l’aria di Palazzo Madama e di Montecitorio.

Fu Verdini, infatti, il promotore di quello sciagurato “patto del Nazareno” che determinò, non solo l’umiliazione berlusconiana nella vicenda dell’elezione del presidente della repubblica, ma quel suicida voto di approvazione dell’infame legge elettorale dell’Italicum.

Due mazzate che hanno fatto perdere, con la residua credibilità al partito di Forza Italia, il via alle emorragie progressive, premesse dell’inevitabile fine di quell’esperienza politica.

Tutto ciò avviene, tuttavia, al di fuori delle regole democratiche che hanno caratterizzato la lunga stagione della “prima repubblica” (1945-1994), nell’atmosfera ammorbante di un trasformismo senza più limiti, di cui il governo farlocco de “ il Bomba” ne è l’esemplare espressione.

Ora il duo toscano sta lì a garantire un falso equilibrio parlamentare, reso ancor più precario dai sommovimenti che stanno vivendo le principali forze politiche presenti nelle due camere, mentre il Paese reale appare sempre più distinto e distante da ciò che accade nel Palazzo.

Fino a quando potrà durare tale situazione, ci eravamo chiesti in una delle nostre ultime riflessioni, ma, dopo quest’ennesima giravolta dei voltagabbana verdiniani crediamo che la misura sia colma.

Matteo Renzi, alla fine, ha appalesato tutti i suoi limiti dimostrandosi incapace di affrontare e risolvere i problemi per i quali Napolitano, su pressione dei poteri internazionali, gli aveva affidato imprudentemente l’incarico. La disoccupazione è risalita, il PIL è a encefalogramma piatto, il ruolo dell’Italia in Europa è ridotto al livello di subalternità delle minori realtà politiche del continente;  il partito di riferimento del capo del governo è alla vigilia di una scissione annunciata, dopo l’avvenuta fuga di alcuni suoi esponenti e il voto contrario o l’astensione dal voto  di diversi parlamentari PD.

Di qui la nuova manovra di acquisizione di qualche sostegno esterno da parte dei soliti voltagabbana, aggrappati alla garanzia delle indennità e dei privilegi della casta, mentre il Paese è allo sbando.

Forza Italia, col suo leader impedito e inseguito dalle ultime vicende della magistratura inquirente, è destinata all’estinzione, mentre serve l’urgente ricomposizione di un’area  politica alternativa al renzismo e ai populismi delle estreme.

Anche a sinistra serve un chiarimento e una ricollocazione delle diverse anime, mentre per affrontare con piena legittimazione i problemi dell’Italia, in un’Europa che sta vivendo uno dei momenti peggiori della sua non breve, seppur tuttora precaria, storia unitaria, avremmo bisogno di un governo di garanzia nazionale per preparare nuove elezioni a breve termine, con una legge elettorale condivisa e l’elezione di un’assemblea costituente per le riforme di sistema.

Al Presidente della Repubblica il compito di facilitare con la sua “moral suasion” tale processo, che ponga fine all’atmosfera da basso impero che sta travolgendo tutte le istituzioni e le stesse garanzie dello stato di diritto.

Ettore Bonalberti
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17 Luglio 2015

Fitto il conservatore

Ho seguito l’intera carriera politica di Raffaele Fitto, énfant prodige della DC pugliese, figlio d’arte di un papà che conobbi  come amico nella corrente DC di Forze Nuove di Carlo Donat Cattin.

Ho nutrito e nutro una naturale simpatia per un democristiano che seppe conquistare la guida della sua Regione in età giovanissima, costretto a percorrere, come tutti noi di lui più anziani di una generazione, la Via Crucis, dopo la fine politica ingloriosa dello scudo crociato.

Ne abbiamo seguito l’ascesa e il declino all’interno di Forza Italia; delfino potenziale di un Cavaliere incapace di accettare la  propria attuale condizione di impotenza politica e, come tale, pronto a proporre e a sostituire con estrema rapidità e ambigua fortuna il proprio successore.

Alla fine la corda si è spezzata, per la difficoltà di introdurre in un partito monocratico a sovranità limitata, autentica monarchia assoluta, regole democratiche e criteri per la successione propri di un partito autenticamente democratico e liberale.

Diversa da sempre la visione di Berlusconi che, anche ieri, annunciando la nuova “casa della speranza” e “l’Altra Italia”, prospetta un movimento, comunque diverso dai partiti tradizionali, nel quale, in ogni caso, prevarranno logiche di una guida dirigista dai tratti populistici sfociati in quel semiserio appello alla rivolta popolare nel caso in cui la magistratura ne decidesse, dopo oltre 60 processi, l’arresto.

Per Fitto l’esperienza berlusconiana e di Forza Italia è esaurita e, ieri a Montecitorio, ha presentato il suo partito dei “ Conservatori e riformisti” inaugurando il simbolo dei Tory inglesi.

Un partito in più in un’Italia che, nel deserto delle culture politiche di questa seconda repubblica sul viale del tramonto, assiste ogni giorno alla nascita di nuove e diverse formazioni politiche tanto all’interno dell’attuale arco dei partiti in via di scomposizione, che all’esterno, in cui associazioni, gruppi, movimenti stanno faticosamente avviando processi di ricomposizione.

Vorremmo sperare  che l’amico Fitto (che anche ieri ha ricordato la sua provenienza dalla tradizione democratico cristiana) con l’annuncio di abbandonare la casa del PPE per abbracciare quella dei conservatori europei, non dimenticasse che in Italia, senza un forte collegamento con la vasta e articolata area di ispirazione cattolica e popolare non esiste equilibrio politico realisticamente vincente sul piano di governo.

Possiamo condividere il giudizio critico che Fitto esprime contro il PPE a trazione tedesca merkeliana, essendo quel partito europeo lontanissimo dalle intuizioni originarie dei padri fondatori Adenauer, De Gasperi e Schuman, i tre grandi costruttori dell’Europa.

 Non sarà, tuttavia, il semplice  spostamento sulle posizioni dei conservatori inglesi, ondivaghe sull’Europa e esplicitamente filo USA, a garantire le risposte ai bisogni dei cittadini che vivono a livello planetario le conseguenze del turbo capitalismo finanziario, il rovesciamento dei rapporti tra etica, politica ed economia e finanza, con quest’ultima che fissa gli obiettivi e la politica ridotta al ruolo strumentale e ancillare della finanza stessa.
Con la scelta compiuta, che cancella le radici della sua formazione politico culturale primigenia, Fitto potrà anche conquistare un po’ di spazio sul piano del consenso elettorale, ma, senza la capacità di collegare questa sua nuova esperienza a quella dei popolari italiani sulla strada della ricomposizione, difficilmente potrà porsi come credibile classe dirigente e di governo del Paese.

L’avevo invitato, senza risposta, al nostro incontro di domani a Rovereto, dove una forte accelerazione sarà data al processo di riunificazione delle diverse anime dei popolari italiani nella casa del beato Rosmini, padre del cattolicesimo liberale e grande ispiratore dello stesso pensiero sturziano.

Confido che, dopo Rovereto e l’annunciato appuntamento di Tosi e dei suoi amici il 21 Luglio prossimo a Roma, anche “ il conservatore” Fitto possa concorrere con tutti noi a far nascere il nuovo soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, alternativo al trasformismo renziano e ai populismi delle estreme.

Un soggetto politico in grado di offrire una nuova speranza non solo al terzo stato produttivo oggi privo di rappresentanza politica, ma a quel 50% di italiani stanchi e sfiduciati di una politica e di una moltitudine di politici indegne.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 17 Luglio 2015

 

15 Luglio 2015

Ideologia e utopia

Formato alla scuola di sociologia trentina ( proff. Acquaviva, Ardigò, , Barbano, Braga, Meschieri, Pasquinelli, Tentori..) ho ben chiara la distinzione tra “ideologia e utopia”,  che fu uno dei temi approfonditi da Karl Mannheim, per cui trovo nell’articolo di Martedì 14 luglio  di Giuliano Ferrara su “il Foglio”, la dimostrazione del suo  tortuoso percorso culturale dall’ideologismo marxista della giovinezza all’odierno iper realismo della fissità dei dati della “realtà effettuale”.

Un percorso che porta “l’elefantino” a esaltare l’irrimediabile e indistruttibile evidenza di un’Europa a trazione pressoché solitaria tedesca, senza alcuna possibilità di altro pensiero critico, cioè proprio “utopico” in senso mannheimiano, che non sia quello socialmente condizionato della realtà dei dati e dei fatti.

In tale contesto, è evidente che hanno avuto ragione a suo tempo, come sostiene Ferrara: i Monti, le Fornero, il Renzi e il Berlusconi del patto del Nazareno o di quello con Marchionne, in quanto fedeli esecutori, anche se irrilevanti interpreti, delle decisioni della Kanzlerin Merkel e dei suoi accoliti, mentre sono tutti riconducibili all’ovile degli irresponsabili quegli amici di Tsipras e di Syriza che Ferrara ironicamente descrive come: “la Brigata Kalimera”.

Poco importa se il Cavaliere double face è lo stesso che, come confessa  dopo qualche anno il suo amico Sallusti, nel 2011 si oppose strenuamente alle pressioni della Merkel con l’appoggio di Sarkozy, presenti Obama e Zapatero, alla svendita dell’Italia attraverso il prestito forzoso della troika, con il suo conseguente disarcionamento  dalla guida del governo, grazie  al “golpe blanco” di Napolitano,  che ora Ferrara vorrebbe “beatificare in vita”.

Seguendo il ragionamento, questo sì “ ideologico”, perché socialmente condizionato di Ferrara, e rinunciando a qualsiasi considerazione critica sui dati della realtà, si rinuncia a ogni possibilità di visione alternativa e a disegnare qualche progetto di cambiamento politico istituzionale a quell’ircocervo dell’Europa venutosi a creare dopo lo “stupido” trattato di Maastricht (definizione del buon Prodi) e con molti dei successivi regolamenti attuativi, alcuni dei quali, come quello del fiscal compact, palesemente illegittimi e dunque nulli.

E’ evidente, infatti, che restando alla mera constatazione della realtà dei fatti, a Tsipras e compagni, al di là del  forzato tentativo del referendum popolare, quale ultima ciambella di salvataggio per rafforzare il suo ruolo nella trattativa ad armi impari con l’Europa, non rimaneva, come non gli è rimasto, altra arma di quella dell’accettazione delle condizioni iugulatorie imposte alla Grecia dall’Unione Europea.

Resta il fatto altrettanto reale che, un’Europa  come quella uscita dai trattati di Maastricht, Amsterdam e Lisbona, e ancor peggio strutturata da alcuni regolamenti attuativi di quei trattati, non solo non funziona, se non a vantaggio di soli alcuni, ma è destinata a sfasciarsi.

Fummo  a suo tempo tra gli entusiastici sostenitori dell’idea dell’unità europea, anche accontentandoci del primo passo dell’unificazione monetaria. Con l’unità attorno all’euro ci avevano, tuttavia,  promesso più concorrenza e riduzione dei prezzi, più occupazione e crescita; constatiamo, invece, un dominio oligopolistico dei Paesi più forti del nord, con la Germania che la fa da padrone, crollo dell’occupazione e decrescita generalizzata in tutta l’Europa.

E’ evidente che il gioco per ora l’ha vinto la Merkel, ma la partita rimane tremendamente aperta .
All’orizzonte, se non ci impegniamo per un cambiamento strutturale dell’Unione europea, con una rinegoziazione dei trattati, dopo il voto a breve della Spagna e del referendum inglese, con un euro lasciato alla sola capacità manovriera di Draghi, senza potere di prestatore di ultima istanza e con il permanere delle profonde diseconomie fiscali tra i Paesi dell’eurozona, non potremo che assistere alla fine di una costruzione del tutto inefficace e  inefficiente.

E non sarà solo una partita persa sul piano dell’unità monetaria, ma con drammatiche ricadute su quello della geopolitica dell’Europa nei nuovi equilibri mondiali.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 15 Luglio 2015

 

11 Luglio 2015

VENETO PENSA: il think tank dei Popolari veneti

I Popolari di Venezia si sono riuniti ieri a Venezia e hanno avviato l’attività del think tank  “VENETO PENSA”.
Obiettivo di questo “serbatoio del pensiero”:  occuparsi di analisi delle politiche pubbliche con particolare riferimento a quelle di interesse del Comune di Venezia e della Regione del Veneto.
Un gruppo di ricercatori, professionisti e tecnici di diverse discipline ( sociologia, economia,  psicologia, scienze ambientali, urbanistiche, dei trasporti, sanitari e dei servizi sociali) analizzerà i più rilevanti temi di interesse pubblico e la capacità di risposta delle istituzioni. Il primo oggetto di analisi e di indicazione operativa è quello inerente alla realizzazione della “free zone” (zona franca) nell’area di Marghera; una straordinaria opportunità per offrire una speranza di lavoro ai giovani di Venezia e del Veneto.
Il consiglio comunale di Venezia, nella riunione del 16 giugno 2014 ha approvato la costituzione della newco che gestirà i 110 ettari di Porto Marghera che Syndial (gruppo Eni) ha accettato di cedere. Si tratta di dare pratica attuazione a tale deliberazione.
Da tempo i Popolari veneziani hanno indicato l’opportunità di realizzare nell’area di Marghera una “free zone”(zona franca)  in base a quanto previsto dai regolamenti comunitari.
Il Codice doganale comunitario, infatti, è stato istituito con Regolamento CE n. 450/2008, prevede che gli stati membri possano destinare a zona franca talune parti del territorio nazionale; dopo fasi alterne di discussione, l’ultima decisione è stata approvata con il Regolamento CE del 10 ottobre 2013 n. 952/2013, che rinvia l’applicazione della Sezione 3 riguardante le Zone Franche, alla data del 1 giugno 2016.
La “free zone” è un’area destinata alla promozione del commercio, all’esportazione e all’apertura dell’economia nazionale al mondo esterno. In essa sono ammesse attività industriali, commerciali e dei servizi.
Poiché la Zona Franca costituisce una delle manifestazioni dell’autonomia regionale e la Costituzione italiana prevede queste forme di maggiore autonomia, atteso che il Regolamento comunitario è equiparato, nella gerarchia delle fonti del diritto italiano, alla legge nazionale, l’istituzione di una Zona Franca sul territorio italiano non viola le disposizioni del Regolamento comunitario, che è in vigore dal 10 ottobre 2013.
Tale tema è stato posto dai Popolari veneziani all’attenzione della Giunta regionale del Veneto già nel Giugno 2014 e, poiché il regolamento europeo sarà applicato dal 1 Giugno 2016, è indispensabile avviare le procedure per la costituzione della “free zone” sin dai primi atti del consiglio regionale.
Sul piano istituzionale, il secondo tema oggetto di studio e di proposta sarà quello del referendum secondo quanto indicato dall’art 132 della Costituzione per la macro regione del Nord-Est.
Infine grande interesse “ Veneto pensa” rivolgerà alle modalità di organizzazione della città metropolitana di Venezia e al sistema delle aziende partecipate comunali.
Insomma un modo per offrire ai consiglieri comunali  e regionali un utile contributo di idee e di proposte e per monitorare l’attuazione dei programmi presentati dal Sindaco di Venezia e dal Presidente della Giunta regionale ai loro organi deliberativi di riferimento.
Connessione della rete di “VENETO PENSA” attraverso  il sito: www.insiemeweb.net e con altre avanzate  tecnologie informatiche (AKRON) per l’informazione e la formazione a distanza.

Coordinamento dei Popolari di Venezia
Ettore Bonalberti
Sabato 11 Luglio 2015

 

 

 

INCONTRO DEI  POPOLARI, LAICI, LIBERALI E RIFORMISTI PER L’ALTERNATIVA

A Rovereto, presso la casa natale del Beato Antonio Rosmini, padre ispiratore  del cattolicesimo liberale italiano, SABATO 18 LUGLIO p.v. si incontreranno associazioni, gruppi. movimenti, persone dell’area cattolica, popolare, liberale e riformista per presentare la lettera appello agli italiani di cui al testo allegato.
Nell’incontro, cui sono invitati quanti sono interessati a costruire un’alternativa al socialismo trasformista renziano e agli estremismi populistici, saranno presentati i risultati del lavoro dei gruppi coordinati dal prof.Gustavo Piga sui principali temi della politica italiana.
Obiettivo dell’incontro: incontrare i rappresentanti dei movimenti italiani interessati a costruire il nuovo soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, transnazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE da far ritornare ai valori dei padri fondatori e alternativo al renzismo e agli estremismi populistici.
Seconda tappa: la costruzione in tutte le realtà locali di comunità civiche e popolari di partecipazione e dibattito politico attraverso le quali organizzare entro l’anno una grande assemblea popolare nazionale per l’avvio del nuovo soggetto politico.
Quanti sono interessati sono pregati di contattare la nostra redazione:
info@bonalberti.com
info@insiemeweb.net

N.B.: l’ncontro di Rovereto  si terrà  SABATO 18 LUGLIO p.v. a partire dalle ore 10,30 presso la casa natale del Beato Antonio Rosmini,  via Stoppani 1 - 38068 Rovereto (TN) - tel 0464-431427 - e-mail rosminiana@biblio.infotn.it -

LETTERA: "APPELLO"
Ai tanti in prima linea nell'impegno civile, nell'associazionismo politico e culturale e nell'animazione sociale.

Il tempo che ci è dato di vivere è questo!
Limitarsi a denunciare il disordine, non basta!! Farsi risucchiare dall'inquietudine e dallo smarrimento è un errore! Tanto meno ritirandosi nel privato!
Occorre reagire!! Organizzandoci! E misurandoci con le sfide che la complicata situazione economica e politica ci pone!
Anche le drammatiche tragedie che stanno interessando l'Europa dell'Est, il Mediterraneo, il Medio Oriente e le vaste zone dell'Africa abbisognano di assunzione di responsabilità e di risposte decise.
L'irrazionalità di certa cultura e certe barbarie fondamentaliste nel rapporto fra popolazioni e religioni diverse, ci portano indietro nella storia e minano alle fondamenta i principi di rispetto dell'uomo e di tolleranza.
L'eccezionale crisi economica provocata dai default finanziari nel 2007/2008 e la miope reazione della politica europea, che hanno messo in ginocchio interi popoli, potrebbero ancora ripetersi, data l'arrendevolezza della Politica nell'introdurre nuove regole e nuovi presidi nella "Governance globale".
Le incertezze e le carenze dell'UE manifestano i loro perniciosi effetti sia nel funzionamento delle Istituzioni Politiche, sia nelle Politiche di settore: dalla politica estera a quella di difesa; dalla politica fiscale sino a quella umanitaria.
La complessità dei problemi che gravano sul nostro Paese, a partire da quelli etici per arrivare a quelli economici, con la carenza di lavoro davvero emergenziale, richiedono uno sforzo eccezionale e straordinario.
In presenza di questo quadro, il grido biblico di Jahvè: "Adamo dove sei?" Non può ripetersi!!
Ciascuno di noi deve rimettersi in gioco. In un cammino di impegno e di dedizione sulle questioni che la quotidianità ci pone: da quelle grandi a quelle piccole, da quelle economiche a quelle politiche.
***
Dall'Italia abbiamo avuto tanto! All'Italia ora, non dobbiamo far mancare il nostro contributo generoso di idee, di progetti e di classe dirigente disponibile a giocare una nuova partita.
Da più parti: dai cittadini in primis, che disertano le urne! Come da autorevoli osservatori della cultura e dell'economia nazionali, si sollecita a gran voce una "profonda riforma  dei
partiti" e che bisogna impegnarsi in prima persona, per dar vita "a Nuovi Movimenti Sociali".
Noi vogliamo cogliere queste "provocazioni "!
Noi vogliamo promuovere e sollecitare una sana reazione, e quindi diventare, attraverso un Progetto chiaro, ambizioso e concreto, un punto di riferimento nel Paese e fuori, per:

    • Dare un Governo e delle regole alle sfide poste dalla "Globalizzazione" delle persone, dell'economia e della finanza!
    • Recuperare lo spirito originario, che è stato alla base della nascita dell'UE: mettendo avanti il benessere delle persone rispetto alla politica del rigore! La sussidiarietà rispetto all'illuminato ruolo della burocrazia! Lo sviluppo rispetto alle regole e al mercato! Le piccole imprese e l'economia reale alla base delle politiche economiche!
    • Batterci per tenere alta la "qualità" della nostra Democrazia: autentica architrave di un sistema che abbia a cuore la promozione della dignità della persona umana, sia nella sfera della libertà religiosa, sia in quella delle libertà individuali e democratiche!
    • Contrastare con energia le tante Povertà, aumentate con la persistente crisi di questi anni! In primo luogo accrescendo le opportunità di lavoro e, in pari tempo, tutelando le fasce più deboli!
    • Promuovere senza tentennamenti i nostri valori di riferimento: a partire dalla centralità della persona, dalla Giustizia e dal contrasto di tutte le devianze (come illegalità e corruzione), alla salvaguardia della famiglia naturale (articolo 29 della Costituzione) fino al primato della libertà e qualità di educazione!
    • Fare della Comunità, della Famiglia e dell'Impresa i tre motori cardine del nostro programma di riscatto.

Non possiamo non condividere questi obiettivi!
***
Per questo ci è imposto promuovere una "Grande Iniziativa": plurale, aperta, comunitaria. Una Iniziativa che ponga fine alla diaspora e alla frammentazione dei tanti Partiti, Associazioni, Movimenti di matrice cristiano-popolare che hanno reso questa area e questa cultura marginale ed irrilevante.
Una Iniziativa che dia vita ad un'"Area politico-culturale" che sappia far interloquire cattolici e non cattolici, laici, riformisti e liberaldemocratici! Che sappia coniugare la freschezza giovanile con la saggezza dell'esperienza!! E che abbia una chiara connotazione popolare e territoriale.
Una Comunità di persone responsabili, che abbia l'ambizione di contribuire alla realizzazione di un Progetto-Paese per la nostra Italia.
Da questa Area dovrà scaturire un Impegno Politico diretto!! Ambizioso nel Progetto! E
generoso nella testimonianza di ciascuno! Non per dar vita a un piccolo Partito! Ma ad un'Esperienza Grande, che sappia unire e favorire aggregazioni nuove!! E che sappia concorrere ad essere anche punto di riferimento per il Governo del Paese.
Un'Esperienza dove la Sussidiarietà e il Dialogo Sociale siano le anime di un nuovo popolarismo e dove la Comunità, l'Impresa e la Famiglia diventino la dorsale della nuova
Italia!!.
Proprio perché siamo interessati ad un Grande Progetto, vogliamo muoverci dentro un genuino spirito di "Ricerca".
Una ricerca che non escluda, anzi favorisca l'organizzazione e il fiorire di incontri territoriali
di condivisione, di approfondimento e di proposta.
Un metodo che ci porti a seppellire e cestinare il modello dei movimenti leaderistici e dei movimenti solo mediatici per adottare modelli comunitari, che si dotino di leader comunitari espressi democraticamente e collegati con i territori.
Quasi una rivoluzione rispetto ai populismi imperanti!
Se sei interessato a questa nuova impresa, qui sotto troverai i nostri riferimenti.
Non c'è nulla di già scritto! Nulla di scontato! Ma proprio per questo il futuro è alla nostra
portata!

I promotori

Sen. Dott. Ivo Tarolli

On. Rodolfo de Laurentis

Dott. Raffaele Bonanni

On. Mario Tassone

Dott. Ettore Bonalberti

On. Gianni Fontana

On. Luisa Santolini

On. Mario Baccini

On. Alessandro Forlani

On. Nino Gemelli

On. Renzo Gubert

Prof. Gustavo Piga

Prof. Andrea Tomasi

Dott. Pippo Castronovo

Prof. Antonino Giannone

Jacopo Solaini - FUCI

Dott. Paolo Floris

Maurizio Pilati - FUCI

Alessio Piazza - FUCI

Dott. Emanuele Pezzino

Dott. Tiziano Melchiorre

Avv. Paolo Voltaggio

Dott. Mauro Carmagnola

Dott. Amedeo Portacci

Dott. Attilio Lioi

Prof Luciano Pilati

Dott. Marco D'Agostini
On Potito Salatto
Dott.ssa Rosanna Bocchieri
Dott. Ilario Maiolo;
Dr. E. Perriello;
Dr. Antonio Di Matteo

On.Publio Fiori
Prof. Ulderico Bernardi;
Dr. Leonardo Ranieri;
Dr. Luigi Bottazzi;
Dr. Francesco Innaco;
Mirko De Carli

Riferimenti:
Sen. Ivo Tarolli: 349/0628093 e-mail: ivo.tarolli@yahoo.it
Segreteria   e-mail: appelloaitantiinprimalinea@yahoo.com

 

10 Luglio 2015

L’insegnamento di Papa Francesco

Leggendo i discorsi di Papa Francesco in Equador e in Bolivia si prova un senso di conforto e di ammirazione perché si coglie pienamente il linguaggio della verità. Si sperimenta  la continua pastorale esigenza di coniugare i temi della socialità dell’enciclica “ Evangelii gaudium” con quelli dell’ecologia della “ Laudato sì”.

