Le note di Ettore Bonalberti
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14 Dicembre 2018

DC: le ragioni della sua fine, i progetti per la sua rinascita.

 

Lo scambio epistolare, tra gli amici prof Gabriele Cantelli e prof Nino Luciani di Bologna, sul tema dell’impegno politico dei cattolici, si inserisce nel più vasto dibattito che si è aperto a livello nazionale.

La complessa e articolata realtà dell’area cattolico popolare, così come risultante dalla lunga stagione della diaspora conseguente alla fine politica della Democrazia Cristiana, se, da un lato, ha fatto riemergere il grande fiume carsico del cattolicesimo politico e culturale sempre latente in Italia, dall’altro, sconta le inevitabili  differenti sensibilità, diversità di orientamenti e il permanere di suicide divisioni, molte delle quali risalenti, tra i vecchi DC, dalla divisione storico politica del preambolo-anti preambolo ( sostanzialmente tra i fautori dell’alleanza con i socialisti e coloro che prefiguravano come inevitabile quella con il PCI di Berlinguer) e. dopo la fine politica dello scudo crociato, tra berlusconiani e anti berlusconiani.

Sia le prime che queste ultime sono contrapposizioni vecchie e stantie, poiché risalenti a situazioni storico politiche lontane anni luce per le prime, quelle della Prima Repubblica, e del tutto superate le seconde, quelle proprie della seconda Repubblica.

Solo inaciditi “pasdaran dell’antiberlusconismo d’antan” possono continuare a spargere infondate contumelie e zizzania contro chi, come noi, con Renato Grassi e la dirigenza della Democrazia Cristiana, definitivamente risorta giuridicamente, persegue un unico obiettivo: ricomporre politicamente la DC e con essa la più  vasta area cattolico popolare e laica riformista ispirata ai valori dell’umanesimo cristiano.

Se si scorda la perdurante validità della lezione degasperiana: “ solo se saremo uniti saremo forti, se saremo forti saremo liberi “, si continuerà a svolgere un’azione di stupidità costante, falsa e progressiva, continuando a “fare del male a noi stessi e agli altri”.

 

A questi pasdaran del ritorno ai vecchi schemi obsoleti della seconda repubblica rivolgiamo solo un appello: basta con i richiami anacronistici e condividete con noi il primo importante traguardo faticosamente raggiunto, dopo oltre sette anni di dure battaglie svolte, insieme  con Gianni Fontana e con Renato Grassi e tanti altri amici, con l’avvenuto pieno riconoscimento giuridico della continuità della DC.

Insieme abbiamo celebrato il  XIX Congresso nazionale, il 14 ottobre scorso, con l’elezione di Renato Grassi alla segreteria del partito e nel successivo Consiglio nazionale (27 Ottobre), quella di Gianni Fontana, alla presidenza dello stesso Consiglio nazionale . Elezioni entrambe unitarie e non divisive e  che vorremmo rimanessero tali.

Continuare a mestare su inesistenti divisioni sul piano politico ( leggere le due relazioni al Congresso di Grassi e di Fontana) vuol dire soltanto fare del male a se stessi e agli altri.

Assai più interessante mi è parso il dialogo tra Cantelli e Luciani, prima del quale abbiamo assai apprezzato gli interventi di Giorgio Merlo e l’editoriale di Mons Tommaso Stenico sull’organo ufficiale on line del partito: www.democraziacristiana.cloud.

Mi riferisco in particolare alle osservazioni critiche del prof Cantelli, al quale vorrei tentare di rispondere per punti, quelli inerenti alla DC vecchia e nuova, rinviando ad altro approfondimento quello sui rapporti tra vescovi italiani e la politica.

Quanto al dibattito e alle scelte politiche della DC prima della sua fine politica, rinvio al mio saggio: “ Il caso Forze Nuove”, l’ ultimo libro edito dalla Casa editrice Cinque Lune della DC, nel Marzo 1993, testimonianza in presa diretta di un “osservatore partecipante “ al karakiri del partito che fu l’architrave del sistema politico italiano dal 1948 al 1992.

In breve al Prof Cantelli riassumo così le ragioni della fine politica della Democrazia Cristiana così come avevo sintetizzato le  ragioni della fine politica anche se non giuridica della DC (vedi alcuni  alcuni saggi scritti negli scorsi anni : “ L’Italia divisa e il centro che verrà”-Edizioni de La Meridiana, “ Dalla fine della DC alla svolta bipolare” – Mazzanti Editori, “ ALEF: Un futuro da liberi e forti”- Mazzanti Editori) :

la DC è finita per aver raggiunto il suo scopo sociale: la fine dei totalitarismi di destra e di sinistra contro cui si era battuto il movimento dei cattolici in un secolo di storia;

la DC è finita per il venir meno di molte delle ragioni ideali che ne avevano determinato l’origine, sopraffatta dai particolarismi egoistici di alcuni che, con i loro deteriori comportamenti, hanno coinvolto nel baratro un’intera esperienza politica;

la DC è finita per il combinato disposto mediatico giudiziario che l’ha travolta insieme agli altri partiti democratici e di governo della Prima Repubblica;

la DC è finita quando sciaguratamente scelse la strada del maggioritario, per l’iniziativa improvvida di Mariotto Segni, auspice De Mita in odio a Craxi e Forlani, abbandonando il tradizionale sistema proporzionale che le garantiva il ruolo centrale dello schieramento politico italiano.

E, soprattutto, ed è la cosa più grave e incomprensibile, la DC è finita senza combattere. Con una parte, quella anticomunista, messa alla gogna  giudiziaria, e quella di sinistra demitiana succube e imbelle alla mercé dei ricatti della sinistra giustizialista.

E concludevo affermando che “la DC è finita e nessuno sarà più in grado di rifondarla”, consapevole che la nostalgia, nobile sentimento romantico, ma regressivo sul piano politico, culturale ed esistenziale, può rappresentare un fattore servente, forse necessario, ma, certo,  non sufficiente per ricostruire alcunché.

Una sentenza a sezioni civile riunite della Cassazione (25999 del 23 dicembre 2010) ha, però,  sancito che la DC non è mai morta. Il de cuius non esiste perché non è defunto e non c’è alcun erede universale o particolare del partito dello scudocrociato. Esso andava chiuso solo dai legittimi detentori di quel potere in un’associazione di fatto: gli iscritti secondo le regole del proprio statuto e quelle inerenti alle associazioni di fatto senza personalità giuridica.

Ecco perché abbiamo scelto di riaprire un nuovo capitolo nella storia dei cattolici nella politica italiana, non per ambizione personale, poiché, come diceva Voltaire, siamo ben consapevoli che alla nostra età “ non possiamo che offrire dei buoni consigli, dato che non siamo nemmeno più in grado di dare dei cattivi esempi”, quanto per consegnare alle nuove generazioni il testimone di una storia politica che ha segnato una fase importante della nostra amata Repubblica.

Vorrei anche assicurare qualche critico osservatore sempre pronto a formulare giudizi su tutto e su tutti che, accanto alle ragioni suddette, sappiamo bene come alla fine della DC concorsero pure alcune  nostre gravi colpe e inadempienze:

  • la mancanza di una vera trasmissione della fede e dei valori nel costruire la città dell'uomo ( scarsa applicazione laica della Dottrina sociale della Chiesa);
  • la mancanza di sostegno forte alla famiglia specie a quelle con più figli;
  • la mancanza di riconoscimento sociale alle casalinghe;
  • la mancanza di formazione dei giovani nella fede religiosa, nella passione e fede politica;
  • la quiescenza nei confronti della criminalità' organizzata;
  • la tiepida lotta alla corruzione dei politici e dei burocrati, nella quale concorsero, ahimè, anche molti amici del nostro partito;
  • la tiepida lotta all'evasione fiscale;
  • la scarsa cultura per la responsabilità, per la meritocrazia e le difficoltà nel ricambio del ceto politico;
  • l’ eccesso di sprechi per creazione di enti inutili;
  • il cumulo esagerato nel cumulo di incarichi  pubblichi ;
  • la poca attenzione a sostenere programmi per la ricerca e l'innovazione, ma solo finanziamenti a pioggia per progetti  talora fasulli e opere mai completate;
  • i pochi o nessun investimento su risorse della PA da mandare all'UE;
  • lo scarso utilizzo dei fondi europei senza follow up sui finanziamenti ottenuti dai progetti italiani;
  • gli enormi investimenti senza controllo nella Cassa del Mezzogiorno;
  • l’ eccesso di appiattimento nell’ accettare e condividere le richieste dei comunisti con gravi oneri per le finanze pubbliche, come anche il prof Cantelli evidenzia.

 

Insomma abbiamo consapevolezza delle nostre colpe, dei nostri errori e  dei nostri limiti e, non a caso, dopo quell’esperienza è  arrivata la diaspora e la frantumazione dei democratici cristiani nelle piccole formazioni a diverso titolo ispirate alla Democrazia Cristiana.

E dopo cosa è avvenuto al tempo del nuovismo trionfante e della seconda repubblica? E, soprattutto, che fine hanno fatto quelli che sulle ceneri della prima Repubblica hanno cercato di porsi come gli “homines novis” della scena politica italiana?

Ancor più grave quanto è accaduto dopo il voto del 4 Marzo 2018 e la nascita del governo espressione del peggior trasformismo politico della storia italiana. Lo strano connubio giallo verde tra pulsioni sovraniste e conati nazionalistici, con sfumature nostalgiche che ritenevamo definitivamente defunte.

La realtà è tutta davanti a noi con “il governo degli improvvisati e  incompetenti” , espressione del malcontento e del disagio presente nel Paese e del fallimento dei partiti di maggioranza e di opposizione, tutti alla ricerca di nuovi assetti e di nuove formule, mentre impazza la popolarità dei guitti, dei comici e dei masanielli del mercato napoletano o genovese.

Una sentenza della Cassazione inappellabile ha sancito che la DC non è mai morta, almeno dal punto di vista giuridico. E’ nostro preciso dovere e impegno ridare agli iscritti, unici legittimi depositari della volontà del partito, il compito di decidere del loro destino. E questo è ciò che abbiamo fatto dal 2011 in poi, sino all’atto finalmente conclusivo compiuto con la legittima celebrazione del XIX Congresso nazionale, autorizzato dal tribunale di Roma, il 14 Ottobre 2018, con l’elezione di Renato Grassi alla segreteria del partito.

In una fase nuova e diversa di quella che i nostri padri seppero affrontare concorrendo alla formazione del patto costituzionale del 1948, ad una società che sta vivendo una delle crisi più gravi  e globali mai conosciute prima, riteniamo opportuno riproporre i principi e i valori della dottrina sociale cristiana declinati dalla “Caritas in veritate”, “ Evengelii Gaudium” e “ Laudato Si”, e concorrere con tutti gli uomini di buona volontà alla costruzione di un nuovo patto all’altezza della situazione attuale italiana e internazionale che reclama una forte discontinuità politica e istituzionale.

Lo faremo insieme agli amici dell’Internazionale democristiana, di cui la DC fu ed è socio fondatore, e del PPE, ponendoci innanzi tutto l’obiettivo di ricostruire l’unità fra tutti i democratici cristiani italiani disponibili a compiere insieme a tutti noi questa difficile, ma entusiasmante avventura, al fine di consegnare il testimone ad una nuova generazione di politici,  non per l’anacronistica nostalgia di un passato, ma per ritrovare  insieme le ragioni di  una nuova speranza.

Il nostro impegno sarà quello di  tornare ai fondamentali del pensiero sociale cristiano nell’età della globalizzazione: dalla Rerum Novarum, Quadragesimo Anno, Mater et  Magistra, Populorum Progrexio, Octogesima adveniens,  Caritas in veritate, Evangeli Gaudium, Laudato Si.

Mediteremo  il compendio della dottrina sociale della Chiesa e riscopriremo il ruolo dei grandi della Democrazia Cristiana: De Gasperi,  Gonella ( idee ricostruttive della DC  e il suo discorso al 1° Congresso della DC sulle “Libertà che vogliamo”) e Mattei, Vanoni, Fanfani, La Pira, Saraceno, Moro. E’ sulle spalle di quei giganti che possiamo procedere con passo sicuro.

Si apre lo spazio per una rinnovata Democrazia Cristiana, un partito aperto di cattolici e laici che intendono costruire la sezione italiana del PPE da riportare ai valori dei padri fondatori: De Gasperi, Adenauer, Monet  e Schuman. Da partito strutturato a movimento della e nella società aperto alla più ampia partecipazione democratica.

Discuteremo con la nostra gente su quale modello di partito-movimento organizzare la DC italiana, dopo il XIX congresso del 14 ottobre 2018,  in questa  fase storica, consapevoli di doverne  aprire una nuova, nella quale consegneremo il testimone politico a una nuova generazione di democratici cristiani.

Certo Prof Cantelli  noi non siamo la DC di De Gasperi, Fanfani e Moro, e saremmo  degli idioti anche solo a pensarlo. Siamo però, giuridicamente, i legittimi eredi di quella storia e di quella cultura politica e lo siamo tutti  insieme: Grassi, Fontana, il sottoscritto e tutti coloro che da “ DC non pentiti” e già soci DC nel 1992-93 si sono battuti nella lunga stagione della diaspora per superare le suicide divisioni che, ahimè, non sembrano ancora scomparse del tutto.

Deve essere chiaro, poi, che non abbiamo lo sguardo rivolto al passato e non prevale in noi il sentimento regressivo della nostalgia. Abbiamo lucida coscienza della condizione in cui vive l’uomo oggi nella società occidentale, nella quale assistiamo a una concezione prevalente di relativismo in cui i desideri individuali si vogliono trasformare in diritti, contro ogni evidenza antropologica e concezione giusnaturalistica.

A livello esistenziale e socio culturale prevale una condizione di anomia: assenza di norme e regole, discrepanza tra mezzi e fini, venir meno dei gruppi sociali intermedi. Di qui, una condizione di frustrazione prevalente con possibili sbocchi nella regressione solipsistica o nell’aggressività individuale e collettiva latenti. Anomia anche a livello internazionale: visione cinese, visione islamica, visione occidentale e visione russa: quali compatibilità e secondo quali regole?

A livello più generale economico trionfa il “turbocapitalismo” con la finanza che detta i fini e la politica che segue quale intendente di complemento, con un rovesciamento generale di funzioni e di prospettive. E’ il superamento del NOMA ( Non Overlapping Magisteria) che stabiliva la non sovrapposizione tra etica, politica ed economia.

Se prima era la politica a indicare gli obiettivi e l’economia e la finanza a proporre le soluzioni tecniche per raggiungerli, oggi è il finanz-capitalismo che asserve la politica e la rende subordinata. L’efficienza come fine esclusivo si riduce alla massimizzazione del profitto indipendentemente da ogni altro valore sociale e individuale.

Il bene comune non è più il fine della politica, subordinata ad altri valori dominanti che pretendono una quota rilevante del cosiddetto “scarto sociale” (tra il 20 e il 30% della popolazione)

È in questa situazione di valori rovesciati e/o di disvalori che è riesploso a livello internazionale il grave scontro tra il fanatismo jihadista del movimento fondamentalista islamico e le altre culture religiose monoteiste, ebraismo e cristianesimo, che ha sostituito quello del XIX e XX secolo tra capitale e lavoro, tra capitalismo e marxismo. Quest’ultimo, anche là dove ancora sopravvive, si è trasformato in un ibrido capitalismo comunista e a livello mondiale assistiamo al confronto/scontro tra democrazie di stampo liberale e democrazie autoritarie (Cina, Russia, Singapore, Turchia, Cuba e in molte regione ex URSS divenute indipendenti).

È la stessa concezione sociale difesa dalla dottrina sociale ad essere sotto attacco. In tal senso non possiamo non denunciare come l’attuale Governo stia mettendo in disparte le comunità intermedie. Di qui al sostanziale disconoscimento anche del valore del lavoro, il passo è breve. Per taluni, come il M5S, basta l’assistenzialismo di Stato, come nella peggiore espressione di un certo meridionalismo che anche alcuni nostri amici seppero praticare un tempo con estrema ed efficace disinvoltura.

Il nostro sguardo è allora fisso in avanti, supportati dalla lettura critica più avanzata di questi fenomeni da parte, ancora una volta, della dottrina sociale della Chiesa: Centesimus Annus  di Papa Giovanni Paolo II, Caritas in veritate  di Papa Benedetto XVI, Evangelii Gaudium  e Laudato Si di Papa Francesco, che sono le stelle polari che ci inducono ad assumere una nuova responsabilità, come cattolici e laici cristianamente ispirati.

Di qui il nostro tentativo di tradurre nella città dell’uomo quegli orientamenti pastorali. Nella situazione concreta italiana, sentiamo come prioritario il dovere di concorrere a ricomporre, dopo la lunga stagione della diaspora, l’area di ispirazione popolare per offrire al Paese una nuova speranza. E lo vogliamo fare non da cattolici impegnati in politica, ma da cattolici e laici impegnati per una politica di ispirazione cristiana.

Quanto alla legittima richiesta del prof Cantelli sulle proposte di programma della DC, vorrei ricordare che dal seminario presso il convento di Sant’Anselmo a Roma (gennaio 2013) ad oggi (vedi atti di Camaldoli-Giugno 2017) sono molti i documenti di programma redatti dalla DC italiana.

Potremmo riassumere in questo “decalogo programmatico” le nostre proposte, intese come i proponimenti politici dei democratici cristiani per il XXI secolo:

  • La DC coerente con il suo passato di responsabilità nazionale, assume come obiettivo la costruzione dell’Unità politica dell’Europa da riformare rispetto all’ircocervo tecno burocratico attuale, la difesa dello Stato di diritto, la tutela della persona umana.
  • La DC mette al centro del suo impegno politico e di promozione della cultura civile la PERSONA, perché possa vivere ed operare con tutta la sua dignità e libertà secondo il dettato della Costituzione Italiana.
  • La DC si assume pubblicamente il compito di aprire la strada alla trasparenza gestionale e contabile della sua organizzazione, per dar vita ad una nuova stagione della politica, improntata ad un UMANESIMO SOCIALE che valorizzi la persona umana senza distinzioni di razza o diversità sociale.
  • La DC, consapevole delle difficoltà che il mondo globalizzato di oggi pone all’individuo per esistere ed operare, s’impegna a ricostruire con le opere di previdenza una più sostanziale solidarietà sociale, attraverso la “cooperazione di comunità”, che garantisca ad ogni nucleo familiare un lavoro adeguato alle esigenze della dignità civile.
  • La DC, presente nella società d’oggi, offre la possibilità di stare nel partito alla pari anche ai simpatizzanti che dichiarino interesse al programma; iscrivendosi nella lista degli elettori, con la possibilità di presentare progetti e proteste d’interesse generale.
  • La DC ha come obiettivo fondamentale del programma una decisiva modificazione del meccanismo di localizzazione delle attività produttive del Paese, privilegiando l’intervento straordinario a favore del Mezzogiorno e delle Isole.
  • La DC, come nel passato con l’intervento pubblico dovrà incoraggiare l’installazione di medie e grandi imprese industriali, anche straniere, attraverso agevolazioni fiscali, procedure burocratiche dinamiche e la messa a disposizione dei distretti industriali attrezzati per stimolare gli investimenti privati con un alto grado di efficienza tecnologica e notevoli possibilità di creare nuovi posti di lavoro.
  • La DC oltre a ritenere inderogabile il dimezzamento del numero dei parlamentari, ritiene urgente il riordinamento legislativo, amministrativo e organizzativo dello Stato e delle Regioni a statuto speciale, oltre, s’intende, al cambiamento del ruolo e delle funzioni del Senato della Repubblica.
  • La DC è consapevole che non esistono miracoli in economia, ma soltanto la possibilità di raggiungere obiettivi concreti attraverso scelte responsabili, e con il coinvolgimento di tutti gli imprenditori appartenenti ed operanti nei settori di attività (industriale, artigianale, commerciale agricolo, della cooperazione e delle libere professioni).

 

La DC, partito di elettori moderati, non può e non vuole rappresentare interessi di nessun genere in particolare, ma valori. Difendere valori significa operare per una cultura di libero mercato all’insegna della civiltà del lavoro. Essenziale sarà operare per garantire, come sempre ha fatto la DC storica, la mediazione di interessi e valori del terzo stato produttivo e dei ceti popolari diversamente tutelati.

 

Alla vigilia delle prossime elezioni europee, proprio la DC guidata da Grassi si è fatta promotrice di incontri con amici appartenenti a diverse espressioni della multiforme realtà politica, sociale e culturale dell’area cattolica  e  Mercoledì 12 Dicembre 2019 è stato siglato a Roma il patto programmatico costituente che così recita:
SI ALL’EUROPA,
 DA RICONDURRE AGLI IDEALI DEI PADRI FONDATORI  DEMOCRATICO CRISTIANI

Le elezioni europee del maggio 2019 rivestono un’importanza decisiva per il nostro futuro. All’Europa, infatti, sono legate speranze e preoccupazioni: speranze per un progetto che ha garantito oltre 70 anni di pace e di sviluppo; preoccupazioni per un’unità incompiuta e burocratizzata, dimentica delle sue radici giudaico cristiane
Alle prossime elezioni si fronteggeranno due gruppi contrapposti: il fronte filo-europeo e quello nazional-populista. Nessuno di questi due schieramenti, fino ad ora, ha un programma definito. Quel che è certo, ed è tra loro l’unico elemento comune, è che occorre modificare l’Unione europea dopo settant’anni di storia.
La miscela di populismo e nazionalismo ha saputo raccogliere il malcontento generato da errate politiche a livello europeo e nazionale, Se lo sbocco finale delle tensioni nazional-populiste di alcuni Stati europei prevalesse, l’Unione non morirebbe, ma languirebbe per anni in una specie di limbo politico, alla ricerca del bene perduto. Se, per converso, “finalmente   tornassero sovrani”, questi Stati dovrebbero affrontare lo scenario geo-politico globale dominato dagli USA, Cina  e Russia, non sarebbero da soli degli interlocutori, ma ombre, in un contesto minaccioso di grandi potenze.
Al contrario noi intendiamo rafforzare l’integrazione, supplendo alle carenze attuali e procedendo sulla strada, difficile ma logica, degli Stati Uniti d’Europa. Non meno Europa, ma più Europa ricondotta agli ideali dei padri fondatori
Come cristiani l’ideale europeo lo sentiamo totalmente consono alla nostra natura e alla nostra storia e non vogliamo rinunciarvi soprattutto per le opportunità di crescita, benessere e libertà che ha promosso e dovrà promuovere: diciamo sì all’Europa, nella consapevolezza che si deve continuare a farla e farla meglio.
La storia recente dell’integrazione europea è iniziata con i padri fondatori, De Gasperi, Adenauer, Monet e Schuman, basata su un’idea popolare e condivisa di unità culturale e politica, da cui far discendere gli aspetti economici e organizzativi; questo modello voleva soprattutto  armonizzare la politica estera e di difesa, far crescere la solidarietà e l’integrazione tra le nazioni e le persone con un sistema libero di mercati ed economie differenziate. Comprendiamo  che l’idea dell’Europa dei popoli ha bisogno dei tempi della stratificazione della cultura in tale direzione, ma nel percorso fatto sarebbe opportuno evidenziare che la diversità linguistica, consuetudinaria, delle singole e diverse vicende storiche, non vanificano i fondamenti culturali romani e cristiani, che da San Benedetto in poi si sono diffusi in tutta Europa, creando la cultura europea (e quindi la Nazione Europea), che è diventata cultura occidentale e ha dato origine alle “Carte dei Diritti” universalmente accettati del mondo attuale. La risoluzione del G 20 con la quale si dichiara la disponibilità a regolamentare meglio il WTO è la risposta che riconosce che il mercato mondiale non è autoregolabile, ma ha bisogno di regole condivise per evitare le crisi economiche,  sociali e umanitarie che tutti conosciamo.
La spaccatura fra élites divenute tecnocratiche e il sentimento popolare – insieme al processo di adesione di molti Stati – hanno acuito lo scetticismo verso Bruxelles, perché non è stata in grado di affrontare la crisi mondiale e hanno alimentato i movimenti anti-europeisti che chiedono il ritorno alle “identità nazionali”. Più di recente la Brexit ha ulteriormente complicato il quadro. La crisi economica del 2008, il deficit demografico, con la prevista conseguente insostenibilità dell’attuale sistema di welfare, stanno peggiorando la situazione; ma è soprattutto la pressione migratoria (prima sottovalutata e poi non adeguatamente affrontata da alcuni fra i maggiori Stati europei e dalla stessa Unione) a provocare una profonda sfiducia verso l’Europa. La crisi migratoria di dimensioni mondiali (oltre all’Europa vedi gli USA e l’Australia come esempio) è stata causata dal modello di sviluppo mondiale imposto dal pensiero ultra-liberista finanziario mondiale, che ha abbandonato il progetto globale di sostegno ai PVS – l’Unione Europea ha abbandonato i Programmi Meda decisi nel processo di Barcellona – per affermare il principio “ogni cittadino deve essere fautore del proprio benessere”,  a prescindere dalle condizioni di partenza; tale principio, che trova l’esempio nella opposizione di Trump alla Obama-care, si traduce anche in Europa che il welfare state si trasforma in welfare society e in welfare community..
Ha finito col prevalere così il ruolo dei poteri finanziari controllori del sistema bancario europeo e delle principali banche centrali nazionali riducendo con la sovranità monetaria la stessa sovranità popolare e, quindi, il fondamento primario della democrazia. Di qui il nostro impegno per tornare alla pubblicizzazione delle banche centrali europea e nazionali e alla separazione tra banche di prestito e banche di speculazione finanziaria.
Da un punto di vista politico l’alleanza strategica fra popolari e socialisti è oggi in crisi perché il modello socialista, a cui troppo spesso anche i popolari hanno ceduto, ha dimostrato di deprimere la libertà economica e sociale delle persone e dei gruppi, mortificando talvolta anche le specifiche eredità e tradizioni popolari in nome di un’artificiosa omogeneità culturale. Hanno così preso piede forze conservatrici, più che identitarie, le quali raccolgono il diffuso malcontento dei cittadini, cadendo però in nazionalismi. Vista l’interconnessione degli Stati europei, in particolare l’Italia, da sola, non riuscirebbe a sostenere la competizione globale e si metterebbe fortemente a rischio il suo raggiunto livello di benessere.
Noi continuiamo a guardare con speranza all’Europa, confidando che la sua radice fatta di democrazia, promozione della pace, dello sviluppo e della solidarietà possa essere recuperata e che l’Europa unita possa così rispondere alle giuste esigenze di libertà, identità e sicurezza sociale.
Siamo per un PPE attento alle nuove esigenze di riforma a favore del rispetto delle culture nazionali e popolari e per un’economia civile e sociale di mercato, capace di equilibrare il liberismo e la finanza senza regole; siamo lontani, invece, da proposte che mettono paradossalmente insieme collettivismo ed estremismo identitario, egualitario e  giustizialista.
Alle forze politiche in vista delle elezioni europee chiediamo di promuovere: - una concezione della cosa pubblica sussidiaria, capace di valorizzare il protagonismo della persona e il suo potenziamento attraverso le associazioni e gli altri corpi intermedi; - un’attenzione alla famiglia come fondamentale fattore di stabilità personale e sociale; - una politica che metta al centro il lavoro e il suo significato, con investimenti speciali per i giovani  ; una libertà di educare a partire dalle convinzioni e dai valori che sono consegnati da una ricchissima tradizione popolare; - il rispetto dell’identità anche religiosa dei popoli, certi che questa è in grado di accogliere ed ospitare, con equilibrio e realismo; - una ripresa del ruolo centrale dell’Europa nel mondo, attraverso una politica estera  e di difesa comune; il rafforzamento delle competenze  del Parlamento europeo.
Intendiamo por fine alla condizione di irrilevanza cui sono ridotti i cattolici e i popolari italiani, dopo la lunga stagione della diaspora e siamo convinti che questa sia una delle ultime, se non l’ultima occasione, per riproporre l’unità di cattolici e popolari sotto la stessa bandiera..
Primo passo essenziale è l’impegno a ricomporre l’unità di tutti i democratici cristiani italiani aperti alla collaborazione con altre componenti politico culturali che condividono i principi dell’umanesimo cristiano, alternativi alle chiusure di quanti, guidati da logiche sovraniste e nazionaliste, intendono distruggere quanto di positivo ha rappresentato e ancora potrà rappresentare l’Unione europea riformata sui valori dei padri fondatori.
Insieme condividiamo il documento politico approvato dal PPE nel recente congresso di Helsinki : per un’Europa sicura che coopera con l’Africa con un forte “Piano Marshall”, un’Europa per tutti: prospera e giusta; un’Europa sostenibile; un’Europa che difenda i nostri valori e i nostri interessi nel mondo. Consapevoli dei gravi rischi che l’umanità e il pianeta stanno correndo sul piano ambientale e della stessa sopravvivenza delle specie viventi, siamo impegnati a tradurre nella città dell’uomo gli orientamenti pastorali della Chiesa indicati da Papa Francesco nell’enciclica “Laudato si”
 Sulla base di tale condivisone siamo disponibili a concorrere insieme con quanti si riconoscono nello stesso documento alle prossime elezioni europee del 23-26 Maggio 2019.
Facciamo appello a tutte le associazioni, movimenti, gruppi dell’area cattolica e popolare, alle donne e agli uomini amanti della libertà e ispirati dai valori dei “ Liberi e Forti” affinché contribuiscano a sostenere una nuova classe dirigente sotto le insegne del Partito Popolare Europeo.
Trattasi di un documento aperto all’adesione di quanti si riconoscono nei valori del popolarismo italiano ed europeo senza lo sguardo rivolto all’indietro, ma desiderosi di concorrere alla ricostruzione dell’Unione europea secondo i principi dei padri fondatori.
Il 18 Gennaio 2019, nel centenario dell’”appello ai Liberi e Forti” di don Luigi Sturzo e a venticinque anni esatti della fine politica della DC ( Consiglio nazionale della DC, 18 Gennaio 1993) celebreremo tuti INSIEME quella data e da lì partirà ufficialmente la campagna dei Popolari italiani uniti sotto la stessa insegna e sulla base del patto programmatico sottoscritto.