E’ la predicazione del “Pastor angelicus”  del valore dell’economia civile alternativa a quella del “turbo capitalismo finanziario”, che è una delle cause fondamentali della grave crisi economica e sociale che colpisce trasversalmente tutta la terra. E’ la conferma che l’unica speranza di un cambiamento sta nel mettere al centro la persona, la sua dignità, la comunità a qualunque etnia appartenga.

Nel triste scenario di un Occidente che sta vivendo una delle più gravi crisi dei valori, con il pensiero critico silente e la fine delle culture politiche, è ancora una volta dalla Chiesa cattolica che giunge una parola di speranza e di orientamento per tutti gli uomini di buona volontà.

Come la Rerum Novarum di Papa Leone XIII segnò l’affermazione del pensiero cattolico dell’interclassismo in uno dei momenti più complessi dello sviluppo del capitalismo, così, dalla “Centesimus Annus”  del Santo Papa Giovanni Paolo II alla “Caritas in veritate “di Papa Benedetto XVI, è, ancora una volta, dalla Chiesa  cattolica che giunge un’analisi organica dei problemi sorti con la globalizzazione e il trionfo del capitalismo finanziario. Un’analisi che, raccolta e ulteriormente sviluppata da Papa Francesco con le sue due ultime encicliche, offre a tutti noi i fondamentali cui riferirci nelle azioni da compiere nella “città dell’uomo”.

Non spetta, infatti, alla Chiesa, “mater et magistra”, questo compito che, invece, è affidato alla responsabilità di ciascuno di noi, tanto più se partecipanti alla comunità cristiana, e, in particolare a quanti sentono il dovere di testimoniare l’impegno dei cattolici nella vita politica.

Un dovere che molti di noi tentano di condividere, in un’Europa che ha smarrito il senso delle sue origini e sta offrendo un triste spettacolo di divisioni e conflitti, all’Est come al Sud del continente, e in un’Italia, vittima di una degrado della vita politica ai livelli più bassi della sua storia e dove solo dalla testimonianza vivente di Papa Francesco giungono riferimenti sicuri .

Ecco perché ci sentiamo impegnati, in quest’ ultimo miglio della nostra vita, a concorrere alla  ricostruzione di una vasta area laica, popolare, liberale  e riformista, europeista e trans nazionale, che sappia tradurre nella politica gli orientamenti pastorali della dottrina sociale profeticamente annunciata e vissuta dal Santo Padre.

Anche per questo ci ritroveremo a Rovereto, Sabato 18 Luglio, nella casa del Beato Antonio Rosmini, padre del cattolicesimo liberale italiano, per tentare di offrire un contributo responsabile all’affermazione dei principi enunciati in questi giorni da Papa Francesco nella lontana  e sua  amata terra da cui è stato chiamato a guidare la Chiesa di Roma.

Ettore Bonalberti
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Venerdì, 10 Luglio 2015

 

6 Luglio 2015

Appello ai Popolari europei

Dopo il plebiscitario NO greco alle politiche europee  di austerity rivelatesi sin qui fallimentari serve un cambio di strategia, soprattutto  da parte di coloro che, come noi popolari italiani ed europei, hanno da sempre sostenuto le ragioni dell’unità dell’Europa.

Un cambio di strategia che vorremmo fosse fatto insieme agli amici della CDU e della CSU di Germania, i quali dovrebbero ritrovare lo spirito della loro migliore tradizione politico culturale: quella di Konrad Adenauer, Ludwig Herard,  di Helmut Khol e dello stesso Franz Joseph Strauss, il grande leader della CSU bavarese.

La cancelliera Angela Merkel prenda atto che con le politiche sin qui portate avanti in sintonia con il ministro delle finanze Wolgang Schaeuble, si può certamente fare gli interessi della Germania, ma su una linea che sconta l’irrimediabile opposizione della stragrande maggioranza degli europei e con conseguenze imprevedibili sul piano della stessa geopolitica del continente, con gli USA, la Russia e la Cina che non stanno certamente lì inerti a guardare.

Il voto greco, oltre a ridare  significato e valore alla democrazia che si esprime nella libera volontà del popolo, ha confermato quella dei greci di restare in Europa sulla base di una nuova strategia politica, economica e finanziaria. Anche le generose dimissioni odierne del ministro delle finanze greco, Yanis Varoufakis,  rese allo scopo di facilitare il dialogo e il possibile compromesso sono la dimostrazione di tale volontà.

L’unione europea, come è venuta configurandosi dopo il trattato di Maastricht, è un ircocervo ingestibile e destinato a implodere se, in tempi brevi, non vengono assunte decisioni politiche di netto cambiamento.

Aver puntato a unificare l’Europa sul piano monetario, con l’adesione di 19 stati su 28,  senza un effettivo governo federale su base elettiva da parte di un Parlamento rappresentativo dei popoli, con una banca centrale privata della possibilità di emissione della moneta, conservando ventotto diverse fiscalità e politiche economico-sociali, alla prova dei fatti si è dimostrato un progetto fallimentare.

Pur riconoscendo le responsabilità di coloro che, in Grecia come in Italia e in altri Paesi europei, decisero di entrare nell’euro sulla base di bilanci taroccati e di successive politiche economiche rivelatesi irresponsabili, resta evidente il fallimento di una politica europea fondata sulla rigidità di regole, alcune delle quali illegittime (vedi il fiscal compact, come lucidamente e inascoltato denunciò a più riprese il prof. Giuseppe Guarino), e su una concezione dell’austerità  rivelatasi alla fine profittevole per la sola Germania.

E’ tempo di mettere in campo politiche ispirate alle idee originarie del popolarismo europeo, all’economia sociale di mercato e a quella civile, oggi riprese a pieno titolo dalle ultime encicliche sociali della Chiesa ( Caritas in veritate, Evangelii Gaudium), rimettendo al centro il valore della persona e delle comunità intermedie e i principi della sussidiarietà e solidarietà.

Certo servirebbe una classe dirigente europea, tanto sul versante popolare che su quello socialista, diversa da quella oggi in campo, anche per evitare che, nella crisi che attanaglia molti Paesi europei, finiscano col prevalere le posizioni delle parti più retrive dei populismi estremistici senza speranza.

Spetta ora alla Germania dimostrarsi all’altezza della sua attuale storica responsabilità; quella di decidere se continuare sulla strada di una solitaria e pericolosa avventura verso un improbabile quarto reich,  o, invece,  della migliore tradizione dei padri fondatori della loro giovane democrazia.

All’Italia, privata di un governo espressione legittima della volontà popolare, oggi guidata da un giovane di belle speranze rivelatosi ondivago e inaffidabile anche sulla vicenda del referendum greco, compete il compito di facilitare la scelta tedesca e di proporre la strada difficile, ma senza alternative, di un’Europa autenticamente federale con un governo espressivo della volontà dei cittadini europei e una politica monetaria sostenuta da una Banca centrale con tutti i poteri propri di una Banca federale e politiche fiscali e sociali integrate.

Se così avverrà, il voto greco di ieri costituirà un contributo di straordinaria portata storico politica al processo di rifondazione dell’unità europea.

Ettore Bonalberti
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Lunedì, 6 luglio 2015

 

1 Luglio 2015

Pensare globalmente agire localmente

Nel deserto culturale della politica italiana la fine dei partiti dopo il ventennio della seconda repubblica, nel Veneto abbiamo avviato alcune esperienze ispirate a quanto sosteneva John Naisbitt nel suo “ Megatrends” degli anni ’80: “ pensare globalmente agire localmente”.

Ancorati alla nostra cultura popolare e democratico cristiana  abbiamo salutato e sostenuto con passione a livello regionale la scelta di Flavio Tosi, “leghista democristiano”, in alternativa al trasformismo socialista renziano e agli estremismi populistici.

A Venezia con la lista Boraso civica popolare abbiamo contribuito all’esito positivo dell’esperimento di Luigi Brugnaro, con il quale siamo riusciti a offrire alla città un’alternativa alla ventennale gestione della sinistra rivelatasi fallimentare.

Con Tosi, in poco più di due mesi, abbiamo raggiunto il 12% dei voti alle elezioni regionali e solo il timore di una dispersione del voto moderato a vantaggio della candidata del PD, Alessandra Moretti, ha impedito un più consistente risultato. Tutto ciò ha favorito la nettissima affermazione di Luca Zaia che, proprio in questi giorni, ha dato vita alla sua nuova giunta regionale del Veneto.

Con Tosi abbiamo condiviso l’idea che con la maggioranza assoluta leghista in consiglio regionale, i nostri cinque rappresentanti attueranno un’opposizione costruttiva e non pregiudiziale, avendo presente l’obiettivo più ampio che intendiamo perseguire a livello nazionale. Un obiettivo che da tempo connotiamo come quello della formazione di un nuovo soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE, alternativo al socialismo trasformista renziano e ai populismi delle estreme.

Un obiettivo al quale sono interessati altri partiti, movimenti, gruppi, associazioni politico culturali; quelle stesse che si ritroveranno il prossimo 18 Luglio a Rovereto, nella casa natale del beato Antonio Rosmini, per lanciare il documento-appello agli italiani.

Non solo movimenti e gruppi dell’area di ispirazione popolare, ma anche di matrice laica liberale e riformista, per un progetto cui non potrà restare indifferente la stessa Lega tanto nella versione più dura salviniana che in quella più governativa di Maroni e dello stesso Zaia.

Siamo anche interessati a ciò che accade in Forza Italia con l’emergente neo governatore della Liguria Toti, nell’area esterna dei “conservatori” di Fitto, dei liberali di Passera, e, da parte nostra, concorreremo al progetto insieme agli amici della Federazione dei Popolari di Mario Mauro e con tutti i democratici cristiani delle diverse confessioni nelle quali si sono sin qui colpevolmente e irresponsabilmente suddivisi.

Con Flavio Tosi condividiamo l’idea di dar vita nel Veneto a una confederazione  di gruppi e movimenti, come quelli che ne hanno sostenuto la candidatura a governatore, di tipo inclusivo, che nasca sulla base della  condivisione di un manifesto di alcuni punti politico programmatici essenziali per il Veneto e per l’Italia.

Riteniamo, infatti, che oggi nel Veneto la stragrande maggioranza degli elettori, anche di quelli che hanno continuato a disertare le urne lo scorso 31 maggio, si riconosca nelle posizioni autonomiste civiche e popolari di Flavio Tosi. Una posizione che a Settembre avvierà la grande iniziativa per il referendum previsto dall’art.132 della Costituzione, con il quale la maggioranza degli elettori dei  comuni del Veneto, Friuli V.Giulia e Trentino AA.AA, saranno chiamati a dire SI’ alla nascita della macroregione del Nord-Est.
Come lucidamente ha evidenziato l’amico Domenico Menorello, coordinatore dei Popolari per l’Italia del Veneto dopo la sentenza della Consulta formulato nell’esaminare le leggi regionali del Veneto nn.15 (referendum per l’autonomia) e 16 ( referendum per l’indipendenza) del 19 Giugno 2014: “Quel che resta della legge regionale n. 15/2014 non potrà mai arrivare a chiedere il regime di Statuto speciale per il Veneto o nuove forme di autonomia fiscale, né chiedere competenze che non siano già attribuite dalla ordinaria legislazione concorrente (si potrà al massimo chiedere che all’interno di tali competenze vi siano spazi residuali maggiori per la regione, ma si tratta di una prospettiva che non porta certo lontano). Peraltro, l’art. 3 di tale legge prevede che una simile procedura potrebbe avvenire solo “in concomitanza con le prime elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo o del Parlamento nazionale, o con le prime elezioni regionali”, dunque non prima del 2018…
Se, poi, si possono fare solo i referendum “tipici”, cioè rigidamente previsti dall’ordinamento, proprio questo argomentare della Corte conduce a ritenere del tutto ragionevole percorrere la strada referendaria ipotizzata dall’art. 132 della stessa Costituzione.”

Sarà il primo banco di prova con gli amici leghisti in consiglio regionale, così come a Brugnaro a  Venezia e allo stesso Zaia, chiederemo di avviare da subito le procedure per istituire la “free zone” (zona franca) a Marghera (Venezia) in conformità a quanto previsto dai regolamenti comunitari. Quello della “free zone” è un progetto sollecitato fin dall’autunno 2014 dai Popolari di Venezia, inserito nel programma della lista Brugnaro, una delle condizioni necessarie per il rilancio economico, sociale ed occupazionale della “città lagunare più bella del mondo”.

Noi Popolari avvieremo nei prossimi giorni un think tank di qualificati studiosi ed esperti nelle diverse materie con il quale, tanto a livello regionale che comunale veneziano, elaboreremo progetti e proposte e vigileremo sul rispetto dei rispettivi programmi delle giunte di governo insediate a Palazzo Balbi (Regione Veneto) e a Cà Farsetti ( Comune di Venezia).

Ettore Bonalberti
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Venezia, 1 Luglio 2015

 

11 Giugno 2015

Appello a Mattarella

Cosa aspetta Alfano a uscire dal governo? Inquisiscono il sen. Castiglione chiamato in causa per faccende vicine di casa; chiedono l’arresto del presidente della Commissione Bilancio del Senato, Sen. Azzollini, il cui linguaggio verso le suore riportate dai giornali, se fosse autentico, lo fa apparire, più che un senatore della Repubblica, un triviale e maleducato energumeno ; è oggetto quotidiano di contumelie per un’oggettiva dimostrata inefficienza e inefficacia nella direzione di un Ministero chiave quale quello degli Interni e lui che fa? Annuncia e minaccia sfracelli con il suo gruppo parlamentare in via di decomposizione e sovradimensionato rispetto al consenso elettorale, mentre perde pezzi importanti della sua Area Popolare a Milano come nel Veneto e in molte altre realtà del centro-Nord.

Il Paese, intanto, sconta gli effetti di una crisi economica e finanziaria prodotta da un turbo capitalismo dominante a livello internazionale ed europeo che riduce le classi dirigenti a burattini del circuito finanziario oligopolistico e rischia  una situazione di allarmante rivolta sociale.

Un Parlamento di nominati illegittimi, il terzo governo di un leader mai eletto, uno Stato che ogni giorno di più dimostra la sua inconsistenza, un Paese allo sbando: questa l’Italia di oggi.

Presidente Mattarella non è il caso di superare questa pericolosa condizione di stallo foriera di un drammatico tonfo nel baratro?  Non sarebbe ora di dare finalmente la parola agli elettori, con l’unica legge elettorale utilizzabile, il consultellum,  per i due rami del Parlamento e per l’elezione da tempo auspicata di un’Assemblea costituente, la sola legittimata a procedere alla riforma della Costituzione?

Si ponga fine alla finzione di una leadership farlocca e si dia vita a un governo di unità nazionale con l’esclusivo compito di preparare le elezioni e risolvere l’emergenza epocale dell’esodo biblico dei disperati della terra.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 11 Giugno 2015



4 Giugno 2015

Qualcosa si muove

Ieri  3 Giugno  a Roma sono accaduti alcuni fatti politici che interessano l’area popolare e centrista: l’uscita dalla maggioranza di governo dei Popolari per l’Italia di Mario Mauro e l’avvio del “ grande progetto” per la formazione del nuovo soggetto politico alternativo al trasformismo renzista e agli estremismi populisti da parte di numerosi gruppi, movimenti e associazioni di ispirazione laica e cattolica, popolare e riformista.

I Popolari per l’Italia, dopo  un direttivo nazionale unitario del partito, hanno evidenziato  le ragioni di una scelta che era maturata da tempo e attesa da quanti in periferia sono impegnati nell’azione di ricomposizione dell’area popolare, liberale e riformista. Questa la motivazione:” Riforme non condivise, condotte in modo improvvisato ed approssimativo, con una improvvida esaltazione del carattere monocolore dell'Esecutivo sono alla base di una decisione che è innanzitutto un giudizio definitivo su una gestione politica che sta tenendo in stallo l'Italia, la sua economia e il suo bisogno di crescita”.

Con questa scelta Mario Mauro esce dall’equivoco di una sofferta permanenza in un esecutivo che. nato con Letta per ragioni di emergenza, è venuto sempre più assumendo il carattere di un monocolore PD sostenuto da alcune residue componenti centriste uscite dalle elezioni regionali in  un clima di grande confusione strategica.

Ora i Popolari per l’Italia, al di là dei due superstiti che hanno preferito conservare i loro precari strapuntini governativi,  con il loro leader Mario Mauro possono garantire piena efficacia all’azione avviata con la Federazione dei Popolari italiani, uno dei tasselli nei quali si sta tentando di ricomporre il mosaico di un nuovo soggetto politico in grado, da un lato, di ricomporre la frantumazione del centro e, dall’altro, di concorrere alla costruzione del nuovo soggetto politico.

Nelle stesse ore nelle quali il direttivo nazionale del partito di Mauro deliberava la sua scelta, presso la sede del Bonus Pastor a Roma, il sen Ivo Tarolli  promuoveva con altre associazioni, gruppi e movimenti la sottoscrizione di un lettera appello: “ ai tanti in prima linea nell’impegno civile, nell’associazionismo politico e culturale e nell’animazione sociale”.

Trattasi di un progetto che punta a ricomporre quanti sono interessati a:

- dare un Governo e delle regole alle sfide poste dalla “globalizzazione” delle persone, dell’economia e della finanza!

- Recuperare lo spirito originario, che è stato alla base della nascita dell’UE: mettendo avanti il benessere delle persone rispetto alla politica del rigore! La sussidiarietà rispetto all’illuminato ruolo della burocrazia! Lo sviluppo rispetto alle regole e al mercato! Le piccole imprese e l’economia reale alla base delle politiche economiche!

- Battersi per tenere alta la “qualità” della nostra Democrazia: autentica  architrave di un sistema che abbia a cuore la promozione della dignità della persona umana, sia nella sfera della libertà religiosa, sia in quella delle libertà individuali e democratiche!

-  Contrastare con energia le tante Povertà, aumentate con la persistente crisi di questi anni! In primo luogo accrescendo le opportunità di lavoro e, in pari tempo, tutelando le fasce più deboli!

- Promuovere senza tentennamenti i nostri valori di riferimento: a partire dalla centralità della Persona e della sua dignità,  Giustizia e dal contrasto di tutte le devianze (illegalità, corruzione…), alla salvaguardia della famiglia naturale fino al primato della libertà e qualità di educazione!

- Fare della Comunità, della Famiglia (art.29 della Costituzione) e dell’Impresa i tre motori cardine del nostro programma di riscatto.

A questo progetto che si svilupperà in due fasi: la prima di carattere culturale con lo scopo di riaggregare  su valori condivisi la più ampia realtà esistente nelle diverse località del Paese per costruire insieme la nuova offerta politica; la seconda che punta a realizzare il nuovo soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE, alternativo al trasformismo socialista renziano e ai populismi delle estreme.

Trattasi di una lettera appello agli italiani che ha già avuto le adesioni di diversi esponenti dell’area laica, cattolica e popolare, che sarà presentata in un prossimo incontro pubblico nella casa natale a Rovereto di Antonio Rosmini, uno dei padri del liberalismo italiano e dei cattolici liberali, con l’impegno di dar vita in tutti i comuni dell’Italia a distretti civici e popolari che, condividendo l’appello, costituiranno i nuclei fondativi del nuovo partito.

Dopo lo tsunami del voto regionale  il blocco dei frantumati  si scuote e punta a ricomporre dal basso, senza egemonie e leadership precostituite, un nuovo modello organizzativo e di partecipazione all’altezza delle attese della gente.

Ettore Bonalberti
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Roma, 4 Giugno 2015



Come uscire dallo stallo

Un’Italia divisa in tre blocchi: al Nord con il prevalere del centro-destra a trazione leghista, al centro che fu già il cuore dell’egemonia comunista, un calo pauroso di consensi alla sinistra dall’Emilia alla Toscana e all’Umbria, dove l’astensionismo la fa da padrone, e il Sud totalmente nelle mani dei “cacicchi” di dalemiana connotazione.

E tre blocchi politico culturali accompagnano quella geografia politica nazionale: il blocco del renzismo senza più lo smalto delle europee ( dal 40,8% a meno del fatidico 25 % delle regionali) da un lato e con una ormai annunciata scissione sulla sinistra, con la Liguria che ha fatto da laboratorio sperimentale; un blocco di estremismi populisti contrari all’euro e all’Europa i quali, favoriti dall’Italicum potrebbero risultare il vero contendente del PD nell’ipotesi del ballottaggio. Al centro, infine,  la frantumazione dei vecchi partiti e partitini incapaci, sin qui, di esprimere una proposta e una leadership in grado di riportare al voto quel quarto blocco maggioritario rappresentato dagli oltre 50% dei renitenti al voto.

Utilizzando lo strumento euristico della mia teoria dei quattro stati,  applicandolo alle diverse realtà dei tre blocchi geografici suddetti (Nord-Centro-Sud), sarebbe interessante analizzare il comportamento elettorale della casta, dei diversamente tutelati, del terzo stato e del quarto non stato, insieme a quella vasta area popolare rappresentata dagli esclusi.

Sostanzialmente obbligata e interessata al voto la casta, quel 50% di astenuti dal voto interessa trasversalmente tutte le rimanenti stratificazioni sociali presenti nel Paese, mentre la rabbia di chi comunque partecipa al voto, si polarizza prevalentemente sulla Lega, non solo al Nord ma anche al centro e al sud del Paese, e sul M5S.

La sciagurata legge dell’Italicum, dopo averla votata e irresponsabilmente difesa, ora  sembra stare stretta ad Area Popolare, che esce sostanzialmente ridimensionata nel suo ruolo politico e costretta  a riflettere sulla convenienza a rimanere sdraiata a sostegno del governo del “Bomba” fiorentino.

Forza Italia, soddisfatta per la vittoria di Toti in Liguria, grazie alla scissione intervenuta in casa PD, è ridotta al peso elettorale della Lega in campo nazionale (10-11 %) e in crisi di leadership.

Lo tsunami che avevamo annunciato dopo il voto di Maggio è avvenuto e solo i ciechi si ostinano a non vederlo.  Renzi  con i suoi pretoriani fedeli si dichiara soddisfatto perché ora il PD governa quasi tutta l’Italia, ma è evidente che dovrà fare sempre più i conti con la minoranza interna  irrequieta e con la realtà di un voto che riporta il PD al risultato della vecchia gestione bersaniana sul 25%.

L’Italicum che Renzi, con i suoi giochi di prestigio e la dabbenaggine dei suoi contraenti del patto del Nazareno, era riuscito a far approvare al Senato, con il voto determinante degli accoliti di governo e di Forza Italia, non è più lo strumento di assoluta garanzia per il controllo totale di regime del Paese e l’annunciata riforma del Senato, cui quella legge è direttamente collegata, sarà il terreno di scontro con gli avversari interni ed esterni con cui dovrà fare i conti.

Una rivoluzione politica si annuncia a sinistra del PD e, soprattutto, al centro della politica italiana. La frantumazione attuale, espressione di meschini calcoli e ambizioni di “personaggetti” politici di bassa lega, non è più tollerabile e quanti aspirano a un’idea diversa dell’Italia disegnata dal trasformismo renziano e dai populismi di destra e di sinistra, ne reclamano il definitivo superamento.

Nessuno dei leader e degli attuali schieramenti sono credibili e ragionevolmente in grado di rappresentare le attese di questa parte prevalente dell’Italia, anche se, tutti ne sono in qualche maniera parte necessaria.

Ecco perché si tratta di dar vita a un nuovo “Grande Progetto” politico culturale che parta dal basso, dalle nostre realtà locali, come sperimentato con diverso successo nell’Umbria del bravo Ricci, nella Puglia di Raffaele Fitto e nel Veneto di Flavio Tosi, con l’adesione degli amici di Italia Unica e delle altre numerose associazioni, gruppi e movimenti di ispirazione laica, popolare, liberale e riformista pronte a riunirsi per ricomporre quell’area popolare senza la quale l’Italia difficilmente saprà superare la condizione di stallo e di trasformismo in cui è caduta nel passaggio difficile e insidioso tra la seconda e la terza repubblica.

Ettore Bonalberti
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Il caso Veneto

L’affluenza alle urne nel Veneto è stata la più elevata d’Italia, ma il 9,2% in meno rispetto alle regionali del 2015 e il 6,7% in meno rispetto alle europee del 2014. Ha votato il 57,2 % degli elettori con il restante 42,8% che ha deciso di disertare.

Ha stravinto Luca Zaia, la cui lista è il primo partito del Veneto (23,1 %) seguito dalla Lega Nord (17,8%). Il PD è al minimo storico del 16,7% seguito dal M5S (11,9%). Forza Italia in caduta libera al 6% e la lista Tosi al 5,7%, mentre l’alleanza costruita attorno alla sua candidatura giunge all’11,9%, alla pari del M5S che raccoglie qualche centinaio  di voti assoluti in più.

Sintesi estrema del voto: i veneti hanno inteso ridare fiducia al governo del Presidente Zaia il quale, se non avesse subito il diktat di Salvini e accettato l’espulsione di Tosi dalla Lega, avrebbe confermato quel risultato del voto, superiore al 60%, di cinque anni prima.

Noi della costituente civica e popolare che eravamo già stati elettori di Zaia, questa volta  abbiamo votato per Flavio Tosi, nella convinzione che attorno alla sua candidatura si potesse far partire il processo di rinnovamento e la formazione di un nuovo soggetto politico alternativo al renzismo e ai populismi di destra e di sinistra.

Molti degli elettori tradizionali del centro-destra da noi interpellati durante la campagna elettorale, ci hanno confermato che, nel timore di un effetto boomerang, avrebbero ridato il proprio voto a Luca Zaia. Prova ne sia che la lista del Presidente supera nei voti la stessa Lega Nord. Insomma, piuttosto di suddividere il voto dei moderati anti renziani, con il rischio di far vincere la pulzella vicentina Moretti, hanno preferito riconfermare la fiducia al governatore uscente. Ora il Veneto è totalmente e senza più alibi e giustificazione alcuna nella responsabilità di governo di Zaia e della Lega.

Il PD dovrà curarsi le ferite di una botta tremenda che suona palese sconfessione non solo della candidata prescelta, ma della stessa politica renziana nazionale.

Forza Italia, dopo le nefande vicende del duo Galan-Chisso, difficilmente supererà il trauma e la crisi di leadership nella quale è precipitata. E non sarà il buon risultato di Toti in Liguria, frutto più della divisione interna del PD che della forza alternativa del centro-destra a coprire la crisi di leadership e di consenso elettorale del partito del Cavaliere. Tuttavia  rimane intatta la necessità della sua partecipazione all’annunciato nuovo soggetto, specie dopo che Forza Italia con l’aiuto di Area Popolare hanno colpevolmente favorito e sostenuto l’approvazione della sciagurata legge dell’Italicum.

Più complessa la valutazione che dovremo fare noi popolari. Si è raccolto l’11,9 % a livello regionale intorno a Tosi, largamente concentrato nel collegio di Verona (26,7%), con presenze differenti negli altri collegi provinciali: 11,6% a Belluno, 11,6% a Padova, 11,3% a Rovigo, 6,3% a Treviso, 8,2% a Venezia, 8,1% a Vicenza, mentre Area Popolare , nata dalla recente confluenza dell’NCD e dell’UDC resta ferma al palo di un modestissimo 2% regionale con l’alleato “Veneto del Fare” ridotto al misero 1,4%.

Insomma un’assurda frantumazione politica sintomo, se non di una morte politica annunciata, di uno stato di coma irreversibile.

Eppure proprio da quell’11,9% attorno a Tosi si dovrà ripartire, in previsione di lavorare per la ricomposizione dell’area popolare, laica liberale e riformista alternativa al renzismo  che subisce il primo duro colpo nella sua marcia trionfale e ai populismi delle estreme. Anche Salvini dovrà rendersi conto che, pur espandendo la sua presenza anche al Sud, oggi terreno esclusivo del governo del PD ( e in Campania siamo curiosi di vedere con quali giochi di prestigio Renzi supererà la forca caudina della legge Severino per l’”impresentabile” De Luca) solo il Veneto resta la sua isola felice.

Premessa indispensabile, specie per quel double face di Alfano che esce distrutto da questa tornata elettorale, è la coerenza delle scelte politiche. Per lui, come per gli amici che ancora mantengono i piedi in due staffe, dentro e fuori del governo, si imporrà la scelta di una decisione non più rinviabile per tentare di recuperare nella linearità dei comportamenti politici, la perduta credibilità verso quel 50% di italiani che non credono più nella politica e non vanno a votare. Questa è la precondizione per qualsiasi progetto di ricostruzione dell’alternativa  indicata.

Già qualcosa si muove e Mercoledì a Roma, alla Pastor Bonus in Via Aurelia si riuniranno alcuni esponenti di associazioni, gruppi e movimenti di vario orientamento politico e culturale per lanciare “l’appello agli italiani” al fine di  avviare  un nuovo “Grande Progetto” politico partendo senza pregiudiziali e leadership precostituite o annunciate dalle realtà locali e regionali del nostro Paese.

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15 Maggio 2015

Attento Matteo stavolta rischi una bomba a orologeria

A quel ragazzo, autore dell’ormai famoso “stai sereno” rivolto a Enrico Letta prima del suo  licenziamento, quando, come ieri, affferma che: “"non interveniamo sulle pensioni, il governo non metterà le mani nelle tasche degli italiani, non toglieremo niente a nessuno" si fa fatica a credere.

Confesso che, da qualche tempo, il 15 di ogni mese controllo se è arrivata la mia pensione di ex dirigente nei settori privato e pubblico che ho occupato nella mia lunga attività professionale.

Essendo tra coloro che, secondo la mia teoria euristica dei quattro stati in cui è rappresentabile la società italiana, appartengono al secondo stato, quello dei “diversamente tutelati”, detentori di un trattamento pensionistico regolato dal sistema retributivo, già colpito dal provvedimento del governo Monti dichiarato illegittimo dalla Consulta, sono preoccupato di come si stanno mettendo le cose. Con l’assunzione della presidenza dell’INPS da parte del prof Boeri, ogni giorno se ne sente una nuova e sono giunto alla conclusione che sarà meglio tenere le antenne ben sintonizzate prima che “ il Bomba” decida l’ennesimo furto nei confronti del solito ceto medio. Siamo alla vigilia di una decisione che dovrà dare contezza dell’esistenza o meno di uno stato di diritto nel nostro Paese.

Pensare di procedere come se niente fosse, con arbitrarie interpretazioni di una sentenza che non lascia margini di pelosa discrezionalità al governo, vorrebbe dire aprire un contenzioso con una fascia considerevole dei “diversamente tutelati”, quella dei pensionati, in grado di innescare una bomba a orologeria attraverso la saldatura degli interessi di questo ceto sociale con quel “terzo stato” che considero l’asse portante dell’intero sistema economico, produttivo, sociale e finanziario su cui si regge l’assetto istituzionale del Paese.

Matteo Renzi lo sa e, mi auguro, non sottovaluti il rischio derivante dal conflitto all’arma bianca apertosi con i sindacati e gli  operatori della scuola italiana; un conflitto che potrebbe diventare devastante se, un provvedimento illegittimo e punitivo dei diritti acquisiti, mettesse in ulteriore difficoltà un’area sociale che ha già sperimentato un profondo mutamento delle proprie condizioni e abitudini di vita.

Attento Matteo, perché stavolta rischi di bruciarti, e molti di noi, anche se settantenni, sono pronti a scendere in piazza e a promuovere ogni iniziativa tesa a confermare la certezza dello stato di diritto. Confidiamo nella saggezza del presidente Mattarella che, seppur sin troppo silente, ci auguriamo sappia farti ragionare e assumere decisioni ispirate al massimo di equità e di equilibrio, coerentemente con quanto ha sentenziato la Corte Costituzionale  senza possibilità di ulteriori appelli o furbeschi diversivi.

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Venezia, 15 Maggio 2015



22 Maggio 2015

Gli eredi del Cavaliere

“Sarà un nuovo partito con un nuovo leader che non sarò io, ma un mio erede”; niente primarie, perché ci sono due o tre persone già pronte alla bisogna. Così ha parlato ieri Berlusconi al suo TG5.

Insomma, niente scelta dal basso, ma il Cavaliere sembra aver già deciso il suo successore. Chi? Marina, Pier Silvio, suoi legittimi eredi di casa Berlusconi? In fondo l’han sempre fatto I Kennedy, i Bush e ora anche i Clinton. Però negli USA anche i famigli passano per le primarie, dovendo raccattare dollari e voti prima di essere scelti dalle convention finali dei loro partiti.

Brutta storia quella delle designazioni annunciate dal Cavaliere. Era accaduto a Fini, seguito da Casini e, infine, da Alfano e dallo stesso Fitto. Gira e rigira, al dunque, sempre ad Arcore si ritorna con un cerchio magico che si restringe sempre di più senza soluzione di continuità.

Nel tempo della politica ridotta a sublimazione mediatica e televisiva, del populismo trionfante e senza più mediazioni con gli esiti trasformistici cui quotidianamente assistiamo, il Cavaliere può permettersi di teorizzare una rinascita del centro destra vent’anni dopo della felice intuizione che fu.

Gli è che la situazione oggi è profondamente mutata. Il terzo stato produttivo che, agli inizi  degli ’80 nel Nord Est abbandonò la DC invaghendosi della Lega di Bossi, e  dieci anni dopo si illuse della rivoluzione liberale di Berlusconi, si trova oggi in una condizione drammatica di crisi sociale, economica, finanziaria  e senza più rappresentanza politica.

La “casta” chiusa nella sua autoreferenzialità rimane l’unico ultimo soggetto direttamente interessato alla politica, strumento e ragione della sua stessa sopravvivenza, mentre la pletora dei “diversamente tutelati”, ondeggia tra l’appoggio ai potenti di turno e il disimpegno e” il quarto non stato” gode dell’assenza di ogni garanzia e collude, con metodi più o meno palesi e trasversali, con  governi e governanti dei diversi livelli istituzionali.

Lo stato di diritto è diventato lo stato di rovescio: nulla è più certo e garantito. Né la sicurezza personale e collettiva, né la difesa dei diritti che si consideravano acquisiti, mentre sempre più invasiva diventa l’oppressione fiscale di un sistema incapace di offrire nemmeno più l’efficienza minima dei servizi.

Per ora abbiamo visto l’affermazione dell’astensionismo elettorale come massima espressione del disagio e dell’anomia diffusa, a tutto vantaggio della casta e dei suoi supporter leciti e illeciti.

Attendiamo la verifica del 31 Maggio con curiosità interessata, ma dopo, ne siamo certi, bisognerà ripartire non dai presunti eredi del Cavaliere, ma dagli interessi e dai valori di quel terzo stato produttivo senza il quale l’Italia è destinata al suicidio.

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Venezia, 22 Maggio 2015



26 Maggio 2015

Il ruolo degli esclusi

Sul voto di Domenica prossima , finite le ideologie e in forte crisi i tradizionali valori culturali di riferimento, sarà determinante il ruolo che verrà giocato dai componenti della stratificazione sociale in cui si compone la realtà italiana.

Accanto ai quattro stati che nella mia euristica teoria ho cercato di rappresentare il sistema sociale dell’Italia ( la casta, i diversamente tutelati, il terzo stato, il quarto non Stato) una posizione del tutto particolare assumerà quella speciale e drammatica realtà di coloro che potremmo definire  “gli esclusi”.

Vanno considerati in tale stratificazione i disoccupati privi di ogni tutela ( oltre tre milioni), i lavoratori precari (3.400.000), il drammatico 43% di disoccupati giovanili senza futuro ( oltre 750.000), gli esodati senza speranza. Di questi ultimi non si conoscono le cifre esatte. Dallo Stato non giungono cifre coerenti: nel dicembre 2011 – i ministri del Lavoro (Elsa Fornero) e dell’Economia (Mario Monti) individuano in 65.000 gli esodati da considerare ‘lavoratori salvaguardati'; nell’aprile 2012 – l’INPS annuncia che gli esodati sono 120.000; nel  giugno 2012 – l’INPS porta il numero degli esodati a 390.000. Ancora diverse e più consistenti le cifre fornite dai sindacati.

Tra disoccupati, esodati e lavoratori precari, possiamo affermare che siamo in presenza di quasi sette milioni di persone, in qualche maniera espulsi o ai margini del sistema produttivo e di tutela, raggruppabili in un quinto stato, quello degli esclusi.

Acquisito che la casta autoreferenziale e ben intenzionata ad autoperpetuarsi, l’unica direttamente interessata a ciò che accade con i meccanismi elettorali della rappresentanza, domenica non diserterà le urne, le vere variabili indipendenti e largamente maggioritarie rispetto all’esigua minoranza dei privilegiati, sono i componenti di tutte le restanti stratificazioni sociali che determineranno gli esiti elettorali del voto di Maggio.

I diversamente tutelati seguiranno, con la più o meno forte coerenza con i propri antichi valori, soprattutto gli interessi collegati e collegabili alle liste in gioco nelle diverse realtà territoriali, con un grado di astensionismo meno pronunciato di quello che prevedibilmente sarà sostenuto dal terzo stato produttivo privo di significative e solide rappresentanze politiche.

Il quarto non Stato illegale opererà, come sempre, trasversalmente a favore degli uni o degli altri secondo le più opportune convenienze, mentre sarà proprio la drammatica realtà sociale degli “esclusi” che potrà far pendere l’ago della bilancia pro o contro il governo e pro o contro gli altri rappresentanti delle residue e fragili formazioni partitiche.

Come già annunciato dal voto amministrativo spagnolo del 24 maggio, Domenica 31 Maggio  potrebbe essere l’occasione favorevole per i populismi italici, con un prevalere dello scontro tra due leadership giovanilistiche, quella di Renzi e quella di Salvini, espressione di un livello assai scadente dell’attuale politica italiana.

Comunque vada, dopo il voto di domenica, un grande tsunami si annuncia tra e nelle forze politiche di tutti gli schieramenti in campo e dal 1 Giugno si dovrà lavorare intensamente per concorrere alla ricostruzione degli assetti politici del nostro Paese.

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Venezia, 26 Maggio 2015



1 Maggio 2015

Il trilemma di Area Popolare

Non finiscono di stupire le dichiarazioni fatte da Lupi  e Buttiglione all’indomani dei due voti di fiducia sull’Italicum che Area Popolare ha assicurato con quelli del PD fedeli a “ il Bomba” fiorentino.

Difficile trovare un fondamento razionale nell’azione di questi nostri amici a sostegno di una legge elettorale che, oltre ad essere viziata da fondati motivi di incostituzionalità, come hanno rilevato alcuni tra i massimi costituzionalisti italiani, é stata sin qui approvata, sotto il ricatto del voto di fiducia e da una Camera di nominati farlocchi, quanto a effettiva rappresentanza della sovranità popolare.

Il trilemma che tentiamo di intravedere alla base della scelta improvvida di Area popolare è riconducibile a queste ipotesi:

1) sono sotto ricatto;

2) temono di perdere il loro residuo, pressoché nullo, potere:

3) hanno già deciso di aderire al partito di Renzi dopo l'eventuale scissione a sx del PD.

Probabilmente nessuna di queste tre in assoluto e singolarmente è vera, quanto, piuttosto, la combinazione di alcune o di tutte e tre messi insieme.

Una legge elettorale che, se non passasse la riforma costituzionale del Senato, obbligherebbe a votare con l’Italicum per la Camera e con il consultellum al Senato, potrà anche garantire nelle mani del capo del governo una pistola puntata contro i suoi avversari interni, ma finirà con il sancire l’irrimediabile scomparsa politica ed elettorale del manipolo residuo di popolari al governo privi di qualsivoglia rappresentanza politica effettiva nel Paese.

Siamo in attesa del passaggio all’opposizione ormai certo dei Popolari per l’Italia di Mario Mauro, che dovrebbe avvenire in sede di dichiarazione finale di voto sull’Italicum, Lunedì prossimo, e di concorrere ad avviare, subito dopo le elezioni regionali, ogni iniziativa politica per il superamento della sciagurata legge super truffa e la costruzione del nuovo soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE e alternativo ai populismi di Renzi, Salvini, Grillo e Berlusconi.

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Venezia, 1 Maggio 2015



5 Maggio 2015

L’Italicum alla firma di Mattarella

Matteo Renzi ha vinto al prezzo di una seria lacerazione del suo partito, già pronti altri parlamentari di varia provenienza a prestare il soccorso, alla fine, risultato non necessario.

Credo sarà difficile per il presidente Mattarella firmare questa legge restando coerente con quanto sostenne da componente della Consulta votando contro il porcellum.

Spero rammenti che i vecchi del PCI dichiararono "legge truffa" quella di De Gasperi del 1953 ( premio di maggioranza alla coalizione che avesse ottenuto il 50%+1 dei voti in un tempo in cui  si andava a votare con oltre l'80% degli elettori), una legge che al confronto di questa (premio di maggioranza al partito che ottenga il 40% in un tempo in cui si vota a fatica al 50% degli elettori) era assai più democratica.

Spiace che il Cavaliere abbia permesso il passaggio dell'Italicum al Senato ( errore strategico e tattico) lasciando disarmato Brunetta alla Camera a barcamenarsi contro il manipolo verdiniano e, soprattutto, è stato incomprensibile e disonorevole il comportamento di Area popolare, espressione di un ascarismo renziano lontano anni luce dalla cultura dei "liberi e forti".

E’ il trionfo effimero della casta che con questa legge punta alla sua autoconservazione, disponibile, pur di sopravvivere, a consegnare un potere assoluto a un giovin signore mai eletto e assurto al ruolo di capo del governo grazie all’ennesimo vulnus costituzionale perpetrato dall’ex presidente Napolitano.

Se e quando la legge super truffa sarà controfirmata dal Capo dello Stato inizierà la nostra battaglia referendaria insieme a quanti credono nella Repubblica parlamentare, nel bilanciamento dei poteri e nella necessità di riformare la Carta attraverso gli strumenti legittimi di una  nuova Assemblea costituente e non da un parlamento di nominati illegittimi e figli del porcellum.

Ora la parola passa ai cittadini, dopo le decisioni di un parlamento “farlocco”, ai quali spetta il compito di dare concreta affermazione della sovranità popolare.

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Venezia, 5 Maggio 2015



3 maggio 2015

Molte liste e candidati in cerca di elettori

I votanti alle ultime elezioni europee  del 2014 sono stati poco meno del 60 % ( 58,68%) e alle regionali dell’ Emilia Romagna dello stesso anno,  ancora meno ( 37,70%) a dimostrazione di una disaffezione progressiva degli elettori che abbiamo più volte analizzato.

Se calano i votanti, con le elezioni regionali e amministrative del prossimo 31 maggio sembrano invece assai numerose le liste dei candidati aspiranti governatori, sindaci, consiglieri comunali e delle municipalità.

Prendiamo il caso della Regione Veneto e  del comune di Venezia: 7 candidati a governatore, 20 liste per le regionali; dieci candidati e  24 liste con quasi 800 candidati per ridare un sindaco alla città commissariata.

In assenza del ballottaggio, in Regione la sfida si gioca al primo turno, sostanzialmente a tre, tra Zaia, Tosi e la Moretti. Il governatore uscente Zaia ha perso molte frecce al suo arco subendo l’imposizione dei lumbard guidati da Salvini e rischia grosso, a partire dalla sua provincia di Treviso, dove Tosi è riuscito a raccogliere attorno alla sua candidatura un ampio arco di componenti  sociali, politiche e culturali.

Se la Moretti si limitasse al silenzio, magari potrebbe anche sfangarla, sfruttando la divisione nell’area moderata. Ogni suo intervento, infatti, è rivelatore della fragilità di una giovane signora assai ondivaga nelle sue scelte politiche e, sin qui rivelatasi assolutamente impari  rispetto al ruolo di guida della principale regione del Nord-Est.

A Venezia, invece, il PD, per far dimenticare le pesanti responsabilità di una ventennale gestione del potere locale che ha portato il comune a una situazione di bilancio fallimentare e il coinvolgimento di alcuni suoi esponenti, come l’ex sindaco Orsoni, nell’affaire Mose, ha scelto un ex magistrato, ora parlamentare, il sen  Felice Casson per tentare la riconquista di Cà Farsetti.

Se ci fosse l’ennesima fuga dai seggi degli elettori anche a Venezia come quelle nel voto regionale emiliano romagnolo dello scorso anno, forte del tradizionale blocco sociale e politico della sinistra, Casson potrebbe farcela al primo turno. Se, come invece è più probabile, il gran numero di liste e di candidati ( oltre 800) trascineranno alle urne oltre il 60% degli aventi diritto al voto, allora il ballottaggio al secondo turno sarebbe assai probabile.

I candidati al ballottaggio secondo la mia previsione : Felice Casson e  Luigi Brugnaro.

Attorno a quest’ultimo, infatti, si è raccolta una vasta area sociale, culturale e politica in rappresentanza della città del fare, trasversale tra la destra e la sinistra, forte di un programma di rilancio e di crescita per la città, dopo lunghi, troppi anni di sostanziale abbandono e di mero consolidamento delle posizioni di rendita di una casta e dei diversamente tutelati sostenuti dai principali esponenti dei centri sociali antagonisti, sempre ben ricompensati.

Noi popolari siamo schierati con Tosi a livello regionale, convinti che si possa far partire dal Veneto la nuova proposta di unità delle componenti popolari, liberali  e riformiste interessate alla costruzione di un movimento analogo all’UMP francese, inserito a pieno titolo nel PPE, che assuma la sussidiarietà a fondamento delle politiche economiche, sociali e istituzionali. E in città a Venezia sosteniamo la candidatura a Sindaco di Luigi Brugnaro, con la nostra “lista civica e popolare Boraso di Venezia, Terraferma e isole”, la prima depositata  ieri in comune.

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Venezia, Domenica 3 Maggio 2015



Primo scontro democratico  tra la casta e il terzo stato

Ho seguito alcuni interventi pubblici del candidato a Sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro e confesso che sono rimasto impressionato dal suo entusiasmo e dalla passione civile che esprime nell’affermare le sue proposte  per la nostra martoriata città. E’ l’archetipo di un non politico che si è buttato nella mischia elettorale con una determinazione assoluta, modello esemplare dell’imprenditore leader shumpeteriano.

Venezia dovrà quindi scegliere, credo senz’altre possibilità di rivali, tra l’ex PM e attuale senatore Casson e l’affermato industriale Brugnaro. Il primo, Casson, espressione riveduta e corretta dell’immarcescibile sistema di potere che ha portato il comune alla situazione di bilancio fallimentare, che costringe il commissario Zappalorto a redigere un bilancio di previsione da lacrime e sangue, alla vigilia del possibile default e della dichiarazione di insolvenza; il secondo, Brugnaro, rappresentante di quel terzo stato produttivo che non si sente più rappresentato da nessuno dei partiti superstiti della seconda disgraziata repubblica, e fa appello alle energie positive migliori della città per impegnarsi su una svolta profonda morale, prima ancor che politica e amministrativa della città.

Casson, ha vinto le primarie contro Pellicani, grazie al consistente apporto di SEL e dei compagni dei centri sociali, apparentati con i tradizionali esponenti della politica del NO a ogni iniziativa di crescita e di sviluppo della nostra città, e, nonostante la pelosa finale adesione del giornalista  Pellicani, erede della tradizione riformista comunista del più famoso papà, non potrà che portare con sé i condizionamenti dei supporter dell’estrema sinistra. Insomma una svolta quella del PD veneziano da gattopardo: cambiare tutto perché tutto resti all’interno del sistema ben oliato di prima.

Brugnaro ha progressivamente raccolto le adesioni di altri credibili aspiranti sindaci, primo fra tutti Renato Boraso, leader della sua lista civica e popolare, e poi, via via, quella degli autonomisti, di Area Popolare, dell’imprenditore Malgara, suscitando anche l’interesse di molti dell’area del PD renziana, che faticano a riconoscersi nella leadership di un parlamentare che nelle scelte decisive del governo Renzi, si è spesso collocato contro.