Ettore Bonalberti
Vice Segretario della DC
Venezia, 14 Dicembre 2018

 


 

     

 

 

14 Novembre 2018

Da Venezia si annuncia uno squillo

Mi è giunto gradito un invito dall’amico On Gianfranco Rocelli di un seminario che si terrà Venerdì 23 Novembre alle ore 17 a Scorzè, presso la sala Eugenio Gatto in Via Roma,80.

Tema del seminario: “ Vincenzo Gagliardi e i cattolici democratici a Venezia nel secondo dopoguerra”. Organizzatori dell’evento il Comune di Scorzè, che sarà presente con il Sindaco, avv. Giovan Battista Mestriner, e l’associazione” I popolari Venezia” con alcuni loro rappresentanti: Luigino Busato, Marino Cortese, Anna Maria Giannuzzi Miraglia e Franco Borga.

Già il titolo  del seminario, con riferimento a Vincenzo Gagliardi e il nome della sala dedicata al compianto Neno Gatto, il ministro dell’attuazione delle Regioni (anno 1970), hanno suscitato in me molti ricordi, essendo stati entrambi, maestri e guide politiche negli anni della mia giovinezza e dei primi contatti nel partito della Democrazia Cristiana veneta e nazionale.

Gagliardi lo conobbi a Roma al Congresso della DC (1964), quello nel quale, sentiti gli interventi di Carlo Donat Cattin, di Riccardo Misasi  e dello stesso Gagliardi, pur provenendo da Rovigo, terra di assoluto dominio doroteo con Bisaglia e la Coldiretti, scelsi e lo fu per sempre, di militare nell’appena nata corrente di Forze Nuove.

E da lì iniziò il mio lungo impegno nella sinistra sociale della DC, che aveva nella DC di Venezia, l’unico riferimento correntizio omogeneo, essendo l’unica provincia nella quale la segreteria provinciale era passata con Gagliardi alla responsabilità della sinistra interna.

 I frequenti incontri regionali mi fecero conoscere, dapprima i coetanei Rocelli e Cortese e con loro, Alfeo Zanini, Eugenio  Gatto, Giorgio Longo, Mariano Baldo, Piero Coppola, Ferdinando Ranzato,  Giorgio Zabeo e tanti altri, i quali, trasferitomi a Mestre (1983) divennero colleghi e soci a tutti gli effetti della DC veneziana.

E proprio insieme a questi amici ho vissuto l’ultima ventennale esperienza della DC, sino alla sua scomparsa politica (1993). Una scomparsa tanto più dolorosa perché compiutasi senza un’adeguata azione di difesa e di impegno combattente, come quello che con Gianfranco Rocelli chiedemmo in una lettera accorata, senza risposta, inviata in quei drammatici giorni al segretario nazionale De Mita.

L’idea di un seminario per ricostruire la storia di una fase importante della nostra vicenda politica democratico  cristiana a Venezia, mi sembra possa lodevolmente inserirsi in quel mosaico di iniziative che, seppur disordinatamente e senza ancora un filo conduttore dirigente, si sta costruendo in varie parti d’Italia.

La condizione di anomia sociale, culturale, politica e istituzionale, il deserto delle culture politiche che fecero grande l’Italia ( quinto o sesto posto tra le potenze industriali mondiali), è ben rappresentata, da un lato, dalla scarsa partecipazione politica che nelle recenti elezioni  ha sfiorato il 50%, e, dall’altra, dall’emergere di una classe dirigente di “ homines novus” di cui constatiamo ogni giorno di più la loro inadeguatezza  e incompetenza rispetto alle grandi responsabilità  che sono stati chiamati a esercitare.

E allora, in attesa che avvenga il miracolo di una ricomposizione culturale e morale, prima ancora che politico organizzativo, non è un caso che ci si volti a ripensare quello che siamo stati e a riscoprire un po’ di quella passione civile alta e forte con cui conducemmo la nostra testimonianza politica ai diversi livelli istituzionali.

Impegnato come sono dal 1994 da “ DC non pentito”,  per concorrere  alla ricomposizione dell’area democratico cristiana, di un partito, la DC , “ mai giuridicamente sciolto”, secondo la sentenza definitiva della Cassazione, plaudo a questa bella iniziativa degli amici dell’associazione “i Popolari Venezia”, augurandomi che,  al di là della pur comprensibile e lodevole testimonianza politico culturale, si possano ritrovare le ragioni per rimetterci a costruire insieme il nuovo soggetto politico cristianamente ispirato.

Contro il sovranismo e il nazionalismo oggi prevalenti, serve una forza politica di centro autonoma, democratica e popolare, ispirata ai valori dell’umanesimo cristiano, europeista e transnazionale, inserita a pieno titolo nel PPE, da far tornare ai principi dei padri fondatori DC dell’Europa: Adenauer, De Gasperi, Monet e Schuman.

Serve un’Europa federale degli stati nazionali, sottratta al dominio dei poteri del turbo capitalismo finanziario,  impegnata a realizzare politiche ispirate ai principi della solidarietà e della sussidiarietà propri della dottrina sociale cristiana. Economia civile e sociale di mercato alternativa a quella dettata dalle multinazionali finanziarie, padrone della city of London e con sede fiscale nel Delaware (USA) a tassazione zero. Questo è l’obiettivo che come DC, ricostruita giuridicamente nei suoi organi, ci proponiamo .

Come negli anni 60, con Vladimiro Dorigo e Gagliardi, la DC veneziana fu antesignana per l’avvento di cose nuove nella politica italiana, saremmo lieti che proprio da Venezia e dal Veneto potesse ripartire quest’azione di ricomposizione dell’area popolare di cui l’Italia e l’Europa hanno un’assoluta necessità.

Ettore Bonalberti
Vice Segretario nazionale della DC

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10 Novembre 2018

Direzione nazionale della DC
10 Novembre 2018

 

Si è riunita in data odierna a Roma, la direzione nazionale della Democrazia Cristiana che ha deciso l’apertura del tesseramento al partito sia per i soci che confermarono l’adesione alla DC nel 2012, sia a quelli che erano iscritti al partito nel 1992-93, anno nel quale si concluse politicamente l’esperienza della DC storica, ma non quella giuridica  (“partito mai giuridicamente sciolto) secondo la sentenza della Cassazione. Il tesseramento è, infine, aperto a tutte le elettrici ed elettori e ai giovani che abbiano compiuto i 16 anni di età interessati a concorrere alla ricostruzione politica del partito dei cattolici democratici.

Guidata dal neo segretario del partito, Renato Grassi, la direzione  ha proceduto all’elezione dell’ufficio politico che risulta così composto:
Renato Grassi, segretario nazionale,  Gianni Fontana. Presidente del consiglio nazionale, Nicola Troisi, segretario amministrativo e rappresentante legale del partito,
Quattro vice segretari: Alberto Alessi,  Luigi Baruffi (responsabile dipartimento elettorale), Danilo Bertoli, Ettore Bonalberti (responsabile dipartimento esteri),  e da Mauro Carmagnola (dipartimento politiche sociali), Antonio Fago ( responsabile dipartimento organizzativo), Franco De  Simoni (responsabile dipartimenti Enti Locali), Raffaele Cerenza (responsabile dipartimento patrimonio beni materiali e immateriali).
Nella prossima riunione della direzione si procederà alla nomina degli altri incarichi della giunta esecutiva.
La direzione ha deliberato con voto unanime di dare immediato mandato al segretario amministrativo di assumere tutte le azioni più opportune per il recupero della piena e totale disponibilità dell’uso esclusivo dello scudo crociato e per impedirne l’illegittima e confusionaria utilizzazione da parte di altri gruppi e movimenti.
Ripristinato l’utilizzo degli uffici presso la sede storica del partito a piazza del Gesù a Roma..
Sulla base  della linea politica presentata al congresso del partito il 14 ottobre e ribadita al consiglio nazionale del 27 ottobre scorso dal segretario Renato Grassi, la direzione  ha confermato  che la DC intende, da un lato, ricostruire una presenza capillare del partito in sede locale, con ampia sperimentazione di formule innovative di partecipazione politica ( cenacoli popolari, comitati civico popolari, altri modelli) per allargare l’area del popolarismo e dell’associazionismo cattolico, aperta alla collaborazione con quella liberal democratica. Obiettivo: concorrere alla costruzione di una vasta alleanza  laica, democratica, popolare, ispirata ai valori dell’umanesimo cristiano, europeista e trans nazionale. Un partito di centro, alternativo al sovranismo nazionalista e alla sinistra, inserito a pieno titolo nel PPE da far tornare ai principi dei padri fondatori: Adenauer, De Gasperi. Monet e Schuman.

La DC è impegnata a redigere una piattaforma programmatica rispondente alle attese dei ceti medi produttivi e di quelli popolari dei “diversamente tutelati”,  attorno alla quale dar vita a un patto federativo con quanti condividono il progetto di riforma dell’Unione europea  secondo i principi di solidarietà e sussidiarietà; un’ Europa federale degli stati, liberata dagli eccessivi vincoli tecnocratici e sottratta all’attuale dominio dei poteri finanziari .

A quel 50% di sfiduciati e renitenti al voto nelle ultime competizioni elettorali la DC intende proporsi come il luogo della partecipazione democratica ispirata dalla fedeltà alla costituzione e ai principi della dottrina sociale cristiana.

Ufficio stampa della Democrazia Cristiana
Roma, 10 Novembre 2018

 

 

     

 

 

4 Novembre 2018

Dopo i cataclismi ambientali d’autunno

 

Le notizie gravissime collegate ai cataclismi che hanno colpito dal 29 ottobre scorso diverse regioni del nostro Paese, con particolare riferimento al Triveneto e alla Sicilia, credo impongano una seria riflessione alla classe dirigente del nostro Paese che dovrebbe assumere due impegni non più rinviabili:

  1.  che l’Italia cessi finalmente di essere “ il Paese delle inaugurazioni e non delle manutenzioni” ( Leo Longanesi)
  2. assumere  la difesa idrogeologica al centro dell’interesse nazionale.

Di fronte agli enormi danni ambientali cui stiamo assistendo si metta fine alle  polemiche nel governo. C'é un enorme problema di messa in sicurezza idrogeologica del Paese. Tutte le risorse disponibili siano utilizzate per risolvere questa drammatica emergenza nazionale. Altro che reddito di cittadinanza (9 miliardi); si utilizzino le risorse per interventi di sistemazione idraulico forestale con cantieri di lavoro al Nord e al Sud per giovani e adulti impegnati in un'opera di difesa e ricostruzione ambientale dell'Italia. E l'Europa si dimostri finalmente madre e non matrigna.

Nel Luglio 2017 ho redatto una nota che conserva intatta la sua attualità e che mi permetto di riproporre all’attenzione dei miei lettori.

Un grande Piano nazionale di protezione civile

“Paese di inaugurazioni e non di manutenzioni”, così Leo Longanesi scriveva dell’Italia e, mai come oggi, quella sua triste connotazione del nostro Paese risulta così appropriata.
Incendi boschivi dolosi ( perché non esistono in realtà fenomeni di autocombustione) che , secondo la stima di Legambiente “solo in questo primo scorcio di estate 2017, da metà giugno ad oggi, sono andati in fumo ben 26.024 ettari di superfici boschive, pari al 93,8% del totale della superficie bruciata in tutto il 2016”; carenza idrica causata dalla siccità e dalla vetustà di una rete idrica che secondo le stime del Censis è soggetta a una perdita d’acqua di almeno il 32%; frequenti succedersi di disastrose alluvioni, frane e la drammatica realtà di un dissesto idrogeologico che è la condizione prevalente in vaste aree del nostro territorio nazionale.

Se a questi eventi, le cui cause sono ampiamente riconducibili alla responsabilità di noi cittadini, massime quelle di chi è titolare di funzioni politico istituzionali, aggiungiamo  i  frequenti terremoti che sconvolgono intere comunità locali, l’Italia mostra sempre più l’immagine di un Paese totalmente alla deriva.

Con un patrimonio edilizio  storico e  artistico culturale tra i più importanti nel mondo,  mai analizzato nella sua reale capacità di resilienza e strutture abitative accumulate nei secoli, comprese le ultime, poche, costruite secondo regole antisismiche solo di recente obbligatorietà normativa, siamo obbligati a redigere “la carta di identità degli edifici” e a sviluppare un piano di interventi a medio lungo periodo per la preventiva sistemazione strutturale del nostro immenso e assai fragile patrimonio edilizio. Contro la furia sin qui imprevedibile dei terremoti poco o nulla possiamo fare, ma contro l’imprudenza e l’ignavia degli uomini, compresa quella dei responsabili istituzionali di scarsa visione strategica, abbiamo il dovere di reagire e assumerci tutti insieme le nostre responsabilità.

Ho avuto la fortuna di conoscere da vicino la realtà del sistema forestale italiano, avendo diretto per quindici anni l’Azienda regionale delle foreste della mia Regione, il Veneto, e, successivamente quella della protezione civile di una delle regioni leader, la Lombardia, nella quale ho svolto la funzione di direttore generale dell’assessorato regionale delle opere pubbliche, politiche per la casa e protezione civile.

Sul sistema forestale la mia lunga battaglia condotta con il compianto gen. Alfonso Alessandrini, capo del CFS da lui difeso strenuamente sino alla sua scomparsa, per superare l’assurda dicotomia esistente tra le vecchie competenze e funzioni del Corpo Forestale dello Stato e dell’Azienda di Stato per le foreste demaniali con quelle affidate dalla Costituzione alle Regioni, è miseramente finita con il semplice assorbimento del fu CFS nell’arma dei carabinieri, senza dare soluzione efficiente ed efficace alla frammentazione delle politiche regionali forestali prive di un reale coordinamento strategico.
Unica lodevole eccezione,  il permanere di quel  ancorché debole strumento di scambio di informazioni tecnico specialistiche rappresentato dall’ANARF ( Associazione Nazionale delle Attività Regionali Forestali) che abbi l’onore di avviare con l’amico scomparso Sergio Torsani, presidente dell’Azienda regionale delle foreste di Regione Lombardia.

Le esperienze da me maturate a contatto delle realtà forestale italiana e la diretta funzione di guida amministrativa della protezione civile in una realtà tra le più avanzate del Paese, mi hanno permesso di formulare a suo tempo un vero e proprio Piano per la difesa della montagna e della nostra sicurezza idraulica, che denominai PRO.MO.S. ( Progetto Montagna Sicura). Un Piano che non si è mai potuto realizzare perché si sa “ gli alberi non votano” e i tempi per la difesa del territorio sono troppo lunghi rispetto a quello di interesse dei politici dal corto respiro.

Gli obiettivi del progetto PRO.MO.S. erano quelli  di definire linee strategiche per la sicurezza in montagna e di promuovere interventi coordinati nell’ambito di una pianificazione a scala di bacino idrografico.

Nel campo della protezione del territorio, in particolare dai rischi di tipo idrogeologico, tutte le iniziative dovrebbero essere orientate alla sostituzione dell’attuale approccio “reattivo”, basato prevalentemente sulla gestione dell’emergenza, con un approccio di tipo “proattivo”, basato sulla prevenzione, cioè sulla pianificazione e realizzazione di attività atte a ridurre il rischio di accadimento di eventi calamitosi e comunque di limitarne gli effetti dannosi. In questa ottica si possono identificare alcune specifiche tematiche di studio e di intervento:

  1.  Monitoraggio di parametri idrologici e geologici

 

L’acquisizione di misure, anche in tempo reale, su parametri idrologici e geologici caratteristici dei fenomeni naturali che possono innescare situazioni di rischio rappresenta sicuramente una delle prime priorità. Una componente rilevante dell’incertezza nella valutazione del rischio, soprattutto di tipo idrologico e idrogeologico, deriva dalla mancanza di dati sufficienti sull’evoluzione nel tempo di elementi dinamici del territorio, quali versanti e corsi d’acqua. Attività di razionalizzazione, coordinamento e potenziamento delle attuali reti di misura (le diverse ARPA regionali , Consorzi, Centri di monitoraggio, ecc.) sarebbero quindi auspicabili, soprattutto in un’ottica di benefici di lungo periodo. 

  1. Analisi e mappatura dei rischi naturali

 

L’organizzazione della conoscenza del territorio è il primo strumento operativo per l’analisi e quindi a prevenzione dei rischi naturali. Le iniziative in questa direzione là dove sono state avviate, dovrebbero essere potenziate e coordinate in un programma a lungo termine, in modo da perfezionare la mappatura del rischio di dissesto territoriale. Nell’analisi delle aree di rischio è particolarmente importante l’approfondimento delle possibili interazioni tra i diversi tipi di rischio, in una visione integrata delle problematiche legate sia alla erosione dei versanti e dell’assetto idrogeologico del reticolo idrografico.

 

  1. Definizione di piani di gestione delle emergenze in caso di disastri naturali

.             I piani di emergenza  rappresentano strumenti nel contempo delicati ed indispensabili per una razionalizzazione  del soccorso qualora dovesse verificarsi una calamità. La normativa vigente in materia definisce quelli che sono gli obiettivi che attraverso questi piani bisogna  raggiungere, ma manca una standardizzazione della loro stesura e dei contenuti che sono indispensabili per attivare la complessa macchina della Protezione Civile in situazioni di emergenza. Pertanto un approfondimento di queste tematiche, nonché la definizione di linee guida  da seguire in tali Piani diviene un obiettivo prioritario in questo settore.

 

  1. Definizione di linee guida di intervento mirati alla riduzione dei rischi

La definizione di linee guida per la realizzazione di interventi di tipo proattivo per la riduzione dei rischi consente da un lato di controllarne l’efficacia operativa, dall’altra di orientare la loro pianificazione, inserendoli in un contesto razionale e omogeneo a scala di bacino idrografico. In condizioni di risorse limitate, risulta anche importante l’individuazione delle priorità d’intervento, in base sia alla probabilità di accadimento dei vari tipi di eventi disastrosi, sia alle loro conseguenze sul territorio.

Credo che, data l’urgenza della situazione italiana,  sarebbe quanto mai opportuno riproporre quelle linee guida ed avviare un grande Piano di Servizio Civile nazionale da coordinare con e nelle diverse realtà regionali, orientato a progetti di riforestazione tanto più urgenti, dopo le sciagurate distruzioni boschive di quest’estate e tuttora in corso, e per la difesa idrogeologica nazionale non più rinviabile.

Con una disoccupazione giovanile che sfiora e in talune aree supera il 40%, questo Piano nazionale potrebbe rappresentare un’utile occasione per offrire alle nuove generazioni la possibilità di mettere in campo le diverse attitudini e/o di acquisirne di nuove, in un ambito, la difesa del territorio, di cui l’Italia ha assoluta necessità primaria.

Solo così potremo sfatare la diagnosi di Longanesi e far diventare finalmente l’Italia “un paese di manutenzioni e non solo di inaugurazioni”. Certo servirebbe una diversa classe dirigente dedita veramente al bene comune e non alla mera sopravvivenza autoreferenziale nei luoghi privilegiati del potere. Di questa, però, saranno i cittadini elettori a definirne a breve le future identità.

Ettore Bonalberti
Venezia, 23 Luglio 2017

 

 

     

 

 

23 Ottobre 2018

La lezione del Trentino

 

Nel Trentino trionfa il centro destra a trazione turbo leghista e Forza Italia scompare. In Alto Adige è forte il calo della SVP, con la Lega primo partito a Bolzano e crollo del PD. Serve ricostruire un forte centro di ispirazione cattolica popolare perno di una reale alternativa democratica al governo giallo verde. Ho sintetizzato così sul mio profilo di facebook il risultato elettorale del Trentino Alto Adige.

Una realtà sin qui dominata a Trento dal centro sinistra e a Bolzano e nell’Alto Adige dalla Volkspartei, ha visto il netto prevalere della Lega a Trento con una valanga di voti e a Bolzano, primo partito; il consistente calo della VSP che, comunque tiene oltre il 40% nel suo feudo altoatesino, e la fine in pratica dell’esperienza di Forza Italia totalmente assorbita dalla Lega. Rilevante, infine, il crollo verticale del PD.

Altro elemento da considerare: la dispersione del voto cattolico, in assenza di un contenitore credibile dopo che, per molti anni, la vecchia area DC di sinistra di Lorenzo Dellai, era stata sostenuta alla guida della provincia di Trento dal PD e dalla sinistra.

Se, da un lato, il voto consistente alla Lega da parte di una società molto tutelata dalla legislazione speciale, che garantisce a quella regione la più ampia specialità con tutte le competenze statali, tranne quella dell’esercito, è l’espressione di un comun sentire nella difesa egoistica del “particulare” minacciato dai “foresti”, così come rappresentato nella narrazione salviniana; dall’altro, gli elementi rilevanti di quel voto sono: il crollo del PD e lo sfarinamento del voto cattolico.

Quanto al M5S nel voto trentino abbiamo assistito alle prime conseguenze della difficoltà di tenuta di un partito-movimento senza regole democratiche interne, etero guidato a livello nazionale. E’ bastata la defezione di un leader naturale e popolare locale, come già accaduto a Parma, per la riduzione del voto al movimento sotto la doppia cifra.

Sul crollo del PD riconosciamo il fallimento del progetto originario di unificazione del vecchio troncone comunista con quello che era rimasto della vecchia sinistra DC morotea e basista. Un fallimento che gli amici de “ La rosa bianca” da qualche tempo vanno denunciando, fino ad assumere una posizione autonoma e critica collegata alla necessità di un ritorno ai fondamentali popolari della dottrina scoiale della Chiesa. Tentativo ben presente e interessante per quanti come noi, “DC non pentiti”, sono impegnati nel progetto di ricomposizione dell’area popolare italiana.

Un discorso del tutto particolare e speciale va fatto, infine, sulla dispersione del voto cattolico nella patria di uno dei fondatori e padri della DC italiana: Alcide De Gasperi.

A parte il lodevole tentativo dell’amico Ivo Tarolli di dar voce a una parte importante dell’area popolare, ahimè senza successo, dal Trentino emerge chiara la necessità di ripensare globalmente a un nuovo soggetto politico “ampio, plurale, laico, democratico, popolare, europeista, trans nazionale,  impegnato a tradurre nella “città dell’uomo” gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa, in dialogo privilegiato con il PPE”.

Trattasi di quel soggetto che insieme proprio a Tarolli, Mario Mauro, Giorgio Merlo, Gianni Fontana, Domenico Menorello e altri, avevamo definito a Verona nel seminario dei Popolari il 23 Giugno scorso..

Con la DC, dopo la conclusione unitaria del congresso di Domenica 14 ottobre sancita dall’accordo tra Renato Grassi e Gianni Fontana, stiamo costruendo il primo tassello di un mosaico più grande che, con una classe dirigente rinnovata, saprà offrire agli italiani una nuova speranza. Come seppe fare la DC storica, sarà essenziale proporre una forte alleanza tra i ceti medi produttivi e le classi popolari dei "diversamente tutelati", lontani dalla "casta" e dal quarto " non Stato". Un'offerta  politica in grado di corrispondere agli interessi e ai valori del 50% degli elettori sin qui renitenti al voto.

Ci auguriamo che, anche sulla base delle indicazioni del voto del Trentino, si ponga fine a ogni altro ostacolo che ha sin qui caratterizzato la lunga stagione della  diaspora democrati co cristiana e dal Nord al Sud dell’Italia si ricomponga l’unità di un’area politico culturale alternativa ai disvalori dei sovranisti-nazionalisti, capace di proporre politiche economiche e sociali ispirate dai principi di solidarietà e sussidiarietà propri della dottrina sociale cristiana.

Ettore Bonalberti
Presidente di ALEF ( Associazione dei Liberi e Forti)
Consigliere nazionale DC

Venezia, 23 Ottobre 2018

 

     

 

 

20 Ottobre 2018

Una fase delicata per l’Italia

 

Salvini non vuol passare per “fesso” e Di Maio da “bugiardo”. Per interpretare il contratto  giallo verde, più che Giuseppe Conte, “l’avvocato del popolo”, servirebbe un notaio. Si è chiusa così, ieri sera, la disputa tra Lega e M5S sul decreto di condono fiscale. A un passo dalla crisi di governo è intervenuto il premier Conte con la convocazione per oggi di un vertice di maggioranza e del consiglio dei ministri.

In serata poi la mazzata dell’agenzia di rating Moody’s, con un declassamento  dei titoli dell’ Italia a un livello poco superiore a quello di “spazzatura”. Sarebbe il baratro definitivo che impedirebbe ogni ulteriore intervento della BCE nell’acquisto di titoli di Stato del nostro Paese.

Il capo del governo ha commentato col suo solito ottimismo di maniera: “ l’avevamo previsto”. Un giudizio che, pronunciato da un signore che a BXL aveva cercato di convincere i nostri partner europei sulla bontà della manovra di bilancio,  con la semplice definizione che trattasi di una “manovra bella”, lascia basiti più che i mercati finanziari, che si pronunceranno già Lunedì prossimo, tutti noi  disgraziati cittadini di questo povero Paese.

Stanno venendo al pettine i nodi di un’alleanza di governo espressione del peggior trasformismo politico parlamentare, frutto dell’esito del voto ambiguo del 4 marzo scorso e di un sistema elettorale bislacco da rivedere. La ragione di quanto sta accadendo nel rapporto tra grillini e leghisti va ricercata nella diversità di interessi e valori esistente tra i due partiti,  ossia sui fondamentali su cui regge la politica,.

Se sui valori l’accordo è intervenuto sulla base della comune visione sovranista e antieuropea dei due movimenti, su quello degli interessi la divergenza verte su quelli dei diversi blocchi sociali ed economici di riferimento.

Riprendendo la mia “teoria dei quattro stati” che, in maniera euristica, cerca di interpretare, seppur  riduttivamente, la realtà sociale italiana ricorderò in estrema sintesi:

Il primo Stato, quello della casta, è formato da oltre un milione di persone che vivono attorno alla politica e alle istituzioni, con laute prebende e benefits diversi. E’ l’aristocrazia dell’ancien regime trasferita nel XXI secolo.

Il secondo Stato è quello dei diversamente tutelati, che contiene l’intervallo compreso tra le alte gerarchie pubbliche ( magistratura, alta dirigenza burocratica dello Stato e degli enti pubblici statali, parastatali e degli enti locali) sino all’ultimo gradino della scala rappresentato dai cassaintegrati e disoccupati con indennità e a quello dei senza tutela, come gli esodati e i disoccupati senza indennità.

Il terzo stato è quello che produce la parte prevalente del PIL: PMI con i loro dirigenti e dipendenti, agricoltori, commercianti, artigiani, liberi professionisti. La struttura  portante dell’intero sistema.

Con le nuove norme comunitarie si scopre l’esistenza del quarto Stato o, se meglio si vuole definirlo “ il quarto non Stato” , un settore che potremmo qualificare come l’extra o l’anti Stato, rappresentato dal lavoro nero, droga, prostituzione, contrabbando.

Trattasi di un settore il cui valore dell’attività economica è stimato in circa 200 miliardi di euro che, in base alle nuove norme europee, buon per il governo, farebbe calare il rapporto deficit/PIL dello 0,2 %, ancora insufficiente secondo quando concordato con l’Unione europea a fronte dello scostamento indicato nel DEF del 2,4 %. Un settore fuori da ogni regola,  che preleva  ricchezza dal sistema e in larga parte la rimette in circolo sotto forma di consumi, risparmi e investimenti diversi, sottraendosi a ogni controllo e incidendo, comunque, in maniera significativa sul sistema stesso e non solo sul piano economico e sociale, ma anche per le sue nefaste incidenze sul piano politico e dei condizionamenti nelle istituzioni……

Da questa rappresentazione appare evidente che, fatte salve le realtà della casta e del quarto non stato, entrambe in grado di sopravvivere a qualsiasi  mutamento socio politico che non sia tipo rivoluzionario, mentre il Movimento Cinque stelle ha saputo raccogliere il voto di larga parte dei “diversamente tutelati”, soprattutto dalla stragrande maggioranza dei diseredati del nostro meridione attratti dalla promessa del “reddito di cittadinanza”, la Lega ha fatto breccia sul consenso prevalente del “terzo stato produttivo” e una parte dei “diversamente tutelati” i cui interessi, nelle condizioni oggettive di disponibilità finanziarie dell’Italia, non possono che confliggere con le esigenze dei primi.

Milton Friedman ammoniva: “ se tu paghi la gente che non lavora e la tassi  quando lavora, non esser sorpreso se produci disoccupazione”. E’ un aforisma di base di ogni politica economica, troppo lontano dalle competenze incerte di questi giovani senz’arte né parte catapultati a Palazzo Chigi, che più che la sede di un governo della Repubblica, sembra trasformarsi ogni giorno di più in una gabbia di matti.

In queste  condizioni si potrà anche galleggiare sino al voto delle europee, sperando nel miracolo delle promesse annunciate e obbligatoriamente da soddisfare, seppur parzialmente, ma è evidente che il governo non potrà durare. Sarà molto importante accertare come reagirà quel 50% di elettori che il 4 marzo scorso furono renitenti al voto, ma per questi credo che sarà indispensabile proporre una seria e credibile alternativa democratico popolare fondata su culture politiche forti, come quelle del riformismo cattolico, democratico e liberale.