Sociologicamente, applicando la mia teoria dei quattro stati (la casta, i diversamente tutelati, il terzo stato produttivo, il quarto non Stat0) lo scontro che si avrà nelle elezioni del 31 Maggio a Venezia è quello tra un blocco sociale espressione della casta e dello stato dei diversamente tutelati (Casson è esponente di entrambi: della casta in quanto parlamentare e dei diversamente tutelati, in quanto appartenente al ceto dei magistrati, ossia a quello meglio remunerato tra i componenti del secondo stato, sugli stipendi del quale correlano i loro emolumenti gli stessi parlamentari) e i rappresentanti del  terzo stato produttivo.

Quest’ultimo, in assenza di un grande partito di riferimento, come lo fu la DC nel quarantennio del suo potere, e dopo la sbornia leghista e berlusconiana nella seconda repubblica, ora ha deciso di scendere in campo direttamente con uno dei suoi più qualificati e credibili esponenti. Giù il cappello e in bocca al lupo a Brugnaro ! Anche noi popolari e DC non pentiti ci accingiamo a sostenerlo per offrire a Venezia con una nuova classe dirigente un nuovo e diverso futuro.

Ettore Bonalberti
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18 Maggio 2015

Renzi e Alfano: se ci siete battete un colpo!

Per quel ragazzo senegalese e ai suoi genitori che ne curano l’educazione, che ha picchiato la bambina di Terni di 12 anni  perché portava una collanina con il crocefisso, e per quei deficienti che a Ravenna hanno intonato cori contro la processione della Madonna, facciamo nostre le parole del Primo ministro australiano ricordando loro quanto è accaduto nel grande continente australe.

Ai musulmani che vogliono vivere secondo la legge della Sharia Islamica, recentemente è stato detto di lasciare l’Australia, questo allo scopo di prevenire e evitare eventuali attacchi terroristici. Il primo ministro John Howard ha scioccato alcuni musulmani australiani dichiarando: GLI IMMIGRATI NON AUSTRALIANI DEVONO ADATTARSI!

“Prendere o lasciare, sono stanco che questa nazione debba preoccuparsi di sapere se offendiamo alcuni individui o la loro cultura. La nostra cultura si è sviluppata attraverso lotte, vittorie, conquiste portate avanti da milioni di uomini e donne che hanno ricercato la libertà.

La nostra lingua ufficiale è l’INGLESE, non lo spagnolo, il libanese, l’arabo, il cinese, il giapponese, o qualsiasi altra lingua. Di conseguenza, se desiderate far parte della nostra società, imparatene la lingua!

La maggior parte degli Australiani crede in Dio. Non si tratta di obbligo di cristianesimo, d’influenza della destra o di pressione politica, ma è un fatto, perché degli uomini e delle donne hanno fondato questa nazione su dei principi cristiani e questo è ufficialmente insegnato. E’ quindi appropriato che questo si veda sui muri delle nostre scuole. Se Dio vi offende, vi suggerisco allora di prendere in considerazione un’altre parte del mondo come vostro paese di accoglienza, perché Dio fa parte delle nostra cultura. Noi accetteremo le vostre credenze senza fare domande. Tutto ciò che vi domandiamo è di accettare le nostre, e di vivere in armonia pacificamente con noi.

Questo è il NOSTRO PAESE; la NOSTRA TERRA e il NOSTRO STILE DI VITA. E vi offriamo la possibilità di approfittare di tutto questo. Ma se non fate altro che lamentarvi, prendervela con la nostra bandiera, il nostro impegno, le nostre credenze cristiane o il nostro stile di vita, allora vi incoraggio fortemente ad approfittare di un’altra grande libertà australiana: IL DIRITTO AD ANDARVENE. Se non siete felici qui, allora PARTITE. Non vi abbiamo forzati a venire qui, siete voi che avete chiesto di essere qui. Allora rispettate il paese che Vi ha accettati”.

Ci fosse una classe dirigente al governo dell’Italia con la stessa spina dorsale del primo ministro australiano, questa dovrebbe essere la risposta a coloro che  intendono ridurre  impunemente il nostro Paese a terra di conquista jihadista.

Renzi ed Alfano: se ci siete, battete un colpo!!

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Venezia, Domenica 18 Maggio 2015



12 Maggio 2015

Segnali dello tsunami politico

Continua l’esodo degli elettori dal voto anche con il test elettorale del Trentino, mentre si sentono i primi rumors dello tsunami politico che si abbatterà  sull’Italia, dopo il voto delle regionali del prossimo fine Maggio.

Il partito del Cavaliere ridotto al 4% con Raffaele Fitto che afferma: “ Forza Italia è finita” e la Lega di Salvini che triplica il consenso; la prima rivoluzione in vista è quella del centro destra.

Anche il PD renziano, dopo la lunga stagione degli annunci, mostra i primi segnali di sofferenza in Trentino, sebbene continui a incassare il controllo di comuni su comuni, Trento in testa fra tutti.

Con Pippo Civati già fuori dal PD e Fassina e altri con un piede sull’uscio, da giorni è iniziato il tour anti renziano dei rottamati D’Alema, Prodi, Letta e Bersani e anche nel centro-sinistra si annunciano sconquassi.

Acquisito su strade illegittime l’Italicum, Matteo Renzi coltiva il sogno dell’en plein, se non per via di un decreto anticipato, almeno alla scadenza programmata nel 2016. E sarà così che un giovane mai eletto in Parlamento, conquistato con uno schizofrenico regolamento delle primarie il controllo del suo partito,  grazie a un Presidente delle Repubblica già esecutore di altri ingiustificati vulnus al nostro sistema istituzionale ( dal “golpe blanco” del novembre 2011, agli incarichi a Monti e a Letta) e un parlamento di nominati illegittimamente, si è potuto ritagliare una legge elettorale su misura, e, con l’astensionismo corrente che penalizza soprattutto il centro destra, si accinge a conquistare quasi tutte le regioni italiani.

Con il controllo totale del Parlamento, un presidente della Repubblica amico, la possibilità di controllo totale nelle nomine della Corte Costituzionale, almeno 17-18 Regioni allineate, se non è “democratura” questa, come la si vorrà chiamare? Resta da vedere cosa accadrà dopo il voto di fine Maggio.

A sinistra sarà quasi inevitabile la nascita di un nuovo soggetto politico, costruito sul blocco sociale rappresentato dalla base sindacale di Landini e del residuo sistema di potere ex comunista. Essenziale il ruolo della fondazione che controlla i beni dell’ex PCI, i cui debiti furono saldati dagli italiani grazie alla benevolenza prodiana (vedi quanto documentato dalla trasmissione di Report di Domenica scorsa).

Sarà “il partito della nazione”, quello che Renzi ha veramente in testa di costruire? E’ evidente che senza un’adeguata ristrutturazione dell’area alternativa di centro-destra, quest’ambigua e trasformistica formula renziana, grazie alla legge elettorale appena approvata, rischia di risultare vincente almeno nel tempo breve.

Governare, tuttavia, anche con il controllo totale del sistema, ma senza un reale riferimento a un blocco sociale, economico e culturale specifico, lo  si potrà fare solo attraverso metodi autoritari.

E’ partita una nemmeno più sotterranea battaglia tra le istituzioni  che, con la Corte Costituzionale non ancora sotto il controllo-dominio renziano, con l’ultima sentenza sulla rivalutazione delle pensioni, ha sferrato un uppercut da stordimento alla simulata tranquillità del capo del governo.

L’INPS del neo presidente Boeri si affretta a fornire dati ottimistici sulle nuove assunzioni in polemica evidente con quelli di segno alternativo che l’ISTAT, solo pochi giorni prima, aveva pubblicato e  con i sindacati uniti a sottolineare il carattere transeunte e drogato di quelle assunzioni, garantite da una defiscalizzazione a termine dal jobs act.

In realtà in tutte le città e i paesi dell’Italia chiudono negozi commerciali e botteghe artigiane e non mancano le sofferenze pesanti nelle grandi catene di distribuzione e in molte imprese industriali, per non parlare della crisi dell’agricoltura.

Ciò che si sta delineando è la possibilità di un controllo a senso unico del sistema politico istituzionale, per l’ assenza impotente di una seria alternativa e il sostegno di una legge elettorale super truffa, con il risultato di un governo destinato a guidare senza opposizione un paese allo sfascio.

Di ciò che accadrà nel centro destra molto dipenderà dal voto di Maggio e dalla capacità di mettere insieme le culture politiche residuali ancora vive nel nostro Paese, ma in preda a un terzo stato, quello che produce la parte prevalente se non esclusiva del PIL, smarrito, stanco e sfiduciato.

Ettore Bonalberti
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Venezia, Martedì 12 Maggio 2015



7 Maggio 2015

Semplici come colombe e prudenti come i serpenti

Per chi ha avuto la pazienza e la generosità di seguire le mie frequenti note sul tema, ben conosce la mia totale avversione per questa Legge super truffa, partorita dallo scellerato patto del Nazareno e resa ancor più nefasta per l’attribuzione del premio alla lista e non alla coalizione; un premio che non esiste in nessun sistema elettorale al mondo e che , in una realtà di bassa affluenza al voto come l’attuale in Italia, rischia di dare il potere assoluto a una minoranza che nemmeno la legge Acerbo avrebbe mai previsto.

Una minoranza in grado di determinare il cambiamento della natura del nostro sistema, da parlamentare a presidenziale e senza che tali modifiche istituzionali siano state compiute dall’unico strumento giuridico corretto di un’assemblea costituente. Una minoranza che, di fatto, ridurrà a un ruolo del tutto marginale e ancillare lo stesso presidente della Repubblica e che, con la capacità di scelta e di  controllo dei giudici costituzionali, potrebbe trasformarsi in un autentico regime privo di contrappesi. Con il controllo drogato dal premio della Camera il presidente del Consiglio potrà in ogni momento decidere se e quando andare a votare, avendo contro la frantumazione di tanti piccoli gruppi e un presidente della Repubblica zoppo.

Che tale obiettivo sia salutato positivamente da quel fin troppo osannato vecchio comunista di Napolitano, responsabile di ben quattro attacchi al sistema, è comprensibile; meno comprensibile che Mattarella, senza batter ciglio, abbia immediatamente controfirmato la legge. Così come enormi sono le responsabilità di Forza Italia per aver permesso il passaggio della legge al Senato e di Area Popolare, ridotta al ruolo di accolita servente di un premier mai eletto.

Da sempre ho sostenuto l’idea di procedere, dopo l’approvazione della legge, alla raccolta di firme per il referendum abrogativo, al cui comitato promotore iscrivo da subito con determinazione ALEF (www.alefpopolaritaliani.eu).

Ho, tuttavia, la sensazione di una diffusa stanchezza e sfiducia tra la gente che, stante l’estrema frantumazione di una seria opposizione al “Bomba” fiorentino, potrebbe essere attratta dalle indubbie capacità di imbonitore del giovin signore, con il rischio di un boomerang per noi referendari, simile a quello che subimmo, al tempo del referendum Segni, noi poveri e minoritari vecchi proporzionalisti, da un voto largamente maggioritario, concausa non effimera della fine della Prima Repubblica.

Ecco perché in questa delicatissima fase, con Renzi avente a disposizione l’arma di elezioni anticipate ( e a questo punto sul silente Mattarella é inutile confidare), dovremmo usare l’antica saggezza evangelica: semplici come colombe e prudenti come i serpenti.

Nel PD è iniziata la fuga a sinistra e Landini sostiene tesi non insensibili a chi, come molti di noi, provengono dalla sinistra sociale democratico cristiana.

Dopo il voto del 31 maggio assisteremo a una profonda modifica e ristrutturazione delle forze politiche che dovrà fare i conti con l’Italicum. Oggi sono in campo  due opzioni degli officianti del Nazareno: partito della nazione o partito repubblicano all’americana, ahimé, teorizzato dal non più credibile Cavaliere.

Noi popolari tenteremo la strada dell’UMP, anche se l’Italicum così come strutturato non facilita il nostro progetto. Dopo il voto di Maggio ci sarà da riflettere seriamente su da farsi, ma intanto impegniamoci a sostenere i nostri popolari candidati nelle elezioni regionali e locali. Subito dopo ritroviamoci tutti insieme per ricercare la strada più opportuna da percorrere  in una fase delicatissima e non priva di pericoli per il nostro Paese.

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Venezia, Giovedì 7 Maggio 2015



29 Aprile 2015

Ultimo atto della tragicommedia renziana

Nella tragicommedia che sta vivendo il parlamento dei deputati farlocchi ciò che più rattrista non è il ruolo di killer della democrazia interpretato da “ Il Bomba” e dai suoi inadeguati compagni d’avventura, ma la subordinazione acritica di quegli ex popolari rintronati più fedeli a Renzi  degli stessi deputati del suo gruppo.

Da un lato, l’incredibile Maurizio Lupi, auto defenestratosi da ministro senza motivazioni ragionevoli, il quale, assalito dalla sindrome di Stoccolma, anche ieri si è iscritto al club dei difensori d’ufficio della legge super truffa e suicida per quel che resta dell’Area Popolare.

Dall’altro il colpevole silenzio di amici che stimo, come Carlo Giovanardi e Roberto Formigoni, i quali, seppur da senatori, mi auguro, facciano sentire la loro voce in queste ore in cui si sta compiendo l’assassinio della democrazia.

Avvilente poi la posizione di Forza Italia che, dopo aver permesso  sciaguratamente il passaggio dell’Italicum al Senato, si trova ora con Renato Brunetta a combattere con il suo solito impeto contro il tentativo di ridurre l’aula “a un bivacco di manipoli  renziani”.

Il moltiplicatore incostituzionale del porcellum permetterà al boy scout fiorentino di sfangarla, ma la risposta popolare non dovrà farsi attendere nel Paese.

Ribadiamo il nostro dissenso totale contro la legge super truffa e il tentativo di stravolgere l’assetto istituzionale della Repubblica con strumenti impropri e illegittimi e lo faremo insieme a tutti coloro che vorranno unirsi in questa battaglia per la democrazia italiana.

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Venezia, 29 Aprile 2015



9 Aprile 2015

Cosa non capisco di Arena Popolare sull'Italicum

E' stucchevole la posizione di Area Popolare confermata anche ieri di appoggio all'Italicum.

Confortati dal presumibile accordo per i capilista, garantiti alcuni capataz a rischio di elezione, questi nostri vecchi amici scherzano con il fuoco e contro la democrazia.

Nessuno contesta  la legittimità della proposta di quanti sostengono un sistema bipolare garante di una governance più efficiente ed efficace, anche se, da sempre molti di noi sostengono un sistema di cancellierato tedesco con voto proporzionale con sbarramento e sfiducia costruttiva, ma le regole del gioco elettorale  devono essere attuate da un Parlamento di eletti con norme legittime e non incostituzionali, così come la riforma della Costituzione da un'assemblea costituente rappresentativa di tutte le componenti politico culturali del Paese.

Questa è le precondizione per qualsivoglia progetto di ricomposizione dell'area popolare italiana. Se Alfano e Cesa intendono derogare da questi principi per difendere le loro misere condizioni di finto potere, sappiano che noi " DC non pentiti" e quanti si sentono eredi legittimi dei "Liberi e Forti"  daremo battaglia sulle piazze e con l'immediata richiesta di un referendum abrogativo dell'eventuale indegna legge dell' Italicum che tanto piace al "Bomba fiorentino"  e ai suoi accoliti di complemento.

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Venezia, 9 Aprile 2015



26 aprile 2015

Voto anti Italicum o tutti in piazza a difesa della sovranità popolare

Lunedì parte l'ultima tappa dell'Italicum alla Camera dei deputati "nominati" da una legge incostituzionale per approvare una legge elettorale collegata a una riforma costituzionale tendente a cambiare la Carta su cui regge l'intera costruzione della Repubblica. Una legge elettorale e una riforma costituzionale, sicuramente necessarie, ma che richiederebbero il voto di un Parlamento di eletti legittimamente e, per la riforma costituzionale, un'assemblea costituente rappresentativa di tutte le  realtà politico culturali presenti  nel Paese e non di una minoranza artificiosamente amplificata a maggioranza parlamentare farlocca.

Renzi pretende di sfruttare il numero gonfiato dal porcellum di una maggioranza illegittima per approvare, magari con il ricatto del voto di fiducia, una legge elettorale ritagliata a suo uso e costume, destinata a garantire al paese non già il tanto propagandato bipolarismo, ma un mono partitismo senza contrappesi, espressione di una minoranza del popolo sovrano. Insomma un'autentica legge super truffa.

Da domani si vedrà se e quanti della minoranza del PD avranno il coraggio di opporsi allo strapotere renziano, mentre disperiamo che dagli accoliti di area popolare possano giungere segnali di opposizione  (Giovanardi e Formigoni se ci siete battete un colpo!!), dopo che, con Maurizio Lupi in testa, sono caduti vittime di una sorta di sindrome di Stoccolma.

Berlusconi ha chiamato alla pugna i suoi scudieri, purtroppo dopo aver permesso sciaguratamente l'approvazione dell'Italicum con il voto di Forza Italia al Senato. Da lunedì si vedrà se anche l'ex fido Verdini si allineerà alle nuove direttive del Cavaliere o se passerà definitivamente armi e bagagli nel partito della nazione di Renzi, insieme a quell'altra insigne costituzionalista della ministra Boschi.

Noi popolari e DC non pentiti da sempre critici e sostenitori del voto anticipato con il consultellum, ci auguriamo che il voto sia sfavorevole al disegno autoritario di Renzi, pronti a concorrere con quanti, a partire dagli amici del M5S che lo hanno già annunciato, intendono adottare ogni altra iniziativa pubblica a sostegno della sovranità popolare che un Parlamento di deputati farlocchi si accinge a voler disconoscere e sottomettere.

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Venezia, 26 Aprile 2015



12 Aprile 2015

È nato TRENTINO UNICO POPOLARE

In un’affollata sala è partito sabato 11 aprile a Mattarello di Trento, il movimento Trentino Unico Popolare. Ispiratore e anima del gruppo, il sen Ivo Tarolli che ha chiamato a raccolta diverse associazioni, movimenti  e gruppi di ispirazione popolare trentini.

Collegati direttamente al partito Italia Unica di Corrado Passera, Trentino Unico Popolare intende favorire la ricomposizione dell’area popolare del Trentino Alto Adige, collegandosi con la stessa esperienza della Volkspartei alto atesina, partito appartenente al PPE.

“Abbiamo ricevuto tanto dai nostri padri fondatori e in particolare da Alcide De Gasperi” ha ricordato con enfasi il sen Tarolli e “noi oggi abbiamo il dovere di testimoniare ai più giovani e indicare loro il dovere dell’impegno politico”.

Essenziale, come ha anche ricordato con una serie di efficaci slides il prof PILATI , è impegnarsi ad attuare nella città dell’uomo gli orientamenti della dottrina sociale della Chiesa e superare la dicotomia pericolosa creatasi in questi vent’anni di dominio a senso unico nel governo della Provincia di Trento tra la Regione e il Trentino inteso come territorio e popolazione amministrata. Si continua a rimirarsi autoreferenzialmente sui buoni esempi di governo, ha continuato Pilati,  mentre il bilancio sta andando alla deriva e si profila un 2018 nel quale anche il Trentino rischia di “finire in mutande”. Di qui la necessità di riprendere l’iniziativa politica di autentica ispirazione popolare aggiornata in quello che viene denominato il Trentino 2.0.

E’ stato un battesimo plurale per la partecipazione di diversi esponenti di altri gruppi come quello del Centro Popolare guidato dal sen Renzo Gubert che ha portato il saluto, reduce dal raggiunto accordo con gli altri movimenti popolari trentini nella formazione delle liste in diversi comuni della provincia a cominciare dallo stesso comune capoluogo, Trento.

A nome della Federazione dei Popolari Italiani  sono intervenuto, quale coordinatore per le regioni del Nord, portando il saluto del coordinatore nazionale, Mario Mauro, e confermando la disponibilità a concorrere tutti insieme all’organizzazione della grande assemblea dei popolari italiani da tenersi in uno dei luoghi simbolici della nostra migliore tradizione: Camaldoli, Assisi e/o la stessa città di De Gasperi. Un’innovativa Trento 2.0 da cui far partire, con il Manifesto dei Popolari per l’Italia, il nuovo soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano  e inserito a pieno titolo nel PPE da far tornare ai principi ispiratori dei padri fondatori.

Unanime il consenso espresso da tutti gli intervenuti alle tesi politiche enunciate da Tarolli e la volontà di perseguire finalmente, dopo la lunga e dolorosa stagione della diaspora, la ricomposizione dell’area popolare, laica, liberale e riformista nel Trentino AA.AA. e in Italia.

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Venezia, Domenica 12 Aprile 2015



E’ tempo di fermarli

Cosa dobbiamo aspettare ancora prima di reagire? Massacrano 147 studenti cristiani al Garissa University College in Kenya, dopo una selezione chirurgica degli “infedeli”,  ultimo atto di una strage degli innocenti che ha provocato la fisica eliminazione della plurisecolare presenza cristiana in Irak e in Siria, le terre martoriate di biblica memoria, e l’Occidente che fa?

Restiamo ciechi  e muti di fronte all’avanzata dell’ISIS dal Pakistan sino ai confini estremi del Marocco e più a Sud in Somalia, Nigeria, Sudan, dove il sedicente califfato punta a costruire il suo incontrastato dominio;  l’Occidente scristianizzato, guidato da quell’ondivago relativista presidente americano, sembra succube di una cultura di rassegnazione e di impotenza connessa alla progressiva perdita di ogni valore umano prima ancora che cristiano.

Il virus è giunto anche all’interno delle nostre falsamente sicure piccole patrie nazionali come hanno dimostrato i casi di Parigi, Londra e i fermenti sotterranei ricorrenti in tutta l’Europa, ma, oltre alle dichiarazioni di sdegno e di annunciata relativa tranquillità dei ministri responsabili di turno, niente accade sul piano di una risposta efficace che il martirio dei nostri fratelli cristiani, ebrei, musulmani e atei imporrebbe.

Significativa, in questo scenario di diffusa e indifferente impotenza la grande partecipazione di ieri alla Via Crucis di Parigi a Montmartre  guidata dal  cardinale arcivescovo André Vingt-Trois, così come a quella tradizionale universale al Colosseo presieduta da Papa Francesco.

Pregare e chiedere l’aiuto del Signore e il perdono per gli aguzzini è cristianamente dovuto; ora, però, è giunto il tempo per scuotere le coscienze di tutti noi figli delle tre religioni monoteiste costruttori di pace, insieme a quanti non credenti sentono la responsabilità di difendere i valori su cui si è costruita la nostra civiltà occidentale, per reagire con la determinazione e la forza  necessaria a una lucida e  violenta follia che non è più tollerabile.

In questo momento, tranne Israele, giustamente preoccupata per quanto accaduto con la conclusione degli “ accordi” multilaterali sul nucleare iraniano di Ginevra, l’unica reazione all’avanzata violenta dell’ISIS è quella affidata alla confusione regnante tra i diversi paesi, tribù ed etnie arabe, divise dallo scontro permanente sciiti-sunniti.

E’ giunto il tempo che i responsabili politici dell’Europa e di tutto l’Occidente  sotto la spinta di un’opinione pubblica che non più  restare indifferente o limitarsi alla rassegnata indignazione del dopo stragi, assumano le decisioni operative più efficaci per contrastare e battere una violenza omicida che, avendo come obiettivo l’annientamento dei fedeli crociati ed ebrei, punta alla distruzione della nostra stessa civiltà occidentale.

E’ tempo di fermarli prima che sia troppo tardi.

Ettore Bonalberti
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2 Aprile 2015

Il dilemma di Forza Italia nel Veneto

Berlusconi e Salvini sembra abbiano raggiunto l'accordo per le regionali del Veneto e Liguria. Non conosciamo le questioni aperte nella regione ligure, mentre siamo molto attenti a ciò che accade nella nostra.

Luca Zaia ha rinunciato da tempo alla sua autonomia, di fatto assumendo un ruolo pilatesco nel contenzioso Salvini-Tosi, riducendosi a turiferario della piccola vedetta lombarda.

Più interessante sarà vedere cosa accadrà in casa Forza Italia. Squassata dagli scandali Galan-Chisso, emblemi di una stagione politica in cui agli ideali venne sostituito il pervicace perseguimento dell'interesse personale, il gruppo già decapitato in consiglio regionale dalla spaccatura intervenuta con la formazione del NCD, deve ora scegliere tra il diventare supporto acritico di un movimento di ispirazione lepenista e di estrema destra, subordinato alla egemonia lombarda, o concorrere alla costruzione di un nuovo soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans-nazionale, ispirato ai valori dell'umanesimo cristiano e inserito a pieno titolo nel PPE.

L'orizzonte di noi popolari con Flavio Tosi è rivolto verso la Baviera e al modello federale della Germania e in forte sintonia con gli amici popolari della CSU.

Un progetto al quale non potranno restare indifferenti quanti di Forza Italia hanno creduto nella rivoluzione liberale, ahimé miseramente irrealizzata nel ventennio del primato berlusconiano. Lo ripetiamo: il Veneto è moderato, ma non lepenista, né tantomeno fascista e molti segnali di inquietudine giungono già dalle parti di Forza Italia della nostra regione. Uno smottamento che iniziato tra i dirigenti sarà irrefrenabile nell'elettorato.

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Venezia, 2 Aprile 2015



6 Aprile 2015

Italicum o Consultellum?

“Il Foglio” ha sintetizzato bene la questione. Oggi il confronto verte su chi vuole andare a votare con l’Italicum e chi invece con il Consultellem. Da sempre noi abbiamo scelto il secondo, atteso che né il Presidente del Consiglio in carica, il terzo dopo il “golpe blanco” del novembre 2011, né il parlamento dei “ nominati”, eletti  con un sistema elettorale illegittimo, perché così dichiarato in maniera immodificabile dalla Corte Costituzionale, hanno le carte in regola per approvare in simultanea legge elettorale e modifiche costituzionali destinate a mutare la natura stessa della nostra democrazia.

Spiace che il giornale che fu di Giuliano Ferrara, preso dalla smania di garantire efficienza ed efficacia alla governance del sistema politico italiano, minimizzi la circostanza suddetta e sostenga un metodo basato su organi politicamente unfit e palesemente illegittimi, ai quali si intende consegnare la modifica della nostra Carta costituzionale senza alcun riferimento al principio basilare delle stessa, ossia il primato della sovranità nazionale.

Si vada, invece,  al voto al più presto con il consultellum e si elegga simultaneamente l’assemblea costituente espressiva delle reali forze politiche e culturali presenti nel Paese, affidando alla stessa il compito di procedere alle modifiche costituzionali indispensabili a risintonizzare la nostra Carta alla nuova situazione interna e internazionale.

Siamo consapevoli che la delocalizzazione selvaggia, l’impiego di informatica e robotica, ossia dell’automazione  e informatizzazione  nell’industria e nei servizi , lo spostamento dei capitali verso i mercati finanziari, frutto del turbo capitalismo finanziario, hanno portato a livello internazionale e interno, i profitti a un punto mai raggiunto in un recente passato spostando i livelli di forza a danno del lavoro;  così come dell’avvenuta conseguente riduzione dei diritti senza che ad essa siano seguiti progressi sia economici che sociali.

Non intendiamo, però, che sia un governo, frutto di un cambiamento di maggioranza interno a un partito, guidato da un giovin signore mai eletto in parlamento e un parlamento di nominati illegittimi, a procedere a riforme che competono in via esclusiva a istituzioni rappresentative della sovranità popolare.

Guai se il presidente Mattarella, alla cui elezione abbiamo applaudito come a quella di un uomo sicuramente in linea con questi principi, rinunciasse a esercitare tutto il suo potere che la Costituzione gli attribuisce, anche se, per poterli assolvere, serve la collaborazione e il contributo di tutti, compresi quei turiferari e soci di complemento che,  a partire dallo scellerato patto del Nazareno, offrono la stampella a un governo farlocco e ai foglianti di turno di sostenere scorciatoie pericolose per la nostra democrazia.

Sì alle riforme di sistema, ma a partire da organi istituzionali legittimi espressione della reale volontà popolare oggi garantita solo dalle regole stabilite dalla Corte costituzionale.

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Venezia, 6 Aprile 2015



21 Aprile 2015

L’Aventino in parlamento e la risposta democratica nel Paese

L’annunciata scelta aventiniana delle minoranze nella commissione affari costituzionali alla Camera, dopo la staliniana decisione di Renzi di sostituire dieci componenti PD critiche sul legge dell’Italicum, è  l’ultimo segnale della grave situazione in cui versa il Paese anche sul piano istituzionale.

“Il Bomba” fiorentino, mai eletto in parlamento, incaricato a guidare il governo per un scelta improvvida dell’ex presidente Napolitano, dopo la presa del potere interno al PD da parte di Renzi, e votato da un Parlamento di “nominati” eletti con una legge incostituzionale, sembra non trovare più ostacoli e restiamo basiti nel vedere l’area popolare residua ridotta a reggicoda acritica della volontà renziana.

Ci auguriamo che qualcosa accada in aula e si ritorni al Senato per approvare una legge elettorale migliorativa di quella super truffa dell’Italicum anche  nell’ultima rabberciata versione.

E’ ridicola la tesi di quanti nel PD giustificano l’ennesimo golpe di Renzi per l’impegno assunto dal PD di non andare al voto ancora con il porcellum. E’ ben noto che “il porcellum” è stato dichiarato incostituzionale da una Corte nella quale partecipava come giudice costituzionale anche l’attuale presidente della Repubblica; ed è altrettanto noto che l’alternativa al porcellum  esiste ed è stata ben indicata in quella sentenza. Si approvi “ il consultellum”  e si vada al voto per eleggere sia un nuovo parlamento che una nuova Assemblea costituente.

Renzi non dovrebbe temere il voto e se, come crede, la sua popolarità fosse così alta finalmente potrebbe fregiarsi di un mandato espresso dal popolo sovrano.

Puntare al ricatto dell’ennesimo voto di fiducia su un tema di vitale importanza, giacché legato alle stesse regole del sistema, grazie a una rappresentanza falsata della volontà popolare, sarebbe un ulteriore definitivo attacco al sistema democratico contro cui reagiremo nel Paese con tutte le componenti politiche  e culturali disponibili e fedeli alla costituzione.

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Venezia, 21 Aprile 2015



15 Aprile 2015

La deriva renziana del Foglio cerasello

Ho acquistato e seguito “ Il Foglio” sin dalla sua fondazione e sono stato un appassionato ammiratore della direzione politica e culturale di Giuliano Ferrara. Confesso che, invece, faccio molta fatica a seguire il giovane neo direttore Cerasa da quando alla simpatia dell’elefantino per Matteo Renzi è subentrata una sorta di acritica adesione del “cerasello d’annata”.

E’ un atteggiamento che lo porta ad accettare tutte le giravolte dell’illusionista fiorentino sottovalutando ogni critica e misconoscendo quella che per noi è la ragione prima del nostro critico dissenso: la presa del potere sulla base della conquista della guida del partito e grazie all’investitura di un presidente della Repubblica incurante della sentenza della Corte Costituzionale che ha, oggettivamente, delegittimato un Parlamento di “nominati” eletti illegittimamente.

Non riconoscere la pericolosità di una legge elettorale super truffa come l’Italicum , in grado di garantire tutto il potere a un partito che rappresenti non più del 20-25 % dell’intero corpo elettorale e con un capo del governo praticamente senza più contrappesi, mi sembra assegnare a quello che fu uno dei giornali più intelligenti della politica italiana, un ruolo di reggicoda senza prospettiva.

Eppure basterebbe ricondurre il sistema alla sua fisiologica funzione democratica: elezioni con l’unica legge elettorale oggi legittima, il consultellum e con essa eleggere, come chiediamo da sempre, con un nuovo parlamento finalmente legittimato un’assemblea costituente per le riforme di sistema.

Sottovalutare o irridere sino alla previsione infausta dell’irrilevanza quanto sta accadendo in Forza Italia con Fitto,  è già accaduto nella Lega con Tosi, si sta costruendo attorno a Corrado Passera con Italia Unica, sta realizzandosi tra i popolari italiani con Mario Mauro, gli altri partiti del centro parlamentare e le numerose iniziative nazionali e territoriali di ricomposizione di quest’area ancora oggi frantumata e irrilevante, a me pare una miopia politica e culturale che non fa onore alla tradizione de “ Il Foglio”.

Certo, viviamo una stagione dominata dal trasformismo e dall’esaurimento delle culture politiche che si confrontarono nella prima repubblica. Pensare, tuttavia, che, dopo la triste stagione del ventennio appena trascorso, non ci sia nessun’altra alternativa  al “Bomba” fiorentino a me sembra non cogliere la drammaticità della condizione sociale, prima ancora che economica, finanziaria e politico culturale dell’Italia.

Al di là dei risultati delle prossime elezioni regionali, fortemente influenzati dal tasso di partecipazione al voto degli elettori, alla crisi di sistema del nostro Paese o si offre una nuova speranza costruita su una solida cultura politica o si cade nella mistificazione come quella di un giovin signore che ha deciso di navigare di bolina, puntando a manca per andare a dritta.

Col trasformismo si possono anche confondere le idee ma, alla lunga, si governa sulle macerie.

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Venezia, 15 Aprile 2015



10 Aprile 2015

Lista civica e popolare di Boraso a sostegno di Luigi Brugnaro Sindaco di Venezia

Con gli amici della lista civica popolare di Venezia abbiamo deciso di “fare un passo indietro per farne fare dieci in avanti alla città”. Con queste parole Renato Boraso ha annunciato il sostegno della lista civica e popolare di Venezia, isole, Mestre e  terraferma alla candidatura a Sindaco di Venezia di Luigi Brugnaro.

Una scelta derivata dalla condivisione delle soluzioni da adottare per i problemi di Venezia, a partire da quelli del lavoro, della sicurezza dei cittadini, del rilancio di Porto Marghera per l’area ex industriale della quale si richiede il riconoscimento di “free zone” defiscalizzata secondo la normativa europea.

Grande impegno per  il rilancio della portualità e della stazione marittima e centralità della cittadella diffusa universitaria veneziana. Interessante la proposta di affidare in concessione ai diversi Paesi del mondo interessati  alcuni degli edifici di proprietà pubblica, da utilizzare come residenze per gli universitari stranieri. Venezia quale centro di attrazione mondiale della cultura e degli studi universitari.

Condivisione piena dei principi di sussidiarietà e solidarietà con Brugnaro e unanime la volontà di creare una seria alternativa al blocco sociale culturale e politico della sinistra che, con la classe dirigente al governo ha ridotto il bilancio del comune di Venezia alla situazione fallimentare attuale. “ Non sarà il Robespierre-Casson ad assolvere le responsabilità di quanti hanno concorso al fallimento economico e finanziario, politico e morale di Venezia” ha tuonato Boraso; “ la nostra città, ha continuato, non ha bisogno di Robespierre-Casson, ma di una nuova classe dirigente dotata di una profonda passione civile”.

La stessa passione civile messa in campo da Luigi Brugnaro  il quale ha dimostrato, dopo solo otto giorni di impegno politico attivo, tutta intera la sua volontà di mettersi a disposizione completa dei cittadini veneziani.

Contestati i falsi predicatori che continuano a ricordare il caso dell’isola di Poveglia, per la quale il gruppo facente capo a Brugnaro aveva vinto un regolare concorso per una concessione dal demanio di 99 anni con l’idea di realizzare un centro di recupero per i disturbi dell’alimentazione ( anoressia, bulimia), prevedendo un investimento di 40 milioni di euro e l’assunzione di 200 lavoratori a tempo pieno.

Trattasi di  un progetto andato a monte e sul quale Brugnaro ha ritirato, per por fine a ogni speculazione sul possibile conflitto di interessi,  il suo ricorso al TAR avverso alla decisione del demanio che aveva deciso il non affidamento della concessione dopo il risultato vincente del gruppo.  Il candidato sindaco ha confermato che, se eletto, rinuncerà all’emolumento previsto per il ruolo di primo cittadino, che sarà versato in un conto corrente ad hoc disponibile per le urgenze gravi dei cittadini più bisognosi, garantendo, altresì un impegno H24 per la città. Un impegno che sarà tenuto per i cinque anni del mandato, al termine dei quali tornerà al suo lavoro di imprenditore.

Contro i falsi moralisti che speculano sui soldi personali da lui investiti nella campagna elettorale per aver aperto i punti ascolto nelle sei municipalità veneziane, ha ricordato che era indispensabile per farsi conoscere, senza aver alle spalle alcun partito e forza politica organizzata. Semmai si andasse a chiedere come si siano potute tenere aperte le oltre venti sedi permanenti del PD a Venezia in tutti questi anni.

Molto appassionata la sua difesa dei valori fondanti della famiglia e contro la strisciante teoria del gender che si punta a diffondere nelle scuole veneziane, a partire da quelle materne e forte la commozione nel ricordare che la sua decisione è motivata esclusivamente dal suo amore per la città che vorrebbe far ritornare importante per lo stesso rilancio dell’Italia nel mondo.

I primi sondaggi confermano l’impossibilità del passaggio di Casson al primo turno e il carattere assolutamente trasversale della candidatura di Brugnaro, atteso che Casson, alleato dei verdi e di SEL a Venezia, è lontanissimo dal PD renziano romano e ha già suscitato divisioni nel tradizionale schieramento di sinistra.

Essenziale sarà un’alta partecipazione degli elettori al voto, pre -condizione per andare al ballottaggio. Molto significativo, al riguardo,  il primo di una serie di manifesti della lista civica-popolare di  Boraso, disegnati dal vignettista veronese, Marcello Sartori, raffigurante un severo Doge veneziano che ammonisce: “ no state lamentar e va a votar”.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 10 Aprile 2015



14 aprile 2015

No Pasaran!

Ho letto con estremo interesse e condivisione l'articolo del costituzionalista Ainis su Il Corsera del 13 aprile: "Le travi che accecano l'Italicum".

Oltre alle rigorose considerazioni  espresse dal professore aggiungerei quella che, a mio parere, é la premessa essenziale su cui basare la netta contrarietà alla famigerata legge figlia del patto scellerato del Nazareno, ossia l'incompetenza istituzionale di un parlamento politicamente e giuridicamente illegittimo perché espresso da una legge, il porcellum, dichiarata incostituzionale dalla Corte.

Napolitano dopo lo  strappo del "golpe blanco" del novembre del 2011 compì gli altri due con la formazione dei governi affidati a Mario Monti prima e a Enrico Letta poi, due presidenti non eletti;  con l'intervenuta sentenza della Corte Costituzionale sulla legge elettorale,  Napolitano avrebbe dovuto compiere la scelta conseguente dello scioglimento delle Camere illegittime e ridare così la voce al popolo sovrano.

Si preferì continuare sino all'incarico al giovin signore fiorentino, dopo la sua presa del potere interno al suo partito, e a mantenere una situazione ibrida nella quale si è votato il nuovo presidente della Repubblica e si continua a legiferare illegittimamente sino a ipotizzare la riforma della Costituzione.

La casta al potere continua nei suoi balletti inconcludenti con i partiti ridotti a simulacri di ciò che furono le antiche culture politiche con l'unico suo obiettivo: autoconservarsi e prolungare il più possibile l'agonia di questa indigesta seconda repubblica.

Il terzo stato produttivo stanco e sfiduciato, sino ad oggi, si è limitato a disertare le urne, ma la sua condizione di progressivo impoverimento si salda ogni giorno di più con quella dei più sfortunati "diversamente tutelati" e degli emarginati ed esclusi dal ciclo produttivo e retributivo.

Una miscela esplosiva destinata a produrre i suoi effetti a tempi brevi.

Non sarà l'illusionista di Rignano sull'Arno a risolvere il caso italiano e dopo le regionali di maggio, dove sta trionfando il peggior camaleontismo e trasformismo politico dell'Italia repubblicana, si dovrà necessariamente ridare la parola al popolo sovrano con l'unica legge elettorale legittima, il consultellum con il quale rieleggere il nuovo Parlamento e, soprattutto, l'Assemblea Costituente per la riforma della Costituzione.

Scorciatoie autoritarie come quelle dell'Italicum no pasaran!

Ettore Bonalberti
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Venezia, 14 Aprile 2015



Ripartiamo dall’incontro di Santa Croce

Mercoledì 22 aprile si sono riuniti a Roma  un gruppo di amici rappresentanti di diversi partit, gruppi e movimenti politico culturali, presso la Pontificia Università della Santa Croce. All’incontro promosso dal sen Ivo Tarolli e Raffaele Bonanni, al quale ho partecipato anch’io a nome di ALEF ( www.alefpopolaritaliani.eu) , erano presenti, tra gli altri:  il prof Gustavo Piga dell’Università di Tor Vergata, Andrea Tomasi dell’Università di Pisa, giovani esponenti della FUCI, l’on Mario Tassone e il dr Tiziano Melchiorre di IAPB Italia.

E’ stato il tentativo di riprendere il ragionamento sulla ricomposizione dell’area popolare italiana dopo le fallimentari esperienze di Todi 1 e Todi 2 e dopo le diverse iniziative avviate come la Federazione dei Popolari Italiani, la Federazione di solidarietà popolare ed altre diffuse in varie regioni italiane.

Tale incontro fa seguito anche alle sollecitazioni provenienti da tanti autorevoli esponenti della chiesa, dal card. Re, a mons. Mario Toso, e fino a mons. Giampaolo Crepaldi, i quali sostengono che è necessaria una “profonda riforma dei partiti” e che bisogna impegnarsi in prima persona, per dar vita “ a Nuovi Movimenti Sociali”.

Dopo gli interventi di tutti le persone presenti abbiamo concordato:

a) di redigere una lettera appello ai tanti in prima linea nell’impegno civile, nell’associazionismo politico e culturale e nell’animazione sociale;

b)  a promuovere tre importanti seminari sui temi della sussidiarietà ed economia, sussidiarietà e welfare e sussidiarietà e istituzioni, sul modello già sperimentato positivamente nel Veneto;

c) a organizzare entro l’anno una grande assemblea dei popolari e dei laici cristianamente ispirati per dar vita al nuovo soggetto politico che, ho presentato con il mio solito mantra:  laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE da riportare ai principi dei padri fondatori per un’Europa diversa da quella sin qui realizzata, alternativo ai quattro populismi italiani di Renzi, Salvini, Grillo e Berlusconi.

Nella bozza di lettera appello in corso di condivisione sosteniamo che: “ Noi vogliamo promuovere e provocare una sana reazione, e quindi diventare, attraverso un Progetto chiaro, ambizioso e concreto, un punto di riferimento nel Paese e fuori, per:

- Dare un Governo e delle regole alle sfide poste dalla “Globalizzazione” delle persone, dell’economia e della finanza!

- Recuperare lo spirito originario, che è stato alla base della nascita dell’UE: mettendo avanti il benessere delle persone rispetto alla politica del rigore! La sussidiarietà rispetto all’illuminato ruolo della burocrazia! Lo sviluppo rispetto alle regole e al mercato!

- Batterci per tenere alta la “qualità” della nostra Democrazia: autentica architrave di un sistema che abbia a cuore la promozione della dignità della persona umana, sia nella sfera della libertà religiosa, sia in quella delle libertà individuali e democratiche!

- Contrastare con energia le tante Povertà, aumentate con la persistente crisi di questi anni! In primo luogo accrescendo le opportunità di lavoro e, in pari tempo, tutelando le fasce più deboli!

- Promuovere senza tentennamenti i nostri valori di riferimento: a partire dalla Giustizia e dal contrasto di tutte le devianze (illegalità, corruzione…), alla salvaguardia della famiglia naturale fino al primato della libertà di educazione!

- Fare della Comunità, della Famiglia e dell’Impresa i tre motori cardine del nostro programma di riscatto.

Per questo ci è imposto promuovere una “Grande Iniziativa”: plurale, aperta, comunitaria.

Un’ Iniziativa che ponga fine alla diaspora e alla frammentazione dei tanti Partiti, Associazioni, Movimenti di matrice cristiano-popolare che hanno reso questa area e questa cultura marginale ed irrilevante.

Un’ Iniziativa che dia vita ad un’”Area politico-culturale” che sappia far interloquire cattolici e non cattolici, laici, riformisti e liberaldemocratici! Che sappia coniugare la freschezza giovanile con la saggezza dell’esperienza !! E che abbia una chiara connotazione popolare e territoriale.

Una Comunità di persone responsabili, che abbia l’ambizione di fornire un Progetto-Paese alla nostra Italia.

Da questa Area dovrà scaturire un Impegno Politico diretto!! Ambizioso nel Progetto! E generoso nella testimonianza di ciascuno!

Non per dar vita a un piccolo Partito! Ma ad un Partito Grande, che sappia unire e favorire aggregazioni nuove!! E che sappia concorrere al Governo del Paese dove la Sussidiarietà e il Dialogo Sociale siano le anime di un nuovo popolarismo e dove la Comunità, l’Impresa e la Famiglia diventino la dorsale della nuova Italia!!.

Proprio perché siamo interessati ad un Grande Progetto, vogliamo muoverci dentro un genuino spirito di “Ricerca”. Una ricerca che non escluda, anzi favorisca l’organizzazione e il fiorire di incontri provinciali o interprovinciali di condivisione, di approfondimento e di proposta.

Un metodo che ci porti a seppellire e cestinare il modello dei movimenti leaderistici e dei movimenti solo mediatici per modelli comunitari, che si dotano di leader comunitari espressi democraticamente e collegati con i territori.

Quasi una rivoluzione rispetto ai populismi imperanti!

Ettore Bonalberti
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21 Aprile 2015

L’Aventino in parlamento e la risposta democratica nel Paese

L’annunciata scelta aventiniana delle minoranze nella commissione affari costituzionali alla Camera, dopo la staliniana decisione di Renzi di sostituire dieci componenti PD critiche sul legge dell’Italicum, è  l’ultimo segnale della grave situazione in cui versa il Paese anche sul piano istituzionale.

“Il Bomba” fiorentino, mai eletto in parlamento, incaricato a guidare il governo per un scelta improvvida dell’ex presidente Napolitano, dopo la presa del potere interno al PD da parte di Renzi, e votato da un Parlamento di “nominati” eletti con una legge incostituzionale, sembra non trovare più ostacoli e restiamo basiti nel vedere l’area popolare residua ridotta a reggicoda acritica della volontà renziana.

Ci auguriamo che qualcosa accada in aula e si ritorni al Senato per approvare una legge elettorale migliorativa di quella super truffa dell’Italicum anche  nell’ultima rabberciata versione.

E’ ridicola la tesi di quanti nel PD giustificano l’ennesimo golpe di Renzi per l’impegno assunto dal PD di non andare al voto ancora con il porcellum. E’ ben noto che “il porcellum” è stato dichiarato incostituzionale da una Corte nella quale partecipava come giudice costituzionale anche l’attuale presidente della Repubblica; ed è altrettanto noto che l’alternativa al porcellum  esiste ed è stata ben indicata in quella sentenza. Si approvi “ il consultellum”  e si vada al voto per eleggere sia un nuovo parlamento che una nuova Assemblea costituente.

Renzi non dovrebbe temere il voto e se, come crede, la sua popolarità fosse così alta finalmente potrebbe fregiarsi di un mandato espresso dal popolo sovrano.

Puntare al ricatto dell’ennesimo voto di fiducia su un tema di vitale importanza, giacché legato alle stesse regole del sistema, grazie a una rappresentanza falsata della volontà popolare, sarebbe un ulteriore definitivo attacco al sistema democratico contro cui reagiremo nel Paese con tutte le componenti politiche  e culturali disponibili e fedeli alla costituzione.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 21 Aprile 2015



23 aprile 2015

Serve una risposta popolare

Subito dopo il voto sull'Italicum che un'illegittima maggioranza parlamentare non rappresentativa della sovranità popolare si accinge a varare, Matteo Renzi ha già promesso il SI ai nuovi diritti civili.

Un modo cinico e furbastro di tentare la ricucitura con i dissidenti interni al suo partito offrendo loro la risposta laicista sui temi del gender, del matrimonio tra persone dello stesso sesso e via discorrendo.

Ieri si è consumata alla Camera la fine del matrimonio e del diritto di famiglia come l'hanno conosciuto quelli della nostra generazione,  con un voto che ha rivelato l'assoluta ininfluenza dei parlamentari cattolici e popolari. Una ventina di voti contrari a una legge che si aggiunge alle risposte laiciste indifferenti alla questione antropologica che affligge l'intero mondo occidentale.