Ettore  Bonalberti
Consigliere nazionale DC
Venezia, 20 Ottobre 2018

 

 

 

     

 

 

18 Ottobre 2018

Stato dell’arte della DC storica

 

Nel 2012 più di 1700 amici DC confermarono, con autocertificazione sottoscritta a norma di legge, la loro adesione al partito di cui erano stati soci sino al 1992-93.
Con il disposto del giudice dr Romano del tribunale di Roma che autorizzò lo svolgimento dell’assemblea del 26 Febbraio 2017 all’Ergife, nella quale eleggemmo nella carica di Presidente l’amico Gianni Fontana, quei 1750 superstiti sono riconosciuti come gli eredi legittimi della DC storica.
La DC storica, in base alla sentenza n.25999 del 23.12.2010 della Cassazione assunta a sezioni civili riunite in maniera definitiva e inappellabile,  “ non è mai stata giuridicamente sciolta” e unici eredi sono i soci che ne hanno confermato e mantenuto  l’iscrizione nel 2012.
Siamo consapevoli di essere ben poca cosa rispetto alla grande storia del partito, ma anche consapevoli di rappresentare l’ultima fiammella senza la quale la DC, giuridicamente mai defunta, non potrebbe più tornare in campo politicamente.
Domenica 14 Ottobre abbiamo concordato una soluzione unitaria del congresso nazionale, con cui abbiamo eletto alla segreteria del partito Renato Grassi e Sabato 24 ottobre prossimo eleggeremo Gianni Fontana alla presidenza dl Consiglio nazionale della DC.
E’ finito il tempo delle divisioni e delle “narrazioni contro qualcuno” e si volta pagina. E’ questo il tempo dei costruttori che intendono concorrere alla ricomposizione politica  dell’area cattolica e popolare.
Sappiamo che il 50% che è andato a votare il 4 Marzo scorso  ha scelto la strada della protesta su fronti diversi, per trovarsi poi  a Palazzo Chigi il governo trasformista giallo verde che nessuno aveva votato.
Il restante 50 % renitente al voto non trova più rappresentanza dei propri interessi e valori nel deserto attuale della politica italiana, dove si assiste allo sfascio della sinistra e di ciò che è rimasto della realtà berlusconiana.
Serve una forte componente di centro democratica e popolare ispirata ai valori dell’umanesimo cristiano e impegnata nella difesa e nell’ attuazione integrale della Costituzione.
Con Grassi e Fontana abbiamo avviato un percorso che, attraverso l’incontro con tutte le diverse parti dell’area cattolica e popolare, intende concorrere alla costruzione di un soggetto  nel quale “possano coordinarsi, liberamente e senza predefinite gerarchie organizzative, le diverse esperienze presenti in Italia che si rifanno ai valori della sussidiarietà. Un soggetto politico ampio, plurale, laico, democratico, popolare, europeista, trans nazionale, impegnato a tradurre nella “città dell’uomo” gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa, in dialogo privilegiato con il PPE.”
Questa è la sfida che democraticamente ci sentiamo di lanciare all’attuale coalizione di governo espressione del peggior trasformismo politico italiano.
Domenica scorsa abbiamo approvato con l’elezione di Renato Grassi alla segreteria nazionale il seguente Documento a sostegno della candidatura di Renato Grassi alla segreteria della DC- XIX congresso nazionale-Roma 14 ottobre 2018

L’esperienza democristiana è stata la più straordinaria e significativa avventura politica del secolo scorso.

Oggi che tale filone ideale e culturale, che unì anche e non solo i cattolici laici e i laici cattolici, è spento alla camera dei deputati e al senato della repubblica, il paese sente il vuoto senza speranza di tale rappresentanza. Dove sono le nostre intelligenze? Le nostre passioni? Di cosa abbiamo timore?

Va riproposto un progetto di società nel quale i diritti di tutti vengano difesi e i doveri di tutti attuati: insomma una nuova fase costituente dei doveri.
Vanno perciò superati le tentazioni nostalgiche accompagnate da silenziose lamentele.
E se i democristiani vorranno tornare ad essere protagonisti per il bene del paese, è giusto e necessario che, fin da questo XIX° congresso nazionale, la DC sia una tenda, un luogo includente e aperto a tutti i democristiani, senza costruzione di confini, senza preclusioni ed esclusioni. Un luogo politico aperto ai movimenti e alle associazioni di cattolici morali e cattolici sociali, come giustamente ci invita a fare il presidente della CEI, cardinale Bassetti, e aperto  ai movimenti laici di ispirazione cristiana.

 Ecco perché va sottoposta a verifica la possibilità di ricostruire-sotto l’unico nome e simbolo dello scudo crociato nella memoria dei Padri Fondatori che hanno fatto la Democrazia Cristiana- l’unità di tutti i democristiani che sino ad oggi, in differenti modi e con diverse iniziative, hanno tuttavia tenuto desto il nome della DC dopo la diaspora del 1994.
Si tratta di ritornare INSIEME a quell’antico e nobile progetto culturale, sociale, economico politico ed etico dei “Liberi e Forti”.
Primo frutto del congresso sarà il tesseramento aperto a tutti coloro che vorranno partecipare a questo progetto e assumere sul serio “la politica come la più alta forma della carità” (PaoloVI) orientati dalla stella polare della Dottrina Sociale della Chiesa aderendo allo statuto e al codice etico della DC..
Coloro che per anni hanno speso con sacrifici tutte le loro energie per tenere in vita una piccola luce che ha illuminato la DC, oggi possono e devono trasformare tale luce in un faro, in modo d rendere visibile e chiaro che i democristiani  accoglieranno tutti coloro che, animati dallo stesso spirito,  vorranno “lavorare INSIEME per il bene comune dell’Italia senza partigianeria, con carità e responsabilità, senza soffiare sul fuoco della frustrazione e della rabbia sociale” (card.Bassetti).
I delegati eletti dai congressi provinciali  e regionali del partito che rappresentano i soci che nel 2012 decisero di confermare la loro adesione alla DC, sulla base del disposto del giudice Romano  sono i legittimi rappresentanti e continuatori della dc storica.
Il valore dell’unità raggiunta determinatasi nel congresso sull’inclusione dell’esperienza di Gianni Fontana e con il proposito di svilupparla ed accrescerla costituisce la base per la ripresa di iniziativa politica dei cattolici democratici e per la ricomposizione dell’area popolare italiana. Il principio che ci guiderà, come è stato nella storia della migliore  DC,  è di “ servire all’interesse del Paese” corrispondente alla stessa Democrazia Cristiana.

Noi veneti, delegati della regione al Congresso, siamo stati tutti eletti nel Consiglio nazionale della DC:
Rovigo. Grazia Maria Panin
Padova: Mauro De Fecondo
Rovigo. Grazia Maria Panin
Treviso: Roberto Zarpellon
Venezia. Ettore Bonalberti, Luciano Finesso, Piergiovanni Malvestio e Giorgio Zabeo
Verona: Gianni Fontana, Lia Monopoli, Amedeo Portacci
Vicenza: Luigi D’Agrò, Stefano Cimatti e Cipriano Rossi

Venezia, 18 Ottobre 2018

 

     

 

 

24 Settembre 2019

Verso il Congresso nazionale della DC


In questi giorni si stanno completando tutti i congressi provinciali e regionali della DC per eleggere i delegati che parteciperanno, il prossimo 6 ottobre a Roma, al XIX Congresso nazionale del partito. Completeremo così l’iter indicatoci dal giudice  Romano del tribunale di Roma, il quale autorizzò l’assemblea  dei soci DC che, il 26 Febbraio 2017, elessero alla presidenza del partito, Gianni Fontana.

IL 6 Ottobre eleggeremo secondo le norme statutarie tutti gli organi del partito, dando finalmente pratica attuazione alla sentenza della suprema Corte di Cassazione n.25999 del 23.12.2010 con cui, confermando la sentenza della Corte di Appello di Roma, vennero respinte le presunzioni di eredità della DC che i diversi contendenti si attribuivano, per la semplice ragione che “ la DC non è mai stata giuridicamente sciolta”.

Molti di quei ricorrenti non si arresero a quella sentenza definitiva e inappellabile, continuando un contenzioso che ci ha trascinato più volte nei tribunali, mentre la nostra rappresentanza istituzionale scompariva o, peggio, si annullava  nella commistione infelice con altri partiti di destra o di sinistra, sostanzialmente ridotta all’irrilevanza.

Ora, con la buon volontà di tutti, ci auguriamo che con la conclusione del nostro percorso avviato nel 2012, si possa compiere il miracolo per cui ci battiamo da oltre vent’anni; ossia la ricomposizione dell’area popolare e il ritorno in campo della cultura politica cattolica e popolare nel nostro Paese.

Non ci muove un sentimento nostalgico regressivo, come abbiamo scritto più volte, ma la lucida constatazione del deserto delle culture politiche oggi in Italia e in Europa e la necessità di proporre una cultura ispirata ai valori della dottrina sociale cristiana, rivelatasi l’unico serio antidoto alle degenerazioni del turbo capitalismo finanziario dominante. Un dominio che sta riducendo alla miseria progressiva il ceto medio e le classi popolari in tutto il mondo. Serve un serio cambio di passo e la totale disponibilità a mettere da parte ciò che ancora ci divide e valorizzare sino in fondo ciò, ed è assai di più, che ci unisce.

Ecco perché ieri a Mestre, celebrando i congressi regionali dei delegati del Collegio del Nord Est( Veneto-Friuli Venezia Giulia- Trentino AA.AA- Emilia e Romagna) ho indicato un possibile percorso, accolto unanimemente dai delegati presenti, che tenga conto di ciò che è stato positivamente seminato  negli ultimi anni.In estrema sintesi:

il 6 Ottobre celebrazione del nostro congresso, ossia quello degli iscritti DC 2012-2013 che decisero di riconfermare la loro iscrizione al partito già in essere nel 1992 -93, per l’elezione degli organi dirigenti del partito;
 
subito dopo il nostro congresso ( come per la verità già ci impegniamo da tempo): apertura immediata del collegamento con tutte le altre formazioni che si ispirano alla DC ( UDC-CDU- Rivoluzione Cristiana- nuova Federazione dei DC costituita a Pescara nei giorni scorsi) per celebrare insieme una grande assemblea dell’area cattolico popolare e porre fine alle querelle su nome, simbolo dello scudo crociato e alle divisioni suicide e per definire la proposta politica e programmatica della DC al Paese;

apertura, quindi, di un tesseramento  nazionale alla DC con l’invito rivolto  a tutti gli italiani di buona volontà, per celebrare insieme il 18 Gennaio 2019, in occasione del centenario dell’Appello sturziano ai “ Liberi e Forti”, il Congresso nazionale unitario della Democrazia Cristiana italiana.

Sarebbe tutto semplice se, come già accadde alla vigilia del 4 Marzo 2018 per le elezioni politiche, non avessimo da affrontare il 23-26 Maggio 2019 le elezioni per il rinnovo del Parlamento europeo. Una data che ci auguriamo, lungi dal solleticare gli egoismi e le chiusure aprioristiche di pochi, stimoli la più ampia collaborazione e volontà di procedere insieme.

Occasione troppo ghiotta per eluderla, essendo vigente la legge a tutti noi cara del proporzionale puro  con preferenze e la possibilità di misurare esattamente il consenso che una rinnovata proposta politico programmatica di ispirazione popolare, è in grado di conquistare in Italia e in Europa.

Sarà quello delle prossime elezioni europee il tema dominante del Congresso nazionale di Gennaio 2019. Un tema che avremo modo di approfondire nei prossimi giorni, partendo dalla constatazione che l’Unione europea si è sviluppata e consolidata secondo il prevalere degli orientamenti politico culturali del manifesto di Ventoténe e non secondo quelli dei padri fondatori cristiano democratici: Adenauer, De Gasperi, Monet e Schuman .

In ogni caso, tuttavia, dovremo tener conto di due condizioni da rispettare:

  1. quella di unire tutte le forze che si ispirano ai valori dell’umanesimo cristiano;
  2. quella restare inseriti nel PPE da far tornare ai valori dei padri fondatori.

 

Ci aiuteranno in questo percorso le unanimi conclusioni che, con Ivo Tarolli, Giorgio Merlo, Mario Mauro, Giani Fontana, Gianfranco Rotondi, Domenico Menorello e tanti altri, abbiamo raggiunto nel recente seminario di “ Costruire Insieme” a Verona il 13 Giugno scorso.

In Italia tutti i vecchi schemi sono saltati. Noi democratici cristiani condividiamo largamente un giudizio severo contro l’attuale governo giallo-verde, e la necessità di concorrere alla costruzione di un’alternativa democratica e popolare.

Quanto all’Europa  di una cosa siamo certi: i cattolici democratici e i popolari non possono unirsi al coro dei sovranisti e nazionalisti,  ma restare ben saldi nella difesa della costruzione europea che, come ho ampiamente descritto nel mio ultimo saggio:  Elezioni europee- “La visione dei Liberi e Forti “ (https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/422618/elezioni-europee/), dovrà essere profondamente riformata, con l’impegno di tutti i Popolari e riformisti europei nel segno dei valori dei padri fondatori democratico cristiani.

Ettore Bonalberti
Venezia, 24 Settembre 2018

 

 

 

 

 

     

 

 

21 Settembre 2019

Riflessioni d’autunno



Un governo frutto del trasformismo politico consumato dopo il voto del 4 Marzo,  che è larga  espressione dell’incompetenza arrogante e dell’improvvisazione  di alcuni politici elevati al ruolo di “ statisti per caso”, si dimostra ogni giorno che passa una mina vagante per le sorti future dell’Italia.

Nato su un “contratto” che è il risultato di un compromesso tra due progetti per molti aspetti incompatibili,  quello del M5S maggioritario in Parlamento e quello della Lega, omogeneo al centro-destra, con cui si era presentata unita alle elezioni, il governo deve ora fare i conti con la dura realtà del bilancio che non consente più margini alla propaganda.

Le imminenti scadenze elettorali di alcune importanti elezioni regionali e quella europea del maggio 2019, assunta come prova del nove dei rapporti di forza reali dei e tra i partiti, al di là dei sondaggi, stanno determinando una situazione confusa e contraddittoria considerando le crisi parallele delle opposizioni. Quella del PD, a rischio di implosione e quella di Forza Italia la cui leadership del Cavaliere è ormai ridotta al tentativo di difesa del patrimonio aziendale mediatico e finanziario su cui lo stesso movimento politico è nato e ha potuto resistere nell’ultimo ventennio.

Il trasformismo politico, che è la costante della storia politica nazionale, dopo l’indegna transumanza dei parlamentari mercenari della scorsa legislatura e il salto della quaglia della Lega dopo il voto del 4 Marzo, vive oggi l’insolita condizione di un partito di governo, quello di Salvini, che, da un lato, si ricompone, dopo l’incontro di ieri con Berlusconi e la Meloni, nell’alleanza di centro-destra, garantendo liste unitarie alle prossime elezioni regionali e, dall’altra, giura fedeltà al contratto di governo con il M5S da qui alla fine della legislatura.

Difficile conservare questo ménage à trois senza pagare, prima o poi, dazio o con la moglie legittima o con l’amante.  Trattasi di un equilibrio traballante garantito dalla promessa di una presidenza  amica alla RAI col voto del Cavaliere, da un lato, e, dall’altro,  dalla garanzia di restare a Palazzo Chigi a Di Maio e soci

Il Paese è in preda a una condizione di anomia al limite della rottura di sistema e del superamento, in larga parte già intervenuto, dello stato di diritto. E’ gravato da un debito pubblico stratosferico e sotto l’occhio vigile e interessato dei poteri finanziari dominanti in Europa e sul sistema bancario europeo e nazionale; vittima delle convulse improvvisazioni di  ministri molto al di sotto delle competenze previste per i loro specifici ruoli, nei diversi settori dell’amministrazione pubblica.

Appare evidente che in uno scenario politico che é espressione del voto di appena il 50% dell’elettorato, nel quale sono prevalse le posizioni di un movimento guidato da una società a responsabilità limitata, la Casaleggio e C., con candidati scelti con alcuni clic informatici;  candidati, molti dei quali senz’arte né parte, assurti a esponenti di vertice dello Stato,  con la sola Lega, molto più attrezzata sul piano della presenza territoriale e dotata di personale competente, un assetto stabile di governo non può essere garantito a lungo. Anche perché Salvini, a differenza dei bravi governatori leghisti impegnati nella guida di Regioni come Veneto, Lombardia e Friuli V.Giulia, sembra affidarsi più alla propaganda che alla dura prova del governo, con una “disinvolta gestione” del suo ruolo di ministro degli interni estesa a tutto campo e in gara permanente con Di Maio e l’impercettibile Conte.
Non sappiamo come finirà la gara apertasi per la divisione delle poche risorse disponibili tra promesse di flat tax, reddito di cittadinanza, superamento legge Fornero, pace/condono fiscale, siamo però convinti che questa situazione anomala e di puro trasformismo politico non potrà durare.

Certo serve predisporre un’alternativa a questo “sgoverno” giallo verde, un’alternativa credibile basata sulla competenza e sul merito, in grado di garantire un’effettiva rappresentanza ai ceti medi e alle classi popolari ridotte alla condizione di progressivo impoverimento. Tale alternativa  non potrà nascere che da un’ampia alleanza tra le culture politiche che hanno fatto grande l’Italia: cattolica, liberale e riformista se saranno capaci di superare la condizione di grave crisi dei partiti che le hanno sin qui assai riduttivamente e mal rappresentate, a cominciare da quella vasta realtà del mondo cattolico, da molti anni ridotta all’irrilevanza politica e  istituzionale.

Molti cantieri sono aperti per tale obiettivo: dalle diverse formazioni che si richiamano alla storia della DC che, a Novembre, dovrebbero trovare una base unitaria in una Federazione dei democratici cristiani, agli amici della “Rete Bianca” che è nata, come scrive l’amico Giorgio Merlo per essere: “uno strumento politico, culturale ed organizzativo che nasce per rimettere in gioco i cattolici democratici e popolari e, soprattutto, per rilanciare una cultura che non può essere archiviata nello scenario politico italiano. Non per il bene dei cattolici, ma per la salute della democrazia italiana e per la stessa credibilità e autorevolezza delle nostre istituzioni democratiche”.

Decisivo il ruolo svolto dagli amici di “ Costruire Insieme”, il movimento guidato dal sen Ivo Tarolli che a Verona, il 13 Giugno scorso, con  Mario Mauro, Domenico Menorello, Giorgio Merlo, Gianni Fontana, Gianfranco Rotondi e il sottoscritto, ha condiviso l’idea di promuovere “una piattaforma plurale, in direzione di una ’Unione per un Movimento Popolare (UMP) nel quale possano coordinarsi, liberamente e senza predefinite gerarchie organizzative, le diverse esperienze presenti in Italia che si rifanno ai valori della sussidiarietà. Un soggetto politico ampio, plurale, laico, democratico, popolare, europeista, trans nazionale,  impegnato a tradurre nella “città dell’uomo” gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa, in dialogo privilegiato con il PPE.”

Sappiamo che non sarà un compito né facile né di breve periodo, ma crediamo sia la strada inevitabile se i cattolici democratici e i popolari italiani vorranno offrire ancora una volta il loro prezioso contributo alla storia politica dell’Italia.

Ettore Bonalberti
Venezia, 21 Settembre 2018

 

 

 

     

 

 

29 Agosto 2018

Insieme per la nuova Unione europea e per  l’alternativa democratica e popolare



Con l’incontro di ieri a Milano tra Salvini e Orban si sono rese evidenti alcune questioni rilevanti dell’attuale situazione politica italiana ed europea.
Un  incontro “politico” in prefettura tra Salvini e il premier ungherese Orban? Non si era mai visto nella storia della Repubblica. Se fosse stato tale, perché Salvini non l’ha organizzato in via Bellerio sede della Lega? No a Milano è avvenuto un incontro tra due governi con il nostro ministro degli interni che continua a cambiare di cappello: ora capo della Lega, ora V.Presidente del consiglio, ma sempre ministro degli interni egli è, magari assai atipico, che ieri a Milano ha assunto anche il cappello di ministro degli esteri. E’ onestamente un po’ troppo specie se, come è avvenuto ieri a  Milano, si cambia la stessa linea di politica estera dell’Italia sempre più orientata a Est: verso Putin, e adesso,  seppur con qualche contraddizione, anche verso Orban e i paesi di Visigrad. A quando l’uscita dall’Unione Europea e dalla Nato? Credo sia tempo di concorrere alla costruzione di un’alternativa democratica e popolare al governo double face giallo verde che non promette nulla di buono.
Il M5S ha tentato di prendere le distanze enunciando una tesi insostenibile. come quella di un incontro “politico” che, in realtà, ha assunto il carattere istituzionale a tutto tondo
Al di là del “contratto” di governo, ciò che si sta profilando alla vigilia delle elezioni europee del 26 Maggio 2019 è il ruolo della Lega, quale espressione della nuova destra italiana e del M5S che, nella crisi del PD, rischia di assumere il ruolo della sinistra italiana. Un bipolarismo fittizio, poiché i due partiti/movimento sono saldamente riuniti nella gestione del potere, seppure non si sia ancora passati dalla condizione di contraenti di un “contratto” a quella di una vera e propria alleanza, tanto a livello nazionale che in sede periferica.
Abbiamo da sempre espresso la nostra vicinanza alle posizioni che nel Veneto la Lega ha sempre assunto nei momenti decisivi della storia repubblicana, sino a condividere positivamente con noi popolari la stessa battaglia a difesa della Costituzione, nel sostegno del NO al referendum del 4 Novembre 2016 per la “deforma costituzionale”, voluto da Matteo Renzi su input di JP Morgan e dei poteri finanziari dominanti.
Da quella sconfitta il PD non si è più ripreso, sino a rinunciare a convocare un congresso di riflessione seria su quel risultato che ha definitivamente distrutto il progetto renziano di un’occupazione trasformistica del centro politico del Paese.
Gli è che la crisi del PD è accompagnata dalla permanente e tuttora irrisolta questione del centro cattolico e popolare, della cui ricomposizione siamo impegnati sin dal momento della fine politica e non giuridica della DC (1993).
Con l’incontro di ieri a Milano la strategia di Salvini appare chiara: smarcarsi dall’Unione europea e dai rapporti con gli Stati Uniti per una prospettiva che non possiamo condividere di un rapporto preferenziale con Putin, da un lato, sul versante strategico internazionale e con i Pesi di Visigrad, dall’altro, su quello continentale europeo.
Nel mio ultimo saggio “ Elezioni europee: la visione dei Liberi e Forti” (https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/422618/elezioni-europee/) ho indicato le proposte che, tanto in materia di politica dell’immigrazione, che su quelle più generali della politica economica e sociale, fanno riferimento ai principi e ai valori della dottrina sociale cristiana, così come riproposti egregiamente dal “9° rapporto sulla dottrina sociale della Chiesa nel mondo” dell’Istituto Internazionale Cardinale Van Thuân.
Tra una nuova destra nazionalista e xenofoba come quella indicata da Salvini, in stretta alleanza con Orban e i leaders di Visigrad, e una sinistra alla ricerca di una sua rinnovata identità, non possiamo che concorrere alla ricostruzione dell’area cattolica e popolare, al fine di preparaci alle prossime elezioni europee nelle quali si confronteranno inevitabilmente, da un lato, le posizioni ultra nazionaliste “sovraniste” e, dall’altra, quelle che a diverso titolo si rifanno all’Europa. Un’Europa certo non difendibile nella sua attuale configurazione dell’Unione, ma da riformare secondo i principi dei padri fondatori di matrice cattolica e popolare: Adenauer, De Gasperi, Monet e Schuman. In alternativa ai valori della “carta di Ventoténe”, alla fine risultati politicamente vincenti, in parallelo e in larga parte suscitatori della deriva laicista e relativista dell’Unione europea, intendiamo concorrere, innanzi tutto,  alla ricomposizione dell’area cattolica e popolare da riunire, compatibilmente con i tempi e i modi previsti dalla legge elettorale proporzionale delle prossime elezioni europee. Sono due le alternative possibili:  o un nuovo soggetto politico del tipo UMP (Union des Mouvements Populaire) francese, “ laico, democratico, popolare, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE”, come abbiamo concordato nel documenti finale del recente seminario dei popolari di Verona ( 23 Giugno 2018) o, se non ne fossimo capaci a breve, in una corrente organizzata da proporre all’interno di un ampio e credibile contenitore politico che si ritrovasse unito sui valori dell’umanesimo cristiano e del PPE.
Siamo convinti, altresì, che al governo del “contratto” impossibile e tenuto insieme solo dalla logica della spartizione del potere, sia indispensabile opporre la costruzione di un’alternativa democratica e popolare credibile, fondata sulla volontà di riformare seriamente l’Unione europea e ancorata stabilmente sulle alleanze occidentali, quelle che hanno garantito per oltre settant’anni la pace nel nostro vecchio e amato continente europeo.

Ettore Bonalberti
Presidente ALEF ( Associazione Liberi e Forti)
Venezia, 29 Agosto 2018

 

 

     

 

 

17 Agosto 2018

L’insegnamento di Alcide De Gasperi



Sono trascorsi 64 anni da quel 19 agosto del 1954 in cui Alcide De Gasperi ci lasciava nel suo Borgo di Valsaguana.  Moriva con lui il il padre della ricostruzione italiana del dopoguerra, fondatore della Democrazia Cristiana, il più grande statista italiano dopo il conte di Cavour.

La mia generazione, la prima della Repubblica italiana e la quarta della DC, è nata e si è formata nel mito del leader dello scudocrociato. Abbiamo conosciuto uomini e donne che avevano lavorato a fianco di De Gasperi o lo avevano potuto ascoltare nei suoi comizi e incontri politici che, dal 1946 in poi, egli aveva tenuto nelle principali piazze italiane. Siamo entrati sedicenni nel partito della Democrazia cristiana agli inizi degli anni’60, quando era ancora intatto il ricordo e la figura dell’uomo che fu l’artefice delle più importanti scelte politiche dell’Italia del dopoguerra.


Dal patto atlantico alla riforma agraria, dalla scelta dell’integrazione europea con gli altri padri costituenti di ispirazione cristiano sociale, Adenauer, Monnet e Schuman, egli ci insegnò il valore della politica dell’equilibrio e del coraggio;  dell’apertura alle alleanze compatibili sempre tenendo diritta la schiena nella difesa dei valori non negoziabili, insieme a quello della laicità e dell’autonomia dell’azione politica dei cattolici nella città dell’uomo.


Addolorato dopo l’esito confuso e contestatissimo delle elezioni del 1953, con l’assurda accusa orchestrata da Togliatti e dal fronte popolare della cosiddetta “legge truffa”, che, altro non era che un’intelligente proposta tesa a garantire la governabilità di un Paese, squassato da contrapposizioni ideologiche e di schieramento  incompatibili persino sul piano internazionale, e messo in minoranza all’interno del partito dagli uomini della seconda generazione DC, morì nel suo Trentino nell’estate di 64 anni fa.


Nell’attuale momento più basso della politica italiana, nella quale sono assenti le culture politiche che fecero grande il Paese, con un governo espressione del trasformismo politico dominante, in uno dei momenti di più forte crisi dell’Unione europea dominata dai poteri politico finanziari esterni e dall’impotenza degli ex eredi dei partiti defunti della seconda Repubblica senza credibili alternative, è quanto mai utile ripensare alle virtù morali e all’etica politica che Alcide De Gasperi seppe testimoniare nella sua attività di guida e servitore prezioso dell’Italia.


Il suo appello lanciato al congresso della DC di Venezia ( 1949) “ se saremo uniti, saremo forti, e se saremo forti, saremo liberi” di portare avanti le nostre idee, che erano quelle “ricostruttive” della DC per l’Italia, suona come  ammonimento severo a noi indegni eredi della grande tradizione politico culturale dei cattolici democratici e dei popolari italiani.


Pur con tutti i nostri limiti e palesi insufficienze, da molti anni combattiamo per superare la condizione di dispersione e di irrilevanza alla quale siamo condannati, e ancor di più sentiamo forte il dovere di batterci per concorrere alla ricomposizione dell’area democratico cristiana e popolare italiana, della cui cultura politica il Paese ha urgente necessità. E lo faremo avendo come termine di riferimento le prossime elezioni europee, nelle quali si voterà con il metodo proporzionale, grazie al quale verificheremo il grado concreto della nostra  rappresentanza elettorale.


Trattasi di un compito politico e culturale straordinario al quale noi popolari italiani ed europei, soci fondatori, prima della CEE e dell’Unione europea, abbiamo il dovere di offrire il nostro prezioso contributo senza il quale l’attuale costruzione è destinata a sicuro fallimento.

E dovremo farlo insieme alle altre culture laiche e liberali, riformiste di ispirazione democratica che condividono i valori dell’umanesimo cristiano. Sappiamo di essere minoranza all'interno dell'Europa e consapevoli, quindi, della necessità di concorrere con altre culture politiche laiche, democratiche e liberali a sostenere proposte di riforma istituzionali, economico sociali e finanziarie, senza le quali l'Europa rischia l'autodistruzione. Nella crisi dei due storici raggruppamenti, che hanno sin qui esercitato una funzione prevalente nell’ UE (PPE e PSE), il ruolo dei movimenti Italiani che si riconoscono nel PPE può risultare rilevante.

Molte iniziative si sono avviate  in Italia e, in taluni casi, consolidate grazie agli amici della DC storica impegnati, sin dal 2012, nella ripresa politica del partito dello scudo crociato, dopo che la Cassazione ha definitivamente sentenziato che quel partito, il nostro partito, "non è mai stato giuridicamente sciolto" (sentenza n. 25999 del 23.12.2010); a quelli dell’associazione "Costruire Insieme" presieduta dal sen. Ivo Tarolli, della "Rete Bianca" con l'on. Giorgio Merlo e altri amici ex PD e di molte altre associazioni, movimenti e gruppi dell’area cattolica e popolare, interessati a ricostruire "l’unità possibile dei popolari entro un soggetto politico nuovo, ampio e plurale, democratico, popolare, europeista e transnazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE da far tornare ai principi dei padri fondatori"

In un seminario tenutosi a Verona il 23 Giugno scorso, organizzato dall’associazione "Costruire Insieme", è stato approvato un documento nel quale si è riscontrata "l’unanime condivisione dei partecipanti  per la promozione di una piattaforma plurale, in direzione di un'Unione per un Movimento Popolare (UMP) nel quale possano coordinarsi, liberamente e senza predefinite gerarchie organizzative, le diverse esperienze presenti in Italia che si rifanno ai valori della sussidiarietà”.

Un soggetto politico ampio, plurale, laico, democratico, popolare, europeista, trans nazionale, impegnato a tradurre nella 'città dell’uomo' gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa, in dialogo privilegiato con il PPE". Il documento porta la firma di Ettore Bonalberti (ALEF-Associazione Liberi e Forti), Gianni Fontana (DC), Mario Mauro (Popolari per l’Italia), Domenico Menorello (Energie per l’Italia), Gianfranco Rotondi (Rivoluzione cristiana) e Ivo Tarolli (Costruire Insieme) e di molti altri amici presenti all’incontro.
Crediamo che sia questo il modo migliore per raccogliere il testimone politico straordinario di Alcide De Gasperi, da consegnare a una nuova generazione di democratico cristiani e popolari dotati di forte passione civile con cui tradurre politicamente e nelle istituzioni gli orientamenti ideali e culturali della dottrina sociale cristiana.

 

Ettore Bonalberti
Venezia, 17 Agosto 2018

 

     

 

 

2 Agosto 2018

Alla ricerca dell’unità possibile


 

Con la mancata ratifica della nomina di Marcello Foa alla presidenza della RAI, si è probabilmente consumata l’alleanza di centro-destra o quanto meno, se le notizie filtrate sono attendibili, il rapporto tra i gruppi parlamentari di Forza Italia e Lega.

In realtà la coalizione di centro destra era, di fatto, saltata col voto del 4 Marzo alle politiche, con la  successiva “fuitina” di Matteo Salvini con Luigi Di Maio, obtorto collo subita dal Cavaliere, e la nascita del governo “ del contratto”, espressione non già di un’alleanza politica, ma del sempiterno trasformismo italico.

Se con Renzi tale pratica parlamentare si era consumata con la transumanza di mercenari parlamentari eletti a destra per spostarsi a sostegno del “giovin signore fiorentino”, con Salvini si è giunti a un cambio di posizione ancor prima dell’avvio dei lavori parlamentari. Uno spostamento di campo motivato per ragioni di necessità ( formazione di un governo o elezioni anticipate), con il forzato e subito consenso di Forza Italia e la malcelata  disponibilità della Meloni di Fratelli d’Italia.

Difficile, tuttavia, pensare di  conservare un permanente ménage a trois tra moglie ( Forza Italia) e amante ( M5S), anche per un rampante lombardo come il leader leghista. Assunta la funzione di vice premier e di ministro dell’interno, Salvini si è messo a svolgere il ruolo di mattatore, finendo con l’assumere di volta in volta quello di ministro degli esteri, dell’economia, sino a oscurare la figura del prof Giuseppe Conte, chiamato a svolgere, ennesimo presidente del Consiglio non parlamentare, il ruolo di esecutore del contratto giallo verde.

C’è però l’esigenza di una misura per tutti e anche Salvini è caduto vittima di una presunzione che lo ha portato a sfidare la stessa legge, cercando di imporre senza trattativa un presidente a capo della RAI, il massimo ente di produzione culturale e di informazione di massa; desiderio di tutte le maggioranze dai tempi in cui la DC la faceva da padrona con il grande e compianto Ettore Bernabei. Atto di arroganza o intelligente calcolo politico di un leader che si sta preparando al salto della quaglia cercando di incassare la rendita di consenso che sembra gli garantiscano i ricorrenti sondaggi pre-elettorali?

L’unico dato politico certo è che in poco più di cinque anni  il M5S è riuscito, con la regia di Beppe Grillo e della Casaleggio & C, a far saltare, prima, la coalizione di centro-sinistra e, adesso, se non a far saltare, a mettere seriamente a rischio quella di centro-destra.

Sono troppo forti le ragioni che fanno stare insieme Lega e Forza Italia, che controllano le principali regioni del Nord ( Lombardia, Veneto, Friuli V.Giulia, Liguria) e che nelle recenti elezioni regionali e locali hanno conquistato importanti realtà al centro e sud d’Italia per ipotizzare un improvviso e rapido sfascio dell’alleanza. Una cosa, però,  è certa : il Cavaliere non si rassegna all’idea di cedere la leadership del centro-destra a Matteo Salvini e con il NO a Foa, ha segnato un punto a sostegno della sua rivincita. Astensione dal voto in commissione, più subita per la rivolta di Tajani e Letta e dei gruppi parlamentari, ché, fosse stato per Berlusconi, dopo la visita di Salvini al San Raffaele, avrebbe probabilmente subito, dopo la “fuitina”, anche questo ennesimo schiaffo dal leader leghista.

Una cosa, però, è certa: difficile per Salvini conservare il ruolo di partner di un governo dove dai grillini ogni giorno di più sembrano emergere soggetti “pieni di presunzione e di vuota arroganza senza intelletto” ( Platone), con proposte altalenanti e ondivaghe sempre più contrastanti con gli interessi e i valori di una base elettorale leghista lontana mille miglia da quelli espressi dai parlamentari pentastellati.

Bisogna prendere realisticamente atto che, con il voto del 4 Marzo si è voltato veramente pagina e anche le vecchie distinzioni tra centro-destra e centro-sinistra sono saltate, mentre alla vigilia delle prossime elezioni europee, con legge elettorale  proporzionale pura, avanza sempre più nettamente lo scontro tra sovranisti e europeisti di diversa caratura e strategia politica.

E’ in questo deserto della politica italiana, con una società squassata dalla condizione prevalente di anomia politica ( assenza di regole, venir meno del ruolo dei corpi intermedi, discrepanza sempre più forte tra i tutti i ceti e le classi sociali tra i mezzi disponibili e i fini che ragionevolmente si intendono perseguire) che si pone la necessità di riscoprire, aggiornandole, le culture politiche che fecero grande l’Italia.

L’ultimo rapporto SVIMEZ con i dati drammatici sul Mezzogiorno sono a lì a dimostrare che non sarà con il decreto dignità di Di Maio e il NO alle opere strategiche pubbliche che si offriranno risposte serie e concrete ai nostri concittadini del Sud.

E’ forte l’esigenza di mettere in campo politiche fondate sul primato della persona e della famiglia, sul ruolo essenziale dei corpi intermedi, le cui relazioni fra di loro e con lo Stato devono tornare ad essere ispirate dai principi della solidarietà e della sussidiarietà, per cui, non è un caso, che nella vasta e articolata area cattolica e popolare, si ritorna a parlare della ricerca dell’”unità possibile” anche in politica.

E’ questo il tema che ci accingiamo a sviluppare e l’obiettivo che ci proponiamo di perseguire nei prossimi mesi che ci separano del 23-26 Maggio 2019, data del rinnovo del Parlamento europeo.

Ettore Bonalberti
Venezia, 2 Agosto 2018

 

 

     

 

 

26 Luglio 2018

La provocazione del giovane Casaleggio


 

Col giuramento della Pallacorda ( 5 Maggio 1789) “ il terzo stato “, rappresentato dall’emergente borghesia francese, impose il principio di “ una testa un voto” contro lo strapotere della nobiltà e il clero. Era l’affermazione dello strumento cardine della democrazia con il quale si riconosceva il potere a chi era di più, ma aveva di meno, contro la nobiltà e il clero che, sino a quel momento, costituivano la minoranza privilegiata detentrice di tutto il potere economico, sociale e politico.

In conformità a quel principio, “ una testa un voto”, sI è  sviluppata la storia democratica di tutto l’Occidente e di larga parte del resto del mondo.

Molti anni fa, in un convegno della sinistra sociale DC di Forze Nuove a St Vincent, non ricordo se nel 1990 o 1991, intervenni sostenendo che nella “società dei due terzi”, nella quale il potere economico, seppur in maniera diversa, era  distribuito tra la maggioranza dei cittadini ed elettori, quello stesso principio nato per dare potere a chi aveva di meno rischiava di non garantire più il nuovo terzo stato delle classi inferiori subalterne.

Eravamo alla vigilia di quell’autentico terremoto politico che il duo Amato, Barucci compì, con il superamento della legge bancaria del 1936 che, sino al 1993, aveva garantito con la pubblicità di Banca d’Italia la separazione tra banche di prestito e banche di speculazione.

Fu quello il momento del superamento del NOMA ( Non Overlapping Magisteria), il principio teorizzato nel 1829 da Richard Whateley, assai caro al prof Stefano Zamagni; ossia, non è più la politica a dettare i fini, ma è la finanza che detta i fini subordinando ad essa l’economia reale e la politica, ponendo fine alla stessa democrazia ridotta a un ectoplasma.

Tutto questo accade nell’età della globalizzazione con il trionfo del turbo capitalismo finanziario dominato agli hedge fund anglo caucasici (kazari), la decina di fondi  petroliferi  - speculatori (Vanguard, State Street, Northern Trust, Fidelity, Black Rock, Black Stone, Jp Morgan, Bnp Paribas Trust,... ), con sedi legali alla city of London di loro proprietà e sedi fiscali nello stato USA del Delaware, con imposizioni fiscali uguali a zero. Una situazione totalmente nuova della storia nella quale intere classi popolari e il ceto medio, già facente parte dei benestanti nella società dei due terzi, sono ridotti alla condizione di minus habentes sotto il dominio della finanza.

E’ in questa situazione che Casaleggio Jr, erede di quella piattaforma Rousseau che suo padre,  Roberto Casaleggio, aveva inventato e messa a disposizione del M5S , introducendo in tal modo il sistema di selezione dei candidati e delle assunzioni delle decisioni, attraverso il nuovo rito del clic elettronico, in sostituzione delle vecchie liturgie in uso nei partiti della Prima Repubblica. Liturgie, già  in larga parte, abbandonate dal primo fenomeno di populismo mediatico rappresentato dal lungo ventennio di dominio berlusconiano. Potere dei media televisivi  quest’ultimo, controllo e potere dei media del web quello  del  M5S, espressione di una nuova generazione di attori e protagonisti politici annunciati e guidati dal comico genovese a colpi di “vaffa…”

In un’intervista al quotidiano la “ Verità”, Davide Casaleggio ha sostenuto che “ tra qualche lustro”, grazie alla rete e alle nuove tecnologie, il Parlamento potrebbe essere inutile. '"Oggi grazie alla Rete e alle tecnologie, esistono strumenti di partecipazione decisamentepiù democratici ed efficaci in termini di rappresentatività popolare di qualunque modello di governo novecentesco. Il superamento della democrazia rappresentativa è inevitabile”,  così ha parlato Casaleggio Jr.

Sono seguite molte prese di posizione indignate dalle diverse vestali della democrazia rappresentativa, evidenziando che il Parlamento non è solo il luogo dell’esercizio del voto, ma, come dice la parola stessa, è la sede del confronto e del dialogo (parlamento) tra i rappresentanti delle diverse forze politiche e culturali presenti nel Paese.

Da parte mia vorrei cercare di analizzare più in profondità il tema proposto dal titolare della Casaleggio e C. S.r.l .  Un tema che considero degno di attenzione in un Paese, come l’Italia, che, da un lato, vede la partecipazione elettorale dei cittadini  ridotta ormai sulla soglia permanente del 50%, e, dall’altro, vive il deserto delle culture politiche, dopo la fine di quelle che nella Prima Repubblica fecero grande l’Italia.

 Gli attuali partiti sono in larga parte  ridotti a ectoplasmi, di tipo movimentista o a sudditanza personalistica, nei quali, tranne rari casi, la partecipazione politica e la stessa selezione della classe dirigente avviene per lo più per cooptazione o, come nel caso del M5S, con qualche decina di clic elettronici, non del tutto anonimi, ma facilmente controllabili e manipolabili. Clic che, come si è verificato nel caso di alcune candidature indigeste ai diarchi del movimento che, nelle ultime elezioni comunali genovesi, li hanno facilmente annullati e/o misconosciuti.

Che la democrazia rappresentativa nell’età del superamento del NOMA sia profondamente mutilata e con la perdita della sovranità monetaria, la sovranità popolare sia ridotta pressoché a zero è una realtà evidente, tuttavia, essa rimane:  “ la peggior forma di governo, eccezion fatta per tutte le altre forme che si sono sperimentate sinora” , per dirla con Sir Winston Churchill.

Quanto alle forme di partecipazione e alle modalità di selezione della classe dirigente, al Dr Casaleggio ci permettiamo di evidenziare che, con tutti i limiti e i difetti della partecipazione politica ai tempi della Prima Repubblica, la tecnologia oggi non offre ancora soluzioni che soddisfino tutti i requisiti necessari per votazioni qualificate e certificate, a costi ragionevoli e introducendo i vantaggi di cui si sente spesso parlare, e che comunque il voto sarebbe mediato sempre da uno strumento sul quale il cittadino ha un controllo limitato.
Autorevoli esperti di cyber crime  (Luca Becchelli e Claudio Telmon in Agenda digitale.html),  i quali hanno contribuito alla stesura del Rapporto Clusit 2017 sulla sicurezza ICT in Italia,  il 1 Settembre 2017 hanno scritto, infatti: “nessuna delle soluzioni promosse dalla ricerca, o dal mercato, riescono ancora oggi a soddisfare tutte le proprietà di sicurezza che i sistemi di voto tradizionale offrono, pur con tutti i limiti che presentano. Inoltre, ciò che è più grave è che pochi dei vantaggi che le soluzioni di voto elettronico dovrebbero offrire in più rispetto ai modelli di voto tradizionali, possono credibilmente essere raggiunte, tenendo conto della realtà attuale, anziché di modelli ideali!”.
Non è questa la sede per un’analisi dettagliata della struttura e funzionamento dell’azienda-partito Movimento Cinque Stelle, basterà ricordare quanto ha scritto  su “ Avvenire” il 28 Febbraio 2018, Marco Morosini in un approfondito articolo sul “digitalismo politico: il futuro della politica? Il Caso del M5S/2” : I candidati 5-stelle ai parlamenti nel 2014 e 2018 hanno dovuto accettare contratti, che li obbligherebbero a pagare multe private di centinaia di migliaia di euro in caso di disaccordo (la gravità è decisa dal management). Ovviamente i contratti non hanno valore legale. Sono incostituzionali. Ma vorrebbero incoraggiare l’obbedienza. Nella storia dei partiti l’autocrazia e le scelte autolesioniste non sono una novità. La novità è che proprio il modello tutto-digitale permette a questi fenomeni di raggiungere livelli senza precedenti. Altra lezione: l'unico partito digitale al mondo è nato in Italia, il meno istruito e meno digitalizzato dei paesi del G7. Quasi la metà degli adulti italiani, infatti, è analfabeta digitale (quasi un terzo è analfabeta funzionale tout court). Di fronte a tale popolazione, un partito di tecnici informatici ha un forte vantaggio. Il management che conta nel 5-stelle (tutti maschi) e i membri più attivi sono esperti digitali. Se la nuova ricchezza commerciale e politica sono i dati, allora si sta formando una gerarchia sociale basata più sul dominio dei bit che del denaro. Il 5-stelle è il suo partito.
Come strumento per facilitare la comunicazione e l’interazione tra soci non v’è dubbio che la rete offra oggi strumenti di assoluta efficienza  ed efficacia, ma altra cosa è la partecipazione politica che riteniamo debba tornare a svilupparsi su base locale, attraverso l’organizzazione di comitati civico popolari nei quali si possa realizzare il “ pensare globale e l’agire locale” e la selezione della classe dirigente possa avvenire secondo la regola aurea di “ una testa un voto”.
Saremo anche dei nostalgici, ma, contro i controllori del nuovo sistema politico che teorizzano il superamento del Parlamento, preferiamo ritornare alla difesa strenua della nostra Costituzione, la carta fondamentale scritta dai nostri padri la quale non va riformata ma molto più semplicemente concretamente attuata, senza se e senza ma.

 

Ettore Bonalberti
Venezia, 26 Luglio 2018

 

 

 

 

 

 

 

 

     

 

 

16 Luglio 2018

Il nostro contributo per l’unità dei  popolari


 

Le recenti prese di posizione del presidente della CEI, cardinale Bassetti sul tema dell’impegno politico dei cattolici rappresentano un fatto nuovo nella Chiesa italiana. Iniziative assunte ai più alti livelli della gerarchia alle quali ci auguriamo possano corrispondere conseguenti azioni nelle sedi episcopali diocesane e tra i parroci presenti nelle realtà parrocchiali, ahimè, sin qui silenti, quando non anche apertamente ostili  alle più flebili sollecitazioni del laicato locale.

Noi ormai vecchi “ DC non pentiti”, è dalla fine del partito dello scudo crociato che combattiamo da isolati “Don Chisciotte” la nostra battaglia per la ricomposizione dell’area cattolica e popolare italiana. E lo facciamo non con sentimenti nostalgici di riproposizione di ciò di cui la storia ha definitivamente segnato la fine, ma con la consapevolezza che, nell’età della globalizzazione e del trionfo del turbo capitalismo finanziario, la risposta alternativa più convincente resta quella della dottrina sociale cristiana.

Nel deserto delle culture politiche che oggi caratterizza la politica italiana e la debolezza delle leadership politiche a livello europeo, riteniamo che sia indispensabile impegnarci per tradurre nella “città dell’uomo” gli orientamenti pastorali delle grandi encicliche sociali di Papa Giovanni Paolo II ( Laborem exercens e Centesimus Annus), di Papa Benedetto XVI ( Caritas in veritate) e di Papa Francesco ( Evangelii Gaudium e Laudato Si).

Ciò comporta la riproposizione di politiche ispirate ai valori dell’umanesimo cristiano con al centro la persona, la famiglia e i corpi intermedi, le cui relazioni vanno regolate dai principi della sussidiarietà e solidarietà. Per quanto riguarda le politiche economiche, in alternativa a quelle della finanziarizzazione dell’economia, intendiamo proporre politiche ispirate dai principi dell’economia sociale di mercato e dell’economia civile impegnandoci affinché la strategia del PPE, cui intendiamo fare riferimento, riporti la barra nella direzione a suo tempo segnata dai padri fondatori; invertendo la pericolosa china assunta dall’UE dominata dal pensiero laicista che fu alla base del Manifesto di Ventoténe. L’idea di una governance europea accentratrice, egemonizzata dalle tecnocrazie in balia delle lobbies economico finanziarie dominanti  nel mondo e di una visione laicista e nichilista. Quella visione che ha impedito di assumere a fondamento della mancata Costituzione europea i valori giudaico cristiani quale riferimento unitario per tutti gli europei. L’alternativa? I Trattati di Maastricht e di Lisbona, che assumono come valori fondanti la libera concorrenza e il mercato. Troppo poco per avvicinare gli europei all’Europa e più che sufficiente per far scattare l’attuale scontro tra “sovranisti” e “europeisti”, con il netto prevalere diffuso dei primi nei diversi paesi europei.

Abbiamo ben compreso l’idea del Card Bassetti che, nel riconoscere come “Il partito unico ebbe la sua stagione e le sue motivazioni” ha, altresì riconosciuto, la fine dell’esperienza della fase  ruiniana “ dell’inserimento dei cattolici nei vari partiti”.
 
Appare ben chiara la posizione del presidente della CEI, con la sua netta affermazione: “Ora è importante che i cattolici abbiano la fantasia e la libertà di vivere insieme i valori e di vedere come esprimerli”, così come quando, a conclusione dei lavori della recente assemblea della Conferenza episcopale italiana, ha dichiarato: “nella società di oggi è necessaria anche la presenza dei cattolici e se non trovano una forma per esprimersi insieme, si rischia di essere inefficaci”.

Si tratta di far ripartire proprio da qui un nuovo progetto/processo al quale possono e devono intervenire tutte le realtà presenti nella vasta e frastagliata galassia del mondo cattolico: Forum delle associazioni familiari, Scienza & Vita e Retinopera e le tante altre sin qui silenti o talora indifferenti, se non addirittura nettamente antagoniste.

Noi vecchi “ DC non pentiti”, eredi di una cultura politica che è quella di Don Sturzo, De Gasperi, Moro e dei tanti leader che hanno contribuito alla storia  della Democrazia Cristiana italiana, insieme a tanti amici di altre realtà sociali e culturali, nel recente seminario di Verona (23 Giugno 2018)  che abbiamo organizzato con gli amici di “ Costruire Insieme”, riteniamo di aver offerto un primo importante contributo, dopo le fallimentari esperienze di Todi 1 e Todi 2, meri trampolini di lancio per alcune candidature  confluite nell’infausta esperienza di Scelta civica di Mario Monti.

A Verona, infatti, con Gianni Fontana ( DC),, Mario Mauro ( Popolari per l’Italia), Domenico Menorello ( Energie per l’Italia), Giorgio Merlo ( La rete Bianca), Gian Franco Rotondi ( Rivoluzione cristiana), Ivo Tarolli ( Costruire Insieme) e il sottoscritto ( ALEF, Associazione Liberi e Forti) abbiamo condiviso di percorrere una comune rotta alla ricerca dell’”unità possibile”.

Nel documento finale è scritto: “Il passo possibile appare, quindi, la promozione di una piattaforma plurale, in direzione di una ’Unione per un Movimento Popolare (UMP) nel quale possano coordinarsi, liberamente e senza predefinite gerarchie organizzative, le diverse esperienze presenti in Italia che si rifanno ai valori della sussidiarietà. Un soggetto politico ampio, plurale, laico, democratico, popolare, europeista, trans nazionale,  impegnato a tradurre nella “città dell’uomo” gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa, in dialogo privilegiato con il PPE.”.

Un progetto che esalti nel suo abbrivio gli ideali e i contenuti che uniscono tante presenze rimaste isolate, disgregate o addirittura inespresse, assumendo l’economia sociale di mercato e l’economia civile quali strumenti essenziali in grado di porre a fondamento della politica la centralità della persona, della famiglia, dell’impresa e dei corpi intermedi;  l’alternativa alle logiche di certo turbo capitalismo finanziario che, subordinando alla finanza l’economia reale, sta distruggendo i ceti medi e le classi popolari, confinando la politica al ruolo subordinato al servizio dei poteri dominanti e riducendo la stessa democrazia a una formula vuota di significato”.

La prova del nove si farà con la raccolta delle firme (30.000 per ognuna delle cinque circoscrizioni in cui si svolgeranno le elezioni per il rinnovo del parlamento europeo il 23-26 Maggio 2019) a partire dal prossimo 28 Novembre, mentre ci auguriamo di celebrare INSIEME una grande Assemblea di tutti i Popolari italiani il 18  Gennaio 2019, centenario dell’”Appello ai Liberi e Forti” di Don Luigi Sturzo.

Ettore Bonalberti
Venezia, 16 Luglio 2018

 

 

     

 

 

29 Giugno 2018

SEGNALI INTERESSANTI NELL’AREA CENTRALE


 

La maggioranza di risulta trasformista e di necessità che regge il governo del Prof Conte sta mostrando le prime difficoltà.  In parte esse sono  legate all’inesperienza di molti ministri, tra i quali eccelle l’improvvisazione senza competenza del  “leader” Di Maio, a tutto vantaggio di Salvini che costituisce il vero dominus a Palazzo Chigi.
Nei confronti di questa maggioranza spuria, tuttavia, non si vede l’efficacia di un’opposizione forte e determinata. Essa  sconta la crisi pre-agonica del PD, cui il renzismo ha vanificato ogni residua identità culturale e quella del centro-destra il quale, autorizzata sconsideratamente la “fuitina” di  Salvini con il M5S,  si è ridotto nell’attuale condizione di inesorabile progressivo sgretolamento politico e organizzativo.
Se la maggioranza trasformista M5S-Lega rappresenta, di fatto, meno del 60% del 50% degli elettori che partecipano al  voto, è la mancata rappresentanza del 50% degli elettori  che disertano le urne che dovrebbe preoccupare. Larga parte di questi renitenti al voto  è composta da cittadini del ceto medio e delle realtà popolari stanche e deluse,  che hanno perduto ogni residua fiducia nella politica.
Ciò che in questo scenario appare ancor più grave è la riduzione a totale irrilevanza di quel centro cattolico popolare che, insieme alle culture liberali e riformiste della Prima Repubblica, aveva concorso a rendere l’Italia la settima potenza economica industriale del mondo.
Una crisi quella dell’area cattolico popolare di cui si sono resi conto finalmente anche gli esponenti più autorevoli della gerarchia cattolica, come risulta dalle prese di posizione decise assunte dal card Bassetti, Presidente della CEI, e dal neo cardinale Becciu, tra i più ascoltati collaboratori di Papa Francesco.
Una tappa importante del progetto di ricomposizione dell’area popolare è stata compiuta a Verona il 23 Giugno scorso in un seminario organizzato dall’associazione “ Costruire Insieme”, presieduta da Ivo Tarolli,  al quale hanno partecipato esponenti di diverse formazioni politico culturali come Gianni Fontana (DC), Mario Mauro ( Popolari per Italia),  Giorgio Merlo ( la Rete bianca), Domenico Menorello ( Energie per l’Italia) o hanno dato la piena adesione, come Gianfranco Rotondi ( Forza Italia). Insieme a molti altri amici presenti abbiamo sottoscritto un documento politico, nel quale  ci proponiamo: “ la promozione di una piattaforma plurale, in direzione di una ’Unione per un Movimento Popolare (UMP) nel quale possano coordinarsi, liberamente e senza predefinite gerarchie organizzative, le diverse esperienze presenti in Italia che si rifanno ai valori della sussidiarietà. Un soggetto politico ampio, plurale, laico, democratico, popolare, europeista, trans nazionale,  impegnato a tradurre nella “città dell’uomo” gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa, in dialogo privilegiato con il PPE”.
Altri segnali positivi sono intervenuti in questi giorni tanto dall’area “sgarruppata” del PD, con il manifesto politico di Carlo Calenda, che da quella del centro destra in fibrillazione, con le conclusioni del Comitato nazionale di Energie per l’Italia di Stefano Parisi del 14 Giugno.
Calenda con accenti politico culturali che ricordano quelli che furono un tempo della sinistra repubblicana lamalfiana, si propone di dar vita a “ un’alleanza repubblicana oltre gli attuali partiti” proponendo cinque idee per incominciare.
Dopo un’ampia analisi delle condizioni internazionali e delle tendenze più significative sul piano geopolitico mondiale, durissimo é il giudizio che Calenda dà sulla situazione italiana, sostenendo, infatti che: “L’Italia anello fragile, finanziariamente e come collocazione geografica, di un occidente fragilissimo, è la prima grande democrazia occidentale a cadere sotto un Governo che è un incrocio tra sovranismo e fuga dalla realtà. Occorre riorganizzare il campo dei progressisti per far fronte a questa minaccia mortale. Per farlo è necessario definire un manifesto di valori e di proposte e rafforzare la rappresentanza di parti della società che non possono essere riassunti in una singola base di classe. Un’alleanza repubblicana che vada oltre gli attuali partiti e aggreghi i mondi della rappresentanza economica, sociale, della cultura, del terzo settore, delle professioni, dell’impegno civile. Abbiamo bisogno di offrire uno strumento di mobilitazione ai cittadini che non sia solo una somma di partiti malandati e che abbia un programma che non si esaurisca, nel pur fondamentale obiettivo di salvare la Repubblica dal “sovranismo anarcoide” di Lega e M5s.”
Non è ovviamente esattamente la nostra posizione di Popolari, anche se possiamo ben condividere le priorità di programma da Calenda indicate, quali: Tenere in sicurezza l’Italia; Proteggere gli sconfitti sul piano sociale; Investire nelle trasformazioni; Promuovere l’interessa nazionale in UE e nel mondo; Lanciare un grande Piano per la conoscenza e la ricerca scientifica.
Noi semmai porremmo come preliminare strategico ineludibile: il ritorno al controllo pubblico di Banca d’Italia e il ripristino della separazione tra banche di prestito e banche d’affari. In sostanza la riadozione della Legge bancaria del 1936, da sempre difesa dalla DC sino al 1992, data nella quale con il decreto Amato-Barucci abbiamo consegnato il controllo di Banca d’Italia agli edge funds anglo caucasici  e la suicida combinazione insieme dell’attività bancaria di prestito e di speculazione finanziaria. Scelta irresponsabile guidata dai detentori dei poteri finanziari a tutto danno del Paese, della sua economia reale e dei ceti medi e popolari. Tuttavia  nel manifesto politico di Carlo Calenda  ci sono molte indicazioni su cui noi Popolari potremmo con estrema coerenza concordare, sia sul piano della politica interna che sulle indicazioni strategiche di politica estera.
Possibilità di intesa, inoltre e come già accertato a Verona dall’intervento dell’On Menorello (Energie per l’Italia), con Stefano Parisi, il quale nelle conclusioni del suo Comitato nazionale  afferma quanto segue: “ L’obiettivo di EPI resta quello di dar vita a un grande processo di ricostruzione dell’Italia. Delle basi del nostro pensiero politico. Del nostro Stato di diritto. Dell’europeismo. Della nostra collocazione atlantica e dei valori della tradizione giudaico-cristiana. Senza l’Europa non faremo passi avanti ma non andremo avanti neppure con questa Europa così debole e divisa per sfere di influenza. Il protagonismo del presidente francese Macron, i socialisti spagnoli arrivati quasi per caso al governo, la Merkel senza una solida maggioranza, gli attriti già emersi nel contesto di una difficile discussione sulla nuova governance della Unione: se il nostro Paese dovesse giocare un ruolo antieuropeo non faremo solo un danno alla Ue ma a noi stessi. Siamo contro questa Europa ma sia ben chiaro che lo siamo da posizioni europeiste.” In conclusione Parisi sostiene che : “La nostra missione resta quella di dare vita a una nuova rappresentanza liberale e popolare che eviti lo sfascio delle istituzioni, riformi il Paese e permetta all’Italia di tornare grande.”