Ieri non si è celebrata la giornata della libertà, ma la fine dell'istituzione matrimoniale e del concetto stesso di famiglia, ridotta a un mero contratto privatistico bilaterale, con possibilità di annullamento su concorde volontà dei contraenti.

Distrutta la cellula fondamentale della società questo Occidente di vecchi, impotenti, satolli non potrà che essere travolto dalla fiumana dei milioni di giovani, affamati e  prolifici che, fuggendo dal Sud e dall'Est verso l’Europa, finiranno con assumerne la guida.

La speranza nasce dalla constatazione che qualcosa sembra muoversi anche tra i rappresentanti delle gerarchie cattoliche italiane. E' di ieri una riunione presso la pontificia università della Santa Croce a Roma, di alcune persone autorevoli dell'area cattolica e popolare che hanno concordato di redigere un manifesto appello ai popolari italiani, ai nuovi Liberi e Forti per ricomporre l'area dei cattolici e laici cristianamente impegnati.

Le prime battaglie in campo aperto saranno quelle che attengono alla difesa della democrazia nel nostro Paese, minacciata da una legge super truffa destinata a garantire a una minoranza il controllo totale del potere in Italia, da operare nelle forme e nei modi democraticamente leciti e possibili, nessuno escluso; una proposta alternativa allo squallido Documento di Economia e Finanza presentato dal governo per dare finalmente risposte alle attese del terzo stato produttivo del PIL, su cui lucrano gli altri tre stati della casta, dei diversamente tutelati e dell'extra stato, e insieme ad esso rinsaldare, con una nuova speranza, gli interessi e i valori dei ceti medi e produttivi con le classi popolari sottoposte agli effetti disastrosi di una politica internazionale e italiana subordinata agli interessi e alle scelte  della grande finanza del turbo capitalismo mondiale.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 23 Aprile 2015



5 Aprile 2015

UMP o Partito della Nazione unico renziano?

In rotta con la sinistra di Vendola e di Landini e alla prova di forza con quella interna, Matteo Renzi sta mettendo in fibrillazione ciò che rimane del NCD e UDC riunitisi nella nuova Area Popolare. Diversi parlamentari incerti cercano di garantirsi il futuro promettendo fedeltà al premier che, non a caso, deve rinviare la nomina del ministro per gli affari regionali, dopo aver scippato al NCD l’ambito ministero delle infrastrutture approfittando della scandalosa gestione del caso Lupi. Tutto rinviato a dopo le elezioni regionali? Difficile che il frenetico “ Bomba” fiorentino rinunci a fare l’en plein nella sua partita organizzata alla conquista finale del potere pressoché esclusivo sull’Italia.

In bilico i rinnovi dei governi regionali nel Veneto e in Campania, il centro-destra, che sta vivendo la più forte frantumazione dopo la lunga stagione a dominanza berlusconiana, rischia di ritrovarsi al governo nel ridotto della sola Lombardia accerchiato da governi regionali tutti di stretta marca PD renziana, salvo qualche possibile sorpresa:  l’Umbria dell’amico Ricci, sindaco di Assisi?

Nasce da questa consapevolezza la riflessione sul tema che caratterizzerà lo scenario politico post elettorale di Maggio: partito della nazione, una sorta di partito unico come ha paventato l’On Cicchitto, o UMP, unione dei movimenti popolari italiani?

Ciò che sta accadendo in Forza Italia con l’inevitabile scissione della componente facente capo all’On Fitto, insieme a quanto da tempo stanno organizzando Mario Mauro con la Federazione dei Popolari Italiani, Corrado Passera con Italia Unica e Flavio Tosi con la sua componente raccolta attorno a Il Faro, rappresenta il nucleo fondante di una ricomposizione dell’area popolare, laica, liberale, riformista, europeista e trans-nazionale che sfocerà nel nuovo soggetto politico alternativo al  Partito della nazione  renziano.  Il primo collegato strettamente al PPE e il secondo inserito a pieno titolo nel PSE.

Spetta ad Alfano e amici dell’area popolare, ogni giorno di più ridotti al ruolo di accoliti di un monocolore renziano, decidere se intendono concorrere con pari dignità alla ricomposizione dell’area popolare italiana o se dividersi tra le opportunità offerte dal giovin signore fiorentino e la coerenza a una storia politica e culturale che ci accomuna. Tutto ciò comporta, tuttavia, delle scelte non contraddittorie a cominciare da quella sulla legge elettorale di cui Renzi vorrebbe l’approvazione nella versione del famigerato Italicum prima delle elezioni di Maggio. Spetta, altresì, agli amici di Forza Italia meditare sul loro futuro dopo la fallimentare scelta dello sciagurato patto del Nazareno.

Grande è il fermento nella vasta galassia del mondo cattolico, ancora una volta chiamata a una scelta di campo senza equivoci e dalla quale ci si augura possa emergere una nuova classe dirigente destinata a sostituire quegli attori consumati di una rappresentazione politica ormai obsoleta. Noi della Federazione dei Popolari italiani abbiamo scelto di partecipare alla formazione del nuovo soggetto politico dell’UMP, nella quale intendiamo apportare la migliore tradizione dei popolari e democratico cristiani italiani.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 5 Aprile 2015



24 Marzo 2015

Appello dei Popolari veneziani per Renato Boraso sindaco di Venezia

Dopo la vittoria alle primarie del PD, Felice Casson raccoglie l’adesione unanime, no si sa quanto credibile,  di tutti coloro che avevano sostenuto Pellicani e ha iniziato il suo tour elettorale in compagnia del fedelissimo Bettin. E’ questo il tandem con cui la sinistra veneziana intende continuare a gestire il governo della città di Venezia ridotto da questi stessi partiti a una condizione fallimentare.

Ora il più forte alleato del duo dei sinistri è l’astensionismo: meno andranno a votare e più facile sarà per l’ex PM chioggiotto  raggiungere il risultato al primo turno.

Di qui la necessità di alzare il quorum di partecipazione al voto  degli elettori veneziani, da parte di coloro  che intendono battersi contro il pluridecennale sistema di potere che domina la città a guida della sinistra.   Agli elettori  dovranno essere ricordate le responsabilità di coloro che hanno retto le sorti del governo di Venezia da oltre vent’anni e che non possono essere annullate dalla messa in campo di un ex magistrato, dopo aver miseramente sperimentato quanto è successo con l’ultimo uomo di legge finito in carcere e imputato solitario all’imminente processo.

Avevamo chiesto agli autocandidati sindaci alternativi al sistema di potere del PD di utilizzare le “cittadinarie” per decidere a chi toccasse guidare l’alternativa;  ossia di dare ai cittadini la possibilità di indicare il candidato a sindaco di Venezia. Hanno respinto l’idea con incomprensibili e futili motivazioni. A questo punto  dunque  le cittadinarie saranno svolte con il voto al primo turno.

Meglio che le diverse liste con i loro candidati si sfidino sui loro programmi e concorrano a favorire la più ampia partecipazione al voto. Al primo voto, dunque,  il compito di valutare  il consenso di ciascuno e poi al ballottaggio assai probabile si tireranno le somme.

Da parte nostra sappiamo di sostenere un candidato credibile, che ha dimostrato di sapersi battere con indomito coraggio in consiglio comunale a viso aperto e con una chiara strategia espressa nel programma che abbiamo condiviso per Venezia, le isole e la terraferma veneziana.

Renato Boraso esprime con la sua fede nei valori del popolarismo nei quali si è formato una passione civile e un amore per la sua città che gli sono riconosciuti da tutti, amici ed avversari.

Ecco perché da popolari veneziani e da “DC non pentiti” facciamo appello a quanti hanno condiviso e condividono i nostri stessi ideali a sostenere la candidatura di Renato Boraso a Sindaco di Venezia, l’autentica e realistica alternativa popolare al sistema di potere che ha condotto Venezia all’attuale condizione fallimentare.

Ettore Bonalberti
Coordinatore della costituente dei Popolari veneziani
24 Marzo 2015



14 Marzo 2015

Da Roma nulla di nuovo

Matteo Renzi può dormire sonni tranquilli. Ridotta all’impotenza la minoranza interna che si limita alle intemerate di D’Alema e ai borbottii di Bersani e con i partiti dell’ alternativa divisi sulle strategie e nella confusione di leadership, il capo del governo non sembra avere più rivali con cui competere.

Il Cavaliere dimezzato, nonostante l’ultima tardiva sentenza, si trova in preda alle convulsioni di un partito in cui Verdini, per lungo tempo utilizzato da ispirato costituzionalista nella costruzione e difesa dello sciagurato patto del Nazareno, ha finito con l’assumere il ruolo di capocorrente filo renziano e Raffaele Fitto é pronto a candidarsi per condurre Forza Italia su posizioni più coerenti  e senza ambiguità di alternativa al sistema di potere renziano.

L’ondivaga strategia politica del partito di Berlusconi ha aperto un’autostrada al nuovo leader del Carroccio, Matteo Salvini, impegnato a condurre la Lega su posizioni di estrema destra nazionalista lepenista, abbandonando i vecchi riti e i consunti miti della Padania e del Dio PO.

La confusione regna anche nei residui movimenti e partiti centristi, divisi tra coloro che sostengono “criticamente” il governo, come l’area popolare di Alfano e C. e in posizione più critica, quella dei Popolari per l’Italia, e quanti, dall’esterno del Parlamento ( movimenti, gruppi, associazioni) sono impegnati, come lo siamo anche noi “DC non pentiti”, nella ricostruzione dell’area popolare alternativa al trasformismo politico introdotto dal giovane leader fiorentino.

Se passasse l’Italicum  si avrebbe un’Italia bipolare divisa tra il populismo renziano pigliatutto e quello non meno pericoloso dell’estremismo impotente di Salvini. Una deriva che confinerebbe il  Paese nell’ingovernabilità.

Non aiutano all’opera di ricomposizione dell’area popolare le imminenti scadenze elettorali amministrative regionali e locali, dato che, quasi ovunque, sembrano prevalere le modeste e divisive ambizioni dei singoli aspiranti candidati dalle strategie e tattiche ambigue, rispetto alla possibilità di utilizzare quel passaggio elettorale per tentare di mettere insieme le migliori energie presenti ai diversi livelli territoriali.

Corriamo il rischio di un ulteriore incremento dell’astensionismo elettorale e di un ancor più consistente disorientamento politico di quel terzo stato produttivo difficilmente rappresentato e rappresentabile  dall’equivoca appartenenza “socialista” del PD renziano e  dall’estremismo lepenista di Salvini.

L’assenza di una rappresentanza di ispirazione autenticamente popolare è la cifra più evidente della prossima competizione elettorale, dopo che la frantumazione di quell’area politica sembra giunta al suo definitivo epilogo.

Da Roma non giungono, almeno sino ad ora, segnali di reale volontà di cambiamento e, in tale situazione, non resta che operare dal basso, dalle singole realtà territoriali regionali e locali.

Ecco perché dal Veneto alla Toscana, dall’Emilia all’Umbria e, tra pochi giorni, dalla Lombardia e nelle altre regioni italiane, al di là delle prossime scadenze regionali, siamo impegnati a concorrere nella costruzione delle costituenti dei popolari con l’obiettivo di preparare un grande avvenimento (Camaldoli 2, Assisi 1, Trento 2.0) con cui lanciare il Manifesto dei Popolari per l’Italia, premessa indispensabile, superate le attuali piccole botteghe partitiche ormai senza più senso,  per la costruzione del nuovo soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale e riformista, europeista, trans-nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano e inserito a pieno titolo nel PPE.  Un soggetto politico nuovo nel quale possa finalmente riconoscersi la maggioranza dei ceti medi produttivi e delle classi popolari italiane.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 14 Marzo 2015



3 Marzo 2015

Dopo Salvini ora attento Zaia

In piazza del Popolo a Roma Flavio Tosi è stato relegato tra la folla e, ieri a Milano, mezzo commissariato e richiamato a una scelta definitiva: o la Lega o il Faro. Dunque, l'intuizione del sindaco di Verona secondo cui l'alternativa a Renzi necessita anche di una ricostruzione moderna anche di spazi per "i moderati e i popolari" non interessa a via Bellerio. 

Invece, sabato dal palco di piazza del Popolo Matteo Salvini aveva, innanzitutto, preteso di riplasmare l'immagine di Zaia, offrendone  ai fedeli  riuniti a Roma un inedito totem, ottenendo che il governatore  si allineasse subito a un linguaggio politico che non gli apparteneva, ripetendo quello del leader, persino scurrile nella sintassi,  a rimarcare una deriva lepenista senza riserve. A quel punto Salvini ieri a Milano ha potuto imporre definitivamente la sua linea: Zaia suo presidente, le liste mediate con il redivivo ex On Giampaolo Dozzo, nominato veneto per cooptazione, le alleanze venete di competenza esclusiva del partito federale, ossia di Salvini medesimo.

Non sappiamo cosa deciderà di fare l’amico Tosi: se restare come un visconte dimezzato in una Lega di estrema destra o assumere una posizione autonoma da “leghista democristiano”, come lui stesso si è definito e puntare a dar corpo a quella ristrutturazione moderna del centro-destra sul modello della CSU bavarese, discusso nel nostro convegno del 30 dicembre scorso a Verona e che rimane uno degli  obiettivi della strategia del Faro.

Avevamo avvisato i lumbard di non provocare “el Leon”, un’indicazione che ora vale anche e soprattutto per il presidente Zaia.  Se prevalesse la logica salviniana sui connotati politici e sulle alleanze anche nel Veneto  temiamo che il presidente uscente rischierebbe di non essere compreso da molti suoi elettori. 

Attenti a ciò che accadrà Giovedì alla riunione della Liga veneta, annunciamo sin d’ora che noi civici e Popolari del Veneto non saremo disponibili a sostenere liste di ispirazione lepenista con venature neofasciste. 

Se ciò accadesse non potremmo che fare appello a tutte le componenti democratiche per garantire al Veneto una svolta effettiva coerente con la sua migliore tradizione storica e politica fatta di autonomia, democrazia e sussidiarietà: cioè di libertà.

La costituente civica e popolare
Venezia, 3 Marzo 2015



Elezioni più vicine

Matteo Renzi dopo l'ennesimo colpo gobbo inferto a un amico, prima a Enrico Letta e ieri a Maurizio Lupi, sente il suo governo più forte e l'On  Orfini é convinto che nulla potrà cambiare nel rapporto con l'NCD.

Passi per quel facente funzione di leader silente di Alfano, ma la più tosta De Girolamo giustamente reclama il passaggio del NCD all'appoggio esterno al governo Renzi. Si é aperto un dibattito interno a quel partito che ci auguriamo ponga fine alla commedia degli equivoci e al ruolo sin qui vergognosamente servente degli accoliti centro destri sbertucciati.

Anche nel PD sale il fermento. I vecchi PCI,PDS,DS, con D'Alema e Bersani alzano il tono delle loro voci e sono pronti " a creare una grande associazione per il rinnovamento e la rinascita della sinistra che non sia un nuovo partito politico, ma offra uno spazio di partecipazione" a chi non si riconosce nel PD renziano.

Renzi, secondo D'Alema, avrebbe dato vita a " un partito a forte posizione personale e con un carico di arroganza". Di qui l'appello alla minoranza del PD a lanciare non solo ultimatum , ma " ad assestare colpi che lascino il segno".

Bersani plaude e fa presente che: " c'é tanta gente nel PD in sofferenza".

Un tempo i vecchi compagni potevano  anche subire la logica ferrea del centralismo democratico, ma certo, adesso,  non più l'arroganza di un giovanotto ex DC capace di conquistarsi con il partito tutto il potere dell'Italia.

Le elezioni politiche anticipate sembrano più vicine e a Mattarella spetterà il compito di porre fine a questa insostenibile situazione politica e istituzionale nella quale è derivata la sua stessa alta investitura.

Ettore Bonalberti
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30 Marzo 2015

Gli sponsali dei Popolari veneti con Tosi

Presso l’Istituto Superiore di Scienze religiose dei Serviti di Monte Berico, lo stesso luogo in cui nel settembre 2014 si era dato avvio alla costituente civica e popolare del Veneto, ieri si sono incontrati gli amici popolari e riformisti di tutte le province venete con Flavio Tosi, candidato alla guida del governo del Veneto alle prossime elezioni regionali.

Domenico Menorello ha aperto l’incontro ricordando le tappe che hanno condotto i popolari all’incontro con Tosi, ponendosi tra i primi a sostenere la sua candidatura  sulla base di due obiettivi condivisi: il valore dell’autonomismo intelligente regionale e l’applicazione concreta del principio di sussidiarietà alla base delle politiche del Veneto.

Sostenuti dai lavori svolti nei mesi precedenti con la scuola popolare della costituente civica, popolare e riformista, durante i quali si sono analizzate le reali possibilità di declinazione della sussidiarietà nel welfare, nell’economia e nelle istituzioni, si è potuto consegnare a Tosi il manifesto per un Veneto Popolare, la bella pubblicazione che raccoglie analiticamente il proficuo lavoro svolto dalla scuola e che si intende venga assunto quale contributo significativo nel programma del futuro Presidente.

Il sottoscritto, ricordando le sue origini democratico cristiane, ha sottolineato l’interesse suscitato da Flavio Tosi sia come sindaco di Verona, che dalla sua pubblica autodefinizione di “leghista democristiano”, nonché dall’espressa volontà di concorrere a rappresentare gli interessi e i valori di un Veneto popolare, liberale e riformista, sicuramente in larga parte moderato, ma mai lepenista nella versione peggiore come quella impersonata da Salvini, sponsor di uno spaesato Zaia.

Tredici gli interventi assai qualificati degli amici in rappresentanza dei popolari, liberali e riformisti appartenenti alla costituente del Veneto, tutti accomunati dalla volontà di “ essere non solo convinti, ma coinvolti” nel processo che ci porterà alla stesura del programma di Tosi e alla formazione delle liste regionali a sostegno della sua candidatura.

Evidenziato il colpevole errore politico e culturale di Luca Zaia con la scelta da lui compiuta di soggiacere agli ukase della giovane vedetta lombarda, contro la migliore tradizione dei veneti gelosi della loro autonomia, da tutti è stata espressa la volontà di condurre con Tosi l’avvio di un progetto valido non solo per il Veneto, ma un modello politico di riferimento per tutto il Paese.

Concorrere alla costituzione di un nuovo centro sul modello del vincente UMP francese, inserito a pieno titolo nel PPE, alternativo al sistema di potere renziano che sta sviluppando progressivamente i pericolosi tratti di “una democrazia senza rappresentanza”.

Puntuali le risposte di Flavio Tosi ai diversi quesiti posti dagli intervenuti. Confermata la sua qualifica di “leghista democristiano” perché “ la DC ci ha insegnato come si fa la politica tra la gente e per la gente” con pieno sostegno al metodo di partecipazione di tutti al lavoro della squadra.  La Persona al centro della proposta politica e il lavoro come obiettivo primario da garantire soprattutto ai giovani. La sussidiarietà come metodo di governo da adottare in tutte le scelte nelle quali essa possa essere concretamente realizzata. Introduzione del quoziente familiare nelle politiche fiscali della Regione, assegnando alla famiglia con la persona il ruolo centrale della politica da realizzare.

Confermate le adesioni alla sua candidatura di numerose liste civiche, di Area popolare in versione civica, della lista dei pensionati, di numerose liste autonomiste, accanto alla lista del presidente Tosi, di fatto con l’incontro di Monte Berico si sono celebrati gli sponsali tra la costituente civica, popolare e riformista del Veneto e Flavio Tosi.

In un’annunciata prossima conferenza stampa agli sponsali seguirà il matrimonio ufficiale che sarà pubblicizzato anche da un incontro con la CSU bavarese a Monaco di Baviera, dove si intende consolidare un proficuo rapporto con i popolari di quell’importante realtà regionale in vista di realizzare anche in Italia la proposta di macroregioni su cui da tempo con Tosi si è riscontrata una forte condivisione.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 30 Marzo 2015



27 Marzo 2015

Il dilemma dei cinque dell’alternativa

Siamo vincoli o sparpagliati? Si chiedeva Pappagone, il simpatico personaggio del grande Peppino De Filippo. E’ la domanda che si fanno o si dovrebbero fare gli autocandidati a Sindaco di Venezia: Bellati, Boraso, Brugnaro, Malgara e Zaccariotto. Se non ho dimenticato qualcun altro, sono questi i candidati che, almeno sin qui, si sono dichiarati alternativi al sistema di potere a dominanza del PD.

Nessuno  espressione di un partito e tutti convinti della bontà delle loro proposte per la verità, tranne qualcuna, sin qui alquanto oscure.

Indisponibili a convergere unitariamente hanno rifiutato la proposta semplice e solutiva delle “cittadinarie”; ossia l’idea di chiedere agli elettori veneziani interessati di scegliere chi fra di loro avessero le migliori chance per il confronto-scontro con il candidato della sinistra.

Quest’ultima, seppur dopo un confronto serrato, si è unita, almeno così appare, attorno alla candidatura dell’ex PM Felice Casson al quale hanno subito garantito l’appoggio i compagni di SEL e ex Rifondazione comunista.

A pochi giorni dal termine per la presentazione di simboli e liste dei candidati il dilemma che si dovrebbe porre ai cinque dell’alternativa è proprio questo: è più opportuno andare da soli o tutti insieme appassionatamente?

Premesso che difficilmente, anche se uniti, qualcuno di loro ce la potrebbe fare al primo turno, il vero obiettivo sarebbe quello di evitare che Casson possa passare lui al primo turno.

Unica possibilità per tale esito si avrebbe nel caso di una bassa affluenza degli elettori al voto.

Sotto la soglia del 50% le probabilità che Casson possa passare al primo turno sono, infatti, assai elevate. Per quanta disaffezione  e rabbia stia covando tra gli elettori di sinistra, il loro zoccolo duro dovrebbe tenere, nonostante gli scandali, il bilancio fallimentare comunale  e il processo aperto all’ex sindaco

Di qui la necessità di favorire al massimo la partecipazione. Come farlo? Paradossalmente proprio grazie alla condizione di essere “sparpagliati”. Molte liste concorrenti con candidati ai diversi livelli amministrativi garantirebbero una più elevata partecipazione al voto, anche se c’è un ma da considerare.

Posto che il voto dell’area moderata alternativa al sistema di potere del PD, esclusa la Lega in grande difficoltà a Venezia assai più che nel Veneto, oggettivamente non dovrebbe superare il 25-30%, è evidente che un eccessivo frazionamento come quello delle cinque liste, correrebbe il rischio di non far passare al secondo turno nessuno dei concorrenti, ma favorirebbe solamente il candidato…….. del M5S. Insomma i cinque farebbero la fine dei polli di Renzo!

Sarebbe il caso, dunque, che si sforzassero per trovare un’intesa, in assenza della quale, salvo impreviste frane della sinistra, magari sollecitate dai soliti noti della cupola del potere veneziano terrorizzati dall’idea della vittoria del duo Casson-Bettin, al secondo turno rischiamo una situazione tipo Parma: il PD contro il M5S.

Ragionate amici prima di soccombere alle vostre non sempre comprensibili ambizioni.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 27 Marzo 2015



30 Marzo 2015

Ecco gli sponsali dei popolari veneti con Flavio Tosi

Presso l’Istituto Superiore di Scienze religiose dei Serviti di Monte Berico, lo stesso luogo in cui nel settembre 2014 si era dato avvio alla costituente civica e popolare del Veneto, ieri si sono incontrati gli amici popolari e riformisti di tutte le province venete con Flavio Tosi, candidato alla guida del governo del Veneto alle prossime elezioni regionali.

Domenico Menorello ha aperto l’incontro ricordando le tappe che hanno condotto i popolari all’incontro con Tosi, ponendosi tra i primi a sostenere la sua candidatura  sulla base di due obiettivi condivisi: il valore dell’autonomismo intelligente regionale e l’applicazione concreta del principio di sussidiarietà alla base delle politiche del Veneto.

Sostenuti dai lavori svolti nei mesi precedenti con la scuola popolare della costituente civica, popolare e riformista, durante i quali si sono analizzate le reali possibilità di declinazione della sussidiarietà nel welfare, nell’economia e nelle istituzioni, si è potuto consegnare a Tosi il manifesto per un Veneto Popolare, la bella pubblicazione che raccoglie analiticamente il proficuo lavoro svolto dalla scuola e che si intende venga assunto quale contributo significativo nel programma del futuro Presidente.