Noi Popolari, intanto, cerchiamo di fare sino in fondo e bene la nostra parte, ricostruendo in tempi ragionevolmente brevi la ricomposizione della nostra area politica e culturale, avendo le antenne pronte e la disponibilità a collaborare con quanti da altre sponde culturali, animati dalla condivisione dei valori dell’umanesimo cristiano, intendano INSIEME  a noi   offrire una nuova speranza agli italiani.

Ettore Bonalberti
Presidente ALEF ( Associazione Liberi e Forti)
Venezia, 29 Giugno 2018

 

 

 

 

 

     

 

 

25 Giugno 2018

Adesso mobilitiamoci!


A Verona Sabato 23 Giugno 2018  è avvenuto un fatto importante per i Popolari italiani. Esponenti di diversi partiti, movimenti, associazioni e gruppi, espressione di esperienze diverse, molte delle quali figlie della lunga e dolorosa  diaspora  democratico cristiana, si sono ritrovati per avviare un processo di ricomposizione per il quale il contributo offerto da “ Costruire Insieme” è stato rilevante.

Guidata dal sen trentino Ivo Tarolli, l’associazione “ Costruire Insieme”, sin dal Convegno di Rovereto ( Luglio 2015) con la “ Lettera Appello” “ai tanti in prima linea”, si era  fatta promotrice del progetto che solo a Verona ha trovato la definitiva consacrazione.

A Rovereto ( Luglio 2015) prima e a Orvieto poi ( Novembre 2015), molti dei partecipanti che avevano condiviso quell’appello si erano più tardi divisi, finendo col dare preferenza ai temi del: “chi guida?” e “con chi ci si allea?”- Due interrogativi oggettivamente divisivi, che hanno dovuto scontare le divisioni laceranti vissute sino alle recenti elezioni politiche.

Il voto del 4 Marzo, con la definitiva riduzione alla totale scomparsa dell’esperienza politica dei popolari, ha segnato, al contempo, l’avvio di una fase totalmente nuova della vicenda politica italiana, nella quale, alla maggioranza di risulta trasformistica del governo M5S-Lega, non esistono più reali alternative consistenti, dato che, tanto il PD che Forza Italia, stanno vivendo una condizione di progressivo inevitabile sfaldamento. Situazione confermata dal voto alle amministrative di ieri con la disaffezione elettorale che ha raggiunto il massimo livello ( oltre il 65% degli elettori renitenti al voto).

Il vecchio tema del chi guida? non ha più ragion d’essere in una realtà come quella dell’area cattolico popolare, nella quale i diversi generali sono finiti vittime delle loro fallimentari divisioni suicide; così come il tema con chi ci alleiamo? ha perso ogni senso, visto che, tanto il centro-destra, che il centro-sinistra, non esistono più come riferimenti credibili per l’alternativa.

Non a caso a Verona si sono ritrovati insieme, tanto gli amici della DC che alle ultime elezioni politiche avevano vissuto una profonda lacerazione solo in parte ricomposta, quanto esponenti, come gli amici dei “Popolari per l’Italia” ( Mario Mauro), “Energie per l’Italia” ( Domenico  Menorello) che il 4 Marzo scorso avevano seguito percorsi diversi e, soprattutto, l’amico Giorgio Merlo, in rappresentanza de “ la rete bianca”: un movimento sorto dalla presa di coscienza critica di amici popolari che hanno vissuto sino in fondo l’esperienza per certi versi traumatica nel PD renziano. Anche Gianfranco Rotondi, deputato democristiano di Forza Italia, assente a Verona per gli impegni al ballottaggio del comune di Avellino, ha garantito la sua piena adesione e la sottoscrizione del documento finale del convegno.

Grande merito va agli amici di “ Costruire Insieme”, i quali hanno saputo mantenere aperti i collegamenti e tessere la tela della ricomposizione, attraverso il tema unificante dell”unità possibile”, assunto come denominatore comune tra tutti gli amici. I punti fondamentali di consenso riscontrati nell’appuntamento scaligero, sono quelli indicati nel documento finale sottoscritto  e annunciati nelle conclusioni di Ivo Tarolli.

La sottolineatura autocritica è quella così indicata: “Nella grande difficoltà a riconoscere, allo stato, la praticabilità di azioni organizzate su scala nazionale, si devono almeno giudicare negativamente i tratti propri dell’impegno dei popolari nella Seconda Repubblica, in cui è prevalso uno sterile protagonismo individuale rispetto ad una tensione unitaria e pluralista che sapesse reinterpretare, senza inutili e irrealistiche nostalgie, quell’antico, nobile e mai superato progetto culturale, sociale, economico politico, economico e etico dei “Liberi e Forti” di Sturzo e della migliore tradizione politica dei cattolici democratici.” Il passaggio decisivo è quello seguente:

“Il passo possibile appare, quindi, la promozione di una piattaforma plurale, in direzione di una ’Unione per un Movimento Popolare (UMP) nel quale possano coordinarsi, liberamente e senza predefinite gerarchie organizzative, le diverse esperienze presenti in Italia che si rifanno ai valori della sussidiarietà. Un soggetto politico ampio, plurale, laico, democratico, popolare, europeista, trans nazionale, impegnato a tradurre nella “città dell’uomo” gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa, in dialogo privilegiato con il PPE..
Un progetto che esalti nel suo abbrivio gli ideali e i contenuti che uniscono tante presenze rimaste isolate, disgregate o addirittura inespresse, assumendo l’economia sociale di mercato e l’economia civile quali strumenti essenziali in grado di porre a fondamento della politica la centralità della persona, della famiglia, dell’impresa e dei corpi intermedi;  l’alternativa alle logiche di certo turbo capitalismo finanziario che, subordinando alla finanza l’economia reale, sta distruggendo i ceti medi e le classi popolari, confinando la politica al ruolo subordinato al servizio dei poteri dominanti e riducendo la stessa democrazia a una formula vuota di significato.”

Sono cinque gli obiettivi indicati da perseguire:

  1. che il lavoro, la famiglia, la competitività dell’impresa, divengano i temi prioritari e centrali del nostro impegno politico e sociale;
  2. che l’obiettivo dell’unità possibile di tanti partiti, associazioni, movimenti, liste civiche e persone volonterose, debba fondarsi su un grande progetto culturale che coinvolga le persone, ancorate al territorio e in grado di “orientare” la modernità;
  3. che si debba dar vita a un coordinamento largo, aperto ad energie fresche e giovanili che abbia come obiettivo la costituzione di un soggetto politico nuovo, grande, plurale come su descritto (l’UMP italiano);
  4. che si favoriscano incontri analoghi su tutto il territorio nazionale, in modo da mettere a fuoco le misure da mettere in campo per dare soluzione ai bisogni e alle attese degli italiani;
  5. che siano attivati in ogni provincia, presidi territoriali in grado di far rete ed essere esperienza di dialogo e partecipazione.

 

Ora non devono più intervenire ostacoli, impegnando tutte le migliori energie a realizzare le priorità indicate. La scadenza è fissata alle prossime elezioni europee per le quali saremo tutti unitariamente impegnati a raccogliere dal 28 Novembre prossimo, 30.000 firme in ciascuno delle cinque circoscrizioni in cui è suddivisa l’Italia per la consultazione elettorale europea del 23-26 Maggio 2019.
Tutti noi popolari siamo chiamati adesso alla mobilitazione.

Ettore Bonalberti
Venezia, 25 Giugno 2018

 

 

 

 

 

     

 

 

23 Giugno 2018

Incontro dei Popolari per l’unità possibile


 

Si sono riuniti a Verona, Sabato 23 Giugno 2018, presso la sala riunioni del Ristorante Bar Liston 12 a Piazza Brà,  in un seminario  promosso dall’associazione “ Costruire Insieme”, i rappresentanti di diversi liste civiche, partiti, movimenti e associazioni che fanno riferimento all’area popolare.
Ai lavori hanno partecipato, col segretario dell’associazione “ Costruire Insieme”, Marco D’Agostini, i coordinatori della stessa associazione del Piemonte, Mauro Carmagnola; del Veneto, Luciano Finesso; della Lombardia, Francesco Mazzoli e del Trentino AA.AA., Alberto Vinzio.
Il Prof Giuseppe Sabella, direttore del Think –Industry 4.0 ha svolto una relazione sul tema: “Il lavoro e l’impresa-Le nuove sfide”, assunto dal seminario come elemento  centrale di riflessione politico culturale.
E’ seguita una tavola rotonda presieduta da Ettore Bonalberti, presidente di Alef ( Associazione Liberi e Forti) sul tema: “L’unità possibile dei Popolari Italiani”, alla quale hanno partecipato:
gli Onn.:  Gianni Fontana, Presidente DC, Mario Mauro, Presidente dei “Popolari per l’Italia”, Domenico Menorello di “Energie per l’Italia”, Giorgio Merlo dell’associazione “ la rete bianca” e del consigliere regionale del Veneto, Stefano Valdegamberi della lista Zaia.
Assente giustificato, perché impegnato nel ballottaggio per l’elezione del sindaco del comune di Avellino, l’On  Gianfranco Rotondi di Forza Italia.
Unanime la condivisione dei partecipanti  per “la promozione di una piattaforma plurale, in direzione di una ’Unione per un Movimento Popolare (UMP) nel quale possano coordinarsi, liberamente e senza predefinite gerarchie organizzative, le diverse esperienze presenti in Italia che si rifanno ai valori della sussidiarietà. Un soggetto politico ampio, plurale, laico, democratico, popolare, europeista, trans nazionale,  impegnato a tradurre nella “città dell’uomo” gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa, in dialogo privilegiato con il PPE”.
I lavori sono stati conclusi da un appassionato intervento del sen Ivo Tarolli, presidente dell’associazione “ Costruire Insieme” che ha annunciato l’organizzazione di seminari sui principali temi di interesse dei cittadini in diverse realtà territoriali italiane. Alla fine  è stato approvato e sottoscritto da tutti i relatori presenti un documento di cui si allega copia, nel quale,  i rappresentanti dei diversi partiti, liste civiche, associazioni  e movimenti hanno  convenuto quanto segue:

  1. che il lavoro, la famiglia, la competitività dell’impresa, divengano i temi prioritari e centrali del nostro impegno politico e sociale;
  2. che l’obiettivo dell’unità possibile di tanti partiti, associazioni, movimenti, liste civiche e persone volonterose, debba fondarsi su un grande progetto culturale che coinvolga le persone, ancorate al territorio e in grado di “orientare” la modernità;
  3. che si debba dar vita a un coordinamento largo, aperto ad energie fresche e giovanili che abbia come obiettivo la costituzione di un soggetto politico nuovo, grande, plurale:  un’Unione per un Movimento Popolare (UMP)
  4. che si favoriscano incontri analoghi su tutto il territorio nazionale, in modo da mettere a fuoco le misure da mettere in campo per dare soluzione ai bisogni e alle attese degli italiani;
  5. che siano attivati in ogni provincia, presidi territoriali in grado di far rete ed essere esperienza di dialogo e partecipazione.

Documento finale di Verona

 

Si sono riuniti a Verona, Sabato 23 Giugno 2018,  in un seminario  promosso dall’associazione “ Costruire Insieme”, i rappresentanti di diversi liste civiche, partiti, movimenti e associazioni che fanno riferimento all’area popolare.

La grave situazione economica e sociale del Paese che pone al centro della riflessione il tema del lavoro e della lotta alla povertà, si accompagna alla sempre più urgente rifondazione di una partecipazione attiva alla vita politica della Res Publica.

La gravemente insufficiente proposta politica delle forze  moderate e la diseducazione oramai consolidata del popolo a un giudizio razionale sui fatti pubblici, unitamente all’indebolimento esperienziale dei corpi intermedi della società italiana, ha favorito il risultato elettorale e la formazione di un equilibrio trasformistico del governo giallo-verde, espressione di sentimenti politici caratterizzati dai tratti non privi di  demagogia, la frustrazione della funzione tradizionale di mediazione dei partiti e l’avvio di un processo verso un’ auspicata “democrazia diretta” non scevra di tratti autoritari.

Nella desertificazione delle culture politiche che hanno fatto grande l’Italia, riteniamo necessario avviare un serio processo di ricomposizione delle sensibilità civiche, popolari, riformiste e liberali italiane, ora che il filone ideale e culturale, che unì anche e non solo i cattolici laici, è pressoché spento sia alla camera dei deputati che al senato della repubblica.

Intendiamo servire una esperienza di società e di Stato nel segno della sussidiarietà, nella quale la persona è concepita non come irrazionale misura del reale che, nella realtà, diviene sempre proiezione del potere dominante, ma è affermata nel suo desiderio di vero, di giusto e di bello che fonda le relazioni e la dimensione comunitaria come essenziale al pieno sviluppo del singolo in una prospettiva di responsabilità condivisa.

Nella grande difficoltà a riconoscere, allo stato, la praticabilità di azioni organizzate su scale nazionale, si devono almeno giudicare negativamente i tratti propri dell’impegno dei popolari nella Seconda Repubblica, in cui è prevalso uno sterile protagonismo individuale rispetto ad una tensione unitaria e pluralista che sapesse reinterpretare, senza inutili e irrealistiche nostalgie, quell’antico, nobile e mai superato progetto culturale, sociale, economico politico, economico e etico dei “Liberi e Forti” di Sturzo e della migliore tradizione politica dei cattolici democratici.

Il passo possibile appare, quindi, la promozione di una piattaforma plurale, in direzione di una ’Unione per un Movimento Popolare (UMP) nel quale possano coordinarsi, liberamente e senza predefinite gerarchie organizzative, le diverse esperienze presenti in Italia che si rifanno ai valori della sussidiarietà. Un soggetto politico ampio, plurale, laico, democratico, popolare, europeista, trans nazionale,  impegnato a tradurre nella “città dell’uomo” gli insegnamenti della dottrina sociale della Chiesa, in dialogo privilegiato con il PPE..

Un progetto che esalti nel suo abbrivio gli ideali e i contenuti che uniscono tante presenze rimaste isolate, disgregate o addirittura inespresse, assumendo l’economia sociale di mercato e l’economia civile quali strumenti essenziali in grado di porre a fondamento della politica la centralità della persona, della famiglia, dell’impresa e dei corpi intermedi;  l’alternativa alle logiche di certo turbo capitalismo finanziario che, subordinando alla finanza l’economia reale, sta distruggendo i ceti medi e le classi popolari, confinando la politica al ruolo subordinato al servizio dei poteri dominanti e riducendo la stessa democrazia a una formula vuota di significato.

Dopo un’ampia e approfondita discussione si conviene quanto segue:

  1. che il lavoro, la famiglia, la competitività dell’impresa, divengano i temi prioritari e centrali del nostro impegno politico e sociale;
  2. che l’obiettivo dell’unità possibile di tanti partiti, associazioni, movimenti, liste civiche e persone volonterose, debba fondarsi su un grande progetto culturale che coinvolga le persone, ancorate al territorio e in grado di “orientare” la modernità;
  3. che si debba dar vita a un coordinamento largo, aperto ad energie fresche e giovanili che abbia come obiettivo la costituzione di un soggetto politico nuovo, grande, plurale come su descritto;
  4. che si favoriscano incontri analoghi su tutto il territorio nazionale, in modo da mettere a fuoco le misure da mettere in campo per dare soluzione ai bisogni e alle attese degli italiani;
  5. che siano attivati in ogni provincia, presidi territoriali in grado di far rete ed essere esperienza di dialogo e partecipazione

 

Letto e sottoscritto
Verona, 23 Giugno 2018

 

Ettore Bonalberti
Gianni Fontana

Mario Mauro
Domenico Menorello
Giorgio Merlo
Gianfranco Rotondi
Ivo Tarolli
Mauro Carmagnola
Marco D’Agostini
Luciano Finesso
Francesco Mazzoli
Alberto Vinzio
Giampaolo Fogliardi

Amedeo Portacci
Filippo Maria Fasulo
Lia Monopoli
Zanchini Sammo
Paolo Paoli
Mou Niang
Damiano D’Angelo
Zanetti Licia
Alberto Revolti
Fabrizio Mioni

 

 

 

 

 

 

     

 

 

17 Giugno 2018

Che sia la volta buona?


Si è tenuta ieri a Roma l’assemblea dei soci della DC che nel 2012 rinnovarono l’adesione al partito, i quali, sulla base dell’autorizzazione allo svolgimento dell’assemblea del 26 Febbraio 2017 del giudice Romano, del tribunale di Roma, sono i continuatori legittimi della DC storica.
Un partito quello della DC, “ mai giuridicamente sciolto”, anche se politicamente esaurito, così come ha sentenziato in via definitiva la suprema Corte ( sentenza n.25999 del 23.12.2010) con cui si é posto fine alle diverse presunzioni di eredità dei vari personaggi con cui  scoppiò la diaspora democristiana; alcuni dei quali in servizio permanente effettivo, pronti, in qualche caso,  a dispensare titoli di rappresentanza democristiana senza alcun fondamento o a fregiarsi senza legittimità del titolo e del simbolo della DC.

Il 26 Febbraio 2017 eleggemmo alla presidenza del partito Gianni Fontana, già segretario eletto nel congresso nazionale annullato dal tribunale di Roma svoltosi nel Novembre 2012. Ora, per dare continuità giuridica alla DC storica serviva procedere all’elezione degli organi del partito.

L’assemblea di ieri a Roma doveva proprio decidere le modalità da seguire per giungere all’elezione degli organi del partito: segretario nazionale, consiglio nazionale, direzione nazionale, ecc…

Dopo un serio confronto interno tra diverse opzioni svoltosi a Piazza del Gesù venerdì 15 Giugno promosso dal sottoscritto, è stata accolta la tesi del Prof Nino Luciani, confortato dal parere di illustri giureconsulti dell’università di Bologna, secondo cui la costituzione degli organi del partito era ed è “ la condizione necessaria, ma non sufficiente” per il ritorno in campo politico della DC.

Condizione giuridica necessaria, per consentire al segretario nazionale eletto di condurre, nella pienezza dei poteri e forte della rappresentanza ufficiale del partito, tutte le azioni più opportune per il ritorno in campo politico della DC.

Abbiamo scelto di seguire le indicazioni che a suo tempo il giudice Scerrato formulò nella sentenza n.17831/2015, con cui il 10.12.2015 annullò il XIX Congresso nazionale del partito svoltosi nel Novembre 2012.

Quelle indicazioni sono state assunte ieri, con l’approvazione all’unanimità  della mozione di cui si allega il testo che recepisce quello che ho definito il “ Lodo Luciani-Grassi”, ossia il svolgimento del congresso nazionale, che si terrà con la celebrazione dei congressi provinciali e regionali per l’elezione dei delegati al congresso nazionale da svolgersi il 29 settembre 2018.

Un congresso  necessario per ridare piena legittimità giuridica alla DC, riservato ai soli soci legittimi del partito, ossia quelli della lista depositata a suo tempo al tribunale di Roma, in base al quale il giudice Romano, autorizzò l’assemblea del 26 Febbraio 2017.

Va ribadito, come ben evidenziato nella mozione finale approvata, che questa prima fase è la condizione necessaria, ma non sufficiente per riportare in campo la DC.

Ecco perché, celebrato il congresso riservato ai soci DC 2012, si aprirà il tesseramento ufficiale alla DC e a definire, con tre assemblee organizzative e di programma ( al Nord, Centro e Sud d’Italia) la proposta politica e programmatica della DC per il Paese. Un tesseramento al quale saranno chiamati a partecipare tutti i diversi tronconi dei partiti e partitini che, a diverso titolo, si rifanno alla DC, e, soprattutto, tutti i diversi movimenti, associazioni, gruppi e persone che  sono interessati alla ripresa di iniziativa politica della DC.

La chat di what’s up avviata con grande passione dalla bravissima Mariella Bauleo, dimostra la grande attesa e voglia di partecipazione di molti amici, in parte delusi dalle contorte procedure, ahimé indispensabili, se si vuole dare continuità alla DC storica, dei due congressi, ma, in larga parte, pronti con quanti, come noi più anziani e sulla via dell’ultimo miglio, a ridare fiato politico al partito dei cattolici democratici e dei “ Liberi e Forti”.

Con l’apertura del tesseramento e i tre convegni organizzativi e di programma sarà indispensabile attivare in tutti comuni italiani dei comitati civico popolari; luoghi di una rinnovata partecipazione politica dei cittadini interessati all’impegno politico secondo i valori dell’umanesimo cristiano e a inverare nella “città dell’uomo” la dottrina sociale della Chiesa, così come indicato autorevolmente dal card. Bassetti,  Presidente della Conferenza Episcopale Italiana.

Da parte mia sono molto contento che altri fermenti siano presenti nella realtà politica e culturale italiana, come quello della “rete bianca” , di “ Rinascita cristiana” e di molte altri movimenti e partiti che si ritroveranno a discutere della prospettiva di un più ampio schieramento popolare, sul modello dell’UMP francese, Sabato 23 prossimo a Verona, in un seminario promosso dall’associazione “ Costruire Insieme” guidata dall’amico Ivo Tarolli. Un seminario   al quale parteciperanno, tra gli altri,  con Gianni Fontana, presidente della DC, gli amici Mario Mauro, Domenico Menorello, Giorgio Merlo, Gianfranco Rotondi, Stefano Valdegamberi.

Finalmente si è messo in marcia il progetto per la ricomposizione politico culturale dell’area cattolica e popolare italiana e non saranno i reiterati ricorsi di alcuni legulei interessati a porre altri ostacoli a questo processo irreversibile di cui l’Italia, nel deserto delle culture politiche e in un quadro internazionale e interno di estrema complessità, ha urgentemente bisogno.

Con l’aiuto del Signore crediamo che questa sia veramente la volta buona.

Ettore Bonalberti
Venezia, 17 Giugno 2018

 

MOZIONE

L’esperienza democristiana è stata la più straordinaria e significativa avventura politica del secolo scorso.
Oggi che tale filone ideale e culturale, che unì anche e non solo i cattolici laici e i laici cattolici, è spento alla camera dei deputati e al senato della repubblica, il paese sente il vuoto senza speranza di tale rappresentanza. Dove sono le nostre intelligenze? Le nostre passioni? Di cosa abbiamo timore?
Va riproposto un progetto di società nel quale i diritti di tutti vengano difesi e i doveri di tutti attuati: insomma una nuova fase costituente dei doveri.
Vanno perciò superati le tentazioni nostalgiche accompagnate da silenziose lamentele.
Ecco perché va ricostruita-sotto l’unico nome e simbolo dello scudo crociato nella memoria dei Padri Fondatori che hanno fatto la Democrazia Cristiana-l’unità di tutti i democristiani che sino ad oggi, in differenti modi e con diverse iniziative, hanno tuttavia tenuto desto il nome della DC dopo la diaspora del 1994.
Si tratta di ritornare INSIEME a quell’antico e nobile progetto culturale, sociale, economico politico, economico, etico, politico dei “Liberi e Forti”.
E se i democristiani vorranno tornare ad essere protagonisti, è giusto e necessario che, fin dal prossimo XIX° congresso nazionale, la DC sia una tenda, un luogo includente e aperto a tutti i democristiani, senza costruzione di confini, senza preclusioni ed esclusioni. Un luogo politico aperto ai movimenti e alle associazioni di cattolici morali e cattolici sociali, come giustamente ci invita a fare il presidente della CEI, cardinale Bassetti, e aperto  ai movimenti laici di ispirazione cristiana.
Primo frutto del congresso sarà il tesseramento aperto a tutti coloro che vorranno partecipare a questo progetto e assumere sul serio “la politica come la più alta forma della carità” (PaoloVI) orientati dalla stella polare della Dottrina Sociale della Chiesa.
Coloro che per anni hanno speso con sacrifici tutte le loro energie per tenere in vita una piccola luce che ha illuminato la DC, oggi possono e devono trasformare tale luce in un faro, in modo d rendere visibile e chiaro che i democristiani  accoglieranno tutti coloro che, animati dallo stesso spirito,  vorranno “lavorare INSIEME per il bene comune dell’Italia senza partigianeria, con carità e responsabilità, senza soffiare sul fuoco della frustrazione e della rabbia sociale” (card.Bassetti)
L’assemblea, mentre approva la relazione politica del presidente Gianni Fontana, delibera: a a) la convocazione del congresso della DC  a norma statutaria e nel rispetto rigoroso delle decisioni del tribunale di  Roma per dare continuità alla DC storica per Sabato 29 settembre 2018 .
b) di aprire il confronto con i  partiti di ispirazione DC  e i movimenti di area cattolico popolare suddetti al fine di concorrere all’unità della più vasta aggregazione su una piattaforma culturale, sociale, economica, etica e politica che sarà elaborata INSIEME in assemblee organizzative e programmatiche al nord-centro e sud d’Italia
c) di aprire il tesseramento subito dopo l’avvenuto completamento degli organi statutari, un tesseramento che sarà vincolato all’autocertificazione dei singoli a condividere il codice etico  della DC.
Roma, 16 Giugno 2018

Firmatari della mozione alcuni soci della DC storica della lista del 92/93 delle seguenti città:
Bari, Bologna, Messina, Milano, Napoli, Palermo, Roma, Salerno, Taranto, Torino, Venezia, Verona.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

     

 

 

29 Maggio 2018

Impegniamoci per l’Italia


 

Di tutto il Paese ha bisogno al di fuori di una crisi istituzionale, quale quella che si aprirebbe se la sconsiderata presa di posizione del giovane Di Maio, ahimé replicato dalla pulzella Meloni, venisse portata avanti in Parlamento.

L’intervento del prof Mirabelli, Presidente emerito della Corte Costituzionale, pubblicato da Interris (www.interris.it)  ( “ Perché non possiamo parlare di impeachment per Mattarella”), secondo cui: “ il Capo dello Stato non può agire sotto dettatura” non lascia dubbi in proposito.

Squassata da una condizione di anomia, che si esprime nella crisi economica, finanziaria, morale, sociale e politico culturale, l’Italia non potrebbe sopportare lo spettacolo della messa in stato di accusa di Mattarella, al quale dobbiamo e vogliamo esprimere tutta la nostra solidarietà.

E’ già più che sufficiente e al limite del punto di rottura quanto sta accadendo sul piano politico, con le posizioni intransigenti e dai pericolosi richiami a un clima di altri tempi drammatici per l’Italia, quali  quelle assunte dai due movimenti-partito dei grillini  e da Salvini leader della Lega. Si stanno facendo interpreti del malessere e della frustrazione, che sono diffusi in Italia con toni notevolmente sopra le righe; toni e pronunciamenti che possono sì garantire consenso elettorale,  ma,  facilmente responsabili di rotture laceranti nelle e fra le istituzioni e tra gli stessi cittadini ed elettori.

Premesso che la situazione in cui ci troviamo è il risultato di una legge elettorale schizoide, che ha perfettamente funzionato secondo l’obiettivo di non produrre vincitori, ma che, alla fine, si è dimostrata un boomerang proprio per coloro, PD in testa, che quel “rosatellum” avevano escogitato e votato, cerchiamo di esaminare il comportamento del Capo dello Stato.

Mattarella ha probabilmente compiuto il suo unico errore nel non aver incaricato Salvini di formare il governo, considerato che il leader leghista  era risultato candidato dalla coalizione che aveva ottenuto la maggioranza relativa il 4 Marzo scorso. Il Presidente ha compiuto questa scelta  poiché  riteneva  che la coalizione di centro destra non sarebbe stata in grado di trovare in Parlamento la maggioranza necessaria.

Ciò che è accaduto dopo, con la “fuitina” di Salvini con il compagno Di Maio, ammiccando da furbastro lumbard con il Cavaliere, è espressione aggiornata del perenne trasformismo italico che, stavolta, si è attivato in via preventiva, prima ancora che le Camere cominciassero a operare.

Ci è stato così risparmiato lo spettacolo della transumanza dei parlamentari strordinariamente numerosa nella passata legislatura, con quello della giravolta “ di necessità” del capo della Lega, eletto con i suoi deputati e senatori in coalizione con Forza Italia e Fratelli d’Italia, che costruisce un patto/contratto di governo sostanzialmente diverso da quello con cui si era presentato agli elettori.

La si smetta, dunqe, con la favola che gli italiani il 4 Marzo avrebbero dato la maggioranza al duo Di Maio-Salvini, dato che, in realtà, gli italiani avevano dato la maggioranza relativa al centro-destra mettendo in fila M5S e PD.

Il rifiuto avanzato dai grillini a trattare con il centro destra unito,  per le riserve insuperabili su Berlusconi e Fratelli d’Italia, hanno provocato la “fuitina” di Salvini e l’avvio di un processo trasformistico pericoloso, concretizzatosi con l’incarico allo sconosciuto prof Conte e radicalizzatosi con l’impuntatura leghista sul Prof Savona a ministro dell’economia e finanza.

Estimatori e sostenitori della tesi di Guarino  sull’illegittimità del fiscal compact, parto di un regolamento opposto alle finalità dei trattati liberamente sottoscritti, abbiamo condiviso anche quelle del Prof Savona sulla necessità di una ridiscussione delle modalità in cui sin qui è stata governata la moneta unica, avendo prudenzialmente pronta una soluzione B in caso di impatto senza prospettive.