Il sottoscritto, ricordando le sue origini democratico cristiane, ha sottolineato l’interesse suscitato da Flavio Tosi sia come sindaco di Verona, che dalla sua pubblica autodefinizione di “leghista democristiano”, nonché dall’espressa volontà di concorrere a rappresentare gli interessi e i valori di un Veneto popolare, liberale e riformista, sicuramente in larga parte moderato, ma mai lepenista nella versione peggiore come quella impersonata da Salvini, sponsor di uno spaesato Zaia.

Tredici gli interventi assai qualificati degli amici in rappresentanza dei popolari, liberali e riformisti appartenenti alla costituente del Veneto, tutti accomunati dalla volontà di “ essere non solo convinti, ma coinvolti” nel processo che ci porterà alla stesura del programma di Tosi e alla formazione delle liste regionali a sostegno della sua candidatura.

Evidenziato il colpevole errore politico e culturale di Luca Zaia con la scelta da lui compiuta di soggiacere agli ukase della giovane vedetta lombarda, contro la migliore tradizione dei veneti gelosi della loro autonomia, da tutti è stata espressa la volontà di condurre con Tosi l’avvio di un progetto valido non solo per il Veneto, ma un modello politico di riferimento per tutto il Paese.

Concorrere alla costituzione di un nuovo centro sul modello del vincente UMP francese, inserito a pieno titolo nel PPE, alternativo al sistema di potere renziano che sta sviluppando progressivamente i pericolosi tratti di “una democrazia senza rappresentanza”.

Puntuali le risposte di Flavio Tosi ai diversi quesiti posti dagli intervenuti. Confermata la sua qualifica di “leghista democristiano” perché “ la DC ci ha insegnato come si fa la politica tra la gente e per la gente” con pieno sostegno al metodo di partecipazione di tutti al lavoro della squadra.  La Persona al centro della proposta politica e il lavoro come obiettivo primario da garantire soprattutto ai giovani. La sussidiarietà come metodo di governo da adottare in tutte le scelte nelle quali essa possa essere concretamente realizzata. Introduzione del quoziente familiare nelle politiche fiscali della Regione, assegnando alla famiglia con la persona il ruolo centrale della politica da realizzare.

Confermate le adesioni alla sua candidatura di numerose liste civiche, di Area popolare in versione civica, della lista dei pensionati, di numerose liste autonomiste, accanto alla lista del presidente Tosi, di fatto con l’incontro di Monte Berico si sono celebrati gli sponsali tra la costituente civica, popolare e riformista del Veneto e Flavio Tosi.

In un’annunciata prossima conferenza stampa agli sponsali seguirà il matrimonio ufficiale che sarà pubblicizzato anche da un incontro con la CSU bavarese a Monaco di Baviera, dove si intende consolidare un proficuo rapporto con i popolari di quell’importante realtà regionale in vista di realizzare anche in Italia la proposta di macroregioni su cui da tempo con Tosi si è riscontrata una forte condivisione.

Ettore Bonalberti



INSIEME per l’alternativa

Una delegazione di popolari e dell’associazione ALEF (Associazione Liberi e Forti - www.alefpopolaritaliani.eu) si è incontrata ieri a Roma con Corrado Passera, leader di Italia Unica e con il sen. Ivo Tarolli (www.italiaunica.it) impegnato ad aggregare l’area cristiano popolare.

Riscontrata un’ampia convergenza sul piano programmatico emersa dalla lettura del libro scritto da Passera “Io Siamo-Insieme per costruire un’Italia migliore”) e ispiratore della nascita del movimento politico di Italia Unica; un progetto  riconfermato nella lucida esposizione fatta in occasione dell’assemblea fondativa a Roma il 31 Gennaio scorso, Corrado Passera, leader di Italia Unica e Ettore Bonalberti, presidente di ALEF, hanno espresso la volontà di procedere con i loro movimenti insieme verso la costruzione del nuovo soggetto politico alternativo ai quattro populismi presenti nella politica italiana.

Il populismo di Grillo e di Salvini e quello meno rozzo di Renzi, ma non meno pericoloso, produttore di un progressivo trasformismo, dopo la lunga stagione dominata dal Cavaliere ora dimezzato.

Centralità della persona e assunzione della sussidiarietà quale principio ispiratore delle politiche del welfare, dell’economia e delle istituzioni; ricondurre la politica ai fondamentali  dell’etica dopo lo sconquasso morale che l’ha attraversata e tuttora permane; necessità di rafforzare politicamente l’unità europea che resta l’obiettivo dei laici e dei cattolici e popolari impegnati in politica; forte ristrutturazione dell’assetto istituzionale con i comuni referenti unici essenziali, singolarmente e associati, dello Stato e proposte concrete per immettere nel sistema almeno 400 miliardi di euro, con proposte credibili,  indispensabili per rilanciare crescita e occupazione: sono questi gli elementi su cui si è riscontrata un’ampia convergenza per concorrere alla costruzione  del nuovo soggetto politico inserito a pieno titolo nel PPE.

Di qui l’impegno a mettere insieme tutte le migliori energie dei popolari, superate le attuali perduranti laceranti e incomprensibili divisioni, e degli aderenti a Italia Unica con iniziative politiche che, al di là delle prossime scadenze elettorali regionali, siano di traino alla nascita del nuovo soggetto politico con cui ci si intende presentare alle prossime elezioni politiche insieme per l’alternativa.



6 Marzo 2015

Perché Insieme con Italia Unica per l ‘Alternativa ?

Appartenere al “primo stato”, che, nella teoria euristica dei quattro stati da me sostenuta per  rappresentare la società italiana, è quello della casta, è l’aspirazione nemmeno malcelata di coloro che a quello stato già appartengono e  le escogitano tutte per non rimanerne fuori; ed è anche l’obiettivo di coloro che, non facilitati nella mobilità sociale da specifiche capacità e meriti personali, vedono nella politica la strada più semplice, se non l’unica disponibile,  per raggiungere una sicura posizione di rendita.

Si comprende così ciò che sta accadendo nell’Italia familistica in questa fase guicciardiniana della vita politica del Paese: i passaggi repentini trasformistici a livello parlamentare di quanti traslocano  dai seggi ottenuti grazie all’unzione dei loro capi e capetti verso il carro del vincitore toscano e quelli  di quanti, al centro e in periferia, si stanno dislocando dalle loro aree politiche d’origine verso il nuovo miraggio del porto sicuro salviniano.

In assenza delle culture politiche che hanno fatto la storia dell’Italia e con la politica asservita e subordinata all’economia e alla finanza, privata di qualsiasi riferimento a basi etiche e morali, prevalgono l’istinto di sopravvivenza individuale e la strenua difesa del proprio tornaconto personale, appunto, “ il particulare” e non certo il bene comune.

Non a caso gli elettori abbandonano il campo e la rappresentanza politica della cosiddetta “sovranità popolare” si riduce, nella migliore delle ipotesi, complessivamente a meno della metà del corpo elettorale, con leggi elettorali in atto e in corso di approvazione in grado di assegnare il controllo totale del potere a una minoranza che può  anche non superare un terzo dell’intero corpo elettorale.

Non è questa la prospettiva di noi “ DC non pentiti” e dei popolari eredi della migliore tradizione dei “ Liberi e Forti”. Impegnati a superare le nostre residue assurde e colpevoli divisioni, mentre lavoriamo per la ricomposizione dell’area popolare, intendiamo aprirci ad altre componenti laiche, democratiche, liberali e riformiste che intendono sostenere con noi politiche ispirate ai valori della centralità della persona e al ruolo decisivo dei corpi intermedi, sulla base del principio della sussidiarietà verticale e orizzontale da declinare nell’economia, nel welfare e nelle istituzioni politico – amministrative.

Ecco perché, dopo l’incontro di Mercoledì 4 marzo a Roma con Corrado Passera, guardiamo con attenzione e intendiamo concorrere al progetto degli amici di Italia Unica e di quanti altri sono uniti dalla medesima volontà di porsi in alternativa ai populismi di moda (Grillo, Salvini, Renzi e dello stesso Cavaliere dimezzato) per costruire insieme il nuovo soggetto politico  inserito a pieno titolo nel Partito Popolare Europeo.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 6 Marzo 2015



25 Febbraio 2015

Ricordo di un amico polesano "DC non pentito"

Ho appreso con profonda commozione la notizia della morte di Giuliano Ferraccioli,

l’amico di una vita trascorsa insieme nella DC polesana, sin dalle nostre prime esperienze nel Movimento Giovanile DC, sempre allineati sulle posizioni della sinistra sociale.

Ambedue rivieraschi della sponda veneta del grande fiume, lui al confine con la terra lombarda –mantovana e io in quella di fronte alla sponda ferrarese.

Parlavamo la stessa lingua, lui con qualche inflessione mantovana propria dei polesani occidentali, accomunati entrambi dalla volontà di rappresentare nel partito dei cattolici democratici le istanze della povera gente e di coloro che disponevano di  una flebile voce tra i potenti di turno.

Alternativi ai compagni comunisti, perché  eravamo espressione della cultura concorrente propria del movimento dei lavoratori cristiani che, nelle ACLI e/o nella CISL e nella corrente DC di Forze Nuove, ci impegnavamo a rappresentarne gli interessi e i valori.

E lo facemmo anche nelle nostre parallele esperienze di sindaci dei comuni altopolesani; io per une brevissima stagione a Ficarolo e lui nella sua amatissima comunità di Bergantino.

Dirigente della Bormioli, dove seppe conquistarsi un ruolo professionale di grande valore, Giuliano univa alla fedeltà ai valori del cristianesimo sociale una straordinaria capacità di guida amministrativa  che seppe trasmettere ai molti degli amici che seppe allevare nella sua lunga e appassionata militanza politica.

Per me ha rappresentato un’amicizia che seppe conservarsi immutata nel tempo, anche quando, nella lunga stagione della diaspora dei cattolici, scegliemmo posizioni diverse  sul piano delle scelte politiche; posizioni che si seppero, tuttavia,  congiungere alla fine, nella comune volontà di riprendere, su basi nuove e aggiornate, l’esperienza dei democratici cristiani.

Caro Giuliano non dimenticherò il tuo disarmante sorriso e l’ottimismo della  volontà che più d’una volta giunse a soccorrere il  mio pessimismo della ragione, e, ora che mi hai lasciato, nell’ultimo miglio che il Signore mi darà ancora da vivere, continuerò a ricordati come uno degli amici più cari di una lunga stagione che ormai, anche per me, sta volgendo al suo termine.

Ettore Bonalberti
Venezia, 25 Febbraio 2015



Fermenti nell’area dei popolari

La situazione nell’area dei popolari italiani è caratterizzata da un grande fermento di iniziative e di proposte che, mi auguro, ambiscano all’obiettivo dell’unità.

E’ stata costituita il 3 Novembre 2014 la Federazione dei Popolari italiani il cui coordinamento è stato affidato al sen Mario Mauro.

Il 7 Marzo p.v. Gianni Fontana promuove un incontro di varie associazioni e movimenti con l’obiettivo indicato nella locandina invito: Verso la Federazione.

Dopo la lunga stagione della diaspora e i falliti, almeno sin qui, tentativi di dare pratica attuazione alla sentenza n.25999 del 23.12.2010 della suprema Corte di Cassazione ( “ la DC non è mai stata giuridicamente sciolta”) finalmente si lavora per la ricomposizione dell’area popolare e democratico cristiana italiana.

Non facilita l’imminente scadenza delle elezioni regionali, dato che, in assenza di una linea strategica unitaria condivisa, in molte realtà regionali si assiste a una diversa scelta delle alleanze per i governi locali.

Se, da un lato, La Federazione dei Popolari italiani, dopo i falliti tentativi di costruire dal centro l’unità dei Popolari, sta realizzando le costituente regionali dei Popolari ( già sorte quelle del Veneto, Liguria, Umbria, Toscana e di imminente costituzione quella dell’Emilia e Romagna) il movimento promosso da Fontana, dopo la sospesa esperienza del XIX Congresso nazionale della DC (Novembre 2012) e dell’Associazione “ Democrazia Cristiana”, si appresta a verificare se e quale unità di intenti si possa realizzare con movimenti, gruppi e associazioni dell’area cattolica interessati alla ricomposizione dell’area popolare.

Per tutti si tratta di proporre un’alternativa politica all’attuale trasformismo dominante e di  “comunicare la Bellezza della Politica a partire dai Cinque Pilastri della Dottrina Sociale della Chiesa (Persona, Bene Comune, Solidarietà, Sussidiarietà e Partecipazione) mediante il concorso armonico tra fedeli laici, religiosi e clero ciascuno per la propria parte”.

Comune l’idea di procedere quanto prima all’organizzazione di una “nuova Camaldoli”, una sorta di stati generali dei Popolari italiani  con cui redigere il documento politico programmatico dei Popolari: il Manifesto dei Popolari per l’Italia del XXI secolo.

Meno scontato l’obiettivo finale: la costruzione di un nuovo soggetto politico laico, democratico, popolare, liberale e riformista, europeista e trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano e inserito a pieno titolo nel PPE da riportare ai principi ispiratori dei padri fondatori: Adenauer, De Gasperi e Schuman.

Sta proprio qui e nelle diverse opzioni nelle alleanze di governo locali che sono state assunte (caso regionali della Calabria) o si stanno per assumere nelle sette regioni interessate alla tornata elettorale di Maggio, una delle ragioni che hanno reso, almeno sin qui, distinte le due iniziative in corso d’opera.

C’è da sperare che, come nella migliore tradizione dei cattolici e dei popolari italiani, da Sturzo a De Gasperi, da Fanfani a Moro, anche tra gli eredi di quella migliore tradizione finiscano con il prevalere i valori sugli interessi dei pochi, e ciò che  unisce rispetto a quello che ancora li  divide.

Ettore Bonalberti
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21 Febbraio 2015

Una lettura maliziosa  del patto scellerato

Ho definito “scellerato sin dalla sua nascita il patto del Nazareno. Un mostruoso accordo a due che intendeva e intende stravolgere la Costituzione su alcune elementi fondamentali e  di farlo per le strade impercorribili di un parlamento viziato da nominati, eletti con una legge elettorale incostituzionale.

Cosa stava alla base di quel progetto? L’idea di una legge elettorale super truffa ( premio di maggioranza prima alla coalizione e poi alla lista che avesse ottenuto il 40% del voto) e capilista bloccati. In sostanza: garanzia a Renzi di continuare a governare con gruppi parlamentari fedeli e garanzia a Berlusconi di costruirsi il suo gruppo parlamentare di altrettanti  fidati  allineati e rigidamente controllati e controllabili.

Tutto sarebbe filato liscio, stante la sin qui debole, sino all’irrilevanza, funzione critica della minoranza interna del PD, e l’acquiescente disponibilità dei cespugli NCD e UDC garantiti da un po’ di capilista scelti dai modesti capetti senza più credibilità. E chi se ne importa se la gente non va più a votare, l’importante conservare la carega e i privilegi della casta degli intoccabili. Si sarebbe approvato l’Italicum e creato il casus belli per andare a votare, magari a Maggio con le regionali, e garantito così : a Renzi la continuità del governo con gruppi parlamentari di suo totale controllo e a Berlusconio di conservare il suo ruolo di capo dell’opposizione prona ai sui interessi e senza più fastidiosi “fittiani” tra le scatole.

Tutto salta per aria non per l’elezione a Presidente della Repubblica di Sergio Mattarella e la pantomima successiva della presunta denuncia berlusconiana del patto, ma per l’aggravarsi della situazione internazionale in Ucraina e in Libia che rende oggettivamente complicato avviare una crisi parlamentare e conseguente voto anticipato.

I voti  ambigui  al Senato dei giorni passati ( metà dei berluscones che si danno assenti per ridurre il quorum e garantire l’esecutivo e metà che votano contro il governo) e la permanente “dialettica” o divisione alla “ladri di Pisa” tra  i due capigruppo, Brunetta e Romani, al Senato e alla Camera, stanno a dimostrare che quel progetto, seppur momentaneamente in surplace, continua a rimanere all’orizzonte dei due contraenti.

Si comprende meglio così il disperato tentativo di Berlusconi di mettere la museruola all’amico Fitto, decidendo il commissariamento di Forza Italia nella sua regione alla vigilia delle elezioni regionali, con annessa minaccia ai consiglieri uscenti della non ricandidatura se stamane decidessero di partecipare alla prima tappa del tour dei “ricostruttori”, che il giovane leader pugliese ha programmato in varie parti dell’Italia.

Continuando a temere che il patto scellerato del Nazareno possa realizzarsi, mentre seguiamo con amichevole e fiduciosa partecipazione la battaglia avviata da Raffaele Fitto in seno a Forza Italia, attendiamo segnali più forti dalla minoranza del PD; gli eredi di una grande tradizione politica che non può continuare a subire il trasformismo del giovane “Bomba” fiorentino senza pagarne irrimediabilmente lo scotto sul piano politico ed elettorale.

Senza un sussulto delle componenti democratiche alternative al renzismo indistinto e trasformistico e al berlusconismo senza più prospettive, se non quelle del “particulare” personale e aziendale del Cavaliere, l’Italia corre un serio rischio per la tenuta dello stesso sistema .

Ettore Bonalberti
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Venezia, 21 Febbraio 2015



17 Febbraio 2015

L'irriconoscibile Alfano

Questa legislatura finisce nel 2018”  sostiene il sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Del Rio in un’intervista a “ Il Foglio” e aggiunge: “Con Alfano condividiamo tutti gli obiettivi di governo”.

E’ su quest’ultima affermazione che vorremmo qualche spiegazione dall’On Alfano.

Il suo partito, NCD, ha appena siglato un accordo con l’UDC e costituito il gruppo parlamentare di Area Popolare che, in qualche maniera, intende rifarsi a quel mondo ex democratico cristiani, al quale appartengono anche molti, come il sottoscritto, “DC non pentiti”.

Molti di noi, tuttavia, pur avendo condiviso la nascita del governo delle ampie convergenze, dopo il voto del 2013 che non aveva espresso una qualificata maggioranza di governo, con la sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato incostituzionale il “porcellum”, la legge elettorale su cui è nato l’attuale Parlamento,  abbiamo sostenuto e sosteniamo l’incompetenza politica, prima ancora che giuridica, dello stesso a legiferare in materia costituzionale ed elettorale, tanto più nelle condizioni solipsistiche del recente voto alla Camera.

Caro Alfano, la nostra antica e solida tradizione democratico cristiana ti richiama ad un minimo di coerenza e ti chiede di non assecondare un disegno avventuristico quale quello del combinato disposto riforma del Senato-Italicum, premessa di una svolta autoritaria tanto più grave se ottenuta con i metodi spicci  ed arroganti del giovane boys scout toscano.

Pensare di sopravvivere  tirando a campare nella speranza di una legge che garantisca un po’ di capilista sicuri può corrispondere ad alcune necessità “particulari” dei soliti noti, ma rappresenta solo un ostacolo a quel processo di ricomposizione dell’area popolare che presuppone, innanzi tutto, un distinguo netto e alternativo a quell’ircocervo del PD renziano collegato formalmente e strutturalmente al PSE.

La credibilità del NCD e della stessa “area popolare” tra gli elettori è ridotta al lumicino e nuovi attori dovranno scendere in campo per ricostruire un’area omogenea ai valori e agli interessi rappresentati in Europa dal PPE.

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Venezia, 17 Febbraio 2015



16 Febbraio 2015

Venti di guerra è il tempo dell'unità a prescindere

Il 1 Marzo compirò settant’anni. Appartengo alla prima generazione della Repubblica italiana, quella che, grazie al Signore, ha potuto vivere settant’anni di ininterrotta pace e che, adesso, all’avvio dell’ultimo miglio di vita, sente spirare  forti e drammatici venti di guerra dalla vicina Libia.

La mia generazione è stata quella che ha attraversato la lunga stagione della democrazia italiana; i forti contrasti ideologici tra democristiani e comunisti vissuti sempre sul piano della correttezza e rispetto reciproci. E’ stata la generazione del tempo di Papa Giovanni XXIII, della Mater et Magistra e della Pacem in Terris , di Kennedy e di Kruscev. Per chi, come me, scelse fin da ragazzo l’appartenenza alla DC, è stata la generazione che ebbe la fortuna di conoscere uomini come Gonella, Scelba, Fanfani, Moro, La Pira, Andreotti, Marcora e Donat Cattin.

Da “ DC non pentito” ho vissuto la fine ingloriosa della DC, che una sentenza a sezioni riunite della Suprema Corte di Cassazione ha dichiarato “ non essere mai stata sciolta giuridicamente”, e sperimentato la lunga attraversata nel deserto nel ventennio della seconda Repubblica sino al crepuscolo di questa terza che sembra nascere sotto il segno del trasformismo più indecente e in assenza di qualsiasi riferimento ideale.

Ho denunciato gli errori e le omissioni di Napolitano e l’indecente situazione di crisi istituzionale determinatasi dal Novembre 2011 (dimissioni forzate del legittimo governo Berlusconi) e giunta sino all’elezione del Presidente della Repubblica con un Parlamento politicamente, se non giuridicamente, illegittimo. Un Parlamento che continua a sfornare provvedimenti a colpi di maggioranza, per lo più su decreti di un governo privo di alcuna credibilità politica e di legittimità democratica.,

Della sovranità popolare posta a fondamento costituzionale  della nostra democrazia si fa scempio da molto, troppo tempo.

E’ in tale situazione di crisi istituzionale  che un fatto politico nuovo è emerso con drammatica realtà, dopo gli errori compiuti da quell’irresponsabile di Sarkozy, dalla Libia del post Gheddafi, ormai in preda al caos e all’avanzata tumultuosa dell’ISIS, il neo califfato islamico.

A poche miglia dalle nostre coste si tratta di fronteggiare un avversario che ha già inserito il nostro ministro degli esteri Gentiloni e l’Italia nella lista nera dei “nemici crociati “da combattere con l’obiettivo di conquistare Roma, il centro della cristianità.

Tutto ciò porta a riconsiderare  integralmente non solo le nostre piccole valutazioni politico elettorali di breve periodo, ma la stessa cultura ispirata ai valori della pace e della tolleranza su cui abbiamo costruito le nostre fondamentali certezze.

Una generazione che ha sempre visto le armi con disgusto e mai si era sognata di sperimentare la realtà di una guerra alle proprie frontiere, anche se da  tempo l’Italia partecipa a numerose “missioni di pace” in diverse situazioni internazionali, dalle guerre permanenti del medio oriente, alle tragiche vicende balcaniche, si trova ora a fare i conti con un’emergenza che ci riguarda direttamente da vicino.

E stavolta non ci sono più le vituperate basi americane di Sigonella e la VI flotta Nato di Napoli, e gli amici americani pronti a difenderci, ma molto dipenderà dai noi stessi e dalla risposta che l’Europa per prima dovrà elaborare in tempi brevissimi.

Paolo Gentiloni ha dichiarato che “siamo pronti a combattere” e il ministro della difesa Pinotti, che sono disponibili “5000 soldati” alla bisogna.

Credo che tutto ciò non possa essere affrontato da un governo e da un parlamento oggettivamente unfit, sia da un punto di vista politico istituzionale, che delle competenze specifiche sin qui espresse da una compagine di improvvisati “compagneros” del giovane boys scout fiorentino.

Certo, se l’Italia dovrà affrontare un’imprevista situazione di guerra contro un nemico insidioso che ha già presenti  nel nostro territorio  potenziali nuclei combattenti collusi con l’estremismo islamico, si imporrà una diversa articolazione del potere e l’assunzione di un’unitaria responsabilità da parte di tutte le forze politiche dentro e fuori del Parlamento.

Non so se avremo il tempo per nuove elezioni e  per l’aggiornamento della carta costituzionale. Oggi, in piena crisi economica e sociale, si aggiungono, infatti, una nuova e ancor più drammatica emergenza, alla quale si dovrà corrispondere con una presa di coscienza e di responsabilità collettiva unitaria. Ora è il tempo dell’unità a prescindere.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 16 Febbraio 2015



12 Febbraio 2015

Un’aria di autoritarismo

Che spirasse un’aria di autoritarismo in Italia l’abbiamo denunciato per tempo, assai prima che se ne avvedesse Silvio Berlusconi dopo l’abiura dello scellerato patto del Nazareno con cui lui stesso quell’aria aveva contribuito pesantemente ad alimentare.

La sequela di atti al limite della legalità costituzionale prodotti da Napolitano, prima e dopo l’elezione di un Parlamento di nominati illegittimi, è stata puntualmente denunciata, compreso il modo della stessa elezione del pur da tutti noi apprezzato ottimo neo Presidente della Repubblica.

In nessun Paese al mondo, fondato sullo Stato di diritto, potrebbero avvenire fatti ed essere assunti atti giuridici come quelli che, dall’incarico a Mario Monti in poi, si sono succeduti in Italia, sino al paradosso di un’elezione del Presidente della Repubblica da parte di  quel tipo di elettori e alla quale non poterono partecipare né il capo del Governo, perché non eletto al Parlamento, né il capo dell’opposizione, perché all’arresto ai servizi sociali.

Come sosteniamo da sempre, continuare a ipotizzare che in tali condizioni si possa addirittura procedere a modifiche costituzionali è semplicemente assurdo.

Serve un parlamento eletto con legge costituzionalmente irreprensibile e un’assemblea costituente dedicata specificatamente alle modifiche costituzionali non più rinviabili.

E, invece, non solo continua la tragicommedia del governo Renzi, partorito dalle forzature presidenziali “napolitane” e  votato dal Parlamento del porcellum, con la sistematica occupazione progressiva di tutte le leve del potere centrali e periferiche, ma si aggrava per ciò che sta accadendo nelle regioni interessate alla prova elettorale di primavera.

Se a Roma Renzi si intestardisce a far approvare l’Italicum che, con il combinato disposto della modifica del Senato,  rappresenta la realtà di una normativa peggiore della famigerata legge Acerbo, in Toscana si andrà a votare con una legge di dubbia costituzionalità, e nell’Umbria è stata recentemente approvata una legge elettorale anch’essa palesemente in contrasto con la Costituzione.

Quando si corre il rischio di perdere il potere si cambiano le regole nel corso del gioco, anzi alla vigilia delle votazioni, sapendo che nel nostro Paese oramai si può fare di tutto, con il Parlamento di Roma che detta il modello.

La sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato l’incostituzionalità del “porcellum” dovrebbe essere assunta come punto di riferimento per ogni altro legislatore nazionale o regionale che sia;  invece, in Umbria l’eterna maggioranza degli ex PCI-PDS-DS-PD che guida senza soluzione di continuità quella Regione, ha approvato una legge elettorale liberticida che non potrà che essere appannaggio di una sola parte politica, quella del governo attuale.

Un’approfondita analisi di quella legge fatta dal dr Michele Gualatini (Radicali di Perugia) ha evidenziato due novità introdotte nel testo rispetto a quello originario:

1) hanno riscritto da zero tutto il meccanismo di assegnazione dei seggi (art. 14 della legge);

2) chi vince prende sempre e comunque 12 seggi su 20 (+ quello del presidente) e i perdenti si spartiscono gli altri 8. Vinci col 25%, col 35%, col 50%, col 60%, col 90%? Sempre 12 seggi sono.

Appaiono evidenti almeno i seguenti profili di incostituzionalità:

1) premio di maggioranza senza fissazione di una soglia minima. Quindi il principio di rappresentanza è eccessivamente sacrificato rispetto al principio di governabilità;

2) disuguaglianza del voto: liste che prendono il 2,5% apparentate al vincente hanno 1 seggio, mentre altre liste col 5%, 7% e in casi estremi col 9,5% non hanno seggi.

In attesa di vedere come andrà a finire il voto sull’Italicum che, se approvato, dovrà essere oggetto di un immediato referendum abrogativo per il quale, come popolari, siamo sin d’ora pronti a mobilitarci, analoga iniziativa andrebbe assunta contro queste leggi liberticide come quella dell’Umbria.

E, intanto, appare ancor più indispensabile per tutte le diverse formazioni civiche e minoritarie mettersi insieme, come assoluta condizione per garantirsi la partecipazione istituzionale e per tentare di battere quel sistema di potere che, con quest’ultima legge elettorale iniqua e di assai dubbia legittimità costituzionale, presenta il suo volto peggiore.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 12 Febbraio 2015



21 Gennaio 2015

Nulla sarà più come prima

Hanno tentato di unificare i moderati sotto le insegne dei Popolari ma, sostenendo il patto scellerato del Nazareno modificato dall’emendamento Esposito, si sono resi ancor più distinti e distanti dal sentir medio dei popolari autentici presenti nel Paese.

Spiace che in questo passaggio decisivo anche gli amici dei Popolari per l’Italia, nel timore dell’isolamento, si siano prestati al gioco del duo renzusconiano.

Poteva essere l’occasione di un distinguo che molti aspettavamo e diventare in tale modo un punto  di riferimento credibile per quanti hanno già disertato e, probabilmente, diserteranno ancor di più le urne alle prossime scadenze elettorali.

Si è preferito un rincuorante ritorno alla casa madre, confortati da un peloso comunicato di quel fedelissimo berlusconiano di Romani, scordandosi che, in tal modo, la Lega raccoglierà copiosi frutti da questo gravissimo errore politico.  Un  autentico suicidio per usare le parole dell’On Fitto di Forza Italia.

Ora si dovrà riflettere seriamente e temo forti sconvolgimenti nelle e tra le forze politiche. Ben poca cosa, tuttavia, rispetto alla condizione di  un Paese stanco, sfiduciato, in crisi profonda, ma, sin qui, incapace di scendere almeno in piazza a protestare in forme civili per la deriva autoritaria in atto. L’unica forma di protesta? Quella di  non andare a votare: veramente poco, troppo poco per arginare le malcelate ambizioni  del  duo del  Nazareno.

Si tratta ora di vedere come finirà la partita e non è detto che non riservi sorprese.

Ci sarebbe dallo scompisciarsi dal ridere, se, oltre al danno dell'Italicum rabberciato, giungesse anche la beffa di un Presidente della Repubblica diverso da quello "contrattato" con il patto scellerato.

L'errore è stato  quello di non aver posto in evidenza da subito, durante il permanere della presidenza Napolitano, l'assurdità di un parlamento illegittimo che andava sciolto non appena era stato dichiarato tale, de facto,  dalla Corte costituzionale.

Si é preferito andare avanti con atti continui e successivi, oggettivamente a rischio di illegittimità di cui  ora  stiamo raccogliendo gli ultimi frutti velenosi.

Una cosa è sicura: comunque vada a finire questa partita, nulla sarà più come prima.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 21 Gennaio 2015



15 Gennaio 2015

Tre domande sul dopo Napolitano

Vogliono ancora la dittatura” ha gridato ieri Berlusconi, partecipando al meeting  del club “Cuore Nazionale” all’auditorium nel complesso del Santuario del Divino Amore a Roma, rivolgendosi al PD i cui componenti “non si chiamano più comunisti, ma democratici”.

Curioso il Cavaliere: stringe con Renzi  il patto del Nazareno, che da subito abbiamo definito scellerato, che comprende una riforma del Senato e una super legge truffa, quella dell’Italicum, peggio della famigerata Legge Acerbo; un combinato disposto destinato a consegnare, come già in larga parte è avvenuto, tutto il potere alla sinistra e adesso se la prende con “ il Bomba” di Firenze?

Ieri Napolitano ha firmato le sue dimissioni lasciando il Paese in un ingorgo istituzionale senza precedenti.

E’ vero che i poteri del Presidente della Repubblica funzionano a fisarmonica: molto ristretti, al limite di mera rappresentanza e funzione notarile, quando il sistema politico dei partiti funziona; molto più allargati quando, come nel caso della presidenza Napolitano, almeno dal 2011 in poi, il sistema dei partiti si è andato progressivamente sfaldando. In tali condizioni il potere di supplenza del Presidente, come già accadde a Einaudi dopo il 1953 e a Cossiga dopo il 1989, si impone quasi per necessità.

A Napolitano, tuttavia, abbiamo addebitato quattro strappi, il più grave dei quali fu l’aver subito le pressioni internazionali per far fuori il governo Berlusconi nel Novembre del 2011, finito con l’insediamento del governo del prof Monti elevato, motu proprio presidenziale,  al laticlavio senatoriale a vita.

E, dopo le elezioni del 2013 che, nonostante il “porcellum”, non espressero una maggioranza politica,  operò il successivo insediamento di altri due governi senza legittimazione democratica, quello di Enrico Letta prima e l’attuale di Matteo Renzi.

Più volte abbiamo sottolineato che, dopo la sentenza della Corte costituzionale sul “porcellum”, si doveva andare a votare per ridare la voce al popolo sovrano e dar vita a un Parlamento e a un’Assemblea Costituente legittimati a governare e a riformare le nostre istituzioni.

Si è preferito, invece, rabberciare un’ibrida maggioranza che, di fatto, si è trasformata in un governo monocolore del PD e, adesso, ci troviamo in presenza, per la prima volta nella storia repubblicana, di un Parlamento chiamato ad eleggere il Presidente della Repubblica, con i tre partiti più rappresentativi, guidati da tre leader esterni al Parlamento stesso: Matteo Renzi, premier e segretario del PD, Silvio Berlusconi, presidente di FI, decaduto dal suo ruolo di senatore e Beppe Grillo, capo effettivo del M5S.

Le domande che ogni persona di buon senso dovrebbe porsi sono le seguenti:

può un Parlamento di “nominati”, eletti con una legge dichiarata incostituzionale, eleggere legittimamente il Capo dello Stato?

Gli atti che saranno conseguenti a questa elezione e che dovranno essere assunti da quello stesso Parlamento e da questo governo che tipo di legittimità potranno assumere?

Berlusconi grida alla dittatura della sinistra e profetizza il suo rientro in campo con l’illusione di rifare Forza Italia. Tra poche settimane sapremo, se e per quanto tempo questa tragicommedia degli equivoci potrà continuare.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 15 Gennaio 2015



13 Gennaio 2015

Schizofrenia del PD e attentato alla democrazia

La sconfitta di Sergio Cofferati nelle primarie del PD ligure sulla “renziana” Raffaella Paita, apre uno scenario inquietante su ciò che è già accaduto e continua ad accadere all’interno di quel partito. L’europarlamentare ex segretraio generale della CGIL ha dichiarato:

"L'inquinamento delle primarie si sta purtroppo realizzando in misura più consistente di quella prevista e temuta",  aggiungendo: "Non riconosco questo risultato e aspetto il pronunciamento della Commissione di garanzia su tutti gli elementi di irregolarità che sono stati segnalati. So anche che sono stati valutati, da parte di altri e non da me, eventuali esposti alla Procura della Repubblica: sono materie sensibili, dal voto di scambio all’uso di strumenti lesivi della privacy. Io non sono a conoscenza degli elementi specifici".

Cofferati non è l’ultimo dei mohicani del vecchio PCI-PDS-DS e se denuncia le irregolarità intervenute c’è da dargli credito.

Siamo alla presenza di una situazione paradossale, peraltro, già sperimentata proprio nel caso delle primarie nazionali che hanno consegnato la leadership del partito allo stesso Renzi.

Una schizofrenica decisione statutaria, che ha aperto la possibilità di partecipare alla scelta del segretario del partito anche agli esterni non scritti al PD per ottenere l’immagine di un partito aperto, ha permesso che si giungesse  all’inquinamento nel voto di persone interessate o a confondere il corretto confronto interno tra e degli iscritti, o ad acquisire le piccole regalie distribuite a destra e a manca, pochi euro di “sportula elettorale” , come appare dalle denunce, come a i tempi del laurismo d’antan….

Acquisito il controllo del partito, grazie al contributo degli esterni, e potendo utilizzare la realtà organizzativa ben strutturata del PD a livello territoriale, Matteo Renzi, dopo il falsamente beneaugurante “stai sereno” rivolto al presidente del consiglio in carica, Enrico Letta, con una sorta di “golpe blanco”  e l’avallo del supremo Colle, ha potuto raggiungere, senza alcuna verifica elettorale, la guida del governo.

E adesso, in presenza di un Parlamento sorto da una legge elettorale dichiarata incostituzionale, dunque oggettivamente illegittimo e politicamente non rappresentativo della realtà politica nazionale, si appresta ad eleggere il nuovo presidente della Repubblica che, comunque vada, sarà un presidente dimezzato e dall’assai dubbia legittimità istituzionale.

Passi per la schizofrenia di un partito che si fa scegliere i suoi dirigenti non dagli iscritti, ma dagli esterni, truppe cinesi e poveri diseredati a libro paga di complemento, ma che si continui a produrre leggi e a compiere scelte rilevanti istituzionali in una condizione di assoluta anormalità costituzionale, è fuori da ogni logica e regola democratica.

Un’anormalità che in questi giorni anche Enrico Cisnetto ha evidenziato nel suo editoriale di Terza Repubblica, il quotidiano on line di Società Aperta, dal titolo inequivocabile: “ Istituzioni stuprate, procedure svilite, così lo Stato va in pezzi”.

E, finalmente, altre voci si stanno unendo a quella che da tempo esprimiamo per richiedere una nuova Assemblea Costituente, unica strada legittima per procedere alle non più rinviabili riforme istituzionali.

Spiace che nessuno dei partiti presenti in Parlamento, tutti figli di una legge elettorale incostituzionale, abbia ancora preso posizione su questo tema .

Sono tutti impegnati nei giochi preparatori delle prossime votazioni per il Quirinale e per una legge elettorale che, votata da un Parlamento illegittimo, assume anch’essa i limiti di una normativa approvata in condizioni anomali  e “procedure svilite”. Cosa tanto più grave se passasse quella super truffa dell’Italicum, aggravata dal premio di maggioranza alla lista e non alla coalizione.

In tali condizioni, se nessuno dei partiti batte un colpo, spetterà alla società civile e a quel 50% e oltre  di elettori che non si riconoscono più in questo sistema assumere una forte iniziativa di mobilitazione democratica  per il ripristino di un corretto confronto che sappia garantire un’autentica libera espressione della volontà popolare.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 13 Gennaio 2015



Malessere diffuso e atti di guerra

Da tempo denunciamo una situazione di anomia, espressione di un malessere sociale diffuso a livello internazionale, dove prevale il turbo capitalismo finanziario;  europeo, per la crisi di una struttura istituzionale costruita malamente e vittima di regolamenti comunitari illegittimi, ahimè sin qui non sottoposti agli indispensabili correttivi, e in Italia, in particolare, per i dati inquietanti di ciò che sociologicamente indichiamo come il disagio sociale.

Se a tutto questo si aggiunge quanto accaduto ieri a Parigi con l’attacco di un gruppo organizzato  di estremisti islamici alla redazione del giornale satirico “Charlie Hebdot” con la  tragica scia dei 12 morti,  un autentico atto di guerra contro le libertà occidentali, la situazione assume tinte assai fosche.

Alla vigilia delle prossime elezioni in Grecia, squassata da una crisi economico sociale al limite della tenuta di sistema, a quella delle prossime elezioni presidenziali francesi, annunciate dalle fantasiose ipotesi del libro dello scrittore francese Michel Houellebecq di una deriva islamica della Francia nel 2022 e dalla programmata imminente giornata di protesta anti islamica a Parigi, considerando anche ciò che sta covando in seno alla società tedesca con i movimenti nazionalistici e anti immigratori  in rapida ascesa, il quadro complessivo di ciò che accade e può succedere in Europa desta molte e fondate preoccupazioni.

Siamo in presenza di un’Europa vecchia, stanca e sfiduciata, con tassi di natalità incapaci di garantire il ricambio generazionale, sottoposta all’onda d’urto irrefrenabile di milioni di giovani, affamati, prolifici, provenienti dall’Africa e dall’estremo oriente, con tassi di immigrazione dalle complicate situazioni di integrazione sociale, come quelle che si stanno sperimentando in Francia, Gran Bretagna, Svezia e nella stessa Germania.

Ricorderemo alcuni dati tratti da un’indagine del dr Netri evidenziati nel sito di Ticino on line (www.tio.ch): in Europa ci sono circa 20 milioni di musulmani, contando anche i milioni di musulmani nativi dei Balcani. Le maggiori concentrazioni sono in Francia 5 milioni, in Germania 4 milioni e in Gran Bretagna 2 milioni.
In Inghilterra predominano i pakistani e i bengalesi; in Francia, Belgio e Spagna sono più numerosi gli arabi; in Germania i turchi; ma in tutti i paesi europei, l'islam è fondamentalmente un miscuglio di persone provenienti da tutto il mondo musulmano.
La forte concentrazione di queste popolazioni potrebbe finire per moltiplicare la loro influenza. Oggi a Londra vivono 1 milione di musulmani, ossia un ottavo della popolazione.
Ad Amsterdam, i musulmani costituiscono più di un terzo dei credenti, superando i cattolici nonché tutte le varie confessioni protestanti messe insieme.

I musulmani dominano o mirano a dominare alcune importanti città europee, tra cui, per esempio, Amsterdam e Rotterdam in Olanda; Strasburgo e Marsiglia (e molti sobborghi parigini) in Francia; Duisburg, Colonia e i quartieri berlinesi di Kreuzberg e Neukölln in Germania; Blackburn, Bradford, Dewsbury, Leicester, East London e la periferia di Manchester in Inghilterra.
Questi luoghi, dato che l'immigrazione non si ferma e il potere elettorale e la consapevolezza politica dei musulmani aumentano, hanno un carattere sempre più marcatamente musulmano.

E la difficile integrazione, non riducibile all’auspicato e ragionevole meticciato culturale,  dovrebbe avvenire in un’Europa sempre più laicista, atea, che vive senza drammi la chiusura di migliaia di chiese, soprattutto cattoliche e protestanti, con punte elevatissime in Danimarca, Inghilterra, Olanda; un’Europa che, con la strage di Parigi, è sottoposta a questo autentico atto di guerra foriero di altre possibili manifestazioni di analoga violenza.

Per le nostre generazioni nate all’indomani della seconda guerra mondiale, cresciute nella costanza di decenni di pace, disancorate progressivamente dai valori fondanti dell’etica, nella nuova società della globalizzazione caratterizzata dal prevalere del pensiero nichilista e del relativismo morale, si tratta di sperimentare una fase totalmente nuova e diversa, lontanissima dai parametri ideologici su cui avevamo costruito le nostre certezze e le nostre speranze. Una situazione tanto più grave considerata la circostanza del permanere delle guerre in atto tra Siria, Irak, Libia e in molte altre parti del continente africano e all’interno della stessa Europa, dove continua l’irrisolto conflitto  russo.-ucraino, con flebili indicazioni e risposte da parte dell’impotente e  divaricata politica europea.

A tutto ciò va aggiunto il quadro sociale della realtà italiana, più volte descritto euristicamente in quella che ho definito la teoria dei quattro stati (la casta; i diversamente tutelati; il terzo stato produttivo; il quarto non Stato) che dagli ultimi dati statistici è così caratterizzata:

secondo i dati del Centro studi di Unimpresa, nel complesso l’area del disagio sociale tocca 9,21 milioni di persone nel terzo trimestre 2014 e ai 3 milioni di disoccupati, Unimpresa aggiunge i lavoratori con contratti a tempo determinato, sia part time (677 mila) che a tempo pieno (1,74 milioni), poi i lavoratori autonomi part time (813 mila) i collaboratori ( 375 mila) e quelli con contratti a tempo indeterminato part time ( 2,5 milioni). Sono circa 6,2 milioni di persone con incerte prospettive di futuro per il proprio lavoro.

Con un tasso di disoccupazione salito al 13,4 % contro l’11,5% dell’eurozona  e al 10% dell’UE e con quello della fascia giovanile di età compresa tra i 15 e i 24 anni al 43,9 % (dati ISTAT) la situazione è giunta al limite della sostenibilità e dell’equilibrio sociale.

A Roma, intanto, in Parlamento si discute di Italicum e di riforma del Senato, mentre la voce di noi popolari è sempre più indistinta, flebile e colpevolmente divisa.

Non è iniziato sotto i migliori auspici questo nuovo anno e servirebbe un forte riscatto delle coscienze e la messa in campo delle migliori energie morali, culturali e politiche.

Un impegno al quale vorremmo fornire ancora una volta il nostro modesto contributo.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 8 Gennaio 2015



Napolitano verso il quarto strappo

E' mancato il tradizionale saluto finale: W la Repubblica, W l'Italia!!

Per il resto, un messaggio retorico privo della minima analisi autocritica come dire: mi avete chiamato a sostenere una situazione di emergenza e ho fatto del mio meglio.

Eppure ci sono alcune date che non consentono diversivi o facili dimenticanze.

Napolitano è rieletto il 20 aprile del 2013 per la seconda volta, primo caso nella storia repubblicana, all'indomani delle elezioni politiche del 2013 che non avevano permesso la formazione di una maggioranza politica. 

Al primo strappo, un  autentico “golpe blanco”, è quello del novembre 2011 con la messa in crisi dell'unico legittimo governo Berlusconi e la sua sostituzione con quello dell'appena nominato senatore a vita Mario Monti,  fa seguito il secondo, il 28 aprile del 2013, otto giorni esatti dopo la sua rielezione a Capo dello Stato, con la formazione del governo di Enrico Letta.

Trattasi, appunto, del secondo strappo in attesa della sentenza della Corte costituzionale chiamata a pronunciarsi sulla legittimità costituzionale del “porcellum” .

La sentenza sotto la presidenza Silvestri, redattore Tesauro, è pubblicata in G.U. il 15 Gennaio 2014. Essa dichiara:

1)  l’illegittimità costituzionale dell’art. 83, comma 1, n. 5, e comma 2, del d.P.R. 30 marzo 1957 n. 361 (Approvazione del testo unico delle leggi recanti norme per la elezione della Camera dei deputati);

2)  l’illegittimità costituzionale dell’art. 17, commi 2 e 4, del decreto legislativo 20 dicembre 1993, n. 533 (Testo unico delle leggi recanti norme per l’elezione del Senato della Repubblica);

3) l’illegittimità costituzionale degli artt. 4, comma 2, e 59 del d.P.R. n. 361 del 1957, nonché dell’art. 14, comma 1, del d.lgs. n. 533 del 1993, nella parte in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza per i candidati.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 dicembre 2013.

F.to:

Gaetano SILVESTRI, Presidente

Giuseppe TESAURO, Redattore

Gabriella MELATTI, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 13 gennaio 2014.

Era questo il  momento in cui il Capo dello Stato aveva il dovere costituzionale di prendere atto che ci si trovava, come di fatto ci si trova tuttora, nell’anomala condizione di un parlamento espressione di “nominati” eletti secondo procedure elettorali illegittime, dunque, nulle e in presenza di organi palesemente impediti a esercitare una corretta e legittima funzione di rappresentanza della sovranità popolare.

La strada maestra che si sarebbe dovuto imboccare era e rimane quella di andare al voto secondo le uniche regole possibili, quelle del consultellum che derivava da quella sentenza, e ridare agli elettori la possibilità di esprimere correttamente la loro volontà.

Si è preferito, invece, dar corso al colpo dei leopoldini, interno alle vicende del PD e di affidare per la terza volta a un esterno non eletto la guida del governo.

Non abbiamo mancato di denunciare tutto ciò come un grave errore politico, che ci ha consegnato ai fasti e ai nefasti del patto scellerato del Nazareno cui ha fatto indiretto  riferimento Napolitano nel suo discorso di ieri sera annunciando con tono sicuro che ora spetta al Parlamento procedere all’elezione del nuovo presidente.

No signor Presidente non ci siamo; continuare così significherebbe perpetuare una situazione di illegittimità, tanto più grave nel momento in cui si cerca di far passare un combinato disposto, nuovo senato-legge elettorale dell’Italicum, che rappresenta un’autentica legge super truffa che i suoi antichi compagni di partito, da Togliatti a Longo a Terracini, coloro che bollarono come legge truffa quella di De Gasperi, (premio di maggioranza alla coalizione che avesse ottenuto il 50% più uno dei voti),  non oserebbero connotarla diversamente da come l’abbiamo qualificata.

Meglio sarebbe se l’ultimo atto di Napolitano fosse quello di far votare gli italiani con il consultellum e di eleggere contemporaneamente un’assemblea costituente per le riforme istituzionali.  Invece assisteremo agli ennesimi ludi presidenziali di febbraio e al permanere di un circolo Pickwick di dilettanti allo sbaraglio sotto la regia de “ il Bomba “ fiorentino, alla guida di un Paese sempre più allo sbando, privo di un ‘autorevole guida espressione reale della volontà popolare.

Continuare sulla strada degli strappi vorrebbe dire perpetuare l’anomalia di una situazione destinata prima o poi a  esplodere.

Ettore Bonalberti
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Venezia, 1 Gennaio 2015