Siamo, altresì, ben consapevoli e lo denunciamo con alcuni pochi amici da tempo, che, senza il ritorno al controllo pubblico di Banca d’Italia e alla separazione tra banche di prestito e banche di speculazione, in altre parole, senza sovranità monetaria non esista sovranità popolare. Siamo conspevoli, cioè, che senza il ritorno alla legge bancaria del 1936, dalla DC sempre difesa sino all’infausto decreto Barucci-Ciampi del 1992, l’Italia sarà sempre alla mercé dei voleri e dei poteri degli edge funds anglo-caucasici con sede legale nella city of London e sede fiscale nel Delaware.

Siamo altrettanto convinti, però, che in questo momento e nei modi con cui, in termini ultimativi e dal sapore di ricatto la candidatura del prof Savona si è cercato di imporla al Presidente della Repubblica, gli sconquassi finanziari, appena annunciati dai primi rumors di borsa e dello spread, non si sarebbero fatti attendere con conseguenze disastrose per i ceti medi e le classi popolari italiane.

Ora però, nel deserto della politica, dominata da due culture pervase dei tratti più  deteriori del “populismo de noantri”, interpretato da attori mediocri per cultura e capacità di autentica leadership di governo, serve rimettere insieme almeno alcune delle culture politiche che hanno fatto grande l’Italia.

Nasce di qui l’appello che in questi giorni, insieme a Gianfranco Rotondi, a Giorgio Merlo, Alberto Alessi, Ivo Tarolli e  Gianni Fontana, abbiamo rivolto alla vasta galassia dell’area cattolica e popolare, per tentare di costruire insieme un nuovo e grande soggetto politico laico, democratico, ampio, plurale  e popolare, europeista e trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE da far tornare ai principi dei padri fondatori. Abbiamo l’occasione e l’esigenza assoluta per l’Italia, di corrispondere in tal modo al recente invito che il card Bassetti, presidente della CEI, ha inviato ai cattolici italiani per un rinnovato impegno politico e istituzionale nella “città dell’uomo”.

Ettore Bonalberti
Presidente ALEF ( Associazione Liberi e Forti)
Venezia, 29 Maggio 2018

 

 

 

 

 

     

 

 

24 Maggio 2018

Dalla CEI l’invito a un rinnovato impegno dei cattolici italiani


 

Intervenendo all’assemblea generale della CEI il 22 Maggio scorso, il card Gualtiero Bassetti, Presidente della Conferenza Episcopale Italiana, ha usato parole nuove di grande valore e impegno non solo per tutti i vescovi e i sacerdoti, ma per lo stesso laicato cattolico italiano.

«Credo che, con lo spirito critico di sempre, sia giunto il momento di cogliere la sfida del nuovo che avanza nella politica italiana per fare un esame di coscienza e, soprattutto, per rinnovare la nostra pedagogia politica e aiutare coloro che sentono che la loro fede, senza l’impegno pubblico, non è piena. Sono molti, sono pochi? Ancora una volta, non è questione di numero, ma di luce, lievito e sale: ogni società vive e progredisce se minoranze attive ne animano la vita spirituale e si mettono al servizio di chi nemmeno spera più».

E, qualche passo  prima aveva detto: “Tra pochi mesi celebreremo il centenario dell’appello ai Liberi e Forti, lanciato da un gruppo di tenaci democratici, riuniti intorno a don Luigi Sturzo. Fu l’inizio di una storia, quella del cattolicesimo politico italiano, che ha segnato la nostra democrazia e che ci ha dato una galleria di esempi alti di dedizione, di umiltà, di intelligenza. Abbiamo vissuto momenti gloriosi e momenti dolorosi, sperimentato la forza ma anche la debolezza, la meschineria, il tradimento, la diaspora. Vecchi partiti si sono sgretolati, nuovi soggetti sono venuti sulla scena, ma nessuno può negare che nelle migliaia di Comuni italiani ci sono persone che senza alcuna visibilità e senza guadagno reggono le sorti della nostra fragile democrazia. Chi si impegna nell’amministrare la cosa pubblica deve ritornare ad essere un nostro figlio prediletto: dobbiamo mettere tutta la forza che ci resta al servizio di chi fa il bene ed è davvero esperto del mondo della sofferenza, del lavoro, dell’educazione. Quello che ha sempre guidato i cattolici italiani – penso, ad esempio, al beato Giuseppe Toniolo – è stato un grande bisogno di distinguersi e di portare alta la divisa evangelica pure in politica. La storia della Chiesa italiana è stata una storia importante anche per la particolare sensibilità per l’aspetto politico dell’evangelizzazione: nessuna Conferenza episcopale come la nostra possiede un tesoro così ricco di documenti e di testimonianze. Dobbiamo  esserne fieri, ma soprattutto è venuto il momento di interrogarci se siamo davvero eredi di quella nobile tradizione o se ci limitiamo soltanto a custodirla, come talvolta si rischia che avvenga perfino per il Vangelo”.

Cogliamo dalle parole del card Bassetti una ragione in più per continuare nell’impegno che da molti anni coltiviamo per la ricomposizione dell’area culturale e politica popolare e democratico  cristiana.

Sono in atto alcuni fatti rilevanti, quali quelli attivati da diversi  amici espressione delle sin qui colpevolmente disarticolate esperienze post DC, per ritrovarsi a breve nella casa comune. Gianni Fontana per gli amici della DC storica, Gianfranco Rotondi per Rivoluzione cristiana, Lorenzo Cesa per l’UDC, Mario Tassone per il CDU e tante altre realtà di movimenti e associazioni ci auguriamo possano ritrovarsi a breve in una federazione unitaria, preparatoria di un’assemblea organizzativa e programmatica, l’apertura di  un tesseramento e la condivisione di regole congressuali con le quali celebrare il congresso unitario dei democratici cristiani italiani.

Assai positivo l’impegno degli amici di “ Costruire Insieme”, una delegazione dei  quali il 23 maggio scorso ha avuto un incontro con il Presidente del Partito Popolare europeo (PPE) Joseph Daul, presso la sede del PPE, a Bruxelles.
La Delegazione era guidata dal Presidente On. Ivo TAROLLI, ed era composta dal Vice Presidente Dott. Marco D'AGOSTINI, dal Dott. Riccardo FRATINI, componente del Comitato di Segreteria, nonché dall’Ing. Giuseppe ROTUNNO, Presidente del Comitato per una Civiltà dell’Amore. L’incontro aveva l’obiettivo di mettere in collegamento “Costruire Insieme”, che da alcuni anni opera al servizio della riaggregazione della grande area dei cristiano popolari, con  i vertici del Partito Popolare Europeo.

L’iniziativa è stata promossa da Costruire Insieme perché l’Europa è ritenuta il crocevia indispensabile per un realistico progetto di ripresa del nostro Paese. Profonda soddisfazione è stata espressa dal Presidente Tarolli per l’interesse emerso rispetto alla prospettiva di un soggetto politico, su basi federative, che raggruppi partiti, movimenti e associazioni ispirati all’umanesimo cristiano e liberal popolare.

E, infine ma non meno importante, è l’iniziativa avviata dagli  amici Giorgio Merlo, Giuseppe De Mita con Marco Follini e altri amici di area PD, i quali, preso atto del fallimento del progetto politico del PD, sentono la necessità di avviare “ la rete bianca”, uno strumento di collegamento tra le diverse esperienze politico culturale di matrice popolare e cattolico democratica.

Si tratta ora di favorire con urgenza l’unione di queste diverse esperienze per dar  vita  a un nuovo soggetto politico ampio, plurale, laico, democratico, popolare, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno tiolo nel PPE da far tornare ai principi dei padri fondatori.

In questa fase di avvio del governo grillo-leghista, con la crisi apertasi nel centro destra da un lato e col PD avviato verso la scissione renziana dall’altro, col triste connubio trasformistico dei populismi emergenti dal voto del 4 marzo scorso, si aprono spazi ampi  al centro dello schieramento politico italiano, dove sempre più forte è l’esigenza di una presenza di un movimento politico popolare ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano.

La prolusione del presidente della CEI e il suo auspicio di un rinnovato impegno dei cattolici nella politica, ci auguriamo sia raccolto tanto dalla gerarchia, quanto, soprattutto, dalla variegata realtà dell’associazionismo cattolico sin qui colpevolmente frazionata e ridotta all’irrilevanza sul piano politico e istituzionale.

Appuntamento, allora, alle prossime elezioni europee, alla prova del proporzionale puro di quel voto, nel quale spetterà ai democratici cristiani e ai popolari uniti offrire una nuova speranza alle classi popolari e ai ceti medi  del nostro Paese, in alternativa ai facili inganni e alle vacue promesse dei populismi sovranisti chiamati  dal voto del 4 Marzo a guidare l’Italia.

 

Ettore Bonalberti
Venezia, 24 Maggio 2018

 

 

 

 

     

 

 

9 Maggio 2018

Due fatti importanti


Ieri, martedì 8 maggio, si sono svolti a Roma due avvenimenti importanti per l’impegno politico dei cattolici italiani.

Presso gli uffici dell’UDC, promosso da Gianfranco Rotondi, Alberto Alessi e Ettore Bonalberti, si è tenuto un incontro tra Gianni Fontana, Presidente della DC, Lorenzo Cesa, Segretario dell’UDC e gli stessi promotori, insieme a Renato Grassi, Mons Tommaso Stenico, Paolo Pedrana, Angela Maenza e  Giampietro Catone, per concordare modalità e tempi operativi per giungere alla ricomposizione delle diverse anime democratico cristiane.

Dopo anni di suicide battaglie giuridiche si è giunti a condividere il proposito che sia tempo di superare le divisioni e riportare a unità nome e  simbolo della Democrazia Cristiana, “ partito mai giuridicamente sciolto”, preparando una grande assemblea organizzativa e programmatica  nazionale, a seguito di alcuni incontri interregionali unitari con tutti gli amici presenti sul territorio, l’apertura di un tesseramento unitario nazionale e la celebrazione del XIX Congresso nazionale di tutti i DC italiani.

Un progetto ambizioso che si traguarderà sulla scadenza delle prossime elezioni europee della primavera 2019, non perdendo di vista l’evoluzione del confuso quadro politico attuale.

Contemporaneamente presso la sede dell’ANCI, si riunivano con  Giuseppe De Mita e Giorgio Merlo, gli amici di area PD, impegnati a realizzare la “ Rete bianca”, ossia il tentativo di ricomporre l’area di ispirazione cattolica e popolare del nostro Paese.

Due avvenimenti rilevanti, a dimostrazione della condizione di crisi complessiva della politica italiana ridotta a un tripolarismo caratterizzato, da un lato, dallo scontro tra i due populismi della Lega e del M5S, e, dall’altro, dalla crisi di identità dell’ircocervo PD, con la pressoché totale assenza della cultura politica cattolico popolare in sede parlamentare.

L’anomia (assenza di regole, differenza tra mezzi e fini, venire meno di ogni intermediazione) che è la cifra della situazione sociale, economica, politica e istituzionale del Paese, si riflette sulle stesse forze partitiche e, in maniera rilevante su quelle più direttamente collegate alla cultura dei cattolici popolari.

Riflettendo sulla lucida relazione introduttiva di Giuseppe De Mita e rileggendo una ritrovata intervista dell’On Giuseppe Alessi, primo presidente dell’assemblea siciliana e socio fondatore della DC, mi è sembrato che nelle due riunioni romane di ieri si potessero scorgere i fermenti di una ritrovata capacità di iniziativa politico culturale dei cattolici popolari italiani, al di là e al di fuori degli schieramenti e delle alleanze forzate che, negli anni della diaspora nella seconda repubblica e sino al voto del 4 marzo scorso, hanno segnato la divisione di ciò che era rimasto della Democrazia Cristiana d’antan.

Certo non basteranno queste pur lodevoli iniziative romane se non saranno accompagnate da una forte mobilitazione dal basso attraverso l’avvio di comitati civico popolari in sede territoriale, strumenti di partecipazione e di naturale selezione di una rinnovata classe dirigente, insieme a una ritrovata consapevolezza della necessità di unità da parte delle diverse realtà che caratterizzano la frastagliata e sin qui divisa realtà del cattolicesimo sociale e culturale.

Come Luigi Sturzo con i Popolari, nel XIX secolo si impegnò a tradurre nella “città dell’uomo” in piena fase di espansione della prima industrializzazione, gli orientamenti pastorali della “ Rerum Novarum” di Leone XIII, e De Gasperi con la DC, le idee ricostruttive e il codice di Camaldoli, quelli espressi dalla “ Quadragesimo Anno” di Papa Pio XI, così spetta a noi che viviamo questa fase storica difficilissima della globalizzazione  a dominanza dei poteri finanziari, tradurre sul piano politico e istituzionale la dottrina sociale cristiana degli ultimi tre Papi: Giovanni Paolo II ( “ Laborem exercens” e “ Centesimus Annus”) Benedetto XVI ( “ Caritas in veritate”) e Papa Francesco ( “ Evangelii gaudium” e “ Laudato Si”) .

Un impegno straordinario al quale sono chiamati, con il popolo di Dio, tutta la gerarchia sin qui, in larga parte insensibile e/o recalcitrante, e gli stessi sacerdoti impegnati nelle loro attività parrocchiali con le numerose associazioni dell’area cattolica sin qui ridotte all’irrilevanza politica.

Noi, per il tempo che il Signore vorrà concederci, non ci tireremo indietro, sempre fedeli all’insegnamento sturziano e degasperiano ( “ servire e non servirsi della politica”), interessati esclusivamente a concorrere alla ricomposizione dell’area e dell’impegno politico dei cattolici italiani.

Ettore Bonalberti
Presidente ALEF ( Associazione Liberi e Forti)
Venezia, 9 Maggio 2018

 

 

 

     

 

 

9 Maggio 2018

Due fatti importanti


Ieri, martedì 8 maggio, si sono svolti a Roma due avvenimenti importanti per l’impegno politico dei cattolici italiani.

Presso gli uffici dell’UDC, promosso da Gianfranco Rotondi, Alberto Alessi e Ettore Bonalberti, si è tenuto un incontro tra Gianni Fontana, Presidente della DC, Lorenzo Cesa, Segretario dell’UDC e gli stessi promotori, insieme a Renato Grassi, Mons Tommaso Stenico, Paolo Pedrana, Angela Maenza e  Giampietro Catone, per concordare modalità e tempi operativi per giungere alla ricomposizione delle diverse anime democratico cristiane.

Dopo anni di suicide battaglie giuridiche si è giunti a condividere il proposito che sia tempo di superare le divisioni e riportare a unità nome e  simbolo della Democrazia Cristiana, “ partito mai giuridicamente sciolto”, preparando una grande assemblea organizzativa e programmatica  nazionale, a seguito di alcuni incontri interregionali unitari con tutti gli amici presenti sul territorio, l’apertura di un tesseramento unitario nazionale e la celebrazione del XIX Congresso nazionale di tutti i DC italiani.

Un progetto ambizioso che si traguarderà sulla scadenza delle prossime elezioni europee della primavera 2019, non perdendo di vista l’evoluzione del confuso quadro politico attuale.

Contemporaneamente presso la sede dell’ANCI, si riunivano con  Giuseppe De Mita e Giorgio Merlo, gli amici di area PD, impegnati a realizzare la “ Rete bianca”, ossia il tentativo di ricomporre l’area di ispirazione cattolica e popolare del nostro Paese.

Due avvenimenti rilevanti, a dimostrazione della condizione di crisi complessiva della politica italiana ridotta a un tripolarismo caratterizzato, da un lato, dallo scontro tra i due populismi della Lega e del M5S, e, dall’altro, dalla crisi di identità dell’ircocervo PD, con la pressoché totale assenza della cultura politica cattolico popolare in sede parlamentare.

L’anomia (assenza di regole, differenza tra mezzi e fini, venire meno di ogni intermediazione) che è la cifra della situazione sociale, economica, politica e istituzionale del Paese, si riflette sulle stesse forze partitiche e, in maniera rilevante su quelle più direttamente collegate alla cultura dei cattolici popolari.

Riflettendo sulla lucida relazione introduttiva di Giuseppe De Mita e rileggendo una ritrovata intervista dell’On Giuseppe Alessi, primo presidente dell’assemblea siciliana e socio fondatore della DC, mi è sembrato che nelle due riunioni romane di ieri si potessero scorgere i fermenti di una ritrovata capacità di iniziativa politico culturale dei cattolici popolari italiani, al di là e al di fuori degli schieramenti e delle alleanze forzate che, negli anni della diaspora nella seconda repubblica e sino al voto del 4 marzo scorso, hanno segnato la divisione di ciò che era rimasto della Democrazia Cristiana d’antan.

Certo non basteranno queste pur lodevoli iniziative romane se non saranno accompagnate da una forte mobilitazione dal basso attraverso l’avvio di comitati civico popolari in sede territoriale, strumenti di partecipazione e di naturale selezione di una rinnovata classe dirigente, insieme a una ritrovata consapevolezza della necessità di unità da parte delle diverse realtà che caratterizzano la frastagliata e sin qui divisa realtà del cattolicesimo sociale e culturale.

Come Luigi Sturzo con i Popolari, nel XIX secolo si impegnò a tradurre nella “città dell’uomo” in piena fase di espansione della prima industrializzazione, gli orientamenti pastorali della “ Rerum Novarum” di Leone XIII, e De Gasperi con la DC, le idee ricostruttive e il codice di Camaldoli, quelli espressi dalla “ Quadragesimo Anno” di Papa Pio XI, così spetta a noi che viviamo questa fase storica difficilissima della globalizzazione  a dominanza dei poteri finanziari, tradurre sul piano politico e istituzionale la dottrina sociale cristiana degli ultimi tre Papi: Giovanni Paolo II ( “ Laborem exercens” e “ Centesimus Annus”) Benedetto XVI ( “ Caritas in veritate”) e Papa Francesco ( “ Evangelii gaudium” e “ Laudato Si”) .

Un impegno straordinario al quale sono chiamati, con il popolo di Dio, tutta la gerarchia sin qui, in larga parte insensibile e/o recalcitrante, e gli stessi sacerdoti impegnati nelle loro attività parrocchiali con le numerose associazioni dell’area cattolica sin qui ridotte all’irrilevanza politica.

Noi, per il tempo che il Signore vorrà concederci, non ci tireremo indietro, sempre fedeli all’insegnamento sturziano e degasperiano ( “ servire e non servirsi della politica”), interessati esclusivamente a concorrere alla ricomposizione dell’area e dell’impegno politico dei cattolici italiani.

Ettore Bonalberti
Presidente ALEF ( Associazione Liberi e Forti)
Venezia, 9 Maggio 2018

 

 

 

     

 

 

23 Aprile 2018

L’Ohio de noantri


Doveva essere “l’Ohio de noantri “, con l’annunciata vittoria del M5S aspirante alla guida della regione molisana e il sorpasso della Lega su Forza Italia. Invece quella che un tempo fu la culla del voto bianco, che per decenni gareggiò con il Veneto per la percentuale più alta di consenso allo scudo crociato, ha espresso dei risultati sorprendenti.

Il M5S triplica la sua rappresentanza consigliare, ma perde oltre il 6% rispetto alle politiche del 4 Marzo ( dal 44,8 %  al 38,5%); la Lega aumenta, ma non sorpassa Forza Italia e quest’ultima cala, ma non crolla. Il centro  destra prevale nettamente e conquista la quinta guida regionale dopo Liguria, Lombardia, Veneto e Sicilia, e al suo interno spicca il risultato in crescita di Fratelli d’Italia, ma, soprattutto, lo straordinario risultato dei partiti e movimenti di ispirazione cattolica e democratico cristiana.

Donato Toma è il nuovo presidente della Regione Molise. Concluso lo spoglio delle schede delle 394 sezioni: Toma, seconda quanto riporta ufficiosamente la Regione chiude al 43,46%, Greco (M5S) è al 38,50%, Veneziale (centrosinistra) si ferma al 17,1%, Di Giacomo (Casapound) con lo 0,42%

Come scrive l’amico Antonino Calogero il Centro-destra nettamente in testa e al suo interno troviamo: Forza Italia primo partito al 9,4%, Lega all'8,2%, Orgoglio Molise all'8,3%, Popolari per l'Italia al 7,1%, Udc al 5,1%, FdI è al 4,4%, Lista Iorio per il Molise 3,59%, Popolo della Famiglia 0,41%.

Morale della favola. Ribaltato il trionfo 5stelle di un mese fa alle politiche.  Salvini ridimensionato notevolmente rispetto alle sue voglie di primato.

Un sacco di voti presi dalle liste che fanno riferimento al popolarismo che, tutti insieme sfiorano il 16%.

Spiccano i voti dei “ Popolari per l’Italia”  che si rifanno alle posizioni di Mario Mauro e quelli dell’UDC e, se Toninelli e la Grillo del M5S, si consolano così: “Non ha vinto il centrodestra ma il centrodestra coalizzato con una miriade di liste come Orgoglio Molise, Popolari per l'Italia, Unione di Centro, Iorio per il Molise, Movimento nazionale per la sovranità, Il Popolo della Famiglia”, resta il fatto che nel Molise il centro non è terreno di caccia esclusivo della Lega, ma è largamente contendibile da liste e movimenti di ispirazione DC.

E’ quello su cui ragioniamo da qualche tempo, convinti come siamo che, nella condizione attuale dell’Italia e dell’Europa serve una forte ripresa dei movimenti di matrice cattolica e  popolare, ispirati ai valori dell’umanesimo cristiano e della dottrina sociale della Chiesa, promotori di politiche economiche alternative a quelle del turbo capitalismo finanziario e  ispirate ai principi dell’economia civile.

Assai triste il destino del PD ( 9 %), un partito che la gestione renziana ha ridotto a un ectoplasma senza più identità, storia e cultura, e che necessita di una profonda e seria rifondazione per il bene del nostro sistema politico, dopo la sbornia populista del 4 Marzo.

 

Dalla terra del compianto e carissimo amico, sen Lello Lombardi,  esponente di rilievo della sinistra sociale DC ( Forze Nuove), nel ricordo del quale la sua famiglia ha avviato un’encomiabile fondazione nel suo nome (www.fondazionelellolombardi.it; una fondazione che svolge attività di formazione e informazione politico culturale di livello, è giunto, invece, un segnale positivo per la ricomposizione dell’area cattolica e popolare nella politica italiana.

Ora attendiamo i risultati regionali del Friuli Venezia Giulia, dove il leghista Massimiliano Fedriga, di profonde radici e cultura cattolica, riceverà il voto convinto delle diverse componenti del centro-destra, con la speranza di riprendere la guida della Regione dopo l’infausta esperienza della presidenza Serracchiani.

Ettore Bonalberti
Venezia, 23 aprile 2018

 

 

     

 

 

21 Aprile 2018

Basta con le rovinose schermaglie giuridiche: unità di tutti i DC


 

Siamo alla viglia di alcune consultazioni elettorali locali che interesserano diverse città italiane e, questa volta, è indispensabile rimettere in campo la DC con il suo glorioso scudo crociato.
Per far questo, dopo oltre un ventennio di battaglie suicide, è indispensabile superare i vecchi conflitti e sotterrare l’ascia di guerra. E’ tempo di “fumare il kalumet della pace” tra tutti  i diversi contendenti che hanno sin qui impedito, con veti e ricorsi reciproci, di ripresentare la DC in sede elettorale.
Nel rispetto delle storie di ciascuna componente e rispettosi dei tempi e dei modi programmati dalle stesse ( mi riferisco in particolare, per quanto mi riguarda, alla DC dei soci che nel 2012 con Gianni Fontana, Silvio Lega e il sottoscritto, risposero all’appello per rinnovare il tesseramento al partito) penso sia opportuno incontrarsi tutti insieme e assumere alcune città simbolo come, ad esempio, quelle di Avellino, Catania, Messina, Imperia, Treviso, Vicenza, nelle quali i cittadini saranno chiamati alle urne per il rinnovo dei consigli comunali, come sedi di sperimentazione di una ritrovata volontà unitaria.
Con la disponibilità di ciascuno e l’impegno di tutti potremmo organizzare dei comitati civico popolari di partecipazione politica, per definire  programmi elettorali e liste ispirate ai valori dell’umanesimo cristiano e in grado di offrire risposte alle attese degli elettori.
Sarà un primo utile banco di prova per ripartire tutti insieme, sotto lo stesso simbolo storico dello scudo crociato e, dopo quel voto, impegnarci in un’assemblea organizzativa nazionale e in un tesseramento aperto a tutti gli italiani per celebrare il XIX Congresso nazionale della DC, in continuità con la storia del partito di De Gasperi, Moro , Fanfani , Marcora, Bisaglia e Donat Cattin, o il Primo Congresso nazionale della DC del XXI secolo.
Crediamo sia giunto il tempo per concorrere da democratici cristiani, forti dei loro valori e della storia politica che seppe far grande l’Italia, alla ricostruzione di un centro democratico, popolare e liberale di cui l’Italia e l’Europa hanno assoluta necessità.

Ettore Bonalberti
Venezia, 21 Aprile 2018

 

     

 

 

 

 

 


 

 

29 Marzo 2018

Facciamo chiarezza


 

Alla vigilia della prossima assemblea dei soci legittimi della DC 2012, che l’amico Fontana intende convocare il prossimo 14 Aprile a Roma, tento di fare chiarezza sullo stato dell’arte all’interno e all’esterno della DC, così come ricostruita nel 2012, a seguito della decisione assunta da 1742 cittadini italiani, che erano stati soci nel 1992-93 ( ultimo tesseramento della DC storica), di rinnovare la loro adesione al partito.

Serve una premessa: nostro obiettivo è e rimane quello di rifondare politicamente la DC, non da soli, ma  con quanti in Italia sono ancora interessati a partecipare a quest’ opera di ricomposizione politico culturale.

Desidero assicurare gli amici De Simone, Cerenza, Sandri, Bambara, Paolucci, Tomei, Coroni e quanti, da “esterni” al progetto del 2012, hanno positivamente espresso la volontà di concorrere alla ricomposizione della DC: nessuno di noi intende chiudersi in un’assurda referenzialità, ma ciò che dobbiamo discutere il 19 Aprile riguarda la conclusione di un processo al quale sono direttamente e solo interessati i soci del 2012 ( 1742), cui si sono aggiunti i sette approvati dall’assemblea del 26 Febbraio 2017, nella quale fu eletto Gianni Fontana alla Presidenza della DC.

Breve cronistoria dei fatti:

Il XIX Congresso nazionale, da noi celebrato nel Novembre 2012 e il precedente consiglio nazionale DC, furono dichiarati illegittimi dal tribunale di Roma per le modalità con cui fu convocato Consiglio nazionale e Congresso e per quelle di svolgimento del Congresso stesso: assemblea plenaria di tutti gli iscritti e non elezione dei delegati nei congressi provinciali e regionali per la nomina dei delegati al Congresso nazionale.

Quella sentenza fu il risultato di alcuni improvvidi ricorsi di amici DC, che ottennero il solo risultato di ritardare di anni il progetto di ricomposizione dell’area democratico cristiana.

Tentammo con Fontana di sopperire a quella sentenza creando l’associazione Democrazia Cristiana, causa non secondaria della confusione che si è vissuto dal 26 Febbraio 2017 ad oggi.

Purtroppo l’esigenza di corrispondere alle scadenze elettorali sempre più frequenti con quella di dar seguito e conclusione alla vicenda interna alla DC dei soci 2012, ha reso complicatissimo e, mi auguro, finalmente non si ponga più quale ostacolo, a un processo fisiologico che mi permetto di evidenziare per fare definitiva chiarezza.

Il giudice Romano quando, ai sensi del codice civile, il 10% dei soci legittimi del 2012 richiese al Tribunale di Roma l’autorizzazione a convocare l’assemblea dei soci, dispose che la stessa fosse convocata in luogo idoneo a raccogliere tutti i soci, con la dimostrazione della disponibilità dello stesso.

Adempimmo, grazie all’impegno di amici come Leo Pellegrino sul piano finanziario  e  di Nino Luciani per aver seguito costantemente l’iter burocratico;  il giudice Romano nell’autorizzare lo svolgimento dell’assemblea, di fatto riconobbe la validità della base associativa della DC risultata dal tesseramento del 2011-12.

Agli amici che con tanto encomiabile entusiasmo hanno sostenuto Fontana nelle ultime vicende elettorali, spingendo, tuttavia, lo stesso Fontana a compiere atti assai gravi sul piano della legittimità, fino a farlo separare dalla sua legittima base associativa e a prefigurare una sorta di nuova DC, costretta a utilizzare un falso scudo crociato col fallimentare risultato del 4 Marzo scorso, faccio appello affinché si armino di una doverosa pazienza: il 14 Aprile dobbiamo compiere una serie di atti e di adempimenti formali che riguardano i soci, e solamente i soci DC del 2012, e nessun’ altra presenza in assemblea potrà essere autorizzata in conformità a quanto previsto dalle norme del codice civile.

Sappiano, tuttavia, che il processo che ci porterà all’elezione degli organi mancanti: Consiglio nazionale, segretario politico e direzione nazionale, sarà di brevissima durata, atteso che il nostro obiettivo resta quello di concorrere, entro e  non oltre Ottobre 2018, a celebrare un Congresso nazionale unitario con tutti gli amici che intendono partecipare al progetto  di rifondazione politica della DC.

Come intendiamo procedere? Il 14 aprile si confrontano due diverse ipotesi operative: quella dell’amico prof Luciani, il quale, rifacendosi a quanto deciso nell’ultima assemblea, ossia l’avocazione dei poteri congressuali alla stessa assemblea dei soci, ritiene che si possa tenere un’assemblea con i poteri del congresso al fine di eleggere il consiglio nazionale e conseguentemente, la Direzione nazionale e il segretario politico.  Alla tesi di Luciani si contrappone quella di Alessi-Grassi e Cugliari, i quali ritengono, invece, che sia necessario perseguire la strada dello statuto, ossia la convocazione dei congressi provinciali e regionali dei soci del 2012.

Da parte mia, stanco di ricorsi e contro ricorsi, sono abbastanza neutrale sulla scelta da compiere, avendo chiaro che qualunque strada si decida di assumere, si tratterà sempre di una soluzione transitoria di brevissima durata e che gli incarichi assegnati dureranno lo spazio di qualche mese per essere totalmente rinnovati dal Congresso unitario che intendiamo celebrare entro Ottobre dopo aver svolto:

  1. un’assemblea organizzativa entro Giugno, aperta a tutti gli amici “esterni” ai soci DC 2012, nella quale definire una piattaforma programmatica della DC da offrire al Paese;
  2. l’apertura di un tesseramento alla DC di tutti i cittadini italiani dai 16 anni in su per ricostruire la base associativa del partito di De Gasperi, Fanfani, Andreotti e Moro. Qui l’opera meritoria di allargamento svolta da Fontana nell’ultimo anno e il contributo degli amici “esterni” ai DC del 2012, potrà essere quanto mai proficua  e, ci auguriamo tutti, efficace per ampliare la base del partito.

Spero di aver chiarito sufficientemente ciò che da soci legittimi DC del 2012 intendiamo portare avanti, a partire dalla prossima assemblea del 14 Aprile. Faccio appello agli altri amici DC di avere solo un po’ di pazienza, consapevoli, noi come loro, che dopo lo tsunami politico scaturito dal voto del 4 Marzo e la totale assenza di una componente di ispirazione democratico cristiana nel Parlamento italiano, di tutto la DC ha necessità, fuorché di altri ricorsi e battaglie suicide nelle aule giudiziarie. State certi: celebrata l’assemblea organizzativa con gli “ esterni” ( Giugno 2018), aperto il tesseramento al partito ( da compiersi entro Settembre), con il congresso XIX della DC unitaria ( o il 1° Congresso della DC 2018) tutti INSIEME a Ottobre concorreremo alla ricomposizione dell’area DC e alla rifondazione politica della DC, partito mai giuridicamente defunto.

Ettore Bonalberti
Venezia, 29 Marzo 2018

 

 

 
     

 

 

 

 
     

 

 

24 Marzo 2018

Si all’UMP: Unione per un Movimento Popolare in Italia


L’amico Prof Antonino Giannone mi ha inviato ieri il seguente comunicato: SENATO: FIRMATO ACCORDO FI, UDC E IDEA, NASCE GRUPPO UNICO NEL NOME DEL PPE (9Colonne) Roma, 23 marzo - Un accordo federativo tra Forza Italia, Udc e Idea per la formazione di un gruppo parlamentare che faccia riferimento all'esperienza del Partito popolare europeo. L'accordo è stato firmato stamane, a Palazzo Madama, alla presenza del segretario nazionale UDC Lorenzo Cesa, del presidente del gruppo di Forza Italia, Paolo Romani, e del senatore Gaetano Quagliariello, leader di Idea. L'iniziativa è l'avvio di un percorso nell'ottica della formazione del progetto politico del PPE italiano. La nuova componente è composta dai senatori Antonio De Poli, Paola Binetti, Antonio Saccone (Udc) e Gaetano Quagliariello (Idea). (PO / red) _231259 MAR 18.

Ho replicato all’amico Giannone con questa mia prima valutazione : “Credo sia una strada percorribile; spiace che la DC, per responsabilità di Fontana,  non esista più; sto pensando a un appello a tutti i Dc disponibili a concorrere alla costruzione della sezione italiana del PPE.  Basta con le nostre assurde polemiche”.

Dal convegno di Rovereto (Luglio 2015), promosso con il sen Ivo Tarolli e da quello di Orvieto (Novembre 2015), organizzato con gli Onn. Giovanardi, Quagliariello e Mario Mauro, con tutti gli amici intervenuti abbiamo condiviso l’idea di impegnarci a dar vita a un nuovo soggetto politico: “ laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE, da far tornare ai principi dei padri fondatori”.

Mi sembra evidente che l’avvio di un gruppo parlamentare unitario al Senato, come quello indicato nel comunicato stampa di ieri, costituisca o possa costituire un ottimo avvio di un processo politico destinato a più concreti sviluppi tanto a livello nazionale che locale.

Ecco perché oggi ho inviato agli amici protagonisti di quell’accordo la seguente mail:

“ Cari amici, ho appreso con piacere l’avvenuta costituzione del gruppo unico al Senato nel nome del PPE , come dal comunicato 9 Colonne allegato. Da parte mia desidero inviarvi i migliori auguri di buon lavoro, mentre opererò nella DC affinché il partito erede di De Gasperi, Moro e Fanfani, possa concorrere insieme a voi alla costruzione di un’Unione per un Movimento Popolare Italiano ( sul modello del fu UMP francese) da inserire a pieno titolo nel PPE da far tornare ai principi dei padri fondatori.
Mi auguro che le egoistiche chiusure sperimentate nella fase pre elettorale, causa concorrente non secondaria del clamoroso insuccesso della lista “ Noi con l’Italia”, siano definitivamente superate, nella comune volontà di costruire un nuovo soggetto politico che da Rovereto ( Luglio 2015), Orvieto ( Novembre 2015) avevamo condiviso essere: laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano e inserito a pieno titolo nel PPE. La scelta operata dai gruppi al Senato sembra andare in questa direzione e mi auguro si possano assumere iniziative unitarie per lanciare su scala nazionale e locale questo importante progetto politico in una fase di scomposizione dei gruppi e partiti che hanno caratterizzato la seconda Repubblica.
In attesa di vostre gradite indicazioni e proposte, cordialmente vi saluto.

 

Ettore Bonalberti
Presidente A.L.E.F. (Associazione Liberi e Forti)”

Mi auguro, infine, che Gianni Fontana, superata la delusione per il fallimento delle nostre strategie elettorali,  proceda con estrema sollecitudine a convocare l’assemblea dei soci DC legittimi ( quelli indicati nella lista depositata dallo stesso Fontana al tribunale di Roma, in base alla quale il giudice Romano ha autorizzato l’assemblea del 26 Febbraio 2017, nella quale abbiamo eletto Fontana alla Presidenza della DC) per assumere tutte le decisioni più opportune: per completare la nomina degli organi del partito e per giungere alla celebrazione di un congresso unitario con tutti gli amici ancora interessati alla ricostruzione politica della DC.

Non sono più consentiti rinvii o, peggio,  continuare a  inseguirci  e combattere nelle beghe di tipo giuridico alla ricerca di un’anacronistica continuità con la DC del 1992-93, dato che la politica va avanti con o senza di noi e, soprattutto,  non aspetta i nostri tempi.

Nel momento che stiamo vivendo, dopo il voto del 4 Marzo, in cui si stanno scomponendo raggruppamenti e formazioni politiche che sono state colonne portanti dell’infausta seconda repubblica, compito  dei “democratici cristiani non pentiti” resta quello di concorrere, con tutta la loro migliore tradizione politica e culturale, a dar vita a un’Unione per un Movimento Popolare italiano,  capace di offrire una nuova speranza al Paese, ben al di là delle proposte velleitarie su cui si è riversato il consenso elettorale  alle ultime elezioni. Proposte  delle quali siamo in fiduciosa  attesa di sperimentarne gli esiti sul piano concreto del governo.

Ettore Bonalberti
Presidente ALEF ( Associazione Liberi e Forti)
Venezia, 24 Marzo 2018

 

 

 
     

 

 

21 Marzo 2018

Temi di discussione per i " DC non pentiti"


1) Noi continuiamo a inseguire l'idea del centro, non tenendo conto che il blocco sociale cui ha sempre fatto riferimento quest'area politica, nell'età della globalizzazione e del turbo capitalismo finanziario, con il dominio degli edge funds anglo-caucasici (kazari) che controllano Banca d'Italia, insieme al controllo della BCE e delle banche centrali europee, imponendoci il fiscal compact e gli altri lacci e laccioli dell'Unione europea, vive una profonda crisi e una proletarizzazione crescente da cui deriva una propensione a scelte politiche non certo moderate, ma o di disimpegno o orientate verso aree radicali ( di qui anche una delle ragioni del successo di M5S e Lega in quest'area il 4 marzo scorso);


2) non v'é dubbio che nell'età della globalizzazione la dottrina sociale della Chiesa rappresenti una delle risposte più autorevoli e approfondite alle degenerazioni del turbo capitalismo finanziario. Gli é che non abbiamo approfondito a sufficienza se e come tradurre nella "città dell'uomo" quegli orientamenti pastorali e, soprattutto, con quali strumenti operativi;


3) non ci facilitano: la situazione interna alla gerarchia ecclesiastica di grande divisione e disorientamento teologico e pastorale e la frastagliata e disarticolata realtà di associazioni, movimenti e gruppi di area cattolica;


4) non siamo più al tempo di Pio XII e dei mandati affidati a Carlo Carretto e a Maria Badaloni, con il supporto di Gedda con i suoi comitati civici. L'idea di una ricomposizione dell'area cattolica dal piano pastorale a quello culturale e socio politico rischia di diventare una chimera o un obiettivo di medio-lungo periodo, in assenza di input specifici, quello nel quale…... " noi saremo tutti morti";


5) dobbiamo prendere atto realisticamente che nel nostro Paese come in Europa, noi cattolici siamo una minoranza. Di qui la necessità, da un lato, di ricomporre quanto di più vasto sia possibile nella nostra area di riferimento culturale, superando gli errori che abbiamo compiuto soprattutto dal 26 Febbraio 2017, giorno nel quale abbiamo rieletto Fontana alla guida di ciò che é rimasto, legittimamente riconosciuto dal tribunale di Roma (ordinanza giudice Romano) della DC storica. Non voglio entrare nel merito di questa tristissima vicenda che, semmai, sarà oggetto di analisi della prossima assemblea DC dei soli soci legittimi che Fontana ha promesso di convocare nei prossimi giorni;


6) bene allora ricostruire le condizioni per il massimo di unità di tutti i DC interessati/bili, avendo, tuttavia, consapevolezza che nella crisi del tripartitismo impotente uscito dalle urne il 4 marzo, l'unica via di uscita è puntare a costruire un nuovo soggetto politico: laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, trans nazionale, ispirato ai valori dell'umanesimo cristiano e inserito a pieno titolo nel PPE da far tornare ai principi dei padri fondatori. Un riferimento importante sarà anche quello dei deputati e senatori di chiara cultura DC eletti il 4 marzo (penso alla Binetti, Pillon, e alcuni altri…)


7) un soggetto politico di tipo federativo, che potrebbe configurarsi, come fu in Francia l'UMP francese ( Unione per un Movimento Popolare), nel quale la DC 4.0 o DC 2018 potrebbe costituire il nucleo fondante.


8) Il recupero dello scudo crociato per la nostra formazione politica, meglio sarebbe ottenerlo per via politica ( fu il tentativo, ahimè fallito per l'egoismo stupido rivelatosi tale di Cesa e Fitto nella formazione della lista " NOI con l'Italia" quello che abbiamo tentato con gli amici Alessi, Grassi e Carmagnola) con un accordo tra DC storica e ciò che resta dell'UDC, piuttosto che con un'ennesima battaglia giuridica i cui tempi non sarebbero compatibili nemmeno con le prossime imminenti scadenze: elezioni regionali, amm.ne locali, europee 2019 e, non improbabili, elezioni politiche generali anticipate…. L'idea avanzata da qualche amico di chiudere con un voto dell'assemblea il caso DC, non ritengo possa passare nella prossima assemblea e non credo, nemmeno, sia la più efficace ed efficiente sul piano operativo. Senza alcuna identità sarà difficile avviare qualsiasi dialogo e proposta politica con altre componenti di cultura laica e liberale, le uniche alle quali poter fare riferimento come cattolici democratici o cristiano sociali.


9) Serve stavolta concordare una strategia e tattica di medio lungo periodo, supportata dalle necessarie risorse umane e finanziarie a partire da noi DC, per concordarla con le alte componenti laico liberali interessate a condividere il progetto.


10) in parallelo, si dovranno sollecitare tutte le energie disponibili nel mondo ecclesiastico e nella vasta area cattolica italiana per uscire dall'indifferenza e dalla colpevole divisione tuttora esistente. Guai se l'azione avviate dalla Lega di cannibalizzazione del voto di Forza Italia, non trovasse un'alternativa credibile sul piano degli interessi e dei valori ( che é la sostanza della politica) di chiara matrice cristiana.


Ovviamente ciascuno di questi punti del decalogo andrebbero approfonditi criticamente in quel workshop auspicato in premessa.

Quanto ai temi e alle soluzioni proponibili per superare la fase di stallo cui siamo giunti dopo l'elezione di Gianni Fontana alla Presidenza della DC il 26 Febbraio scorso, mi permetto di evidenziare quanto segue:

1) Siamo in presenza di due grandi emergenze nazionali: il divario Nord –Sud e il divario generazionale sempre più profondo- sono le condizioni strutturali da cui bisogna partire per interpretare correttamente il voto del 4 Marzo.


2) Questione settentrionale sintetizzabile nel tema: tasse e condizione del terzo stato produttivo architrave del sistema.


3) Questione meridionale: disoccupazione e sotto-sviluppo economico, sociale e strutturale- come uscirne? Assistenzialismo o sviluppo?


4) Premessa di ogni politica riformatrice è il rapporto tra sovranità monetaria e sovranità popolare- analisi della situazione reale finanziaria e bancaria dell'Italia


5) Sul piano istituzionale se non si vuole la separazione/disgregazione Nord-Sud e la fine dell'unità nazionale servono una riforma istituzionale in senso federale: 5-6 macro-regioni ( Nord Ovest-Nord Est-Area Centrale- Area Meridionale- Sicilia e Sardegna)

6) Sul piano politico:

a) Presa d'atto del fallimento delle due strategie colpevolmente perseguite con livelli diversi di responsabilità- non servono capri espiatori, ma un serio confronto interno e una conduzione collegiale nelle prossime fasi con la formazione di un organismo dirigente


b) risolvere il problema degli organi interni della DC- la soluzione Luciani mi sembra la più corretta, efficace ed efficiente, al fine di nominare gli organi mancanti ( Consiglio nazionale, segretario politico e e direzione) da farsi entro aprile e soluzione del problema simbolo dello scudo crociato o in termini di accordo politico o in termini definitivi giudiziari. Da parte mia preferirei la soluzione politica di un accordo con UDC e/o ciò che è rimasto di quell'esperienza politica;


c) aprire il confronto con tutte le componenti di area DC in una conferenza politica e organizzativa per il programma-Giugno 2018: le proposte dei democratici cristiani per l'Italia del XXI secolo


d) apertura del tesseramento 2018 sino a Settembre e avvio dei comitati civico popolari locali


e) I° Congresso nazionale della DC unitaria a Ottobre


f) Concorrere alla formazione dell'UMP ( Unione per un Movimento Popolare) inserita a pieno titolo nel PPE da far tornare ai principi dei padri fondatori.


g) Lanciare una grande campagna nazionale e un comitato per l'attuazione dell'art.49 della Costituzione ("Tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale") per il riconoscimento giuridico dei partiti (vedi ultimo convegno di studio della DC ad Assago 1987-note di Luciano Faraguti)- è il nodo centrale dell'attuale situazione politica e dello status dei partiti in campo.


h) Partecipazione alle prossime elezioni regionali e comunali con l'obiettivo principale alle elezioni europee 2019 ( sistema proporzionale puro e preferenze)

Affido alla vostra valutazione queste scarne sollecitazioni per eventuali correzioni/integrazioni su cui avviare il confronto.

Ettore Bonalberti
Presidente ALEF ( Associazione Liberi e Forti)
Venezia,21 Marzo 2018

 
     

 

 

19 Marzo 2018

Riflessioni dopo il voto

 

 

Con cinque parole chiave, quella magica di Di Maio: reddito di cittadinanza e le quattro di Salvini:  flat tax, no alla legge Fornero, fuori i clandestini, legittima difesa, M5S e Lega  hanno ricevuto il più ampio consenso dagli elettori. Una propaganda politica svolta con grande impegno che esprimeva a livello sovrastrutturale la condizione strutturale del Paese che è quella, alla fine, espressa dal voto: un’Italia spaccata in due, nella quale emergono le due profonde divaricazioni sociali, economiche e delle condizioni di vita del Paese: quella territoriale Nord-Sud e quella generazionale, drammaticamente rappresentata dalla disoccupazione giovanile che, nel meridione, assume carattere patologici e irreversibili (oltre il 50%) e dalla fuga all’estero dei nostri giovani in cerca di speranza.

Nel vuoto delle culture politiche e di formazioni politiche sempre meno legate a un pensiero, ridotte all’ectoplasma senza più storia e identità del PD renziano; all’equivoco partito personale di Berlusconi o alla pur commendevole difesa della propria ispirazione originaria dei Fratelli d’Italia, solo il M5S e la Lega hanno saputo esprimere, seppur a livello epidermico, il disagio profondo e le aspettative di una società in preda a quell’anomia politica, istituzionale, economica, finanziaria e  sociale, di cui scrivo da tempo.

La frustrazione dei ceti produttivi del Nord e la disperazione della gente del Sud, insieme alla richiesta di un profondo cambiamento di classe dirigente e al rifiuto in blocco dei vecchi partiti, hanno  finito per costituire  una miscela che ha fatto deflagrare il sistema, o ciò che di esso rimaneva,  della seconda Repubblica.

A una possibile rivolta sociale, sempre latente, si è sostituito nel tempo breve un terremoto politico foriero di scosse di assestamento numerose e  prolungate .

Basta osservare quanto sta accadendo in queste prime settimane post voto, per rendersene conto. L’Italia è divisa in due, con il permanere di due questioni  che, allo stato degli atti, appaiono di improbabile, se non impossibile soluzione: una questione settentrionale da tempo annunciata, in cui il ceto medio e i diversamente tutelati vivono una condizione di progressivo impoverimento; un’atavica questione meridionale che, accanto alle stesse e più gravi condizioni dei due ceti su descritti, sconta il differenziale accumulato nella più che secolare storia post unitaria italiana.

Paradossalmente, nel momento in cui Salvini fa fare il salto di  qualità alla Lega, da partito del Nord a partito nazionale, riuscendo in tal modo a superare elettoralmente Forza Italia,  quest’ultima abbandonata dal voto meridionale tutto ri-orientatosi a sostegno del M5S, il Paese, mai come adesso, appare diviso in due, col rischio della perdita della stessa unità nazionale.

E’ evidente, però, che le soluzioni indicate dai due vincitori: reddito di cittadinanza per il Sud del M5S e flat tax della Lega e centro destra  per il Nord, sono obiettivi propri di due politiche economiche e finanziarie, non solo difficilmente compatibili con la situazione del debito pubblico italiano (2290 miliardi di euro), ma, a maggior ragione, inconciliabili tra di loro.

Ed é comprensibile allora, come  ad una situazione strutturale di  divisione  netta del Paese  si sovrapponga una condizione di rottura difficilmente componibile sul piano sovrastrutturale politico culturale e del governo del Paese.

Che fare allora?

Alla drammatica deriva della dissoluzione dell’unità nazionale, cui si aggiunge il trionfo delle posizioni più radicali ed estreme di un anti europeismo, oggetto delle preoccupazioni espresse nel recente incontro parigino dalla Merkel e da Macron, penso che l’unica risposta possibile sia quella di ripensare l’assetto istituzionale del  Paese, battendoci per una riforma in senso federale dell’Italia. Basta con le venti regioni che non siamo più in grado di mantenere, ma si punti alla soluzione indicata a suo tempo dal prof Miglio di cinque-sei macro regioni ( Nord Ovest-Nord Est, Area Centrale, Area meridionale, Sicilia, Sardegna) e ad un assetto presidenziale per il governo federale a Roma.

Quanto al nostro rapporto con le riforme e con l’Europa, fermo restando che nella globalizzazione dominante sarebbe illusorio ipotizzare fughe, tipo Brexit, dell’Italia dal contesto europeo, non v’è dubbio che si tratterà di porre con forza il tema della riforma dei Trattati europei, partendo dal superamento di quei provvedimenti illegittimi, come il fiscal compact, assunti in contrapposizione con gli stessi Trattati, come da tempo il prof Giuseppe Guarino ha esemplarmente denunciato.

Non si tratta di perorare l’idea assurda di un’Italia fuori dall’Unione europea, quanto piuttosto quella di recuperare, a partire  dal partito erede dei padri fondatori, il PPE, i principi originari di Adenauer, De Gasperi e Schuman. Validi nei loro fondamentali cristiano sociali, si tratta   di impegnarci a tradurre nella “città dell’uomo” le indicazioni pastorali delle encicliche sociali della Chiesa cattolica, estremamente rigorose nel denunciare i disvalori e le ingiustizie che, accanto ad alcuni fattori positivi, la globalizzazione porta con sé.

Sul piano delle riforme bisogna avere chiara consapevolezza che, se non si ritorna al controllo pubblico di Banca d’ Italia e alla separazione tra banche di prestito e banche di speculazione, ossia ripristinando la legge bancaria del 1936, nessuna riforma di tipo economico e sociale può essere seriamente realizzata in Italia e in Europa.

Sia che subiamo scientemente  (talora con personali interessi di qualcuno a libro paga) oppure inconsapevolmente, il dominio dei poteri finanziari dominanti ( gli edge funds anglo-caucasici, kazari, che controllano con la BCE, le banche nazionali dei paesi europei), dobbiamo batterci per  ripristinare concordemente con i nostri partner europei la sovranità monetaria senza la quale la sovranità popolare si riduce a una retorica e impotente dichiarazione di principio.

Surreale, in tale contesto, il fatto che noi dell’area democratico cristiana, totalmente scomparsi dalla scena politica, salvo qualche infiltrato sopravvissuto nelle maglie di uno sciagurato “rosatellum” e grazie al trasformismo dominante, si continui a bisticciare sui de minimis assurdi delle nostre divisioni anacronistiche e impotenti

Di questo, però, vorrei trattare più compiutamente dopo la prossima assemblea dei soci legittimi della DC, sperando che venga definitivamente convocata dal presidente Fontana, dalla quale, mi auguro emergano alcune indicazioni coerenti e condivise.

Ettore Bonalberti
Venezia, 19 Marzo 2018

 

 
     

 

 

12 Marzo 2018

Luciano Faraguti ci ha lasciati

 

 

Ci è giunta, da un comune amico, la notizia della scomparsa di Luciano Faraguti. Aveva ottant’anni, vissuti sempre nella sua fedeltà ai valori del cattolicesimo politico e dei cristiano sociali.

L’avevo conosciuto che non avevo vent’anni, lui di sette anni più vecchio di me, in quello che al tempo era un fisiologico ricambio nel Movimento  Giovanile della DC. Mi bastò il suo sguardo sempre caratterizzato da una sottile ironia e quel buffetto datomi sulla guancia,  invitandomi a meglio attrezzarmi in fatto di abiti dei politici, quasi a predirmi una futura vita di parlamentare DC, che era nella prospettiva di quasi tutti i migliori giovani della Democrazia Cristiana.

La scelta della comune adesione alla corrente di Forze Nuove e la partecipazione al movimento aclista di Livio Labor, furono alla base di una militanza che ci vedrà impegnati  insieme per oltre quarant’anni; lui da parlamentare e, più avanti, da componente del governo, e, insieme a me, da membri del consiglio nazionale della DC sino alla fine politica del partito.

Quante battaglie abbiamo condotto nella DC, sempre a fianco di Carlo Donat Cattin; dalle prime  per il centro sinistra, alla  scelta del “preambolo”;  in alternativa al dominio demitiano del partito, e, più avanti, dopo la morte del leader piemontese, insieme a Franco Marini nella fase di nascita del PPI.

Donat Cattin aveva nei suoi confronti un atteggiamento di costante affezione, nel riconoscimento di una fedeltà e capacità di tattica politica senza uguali. Non a caso lo confermò per molti anni nella Direzione nazionale della DC, in rappresentanza della corrente di Forze Nuove.

Con l’avvio della lunga stagione della diaspora democristiana (1993-94), Faraguti mantenne sempre forte la sua fedeltà ai valori democratici cristiani e insieme iniziammo (2011) a dar vita al progetto di ricomposizione dell’area DC, con Publio Fiori, Lillo Mannino, Silvio Lega, Sergio Bindi e altri, sino all’elezione a segretario del partito, nel contestato XIX Congresso nazionale (2012), di Gianni Fontana.

Le nostre strade si divisero nella difficile mediazione per l’elezione della Presidente del Consiglio Nazionale del partito, di Ombretta Fumagalli Carulli, allorché Faraguti non volle rinunciare alla candidatura del nostro comune amico e già compagno di corrente, il carissimo e compianto Ugo Grippo.

Luciano visse molto male quel passaggio, ultima rappresentazione delle vecchie ruggini correntizie che, perpetuate nel 2012, assumevano tratti, ahimè,  del tutto anacronistici.

Con mio grande dolore da quel momento cessò, per sua esplicita volontà, una frequentazione e uno scambio di idee e di esperienze politiche quanto mai, almeno per me, ricca di stimoli e di positive riflessioni.

Profonda era la sua capacità di analisi e di interpretazione degli avvenimenti politici, sempre svolte coerentemente alla nostra comune matrice cristiano sociale. Forte era la sua curiosità e il desiderio di approfondire con me i fatti che si succedevano dentro e fuori quell’area popolare di comune interesse di noi “DC non pentiti”.
In questi ultimi anni del silenzio tra di noi, ho sempre vissuto con grande dispiacere l’assenza di quel fecondo scambio di idee e di stimolanti sollecitazioni che abbiamo vissuto per quasi tutta la nostra  vicenda politica.

La notizia della sua scomparsa mi riempie di grande amarezza. Desidero esprimere alla sua amata Carla, i sentimenti della più affettuosa partecipazione al suo dolore.

Perdiamo con Luciano un altro combattente e testimone appassionato della grande storia democratico  cristiana. Un amico che resterà sempre caro nei nostri cuori.

Ettore Bonalberti
Venezia, 12 Marzo 2018

 

 

 

 

 

 
     

 

 

5 Marzo 2018

Un terremoto politico

 

 

La condizione di anomia dell’Italia che avrebbe potuto  e potrebbe ancora sfociare nella rivolta sociale, con la più alta percentuale di votanti (oltre il 71%) raggiunta da molte elezioni a questa parte, superato così il rischio astensionismo, si é espressa  nella più grande svolta politica italiana,  dopo quella del 1994, che segnò il passaggio dalla prima alla seconda repubblica. Un  autentico  terremoto politico destinato a cambiare lo scenario politico del Paese.

Il voto del 4 marzo segna, infatti, il passaggio dalla seconda alla terza Repubblica con la divisione e il divario territoriale dell’Italia resi evidenti dalla realtà di un centro Nord, dominato dal centro-destra a trazione leghista e di un centro-Sud, a dominanza pressoché esclusiva del M5S.

Mai, come dopo questo voto, le questioni  settentrionale e meridionale sono fisicamente rappresentate specularmente nel Parlamento nazionale. Il Sud, persi e abbandonati i tradizionali centri di potere e di elargizione delle risorse pubbliche non più disponibili, si è affidato all’ultima speranza offertagli dal M5S di Grillo e Di Maio. Loro hanno promesso il reddito cittadinanza a una società caratterizzata da un tasso di disoccupazione (oltre il 50%), specie giovanile, tra i più elevati  dell’Italia e dell’Europa, e vittima di una condizione di arretratezza nei servizi che la differenziano fortemente dal resto del Paese. 

Ora la speranza del Sud è tutta riposta nelle promesse elettorali e nell’affidabilità dei giovani del M5S. Tutto ciò si è dimostrato una condizione sufficiente per garantire al partito dei grillini il trionfo elettorale, ma sarà quanto mai precaria al fine di  avere certezza di risposte di governo per il presente e per il futuro.

Il Nord, intanto, ha creduto, più che nella defiscalizzazione della “flat tax” del Cavaliere, nelle proposte di Salvini e il terzo stato produttivo si attende riforme in grado di garantire il superamento della sua condizione di progressiva proletarizzazione. Sono due attese e due speranze, quelle del Nord e del Sud d’Italia, difficilmente compatibili per qualsiasi governo che possa nascere da qui a qualche settimana o mese, tenendo conto dell’enorme debito pubblico sin qui accumulato (2300 miliardi) e dei paletti europei tuttora ben conficcati sul terreno politico istituzionale, a cominciare dal fiscal compact e dal dominio esercitato dai poteri finanziari nella BCE e in tutte le banche centrali europee.

La nuova sintesi in grado di tenere unita l’Italia dovrà probabilmente realizzarsi con una riorganizzazione complessiva del Paese su basi autenticamente federaliste, come quelle a suo tempo teorizzate dal prof Miglio: la formazione di quattro o cinque macroregioni in un assetto istituzionale centrale di tipo presidenziale.

Da queste elezioni, in ogni caso,  emergono nettamente :

  1. la realtà di un blocco sociale eterogeneo al Sud, che va dai diversamente tutelati al  terzo stato produttivo, che ha cercato il conforto  e la speranza nel M5S, primo partito italiano;
  2.  la fine del ruolo politico  trainante di Berlusconi nel centro destra, sempre più a trazione leghista, dove Matteo Salvini ha compiuto il miracolo di triplicare il consenso al partito inventato da Bossi come partito della Padania, oggi partito a dimensione nazionale;
  3. il tracollo della sinistra trasformista renziana e dello stesso  tentativo dell’alternativa dei “Liberi e Uguali”, ridotti a una misera rappresentanza con il solo diritto di tribuna in sede parlamentare.  E’ la fine di un ruolo politico importante della sinistra nel nostro Paese, documentato anche dai risultati negativi registrati nelle storiche regioni rosse dell’Emilia, Toscana e Umbria;
  4. la drammatica  realtà di un’area cattolico e popolare del tutto inesistente, grazie alla scelta egoistica e di chiusura compiuta dai responsabili del movimento “Noi con l’Italia”, ridotti al lumicino e incapaci di superare la soglia del 3% imposta dal “rosatellum”, mentre infinitesima, sotto l’1%, è risultata la rappresentanza del “Movimento per la famiglia” di Adinolfi. Non sono mancate alcune elezioni di deputati e senatori in liste diverse del centro-destra che sono, tuttavia, espressione della nostra stessa cultura politica;
  5. Dopo il voto di domenica non ci sono maggioranze parlamentari in grado di esprimere un governo, con il M5S primo partito nel Paese e il centro-destra che é la più consistente coalizione in termini di voti in Italia e di seggi  alla Camera e al Senato

 

In attesa delle prime mosse dei e tra i partiti, con l’elezione dei presidenti delle due camere, e dell’incarico che Mattarella affiderà alla personalità in grado di formare il nuovo governo, spetterà a noi “ DC non pentiti” ripensare totalmente una nuova strategia che sappia superare gli errori  compiuti e le insufficienze sin qui espresse.

Prima e in tempi brevissimi dovremo risolvere le residue questioni interne alla cosiddetta “DC storica”, attraverso un’assemblea dei soci aventi diritto, che Fontana si è impegnato a convocare il prossimo 24 Marzo a Roma. In seguito, un congresso straordinario da svolgersi secondo norme statutarie da tenersi entro maggio per definire, con un programma credibile per il Paese, la dirigenza del partito. Una dirigenza  che dovrà puntare a riorganizzare su basi totalmente nuove la presenza di quanti, popolari e democratico cristiani, sono interessati a dar vita a un nuovo soggetto politico centrista: laico, democratico, popolare, liberale, riformista, europeista, ispirato ai valori dell’umanesimo cristiano, inserito a pieno titolo nel PPE da far tornare ai principi dei padri fondatori. Un soggetto politico che, ci auguriamo, possa contare  sul contributo di alcuni deputati e senatori eletti della nostra stessa cultura politica, capace di collegarsi ai fermenti nuovi che si sono manifestati in Francia e in Spagna e all’interno della stessa CDU e CSU della Germania.

Come associazione dei “Liberi e Forti”, ancora una volta, dobbiamo riprendere pazientemente la trama di una tessitura che richiederà tempi lunghi e una ripresa di iniziativa culturale e sociale, prima ancora che politico organizzativa, di aree vaste del mondo cattolico italiano che da queste elezioni risulta irrimediabilmente ridotto all’irrilevanza politico istituzionale.

Ettore Bonalberti
Presidente ALEF ( Associazione  Liberi e Forti)
Venezia, 5 Marzo 2018

 

 

 

 

 

 

 
     

 

 

13 Febbraio 2018

Come e chi votare il 4 Marzo ?

 

A 18 giorni dal voto del 4 Marzo in giro c’é tanta confusione.

Colpa di una situazione economico sociale dominata dall’anomia, ossia da una situazione di assenza di regole, di discrepanza tra mezzi e fini nella disponibilità delle persone, dal venir meno del ruolo dei corpi intermedi. Una situazione che può sfociare inevitabilmente nella frustrazione con conseguente rabbia, aggressività o, come sembra oggi nel Paese,in una regressione nel mutismo e nella repressione della residua  volontà di reagire

Colpa di partiti in gara che sono simulacri di autentica partecipazione democratica  e, in larga parte, vittime del trasformismo politico che ha caratterizzato negativamente la trascorsa legislatura del “ nominati”, dove la transumanza mercenaria è stata tra le più ampie, se non la più ampia di tutta la storia nazionale.

Il PD, espressione del massimo trasformismo politico e culturale operato dal renzismo, diventato col “giovin signore fiorentino” uno strumento al servizio dei poteri finanziari internazionali dominanti; né carne né pesce per la sinistra, e, non a caso sottoposto a un processo di scissione dai risvolti politico sociali ben più consistenti di quanto emerga nella superficie, con l’avvenuta costituzione del partito dei “Liberi e Uguali”.

Il centro-destra, che ogni giorno appare sempre di più una sommatoria improvvisata e con programmi difficilmente compatibili, tenuti insieme dall’istrionica capacità di un Cavaliere dimezzato, dispensatore di promesse miracolistiche del tutto inconciliaboli con la realtà contabile dell’Italia.

Il M5S, che da partito dei “diversi”, con i casi scoppiati in questi giorni, sta dimostrando che anche i grillini non sono differenti da molti altri e che anche per loro se “ lo spirito è forte, la carne è debole” e l’italica scappatoia dalle regole è una strada percorribile quando “ si tiene famiglia”.
 
Colpa, infine,  di una legge elettorale indegna, frutto di menti malate che, stampate le schede elettorali, diventerà un vero rompicapo per gli elettori  la cui sovranità è ridotta al nulla.

Una situazione particolarmente difficile è quella che viviamo noi “ DC non pentiti” che, vittime di due fallimentari strategie elettorali, ci troviamo nella condizione di orfani nella rappresentanza politica.

Gianni Fontana da un lato, con i suoi catecumeni  pasdaran se-dicenti democratico cristiani, ha scelto la linea dell’isolamento, con il bel risultato di trovarsi con lista e simbolo ricusati, incapace, come lo avevamo avvertito, di raccogliere le oltre 26.000 firme indicate dal rosatellum, e finendo col dare fiato al solo redivivo Azzaro per le regionali laziali; compresa l’occupazione abusiva della sede di Piazza del Gesù, ridotta a sede del suo comitato elettorale regionale .

Fallimentare  anche la strada da noi tentata di un accordo con gli amici ex DC Cesa e Fitto nella quarta gamba del centro-destra di” Noi con l’Italia”. Un po’ per la nostra oggettiva debolezza, privati della  solidarietà prima confermata e poi smentita da Fontana, e, assai di più, per la chiusura egoistica dei due sunnominati, preoccupati di salvaguardare le loro esclusive posizioni nei collegi uninominali strappati al centro-destra, e quelle dei loro fedelissimi.
Tutto ciò nella presunzione di poter raccogliere da soli quel 3% dei voti, indispensabile per la rappresentanza della quota parlamentare. Se, come temiamo, quella soglia del 3% non sarà raggiunta, ci sarà una modestissima rappresentanza  degli eletti nei collegi uninominali e la consegna gratuita di tutti i voti alla coalizione di centro destra.

In questo quadro è forte la tentazione di seguire la strada indicata da qualche autorevole amico DC, di fare appello al voto con scheda in bianco. Un modo per misurare indirettamente la nostra forza. Da parte mia credo sia più opportuno fare appello al voto di coscienza, inteso a sostenere liste e candidati espressione di interessi e  valori più vicini alla nostra tradizione politico culturale.

In attesa del voto del 4 marzo, abbiamo l’esigenza, da un lato, di risolvere i problemi giuridici aperti all’interno della DC, dopo le scelte illegittime compiute senza alcun mandato dai soci da Gianni Fontana, e dall’altro, di non disperdere ogni opportunità presente e futura per ricomporre l’unità dell’area  democratico cristiana e popolare dell’Italia.

Serve riprendere la battaglia vinta col referendum del 4 Novembre 2016 in difesa della Costituzione; serve riprendersi la sovranità popolare, che presuppone il riprendersi della sovranità monetaria, con un programma riformatore che deve basarsi su due scelte fondamentali, in linea con quanto seppe fare la DC negli oltre quarant’anni della sua storia politica:

  1. riprendersi il controllo pubblico di Banca Italia, oggi dominata dagli edg funds anglo caucasici (kazari), che ne determinano le scelte, insieme al controllo della stessa BCE;
  2. separare nettamente l’attività delle banche di prestito da quelle speculative finanziarie, ossia ripristinare la legge bancaria del 1936 .

Le vacue promesse di riforma che sono annunciate nei programmi di tutti gli attuali partiti in lotta per il voto del 4 marzo, mancando di questi due presupposti, sono solo “promesse di marinaio” destinate a scontrarsi con gli interessi di quei poteri che, dal 1992-93, hanno ridotto la nostra sovranità popolare a una mera finzione.

Ettore Bonalberti

Venezia, 13 Febbraio 2017

 

 

 
     

 

 

11 Febbraio 2018

In attesa del 14 Febbraio: cosa accade nella DC ?

 

Non era mai accaduto, se non nei casi di soggetti vittime della “sindrome di Stoccolma”, che una persona si acconciasse ad accordarsi con i suoi più dichiarati nemici; quelli che lo hanno portato dinanzi al tribunale di Roma, che, finalmente, il 14 febbraio prossimo, dovrebbe pronunciarsi sulla validità dell’assemblea dei soci DC del 26 Febbraio 2017,  nella quale Gianni Fontana è stato eletto Presidente della DC.

Ricordiamo che: “il soggetto affetto dalla Sindrome di Stoccolma, durante i maltrattamenti subiti, prova un sentimento positivo nei confronti del proprio aggressore che può spingersi fino all'amore e alla totale sottomissione volontaria, instaurando in questo modo una sorta di alleanza e solidarietà tra vittima e carnefice”.

La “sindrome di Stoccolma” sembra aver colpito in maniera irreversibile proprio Fontana, al punto di tentare, in combutta con i suoi nemici, di costruire una lista pseudo democristiana, bocciata nelle sedi giurisdizionali competenti, sino alla pubblicazione di un “ukase” sulla G.U. del 30 dicembre scorso con la quale, di fatto, Fontana puntava a  escludere illegittimamente i soci 2012 della DC dal partito, per sostituirli con quelli del gruppo Azzaro-De Simoni-Cerenza e del redivivo Sandri assurto, dopo anni di scarsa considerazione, al ruolo di nuovo leader politico.

In rapida sintesi, come si è giunti al fallimento di due diverse strategie elettorali: quella di Fontana e nuovi compagni e quella di noi DC legittimi, rimasti orfani di un presidente fedifrago ?

  1. Fontana dal febbraio 2017 ha perseguito una sua linea politica e organizzativa: apertura agli esterni fino alla sostituzione degli esterni rispetto ai soci legittimi.
  2. Si è passati dal tentativo positivo dell’allargamento della base associativa al progetto di occupazione “manu militari” del partito da parte dei vari Azzaro, Coroni, Sandri..
  3. Capriole inverosimili con il gruppo Cerenza-De Simoni e con Sandri: prima accordo capestro senza mandato e non rispettato e, poi, apertura sino al loro subentro, de facto, nel gruppo dirigente. In definitiva gli stessi che ci hanno chiamati in giudizio, che si terrà il 14 febbraio p.v.  sono assurti al ruolo di dirigenti senza titoli  della DC. Dalla prossima sentenza del 14 Febbraio molto dipenderà del nostro futuro: l’assemblea del 23 dicembre è valida oppure no? La lista dei 1749 riconosciuta dal giudice Romano è valida oppure no?
  4. Pesanti sono le responsabilità di Fontana per una serie di atti illegittimi compiuti: decisioni assunte o non fatte senza mandato dei soci legittimi
  5. Di fatto, ha sostenuto una linea politica non votata, dato che le tre mozioni Alessi-Luciani-Azzaro non furono votate dall’assemblea del 18 Novembre, disattendendo in tal modo a  quanto aveva sollecitato ad Alessi nel rapporto con Cesa; ossia di dar vita a una lista unitaria di tutti di DC nell’ambito dell’alleanza di centro-destra. Progetto da lui confermato nella sua relazione del 18 novembre, di cui conserviamo il testo ufficiale, da lui consegnatoci personalmente  al termine della sua relazione e agli atti di quella riunione.
  6. In quell’assemblea Fontana propose due Vice presidenti: Alessi e Carmagnola, la cui designazione fu approvata all’unanimità dall’assemblea, come si evince dal verbale stilato dal segretario verbalizzante agli atti del partito. Continuando a esercitare una gestione di tipo monocratico del tutto incompatibile, tanto sul piano delle norme civilistiche che su quello dello statuto della DC, Fontana è giunto ad inviare la surreale lettera ad Alessi e Carmagnola, con cui intende inibire  loro  di utilizzare il titolo di vice presidenti DC, ossia  di un ruolo da lui proposto e approvato all’unanimità dall’assemblea dei soci il 18 Novembre.

Se la strategia elettorale di Fontana, come gli avevamo preventivato, è risultata fallimentare, dopo la ricusazione del simbolo e della stessa lista,  frutto anche  dell’incapacità dei pasdaran, di cui si è attorniato il nostro,  di raccogliere le firme indicate dalla legge elettorale, anche noi, orfani del presidente che ci aveva abbandonati, abbiamo fallito.

Abbiamo fallito per l’oggettiva debolezza della nostra delegazione, privata di un’investitura formale, anzi contestata con la lettera suicida di Fontana, letta dalla signora Lia Monopoli proprio nell’incontro della delegazione con Cesa e Tassone il 15 Novembre presso la sede dell’UDC. Con quella lettera Fontana, partito per la Cina, disconoscendo sia quanto aveva perorato il giorno prima ad Alessi che la stessa funzione dei due vice presidenti, indicava in Giampiero Samorì il legittimo rappresentante della DC, con ampi elogi alla persona che, non essendo nemmeno socio del partito, risulta oggetto di diverse inchieste giudiziarie.

Un fallimento quello nostro dovuto anche, se non soprattutto, alla chiusura egoistica e priva di respiro strategico di Cesa e Fitto, preoccupati più di salvare le proprie poltrone e quelle dei fedelissimi, che di perseguire il progetto di una ricomposizione dell’area democratico cristiana italiana.

La divaricazione di linea politica e il maldestro  tentativo di Gianni Fontana si è concluso alla fine,  con la presentazione di una lista per l’elezione di Azzaro alla presidenza della Regione Lazio, con un falso simbolo della DC e, di fatto, con una lista esterna ed estranea alla nostra migliore tradizione politica. La stessa sede di Piazza del Gesù, l’affitto della quale era stato sostenuto dalla generosità di alcuni nostri amici DC, da sede ufficiale del partito si è trasformata nella segreteria personale di Azzaro per la sua campagna elettorale regionale.

Continua, infine, la confusione politica, organizzativa e anche amministrativa tra il partito della DC e la vecchia Associazione Democrazia Cristiana creata nel 2013 da Fontana, insieme a molti di noi, giocando pericolosamente sul suo doppio ruolo di presidente di entrambe. E’ evidente che questa situazione di gravissima confusione politica e organizzativa deve cessare.

Confidiamo nella residua sensibilità politica di Fontana, al quale compete il dovere di convocare l’assemblea dei soci legittimi della DC storica, solo ai quali spetta, a norma del codice civile e dello stesso statuto del partito, il compito di assumere tutte le decisioni, comprese quelle di valutare ed eventualmente approvare quelle prese senza alcun mandato dallo stesso Fontana.

In attesa della sentenza del giudice del tribunale di Roma del prossimo 14 febbraio ( salvo rinvii) questo è il miserrimo stato dell’arte di ciò che rimane della DC a guida dell’ex leader veronese, mentre si apre una discussione seria e rigorosa su come votare il prossimo 4 Marzo, in assenza del partito e di una linea politica definita.  Una scelta che avrà inevitabili conseguenze sia sull’esito delle elezioni, con particolare riferimento alla lista degli amici ex DC che giocano sul filo di lana del 3%, che sullo stesso progetto di ricomposizione della DC in Italia.

Ettore Bonalberti
Venezia, 11 Febbraio 2018

 

 

 
     

 

 

2 Febbraio 2018

La maledizione di Moro

 

Tra le lettere di Aldo Moro dal carcere delle BR rimarranno sempre impresse nella nostra mente queste sue parole: “Il mio sangue— aveva scritto Moro ai capi della Dc — ricadrà su di voi». E’ la cosiddetta “maledizione di Moro” che da quasi quarant’anni dal suo rapimento (16 marzo 1978)  e assassinio (9 maggio 1978) continua a perseguitarci.

Anche ciò che è accaduto nella DC, che abbiamo tentato di ricostruire, con la riadesione dei soci del 92-93 nel 2012 e la celebrazione del contestato XIX Congresso nazionale nel quale eleggemmo Gianni Fontana alla segreteria del partito, riconfermandolo alla presidenza nell’assemblea dei soci del 26 Febbraio 2017, sembra dar credito a questo triste presagio.

Da un lato, Gianni Fontana, abbandonati i suoi veri amici, si è rifugiato tra le braccia di alcuni astuti pasdaran, alcuni dei quali mai stati soci della DC e dai tratti caratteristici degli affiliati alle consorterie dei grembiuli e dei compassi, si è intestardito in operazioni fallimentari, conclusesi con la ricusazione del simbolo improvvisato simile a quello di Alberto da Giussano e delle liste dei candidati depositate senza raccolta delle firme prescritte dal “rosatellum”.

Fontana era partito da una riconferma ad amplissima maggioranza e si è ritrovato contestato dai vecchi e nuovi amici, dopo aver compiuto una serie di atti illegittimi, alcuni dei quali di una gravità inaudita, come quello di una comunicazione sulla Gazzetta ufficiale con la quale, di fatto, tentava di far fuori i legittimi soci DC per far posto a improvvisati laudatores dell’ultima ora.

Dall’altro, noi stessi, vittime di un presidente fedifrago, dopo un’assemblea dei soci che si era conclusa senza alcun voto su tre mozioni contrapposte, abbiamo dato seguito agli impegni che, proprio insieme a Fontana, avevamo assunto con Lorenzo Cesa, ossia che: “ la DC si presenti compatta con il proprio simbolo e propria denominazione, formando un’alleanza forte dell’autonomia e dell’attualità dei propri ideali fondati sulla sussidiarietà, desiderosa di un’autentica classe dirigente, formando un’alleanza con il centro destra e con equa distribuzione dei diritti e dei doveri di ciascuna delle componenti”.

Con il presidente Fontana sintonizzato sulla lunghezza d’onda di Coroni e dell’anonimo Azzaro ( “andare da soli”), la possibilità di utilizzare senza contestazioni il simbolo storico della DC era impossibile e la delegazione improvvisata a trattare con Cesa e Fitto ( Alessi, Grassi, Bonalberti e, in avanscoperta, Pomicino e Gargani) oggettivamente debole.

Conclusione? Quella che ho avuto modo di esporre al “duo Fasano” della politica, nella mia lettera spedita loro dopo le conclusioni della vicenda delle liste elettorali.

Ricordo quanto da me a loro rappresentato:

 “Cari Raffaele e Lorenzo,
ho preso atto, non senza rammarico, delle decisioni che avete preso a conclusione della tournée che vi ha visto impegnati per diversi giorni nella formazione delle liste.
Con gli amici superstiti della DC storica, nonostante la diversa e scellerata decisione di Gianni Fontana, avevamo indicato alcuni amici quali possibili candidati nelle liste di Noi con l’Italia, interessati, peraltro, soprattutto al progetto  politico di ricomposizione dell’area di ispirazione democratico cristiana. Un progetto che, qualunque sia l’esito del voto, intendiamo perseguire con lo stesso impegno e determinazione che abbiamo messo in campo da oltre vent’anni.
Ringrazio gli amici Alessi, Carmagnola, Grassi, Giannone, Fago con Pomicino e Gargani che avevano indicato anche la mia persona come una possibile risorsa per il progetto comune che mi era parso fosse anche il vostro..
Ringrazio, in particolare, l’amico Schittulli per la disponibilità espressa  e considero la sua esclusione un grave errore per la coalizione. Come pure grave è stata quella dell’amica Valentina Valenti.
Considero colpevole e di estrema maleducazione il silenzio vile dell’On De Poli, al quale avevo inviato SMS e mail senza mai aver ricevuto risposta, nonostante aver evidenziato a Cesa l’opportunità di un nostro colloquio per decidere insieme il caso del Veneto.
Avete preferito i “fedelissimi” e mi auguro che le scelte compiute risultino vantaggiose per la lista e per l’intera coalizione
Da parte mia, fortunatamente non voto nel collegio di Verona, nel quale non potrei mai votare per Tosi che nel recente referendum costituzionale si é schierato apertamente con Renzi per il SI e oggi, con opportunismo trasformistico degno dei più efficienti saltimbanchi, trova rifugio per sé e per la sua compagna nella lista di Noi con l’Italia.
Si sono preferiti “ i ragazzi del coro” per garantirsi l’immediato, mentre avevo fiducia nella vostra capacità di visione e di leadership per un traguardo più ambizioso  di più vasto respiro.
Spero che dopo il 4 marzo si possa avere in Parlamento un nucleo di amici " DC non pentiti “, anche attorno ai quali poter ripartire per ricostruire in Italia una forza politica ispirata ai valori democratico cristiani e che in quel nucleo si possa contare anche in una vostra diversa e più attenta disponibilità.
Noi, come sempre: “tiremm innanz” e che il Signore ci assista.”

Il prossimo 9 Febbraio, con gli amici Alessi e Carmagnola, V.Presidenti della DC indicati da Fontana e votati all’unanimità dall’assemblea dei  soci DC il 16 Novembre scorso, ci riuniremo presso la saletta dell’Hotel Nazionale a Roma e insieme decideremo il da farsi. Mi auguro, per riprendere il cammino, alla ricerca dell ‘unità di tutti i “ DC non pentiti” e, soprattutto, di quelli delle nuove generazioni disponibili a raccoglierne il testimone politico.

Ettore Bonalberti
Venezia, 2 Febbraio 2018

 

 

 
     

 

 

30 Gennaio 2018

Riflessioni prima del voto

 

 

Una legge demenziale non a caso connotata come “fascistellum”, costruita per salvaguardare le caste dirigenti delle forze politiche presenti in parlamento; partiti lontani da quanto previsto dalla Costituzione (Articolo 49:” tutti i cittadini hanno diritto di associarsi liberamente in partiti per concorrere con metodo democratico a determinare la politica nazionale”)  e ridotti a luoghi di nulla partecipazione, sotto la guida di leader in alcuni casi ineleggibili ( Berlusconi e Grillo), in altri, come nel PD di Renzi, connotato come un “serial killer” dal veterano Sposetti, o in preda alle convulsioni padane della Lega divisa tra Salvini, Bossi e Maroni.

E’ in queste condizioni che si è consumata la saga delle candidature, nella quale ha trionfato ovunque la logica della difesa ad oltranza dei fedelissimi dei capi, con esclusione di ogni voce fuori dal coro a destra, come al centro e alla sinistra dei diversi schieramenti.

La legge elettorale non garantisce, salvo qualche eccezione, nessuno, nemmeno tra i capi che di essa sono stati gli irresponsabili autori, mentre la gara a chi le spara più grosse non è più credibile agli italiani, che vivono sulla propria pelle la condizione di gravissima crisi economica, finanziaria e sociale che il mite Gentiloni si impegna quotidianamente a  confutare.

Nonostante i sondaggi favorevoli al  centro destra e al M5S, ciò che appare all’orizzonte è una sostanziale ingovernabilità che si presta a rendere istituzionalizzato quel trasformismo che ha caratterizzato l’intera passata legislatura, con le affollate transumanze indecenti dei mercenari in parlamento, allora come stavolta, “nominati” dai capataz di ciò che resta degli attuali partiti.

Tutti parlano di riforme, di mirabolanti riduzioni dei carichi fiscali e di ogni sorta di offerte speciali per i cittadini elettori, mentre non si dice una parola sulle gravissime differenze territoriali (nessun partito cita più la questione meridionale)  e di generazione, che sono le emergenze più rilevanti del Paese. Un Paese che fonda la sua precaria stabilità su tre pilastri: la famiglia, la sanità e le pensioni. Tre pilastri diversamente intaccati e resi sempre più fragili e precari.

Con la mia teoria dei “quattro stati” ( la casta, i diversamente tutelati, il terzo stato produttivo, il quarto non stato) ho più volte evidenziato come in Italia si stia vivendo una condizione di anomia ( assenza di regole, discrepanza tra mezzi e fini, venir meno del ruolo dei corpi intermedi) che prefigura una condizione sociale pronta per la rivolta, con la povertà di oltre 4 milioni di persone e la disoccupazione giovanile oltre il 35-40% con punte superiori al Sud.

Per adesso ci si è fermati sulla soglia dell’astensionismo elettorale, ma, sino a quando potrà continuare?

Se non si ritorna alla legge bancaria del 1936, da sempre difesa dalla DC, ossia al controllo pubblico di Banca d’Italia e alla separazione tra banche di prestito ( loan bank) e banche speculative (investment bank), ogni proposito di riforma nel nostro Paese è una presa in giro, buona per le sceneggiate televisive pre-elettorali.

La prima riforma comporterebbe l’abolizione del decreto legislativo n. 385/1993 con cui si superò la legge bancaria del 1936 e la seconda, l’abolizione del d.lgs n.481/1992 firmato da Giuliano Amato, Barucci e Colombo.
In nessun programma di partito è previsto tale impegno e, dunque, ogni promessa  riformatrice come quelle indicate dal centro-destra o dal centro-sinistra sono solo “promesse di marinaio”.

Discorso a parte merita ciò che è accaduto nell’area di ispirazione cattolica e democratico cristiana. Da un lato, una conduzione della DC uscita dal tesseramento del 2012, guidata da Gianni Fontana, al limite dell’illegittimità e totale irresponsabilità politica; dall’altro, un disegno di ricomposizione dell’area democratico cristiana su cui avevamo puntato partecipando al progetto di “Noi con l’Italia”, promosso da Lorenzo Cesa e Raffaele Fitto, consumatosi sin qui sulle chiusure egoistiche nella difesa dei fedelissimi senza se e senza ma.

Quanto alla DC che faceva riferimento a Fontana, che ha perduto ogni affidabilità nei confronti dei soci legittimi del partito ai quali il veronese ha sottratto illegittimamente ogni potere, si aprirà un contenzioso durissimo e in tutte le sedi istituzionali.

Per il progetto di ricomposizione dell’area democratico cristiana, cui abbiamo dedicato gli ultimi vent’anni del nostro impegno politico, attendiamo con curiosità l’esito del voto. Siamo convinti che, in ogni caso, il progetto di ricostruzione dell’unità partitica di una cultura politica di ispirazione democratico cristiana, resti valido per un Paese che intenda riprendere la strada maestra della democrazia secondo i dettami costituzionali.

Questi ultimi, da un lato, sono calpestati da una legge elettorale che annulla totalmente ogni potere di scelta ai cittadini elettori, e, dall’altra, da una condizione di perdita totale della sovranità monetaria, senza la quale non può esistere la sovranità popolare posta alla base del patto costituzionale.

Ettore Bonalberti
Venezia, 30 Gennaio 2018

 

 

 

 

 
     

 

 

12 Gennaio 2018

Ricordo di Gino Ravagnan

 

 

Gino Ravagnan, il nostro “Ereticus” di Insieme ci ha lasciati.

Con lui perdo uno degli amici più sinceri e leali della mia vita. E’ stato un grande industriale che ha saputo sviluppare la tradizione migliore della vallicoltura veneta e uno dei padri fondatori dell’acquacoltura e maricoltura moderne.

Da presidente dell’ICRAM ( Istituto Centrale per la ricerca scientifica e tecnologica applicata al mare) lo chiamai a far parte della commissione tecnico scientifica dell’Istituto, presieduta dal compianto prof Ugo Croatto, e, se l’acquacoltura italiana ha potuto assumere un ruolo rilevante nella politica della pesca e del mare, molto si deve alle intuizioni e sollecitazioni che da Croatto a Ravagnan, ebbi modo di trasferire ai ministri dell’epoca, prima Gianni Prandini e poi Costante Degan.

Innamorato della sua terra veneta e delle sue valli polesane, Gino Ravagnan ha saputo introdurre tecnologie d’avanguardia che sono state diffuse in molte altre parti del Mediterraneo.

A lui si deve, tra le ultime sue imprese, lo sviluppo dell’allevamento degli storioni in cattività per la produzione di una delle specialità, il caviale, che ha assunto un ruolo di assoluta primazia a livello internazionale.

Nessuno come Gino ha combattuto contro le inerzie, insufficienze e, talora, le negligenze di molta parte della dirigenza politica e burocratica nazionale e regionale e ai lui si devono alcuni dei trattati tecnico scientifici più importanti in materia di acquacoltura intensiva e semintensiva a livello internazionale.

Gino era, infine, una persona di profonda fede cristiana e radicata cultura popolare ispirata ai valori migliori della tradizione sturziana  e degasperiana.
Ho avuto da lui sempre forti sollecitazioni per le battaglie condotte ai diversi livelli politici e amministrativi, con un rapporto di amicizia contrassegnato da telefonate frequenti sulle vicende più importanti della politica internazionale, nazionale e regionale.

Da alcuni anni ci ha deliziato con le sue noterelle fulminanti di “Ereticus”, nelle quali con estrema libertà esponeva le sue idee, sempre caratterizzate dalla fedeltà ai valori cristiani della sua integerrima ispirazione ideale.

Alla sua amata moglie Francesca, ai suoi figli, ai fratelli e ai nipoti vada il sentimento della nostra più affettuosa partecipazione al dolore per la scomparsa di un uomo che ha fatto onore al nostro Paese, alla sua amata città di Padova e alla nostra comune terra polesana.
Il Signore, nel quale ha creduto da cristiano integerrimo, l’accolga nelle sue braccia amorose nel regno dei Cieli.

Ettore Bonalberti 
Venezia, 12 Gennaio 2018

 

 

 
     

 

 

 

 

 

 
 
 
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